tag:blogger.com,1999:blog-91381036907828690512024-03-15T22:46:00.073+01:00E-CRONACA - NEWS DI MASSIMO D'AGOSTINODOCUMENTI E NOTIZIE DAL WEBMassimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.comBlogger598125tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-59811664571923617202024-03-15T22:40:00.003+01:002024-03-15T22:45:27.471+01:00 I segreti militari della NATO svelati da due amanti<p><b><br /></b></p><p><b>Altra storia assai contrastata, densa di diffidenze, ma anche di preziose informazioni che in mani diverse probabilmente avrebbero cambiato i destini della prima repubblica, è quella di Alceste Santini e della sua amica segretaria, segretaria personale di Giulio Andreotti, ossia Pina De Matteis. </b></p><p><b>Sappiamo per certo che Alceste Santini fu un giornalista dell’Unità, vaticanista ed esperto dei Paesi socialisti del secondo dopoguerra, dell’Ungheria in particolare. Era originario dell’Abruzzo, per la precisione di Tagliacozzo. Quando morì, il 27 giugno del 2010, a 83 anni, gli articoli che si trovano online, ad esempio sul sito primanoline.it, lo descrissero come “tessitore di alleanze tra il Partito Comunista e Santa Sede.” </b></p><p><b>Del tutto sconosciuta, invece, la storia della segretaria Pina De Matteis, soprannominata dai cecoslovacchi, Domeus. Su internet non si trova niente, e, se dobbiamo fidarci dei dossier cecoslovacchi che si occupavano di questa vicenda, ossia il 314 e il 315, sempre appartenenti ai faldoni archiviati a Praga con il codice 10443, potrebbe non essere mai esistita. Lo stesso Santini, a dire il vero, è un personaggio misterioso, del quale sembra si fosse occupato anche il Kgb. Infatti, se andiamo a consultare i rapporti Impedian, scopriamo che il numero 136 era dedicato proprio ad un non ben definito Santini. In realtà, qualche informazione Mitrokhin la forniva, quanto basta per constatare che questa spia russa corrispondeva quasi certamente ad Alceste Santini. Copio le parti che ci interessano. “Commento: Gradiremmo sapere a tempo debito se siete riusciti a identificare "SANTINI" Corrispondente italiano de "L'Unità" - Nome in codice "Santini" </b></p><p><b>1."SANTINI" era un corrispondente del quotidiano del Partito Comunista Italiano (PCI) "L'Unità" ed era specializzato nelle questioni riguardanti il Vaticano. </b></p><p><b>2. "SANTINI" era un contatto segreto della Residentura del KGB di ROMA. Nel settembre 1980, tramite il Consiglio per gli Affari della Chiesa, il KGB organizzò un viaggio in URSS per "SANTINI" e sua moglie. Il viaggio era a spese dell'URSS. </b></p><p><b>Commento del servizio: la fonte non conosceva l'identità di "SANTINI".”</b></p><p><b>Ma come poteva il Kgb non conoscere l’identità di Santini se costui collaborava tra il 1959 e il 1961 per l’Stb? E, se davvero si trattava della stessa persona, come è possibile che i sovietici chiamassero la loro spia con il vero cognome? Infatti, nel dossier 314 e 315 di Praga, Santini è identificato col nome in codice Daniel, e la collaborazione si interruppe ufficialmente nel 1966, con l’archiviazione del fascicolo a cura degli stessi servizi cecoslovacchi. Tuttavia, è altrettanto vero che in quasi tutte le relazioni compariva in grande evidenza, ossia in maiuscolo, il nome vero, e assai raramente il codice Daniel. Questa potrebbe essere l’ulteriore conferma che Mitrokhin, con la sua copiatura “matta e disperatissima” dei dossier spionistici sovietici, non ci ha ingannato, ma ha davvero voluto rendere un servizio all’Occidente. Un servizio incompleto ma utilissimo.</b></p><p><b>Quanto alla De Matteis, fornì ai cecoslovacchi informazioni giudicate molto utili sulla Nato e sul generale Norstad, considerato oggi uno dei padri dell’organizzazione Gladio Stay Behind. Offre un riassunto più che esaustivo di tutta la vicenda uno degli ultimi rapporti dell’Stb, poco prima dell’archiviazione, nel quale la spia Jaroslav Fukan riepilogava dall’inizio alla fine la storia della collaborazione tra Santini e la De Matteis, con una divagazione finale sulla storia d’amore tra i due. Pina De Matteis fu soltanto un’amica? Oppure anche l’amante di Santini? Secondo una ricostruzione presente nel dossier, il giornalista era sposato con Ilaria Zaccagnini, il cui padre era parente del noto esponente democristiano. L’anonimo collaboratore dell’Stb, che fornì la controanalisi dell’attendibilità e della personalità della spia comunista, aggiunse in italiano che la Zaccagnini era un’insegnante di scuola elementare e che i due avevano in quel momento un figlio piccolo di due-tre anni. Comunque sia, dal rapporto tra Santini e la De Matteis sarebbe scaturita la fuga di notizie sui Ministeri presieduti da Giulio Andreotti, all’interno dei quali evidentemente la ragazza, poco più che trentenne, era considerata a torto insospettabile; una ragazza non molto ricca, che aveva deciso di spiare per “indossare abiti più eleganti” e fare una vita migliore. </b></p><p><b>Valutazione</b></p><p><b>Domenus - vero nome Pina De Matteis, nata nel 1928, segretaria del segretario del ministro DI BERNABEI, presso il Ministero della Difesa Nazionale, celibe, appartamento ROMA, zona Cento Celle - non conosce il più vicino indirizzo.</b></p><p><b>Controlli: due caratteristiche sviluppate da Santini</b></p><p><b>Per CV:</b></p><p><b>Domenus vive in una famiglia comune con suo padre, che è sposato per la seconda volta. La mamma è morta qualche anno fa. Il padre ha altri due figli dal secondo matrimonio. Nella casa comune vive anche la sorella di DOMENUS, che ha 22 anni. La sorella lavora in uno studio legale e riesce a malapena a sbarcare il lunario. Ho anche un fratello sposato. Il padre è attualmente disoccupato e malato. Riceve uno stipendio di 20.000 al mese. DOMENUS mantiene praticamente tutta la famiglia con il suo stipendio. Dopo la laurea, ha lavorato presso il Ministero delle Finanze, dove all'epoca lavorava anche l'attuale Ministro della Difesa. Quando Andreotti è stato nominato Ministro della Difesa Nazionale, è andata con lui al Ministero della Difesa Nazionale, dove lavora come segretaria e dattilografa per il Segretario DI BERNABEI. DOMENUS si fida di ANDREOTTI. È un'ottima dattilografa. La madre di DOMENUS lavora come lavandaia. DOMENUS guadagnava 80.000 lire al mese. Recentemente DOMENUS non si è sentita a suo agio a casa e vuole andarsene e trovare un proprio appartamento.</b></p><p><b>Attività politica:</b></p><p><b>DOMENUS è organizzata nel partito democristiano. Nel suo luogo di residenza lavora come propagandista per la DC, secondo SANTINI le sue opinioni non sono forti, è cattolica.</b></p><p><b>Caratteristiche:</b></p><p><b>DOMENUS è una ragazza laboriosa che cerca di difendere la vita con il suo lavoro. Ha il desiderio di risparmiare qualche soldo per vestirsi meglio e per aiutare la sua famiglia, per difendere le condizioni di disagio. È onesta nei suoi rapporti e ha grande fiducia in SANTINI.</b></p><p><b>Conoscenza:</b></p><p><b>SANTINI ha conosciuto DOMENUS tramite sua sorella, che è venuta nell'appartamento di SANTINI per incontrare sua moglie, che la stava preparando per l'esame di immatricolazione circa 4 anni fa. Da allora tra loro è nata un'amicizia.</b></p><p><b>Opzioni di intelligenza:</b></p><p><b>DOMENUS, secondo SANTINI, ripone grande fiducia nella difesa nazionale di ANDREOTTI. Si avvicina al ministro e partecipa a tutte le riunioni segrete, che stenografa. Un altro redattore lavora con lei in ufficio. DOMENUS ha accesso a tutte le questioni relative al Ministero della Difesa Nazionale italiano.</b></p><p><b>Motivi del rapporto:</b></p><p><b>L'impulso per un contatto regolare tra SANTINI e DOMENUS ci è arrivato nell'aprile del 1960. Secondo SANTINI tra loro si è formato un rapporto di amicizia e fiducia reciproca. DOMENUS è disposta a fornire a SANTINI informazioni provenienti dal Ministero della Difesa italiano con la consapevolezza che queste sono destinate esclusivamente a lui in qualità di giornalista e che non saranno pubblicate. È molto cauta nei suoi rapporti e mostra paura quando vende notizie per non perdere il lavoro.</b></p><p><b>Contatti SANTINI-DOMENUS:</b></p><p><b>La maggior parte degli incontri tra SANTINI e DOMENUS avvengono per le strade di Roma e nei ristoranti. Nel corso del rapporto è capitato più volte che SANTINI DOMENUS chiamasse l'operatore dipendente per fissare un incontro. L'ultimo verbale che gli ha venduto è stato elaborato insieme a lei nell'appartamento di SANTINI.</b></p><p><b>Messaggi venduti:</b></p><p><b>DOMENUS ha finora venduto i seguenti messaggi a SANTINI:</b></p><p><b>Lo sviluppo della cooperazione militare dell'Europa occidentale, la riorganizzazione del sistema missilistico italiano e atlantico, l'invito di ANDREOTTI a Bonn da parte di STRAUS, il controllo del vice Ministro italiano da parte del controspionaggio, l'urgenza di armare con missili gli eserciti dei paesi della NATO armi, la visita del Gen. NORSTAD a Roma.</b></p><p><b>Ha venduto anche un rapporto sulla sua partecipazione come segretaria alla riunione del Consiglio della NATO a Parigi e documenti originali sull'esercito italiano.</b></p><p><b>I messaggi vengono valutati positivamente.</b></p><p><b>Per i messaggi venduti furono pagate 100.000 lire.</b></p><p><b>Conclusione:</b></p><p><b>Non abbiamo ancora verificato l'esistenza di DOMENUS, non ne conosciamo le date esatte, la residenza, il numero di telefono. Non si conosce bene il rapporto con SANTINI. Finora non ci ha venduto abbastanza materiale per considerare di convertirlo in gestionale. Poi abbiamo solo due caratteristiche scritte da SANTINI. I contatti tra SANTINI e i loro incontri non si svolgono in maniera cospiratoria. Santini ha chiamato più volte DOMENUS sul telefono del lavoro. Sono presenti piccole imprecisioni nelle caratteristiche riguardanti la famiglia di DOMENUS. Soprattutto l'ultima notizia che non andava d'accordo con i suoi genitori e che vuole trasferirsi. SANTINI si offre di procurarle un appartamento. DOMENUS è probabilmente l'amante di SANTINI.</b></p><p><b>Suggerisco:</b></p><p><b>Controlla DOMENUS in altro modo, verificane l'identità e completa i dati di base. Inoltre, indurre SANTINI a sviluppare appositamente DOMENUS e ad attivare la vendita di messaggi del Ministro italiano, in modo che sia sufficientemente compromesso. Falla interessare finanziariamente alla vendita di notizie.</b></p><p><b>Fukan Jaroslav</b></p><div><br /></div>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-49432910802667466222024-03-10T00:56:00.011+01:002024-03-10T20:32:23.257+01:00Caso Striano, siamo davvero così vulnerabili?<br /><p><b>Dagli articoli che escono sui giornali riguardo al caso dossieraggio, il cosiddetto "caso Striano", sembrerebbe emergere un'imbarazzante vulnerabilità del nostro sistema di sicurezza delle informazioni protette.</b></p><p><b>Tutto è nato da una denuncia in Procura del Ministro Crosetto, il quale, se abbiamo capito bene, avrebbe letto su Domani indiscrezioni sulle sue attività, così ben raccontate che non avrebbe gradito l'affronto. Dalla conseguente inchiesta sarebbe emerso che un finanziere, Pasquale Striano, avrebbe effettuato migliaia di accessi (con le sue credenziali?) nel sistema informatico della Divisione Nazionale Antimafia. Avrebbe quindi raccolto, a destra più che a sinistra, notizie riservate su vari personaggi d'Italia, denunciabili ma pure innocenti, e le avrebbe cedute ai suoi amici giornalisti. L'infedeltà di questo militare (spia dei russi? braccio destro della P2?) avrebbe trascinato nell'illegalità anche un abile magistrato antimafia, Antonio Laudati. Con loro sono sotto inchiesta tre giornalisti del quotidiano Domani, nonché altri soggetti ancora non ben identificati.</b></p><p><b>Fin qui i fatti. Pochi. Poi ecco arrivare, come in tutti i tormentoni che guadagnano le prime pagine dei nostri giornali di Stato, cioè sovvenzionati dal Governo di turno, la valanga di commenti. Da questo tam tam di sdegnati e adirati parlamentari si fa largo il concetto che il sistema militare e giudiziario italiano sono vulnerabili. Ebbene sì, siamo uno Stato così debole che un finanziere è potuto entrare tremila volte nel sistema cifrato della DNA con le sue credenziali e nessuno, se non fosse stato per il Ministro Crosetto, se ne sarebbe accorto. <br /></b></p><p><b><br />Domani chiude oggi (scusate il gioco di parole) un suo pezzo con una nota congiunta della senatrice Aurora Floridia e della deputata Elisabetta Piccolotti.<br />«Dalle audizioni emerge una condizione di estrema vulnerabilità delle banche dati italiane dell’intero sistema giudiziario, sia rispetto ad attacchi interni di funzionari dello Stato infedeli ma, potenzialmente anche da attacchi esterni di organizzazioni criminali o terroristiche che potrebbero essere interessate a proteggersi dalle indagini o a minare la sicurezza nazionale», sostengono le parlamentari.<br />Così - aggiunge Domani - è stato lanciato l’invito a dare «priorità al provvedimento sulla cyberisicurezza». Con relativi investimenti, sottolinea il giornale senza nulla obiettare.</b></p><p><b><br />Ma è veramente così? Siamo così fessi? Abbiamo qualche dubbio. Basta fare una ricerca sul web e compare un interessante numero (il 4 del 2021) di una rivista trimestrale della scuola di perfezionamento per le forze di polizia. Uno dei supervisori di questo giornale scientifico è proprio (se non si tratta di un omonimo ma propendiamo per il no) il magistrato Antonio Laudati, ma tu pensa, tra i maggiori indagati del caso Striano. Proprio strano questo Striano. Perché, ed è questo che ci sconcerta, la rivista di Laudati dimostra che il nostro sistema di sicurezza è talmente complesso che metterebbe a dura prova anche il più astuto James Bond del 2024. </b></p><p><b>A pagina 55 si legge questo titolo:<br />Le capacità cyber della Difesa: il Comando per le Operazioni in Rete (COR Difesa) e il CERT Difesa.<br />Tra i soggetti pubblici che fanno parte dell’architettura strategica nazionale di cyber security un posto di rilievo assumono le strutture della Difesa<br />preposte alla protezione delle reti e dei sistemi digitali delle forze armate quale<br />elemento essenziale per la condotta delle operazioni e la protezione delle informazioni. Il Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico attribuisce, infatti, al dicastero il compito di dotarsi della capacità di pianificare, condurre e sostenere operazioni nello spazio cibernetico e questo per prevenire, localizzare ed individuare la minaccia cibernetica.</b></p><p><b><br />Inoltre, in una nota, la 92, si afferma che sono possibili contatti con il Centro Intelligence Interforze.<br />Riporto testualmente: "Il COR Difesa gestisce – in modo accentrato ed a favore di tutte le F.A. – anche l’adeguamento, l’espansione, l’evoluzione e la manutenzione della Rete Integrata della Difesa RID), in via di totale migrazione alla tecnologia IP, inclusa la sua componente nell’area di ROMA (Metropolitan Area Network - MAN), nonché l’Intranet dell’Area di vertice interforze (DIFENET). Inoltre, il Comando per le operazioni in rete esprime anche una capacità di pianificazione, conduzione e realizzazione dell’intera gamma delle “operazioni militari” nel dominio cibernetico, interfacciandosi con il Centro intelligence interforze, per il necessario supporto di Cyber intelligence, ed in concorso al Comando operativo di vertice interforze e al Comando interforze per le operazioni delle forze speciali, mediante l’impiego di Cellule Operative Cibernetiche (COC) con capacità di proiezione anche “fuori area".</b></p><p><b><br />Tutto questo per dire sostanzialmente che la vicenda non è semplice come viene raccontata. Prima di ipotizzare scenari apocalittici con la P2 padrona dell'antimafia bisognerebbe domandarsi se il finanziere non agisse, magari, per il Centro Intelligence Interforze. E se quei documenti prelevati non facessero parte di un controllo dei controllori che viene attuato da qualche tempo a questa parte nello Stato parallelo delle basi Nato. Soltanto dopo aver messo nel racconto tutti i passaggi dei nostri servizi di sicurezza, e averne individuato le falle, sarà possibile dare la caccia agli aspiranti James Bond.</b></p><p><b><img alt="" 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/></b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-65667324836535854302024-02-17T19:46:00.005+01:002024-02-18T09:59:01.613+01:00"C'è da aspettarsi che non rilascino Moro vivo"<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhXY1b4S8Jz0wtnvgQcjwDfi6VateWcNFlXvBGsVyjZFsvshtf5Ax9A6ikW5TYmw0IWvWFdJfxH5rPWWn1SEI__Eq3SVhyphenhyphenOvCFdGkyW2o0U8pvPebz9jtNrUc4J89P2kOetYfgXCnAYzmIcC_dKTKXr-Y8vE1EhkoG9c3-pPxr2L2YbEuhN353eH4qt1E/s2801/10443_368_3_3_0091.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2801" data-original-width="2012" height="320" 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src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNHnVaprzyMXAYDjj7Et1mStR9eHboNLSdSYLWw7P0dPhQHRLb0G6zxl9CKaJcFnlAv_pvB3jigcM7IqtpX5cRYoqx9TTMG-iLJr7Jf0IJx7hwfgk5Ynzix6t156yy41d9TnAsZW2wWslNLgzkbWrAbhjQEvTVZSsFbEVxzXUyHntxBwBCpmjg5i3T_Cw/s320/10443_368_3_3_0093.jpg" width="232" /></a><br /></div><br /><p></p><p><b>C'è un nuovo documento sul caso Moro. Il 2 maggio del 1978 a Roma, nella sede del PSI, si incontrarono tra le ore 11 e le 12 Enrico Manca, socialista, poi presidente della Rai, e la spia cecoslovacca Lamac. All'interno di una relazione che verteva sulla situazione italiana, Manca informò i cecoslovacchi che le Brigate Rosse non avrebbero rilasciato Moro vivo. </b></p><p><b>Si tratta di poche frasi, eppure significative, sia per la persona che le pronunciò, sia per l'attendibilità della fonte stessa. </b></p><p><b>All'interno del documento, Manca viene citato come spesso accade con il soprannome che gli fu assegnato nel 1963, ovvero KUS. E ciò è documentato da un'altra relazione. La collaborazione dell'ex presidente della Rai e i servizi segreti cecoslovacchi proseguì per quindici anni soprattutto con uno scopo: ricongiungere la sinistra italiana dalle varie divisioni interne, compresa la scissione storica tra PCI e PSI. E' appunto per questo che il documento del 2 maggio 1978 sarà anche l'ultimo, prima dell'archiviazione. Il motivo era semplice: con l'ascesa di Craxi, l'obiettivo cecoslovacco di inserire Manca al vertice del PSI e lavorare a un riavvicinamento della sinistra stava ormai fallendo. </b></p><p><b>Secondo il resoconto di Manca, il caso Moro sanciva in pratica l'accordo tra Craxi e la DC e sarebbe stata questa la politica futura del suo partito: l'anticomunismo. Craxi - sosteneva Manca - voleva trattare con le Brigate Rosse per il rilascio di Moro solo per distinguersi dal Partito Comunista, che restava inflessibile sulla linea della fermezza. Stava probabilmente accordandosi - era l'interpretazione di Manca - con qualche democristiano, che avrebbe voluto uscire dalla linea del partito, ma aveva paura ad esporsi. E così usava il PSI per sondare la possibilità di una trattativa con le Bierre.</b></p><p><b>Sulla base di quali informazioni Enrico Manca poteva affermare, una settimana prima del ritrovamento del cadavere di Moro, e andando anche contro il suo partito, il quale sperò fino all'ultimo di salvare il presidente DC, che le Brigate Rosse lo avrebbero ucciso? Non è facile rispondere. Analizzando l'intero testo, che ho tradotto in maniera molto meticolosa, copiando anche gli accenti, mi colpisce soprattutto la freddezza di Enrico Manca </b><span style="white-space-collapse: preserve;"><b>(o di Lamac, visto che il documento lo firma lui)</b></span><b> sulla situazione del prigioniero. Il suo sguardo è rivolto già al futuro della politica, a ciò che succederà in Italia "dopo la conclusione" del caso Moro. Un epilogo che - affermava - c'è da aspettarsi che sarà tragico.</b></p><p><b>Situazione interna</b></p><p><b>fa parte della politica anticomunista di Craxi anche la sua proposta di trattare con le RB (Rudé Brigady ndr) su Moro. È inoltre contro il parere dell’IKS (il PCI ndr) di mantenere l’intransigenza. Vuole differenziarsi dall'IKS, per dimostrare la sua autonomia. Deve aver parlato con qualche DC che vorrebbe proporre di agire, ma ha paura di fare coming out così. Quindi stanno testando tramite la ISS (il PSI) quale sarà la reazione. </b></p><p><b>Le prospettive di sviluppo dell'Italia potranno essere stimate solo dopo la conclusione del caso Moro. C'è piuttosto da aspettarsi che le RB non lo rilascino vivo. E poi quali saranno i risultati delle successive elezioni amministrative, quando voteranno 4 milioni di italiani, sarà un test importante per lo sviluppo del Paese. Ciò che è certo per lei personalmente è che Craxi porterà l'ISS all'anticomunismo, contro l'IKS e si avvicinerà gradualmente alla DC.</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-82401281653315140102024-02-07T23:19:00.006+01:002024-02-08T11:43:10.681+01:00Ecco a cosa serviva il bunker del Conero<p><br /></p><p><b>Chatgpt ci spiega il senso di quello che si vede nel video censurato dai militari. Su questi aspetti tecnici ci sembra affidabile, mentre non sembra per niente sicuro sulla presenza di una base Nato sul Conero o al Passo del Lupo.</b></p><p><b>Mi spieghi come era fatto un bunker della guerra fredda per la decontaminazione dei militari? </b>ChatGPT: Durante la guerra fredda, i bunker per la decontaminazione dei militari erano strutture progettate per proteggere e decontaminare il personale militare in caso di attacco nucleare o di esposizione a agenti chimici o biologici. Questi bunker erano costruiti con materiali robusti e rinforzati per resistere all'impatto delle esplosioni e alle radiazioni.<br />Solitamente, i bunker per la decontaminazione includevano diverse caratteristiche e dispositivi: Sistema di filtrazione dell'aria: Essenziale per rimuovere contaminanti e agenti tossici dall'aria all'interno del bunker, garantendo un ambiente sicuro per il personale. Docce e lavaggi: All'interno del bunker c'erano spazi attrezzati con docce e lavaggi speciali per rimuovere contaminanti dal corpo dei militari. Tute e attrezzature protettive: I bunker contenevano un'ampia gamma di tute protettive, maschere antigas, guanti e altri dispositivi per proteggere il personale dalla contaminazione. Sistemi di monitoraggio e rilevamento: Dispositivi per monitorare costantemente la presenza di agenti chimici, biologici o radioattivi nell'ambiente e avvisare il personale in caso di pericolo. Spazi di quarantena: Alcuni bunker includevano aree designate per la quarantena e l'isolamento del personale contaminato, al fine di prevenire la diffusione di contaminanti nel resto del bunker. Sistemi di illuminazione di emergenza: Nel caso di interruzione dell'alimentazione elettrica esterna, i bunker erano dotati di sistemi di illuminazione di emergenza per garantire la visibilità all'interno delle strutture.<br />In generale, i bunker per la decontaminazione dei militari erano progettati con l'obiettivo di fornire un ambiente sicuro e protetto in caso di attacco nucleare o chimico, consentendo al personale militare di sottoporsi a procedure di decontaminazione e di mitigare i rischi per la loro salute e sicurezza.</p><p>User<br /><b>Secondo te a cosa poteva servire una "sala eco" dentro questi bunker? </b>ChatGPT<br />Una "sala eco" all'interno di un bunker per la decontaminazione dei militari potrebbe essere stata progettata per diversi scopi: Monitoraggio ambientale: La sala eco potrebbe essere stata utilizzata per monitorare costantemente le condizioni ambientali all'interno e intorno al bunker, inclusi livelli di radiazioni, presenza di agenti chimici o biologici, qualità dell'aria e altre variabili cruciali per la sicurezza del personale. Simulazioni e esercitazioni: Potrebbe essere stata utilizzata per condurre simulazioni e esercitazioni pratiche sulle procedure di decontaminazione e sulle misure di sicurezza in caso di attacco nucleare o chimico. Queste esercitazioni avrebbero aiutato il personale a familiarizzare con le procedure di emergenza e ad affinare le proprie abilità per rispondere efficacemente a situazioni di crisi. Centro di controllo e comando: La sala eco potrebbe essere stata il centro operativo principale per coordinare le attività di decontaminazione e gestire le risorse e le operazioni all'interno del bunker durante un'emergenza. Qui potrebbero essere stati ricevuti e analizzati i dati dai sistemi di monitoraggio ambientale e presi i provvedimenti necessari in risposta alle emergenze. Comunicazioni e collegamenti esterni: La sala eco potrebbe essere stata dotata di attrezzature avanzate per le comunicazioni e i collegamenti esterni, consentendo al personale all'interno del bunker di comunicare con le autorità esterne, le unità militari e altri centri di comando, garantendo una risposta coordinata e sinergica agli eventi di emergenza. In sintesi, una "sala eco" potrebbe essere stata un componente essenziale per la gestione delle emergenze e la sicurezza del personale all'interno di un bunker per la decontaminazione dei militari, fornendo un centro operativo avanzato per monitorare, coordinare e rispondere efficacemente alle minacce ambientali e alle situazioni di crisi.</p><p>User<br /><b>Ma perché chiamarla così? </b>ChatGPT: La scelta di chiamare una sala all'interno di un bunker "sala eco" potrebbe derivare da diverse ragioni: Eco-compatibilità: Il termine "eco" potrebbe essere utilizzato per suggerire che la sala è progettata per essere ecologicamente compatibile o sensibile all'ambiente. Potrebbe essere dotata di tecnologie avanzate per monitorare e proteggere l'ambiente circostante, riducendo al minimo l'impatto ambientale delle attività all'interno del bunker. Ecologia dell'ambiente circostante: La sala eco potrebbe essere stata concepita per essere il centro operativo per monitorare e preservare l'ecosistema circostante, soprattutto in caso di contaminazione da radiazioni o agenti chimici. Il termine "eco" potrebbe quindi richiamare l'attenzione sull'importanza di proteggere l'ambiente esterno durante situazioni di emergenza. Ecologia dell'operatività: La sala potrebbe essere stata progettata per promuovere un'operatività efficiente e sostenibile all'interno del bunker, garantendo che le risorse siano utilizzate in modo ottimale e che le procedure di decontaminazione e di gestione delle emergenze siano condotte nel rispetto dell'ambiente circostante. Eco-consapevolezza: Il termine "eco" potrebbe anche essere utilizzato per sottolineare l'importanza di un'approccio olistico e consapevole alla sicurezza e alla gestione delle emergenze, che tenga conto non solo della sicurezza del personale militare, ma anche della protezione dell'ambiente e delle risorse naturali. In definitiva, il termine "sala eco" potrebbe essere stato scelto per enfatizzare l'importanza di considerazioni ecologiche, sostenibili o sensibili all'ambiente nell'ambito della progettazione e dell'operatività di un bunker per la decontaminazione dei militari.</p><p>User<br /><b>Potevano esserci in questi bunker segnaletiche interne fatte con lo spray rosso? </b>ChatGPT: Sì, è possibile che all'interno dei bunker sotterranei fossero presenti segnaletiche interne fatte con lo spray rosso o con altri mezzi di marcatura visibile. Queste segnaletiche avrebbero potuto essere utilizzate per una varietà di scopi, tra cui: Indicazioni di emergenza: Segnali che indicavano le vie di uscita, le uscite di emergenza o le rotte di evacuazione all'interno del bunker. Identificazione di zone di pericolo: Segnaletiche che indicavano le zone pericolose o le aree vietate all'interno del bunker, come le aree di contaminazione o i punti di accesso ristretto. Indicazioni di sicurezza: Segnali che fornivano istruzioni su come utilizzare correttamente l'attrezzatura di sicurezza, come le maschere antigas o le tute protettive. Marcatura di risorse e attrezzature: Segnaletiche che indicavano la posizione di risorse critiche, come le scorte di cibo, acqua, kit di pronto soccorso o generatori di emergenza. Orientamento generale: Segnaletiche che aiutavano gli occupanti a orientarsi all'interno del bunker e a trovare facilmente le aree e le attrezzature necessarie. L'uso dello spray rosso o di altri colori vivaci per le segnaletiche interne avrebbe garantito che fossero facilmente visibili anche in condizioni di scarsa illuminazione o in situazioni di emergenza. Queste segnaletiche erano parte integrante della progettazione e della preparazione di un bunker per garantire la sicurezza e il benessere degli occupanti in situazioni di emergenza.</p><p>User<br /><b>Ma questi bunker di decontaminazione alla fine degli anni cinquanta che aspetto avevano? Mi descrivi un tunnel di accesso? </b>ChatGPT: Alla fine degli anni '50, i bunker per la decontaminazione potevano avere un aspetto robusto e funzionale, progettato per resistere agli attacchi e per fornire un ambiente sicuro per il personale militare in caso di emergenza. Mentre le specifiche variano a seconda della progettazione e della posizione, posso descrivere un possibile scenario per un tunnel di accesso a un bunker per la decontaminazione:<br />Il tunnel di accesso potrebbe essere situato a livello del suolo o leggermente sotto il livello del terreno per facilitare l'accesso al bunker. Potrebbe essere realizzato in cemento armato o acciaio per garantire robustezza e protezione.<br />L'entrata al tunnel potrebbe essere protetta da una porta spessa e pesante, eventualmente blindata, che può essere sigillata in caso di emergenza per proteggere il bunker da contaminanti esterni. Accanto alla porta, potrebbero essere presenti sistemi di sicurezza come telecamere di sorveglianza o lettori di impronte digitali per il controllo degli accessi. All'interno del tunnel, le pareti potrebbero essere illuminate da luci fluorescenti o lampade a LED per garantire visibilità anche in condizioni di scarsa illuminazione. Il pavimento potrebbe essere dotato di un rivestimento antiscivolo per prevenire cadute e facilitare il movimento del personale.<br />Durante il percorso lungo il tunnel, potrebbero essere presenti indicazioni chiare e segnaletiche per guidare il personale verso il bunker per la decontaminazione. Queste indicazioni potrebbero essere luminose o riflettenti per essere visibili anche in situazioni di emergenza. All'estremità del tunnel, potrebbe trovarsi una camera di ingresso al bunker per la decontaminazione, con ulteriori sistemi di sicurezza come porte anti-radiazioni o sistemi di filtrazione dell'aria. Questa camera potrebbe essere progettata per consentire l'accesso controllato al bunker principale e per facilitare le procedure di decontaminazione all'ingresso.<br />In sintesi, il tunnel di accesso a un bunker per la decontaminazione alla fine degli anni '50 avrebbe avuto un aspetto robusto, funzionale e ben illuminato, progettato per garantire un accesso sicuro e protetto al bunker principale in caso di emergenza.</p><p>User<br /><b>Ma se un bunker fosse trovato senza luci, senza doccette, senza cavi, senza strumenti elettronici, significa che l'opera è rimasta incompiuta? </b>ChatGPT: Se un bunker fosse trovato senza luci, docce, cavi, strumenti elettronici e altri elementi essenziali, potrebbe indicare diverse possibilità, tra cui: Opera incompiuta: Sì, potrebbe essere un segno che l'opera non è stata completata o che è rimasta incompiuta. In questo caso, potrebbe essere necessario un ulteriore lavoro per installare e completare gli elementi mancanti. Deterioramento o disattivazione: Potrebbe essere che il bunker sia stato abbandonato o disattivato dopo essere stato costruito e utilizzato in precedenza. In tal caso, gli elementi essenziali potrebbero essere stati rimossi o danneggiati nel corso del tempo a causa di deterioramento o vandalismo. Struttura di emergenza di base: Potrebbe essere che il bunker sia stato costruito solo come una struttura di emergenza di base senza tutti i comfort e le caratteristiche aggiuntive come luci, docce e strumenti elettronici. Questo potrebbe essere stato fatto per ragioni di costo o per rispettare requisiti specifici di sicurezza o di costruzione. Natura temporanea o primitiva: Alcuni bunker possono essere stati costruiti in modo primitivo o temporaneo senza tutti gli accessori o le comodità di una struttura più sofisticata. Questi potrebbero essere stati utilizzati solo per scopi temporanei o in situazioni di emergenza, senza la necessità di fornire tutte le comodità di un bunker permanente. In ogni caso, la mancanza di luci, docce, cavi e altri elementi essenziali potrebbe indicare che il bunker non è completo o che è stato disattivato o abbandonato. Potrebbe essere necessario condurre un'indagine più dettagliata per determinare lo stato e l'utilizzo attuali del bunker.</p><p>User<br /><b>Quindi non vuol dire che non è mai stato utilizzato. E quindi come posso fare per stabilirlo se il bunker è lasciato pulito?</b>ChatGPT: Esatto, la mancanza di luci, docce, cavi e altri elementi essenziali non necessariamente significa che il bunker non sia mai stato utilizzato. Potrebbe essere stato utilizzato in passato o potrebbe essere stato progettato senza alcune di queste caratteristiche.<br />Per stabilire se il bunker è stato utilizzato, anche se lasciato pulito, ci sono diverse possibili vie d'indagine: Esplorazione visiva: Ispezionare attentamente l'interno del bunker per cercare segni di utilizzo passato, come tracce di attività umane, usura o danni sugli arredi o sulle pareti, oggetti o attrezzature lasciati indietro, graffiti, segni di manutenzione o interventi di restauro, ecc. Ricerca di documenti: Cerca eventuali documenti, registri o giornali di bordo lasciati nel bunker che possano indicare la sua storia e il suo utilizzo passato. Questi documenti potrebbero fornire informazioni su chi ha utilizzato il bunker, quando e per quale scopo. Interviste o testimonianze: Parla con persone che potrebbero aver conoscenza dell'utilizzo passato del bunker, come ex militari, personale di sicurezza, residenti locali o testimoni oculari. Le loro testimonianze potrebbero offrire dettagli preziosi sulla storia e sull'utilizzo del bunker. Ricerca storica: Effettua una ricerca storica approfondita sugli eventi o sulle attività militari nella zona in cui si trova il bunker. Questo potrebbe includere consultare archivi, documenti ufficiali, rapporti di intelligence o pubblicazioni storiche. Esami forensi: Se necessario, potrebbe essere possibile condurre esami forensi o analisi scientifiche sull'interno del bunker per rilevare tracce di utilizzo passato, come residui biologici, sostanze chimiche o altre prove. Combinando queste metodologie di indagine, potresti essere in grado di ottenere una comprensione più completa della storia e dell'utilizzo passato del bunker, anche se lasciato pulito.</p><p>User<br /><b>Non è stato lasciato nulla, nemmeno l'arredo, solo la segnaletica con lo spray rosso. </b>ChatGPT: Se il bunker è stato lasciato completamente vuoto, senza alcun arredo o oggetti al suo interno tranne la segnaletica con lo spray rosso, potrebbe essere più difficile determinare il suo utilizzo passato. Tuttavia, ci sono ancora alcune vie d'indagine che potresti seguire: Esplorazione visiva approfondita: Anche se il bunker è vuoto, un'ispezione visiva approfondita potrebbe rivelare indizi sulla sua storia e sul suo utilizzo passato. Cerca eventuali segni di usura o danni sulle pareti o sul pavimento, graffiti o messaggi lasciati da precedenti occupanti, o altre tracce di attività umane. Analisi della segnaletica con lo spray rosso: Esamina attentamente la segnaletica con lo spray rosso per cercare indizi o informazioni utili. Potrebbe contenere messaggi, codici o simboli che forniscono indicazioni sulle attività o le operazioni svolte nel bunker. Ricerca storica e testimonianze: Continua la ricerca storica e parla con persone che potrebbero avere conoscenza dell'area o del bunker stesso. Potrebbero essere in grado di fornire informazioni su eventuali attività o utilizzo passato del bunker. Esami forensi: Se necessario, potrebbe essere possibile condurre esami forensi o analisi scientifiche sulla segnaletica con lo spray rosso o su altre superfici del bunker per rilevare tracce di utilizzo passato, come residui biologici, sostanze chimiche o altre prove. Anche se il bunker sembra vuoto, ci sono ancora molte opportunità per cercare di scoprire la sua storia e il suo utilizzo passato. Combinando queste metodologie di indagine, potresti essere in grado di ottenere una migliore comprensione del suo contesto e della sua importanza storica.</p><p>User<br /><b>Le docce sono numerate. </b>Chatgpt: Se le docce nel bunker sono numerate, potrebbe essere un'indicazione del fatto che il bunker è stato progettato per ospitare più persone contemporaneamente durante le procedure di decontaminazione. La numerazione delle docce potrebbe essere stata utilizzata per organizzare e gestire in modo efficiente il flusso di persone all'interno del bunker durante emergenze o situazioni di contaminazione.<br />Le numerazioni potrebbero indicare l'ordine in cui le persone dovrebbero utilizzare le docce o potrebbero essere parte di un sistema di assegnazione per garantire che tutte le persone presenti ricevano una corretta decontaminazione. Potrebbero anche essere utilizzate per monitorare e registrare chi ha utilizzato quale doccia e quando, per scopi di tracciabilità e sicurezza.</p><p>User
<b>Le docce sono anche dislocate in stanze differenti e su vari livelli, perché secondo te? </b>ChatGPT:
La disposizione delle docce in stanze differenti e su vari livelli potrebbe essere stata progettata per diversi motivi: Separazione delle funzioni: La suddivisione delle docce in stanze separate potrebbe servire a separare le diverse funzioni e attività all'interno del bunker di decontaminazione. Ad esempio, potrebbero esserci docce separate per uomini e donne, docce per il personale militare e docce per il personale civile, o docce dedicate a diverse operazioni di decontaminazione. Efficienza operativa: La distribuzione delle docce su vari livelli potrebbe essere stata progettata per migliorare l'efficienza operativa e ridurre i tempi di attesa durante le operazioni di decontaminazione. Ad esempio, potrebbero esserci docce disponibili su più livelli per consentire il trattamento simultaneo di più persone o gruppi di persone. Contenimento delle contaminazioni: La disposizione delle docce su vari livelli potrebbe essere stata progettata per ridurre il rischio di contaminazione incrociata e per contenere eventuali contaminazioni all'interno del bunker. Separare le docce su diversi livelli potrebbe contribuire a limitare la diffusione di agenti contaminanti e a garantire una maggiore sicurezza durante le operazioni di decontaminazione. Flessibilità e resilienza: La distribuzione delle docce in stanze separate e su vari livelli potrebbe rendere il sistema di decontaminazione più flessibile e resiliente in caso di emergenze o situazioni critiche. Ad esempio, potrebbe consentire il funzionamento continuo delle docce anche in caso di guasto o danneggiamento di alcune parti del sistema.
In definitiva, la disposizione delle docce in stanze differenti e su vari livelli potrebbe essere stata progettata per ottimizzare le operazioni di decontaminazione all'interno del bunker, garantendo efficienza operativa, sicurezza e flessibilità in una varietà di scenari e situazioni operative. </p><p>User:
<b>Quindi tu escluderesti che il nome docce della segnaletica servisse per indicare cose diverse?</b>
ChatGPT:
Sì, è possibile che il termine "docce" sulla segnaletica possa indicare effettivamente la presenza di docce all'interno del bunker, utilizzate per scopi di decontaminazione o igiene personale. Tuttavia, senza ulteriori informazioni specifiche sulla natura e sul contesto del bunker, è importante considerare diverse possibilità e non escludere altre interpretazioni.
Ad esempio, potrebbe essere utile esaminare la disposizione e la funzionalità delle docce all'interno del bunker, nonché il contesto in cui è stato trovato il bunker e la sua storia. Potrebbe esserci una ragione specifica per cui il termine "docce" è stato utilizzato sulla segnaletica, e analizzare attentamente le circostanze potrebbe fornire maggiori indicazioni sulle intenzioni dietro l'etichettatura delle stanze.
Inoltre, è importante tenere presente che la segnaletica all'interno di un bunker potrebbe essere stata progettata per scopi specifici e adattata alle esigenze operative e di sicurezza del bunker stesso. Pertanto, potrebbe essere utile considerare altri elementi di contesto e consultare fonti affidabili o esperti nel campo per ottenere una comprensione più approfondita della segnaletica e delle sue funzioni all'interno del bunker. </p><p>User: <b>Ma perché al posto della doccetta io vedo una cavità rettangolare orizzontale con sei grandi fori ad altezza d'uomo?</b> <b>Sembra un faro di uno stadio di calcio, cosa voleva dire?</b>
ChatGPT:
La presenza di una cavità rettangolare con sei grandi fori ad altezza d'uomo al posto di una doccetta potrebbe indicare che quella parte del bunker è stata progettata per un altro scopo oltre alla normale doccia di decontaminazione. Ecco alcune possibili spiegazioni: Sistema di nebulizzazione: La cavità rettangolare con i sei grandi fori potrebbe essere parte di un sistema di nebulizzazione utilizzato per spruzzare una soluzione disinfettante o un agente decontaminante sulle persone o sugli oggetti che entrano nel bunker. Questo potrebbe essere un metodo alternativo o complementare alla doccia tradizionale. Asciugamani o indumenti: I grandi fori potrebbero essere stati progettati per appendere asciugamani o indumenti durante le operazioni di decontaminazione o igiene personale all'interno del bunker. Questo potrebbe essere utile per fornire un accesso rapido a materiali asciutti o puliti dopo la doccia. Sistema di ventilazione o scarico: La cavità rettangolare potrebbe essere stata progettata per un sistema di ventilazione o scarico all'interno del bunker, piuttosto che per una doccia. I fori potrebbero consentire il passaggio dell'aria o il drenaggio dell'acqua durante le operazioni di pulizia o decontaminazione. Struttura preesistente o adattamento: È anche possibile che la cavità rettangolare sia stata una struttura preesistente all'interno del bunker o che sia stata adattata per un altro scopo in seguito. Potrebbe essere stata utilizzata per altri scopi prima della conversione del bunker in una struttura di decontaminazione.
In definitiva, la presenza della cavità rettangolare con i sei grandi fori potrebbe indicare una varietà di possibilità, e potrebbe essere utile esaminare ulteriormente la struttura e consultare esperti nel campo per ottenere una migliore comprensione della sua funzione e del suo scopo all'interno del bunker. </p><p> User:
<b>Ma se dai sei fori usciva aria e non acqua perché creare sul pavimento uno scolo dell'acqua come nelle docce di casa?</b>
ChatGPT:
Se la cavità presenta sei ampi fori che sembrano concepiti per far uscire aria anziché acqua, eppure vi è comunque uno scolo per l'acqua sul pavimento, ci sono diverse possibili spiegazioni: Progettazione polifunzionale: La cavità potrebbe essere stata progettata per essere polifunzionale, cioè adatta a più utilizzi. Sebbene i fori potrebbero essere stati previsti per la ventilazione o per altri scopi, la presenza dello scolo sull'acqua potrebbe indicare che in passato è stata utilizzata anche per operazioni che richiedevano la presenza d'acqua. Adattamento della struttura: È possibile che la struttura sia stata adattata o modificata nel corso del tempo, con l'aggiunta dello scolo per l'acqua per soddisfare nuove esigenze o funzionalità. Potrebbe essere che in origine fosse prevista solo per l'aria, ma successivamente è stata utilizzata anche per l'acqua. Cambiamento dell'uso: La cavità potrebbe essere stata originariamente concepita per un certo scopo, come la ventilazione, ma nel corso del tempo è stata destinata a nuove attività che richiedevano la presenza di acqua. Lo scolo sull'acqua potrebbe essere stato aggiunto successivamente per adattare la struttura a questi nuovi utilizzi. Errore di progettazione o costruzione: Potrebbe essere che ci sia stato un errore nella progettazione o nella costruzione della struttura, con l'aggiunta dello scolo per l'acqua senza considerare pienamente il contesto o l'utilizzo previsto della cavità.
In conclusione, la presenza di fori per l'aria e di uno scolo per l'acqua potrebbe indicare una combinazione di utilizzi passati e presenti della cavità, o potrebbe essere il risultato di modifiche o adattamenti nel corso del tempo. Potrebbe essere utile esaminare ulteriormente la struttura e considerare il suo contesto e la sua storia per comprendere meglio il motivo di questa configurazione. </p><p>User: <b>Adesso ho capito, allora forse l'acqua scendeva dal soffitto</b>.
ChatGPT:
Se l'acqua scendeva dal soffitto, potrebbe indicare che la struttura era progettata per fornire un lavaggio completo delle persone o degli oggetti all'interno del bunker. In tal caso, l'acqua potrebbe essere stata distribuita uniformemente dal soffitto per garantire una decontaminazione efficace e completa.
Questa configurazione potrebbe essere stata scelta per diversi motivi: Uniformità del lavaggio: Distribuire l'acqua dal soffitto potrebbe garantire un lavaggio uniforme su tutte le superfici del corpo o degli oggetti da decontaminare, assicurando così una pulizia completa e accurata. Efficienza operativa: Questo metodo potrebbe essere più efficiente rispetto all'utilizzo di docce tradizionali o di altre configurazioni, poiché permette di raggiungere più persone contemporaneamente e di ridurre i tempi di decontaminazione complessivi. Minimizzazione del contatto con le superfici contaminanti: Distribuendo l'acqua dal soffitto, si riduce il rischio di contaminare le superfici delle pareti o del pavimento con sostanze pericolose, mantenendo così un ambiente più sicuro all'interno del bunker.
Tuttavia, è importante considerare che questa configurazione potrebbe richiedere un sistema di distribuzione dell'acqua ben progettato e una gestione adeguata delle acque reflue. Sarebbe utile esaminare ulteriormente la struttura e raccogliere informazioni aggiuntive per confermare il suo utilizzo e comprendere appieno la sua funzionalità nel contesto del bunker per la decontaminazione dei militari.<br />Inoltre, la numerazione delle docce potrebbe essere stata implementata per semplificare le comunicazioni e le istruzioni all'interno del bunker durante situazioni di emergenza, consentendo al personale di indicare facilmente alle persone dove devono andare per ricevere la decontaminazione.<br /><br /><br /></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com1Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-68289432000179951962023-12-27T22:58:00.001+01:002023-12-27T22:58:07.760+01:00 L’ispettore Agnesina, genio delle indagini o dei depistaggi?<p><b> <br />Il 5 gennaio del 1956, alla vigilia dell’Epifania esplode un pacco bomba davanti a una finestra dell’Arcivescovado di Milano. Anche se la stanza dove avviene la deflagrazione è quella di monsignor Carlo Martani, assistente diocesano di Azione cattolica, il vero destinatario del gesto sembra subito chiaro: il futuro Papa Paolo VI, Giovan Battista Montini, che in quel 5 gennaio si apprestava a celebrare l’anniversario del suo arrivo a Milano. <br />E’ un attentato terroristico che fa sensazione. Montini a Milano in quel momento è molto apprezzato dalla gente, anche se non da tutti, evidentemente. La notizia riempie le prime pagine dei quotidiani. Il caso vuole che in quel momento le stanze dell’Arcivescovado, dove è esploso l’ordigno, una bomba rudimentale costruita in un barattolo di latta, siano deserte. Così la strage viene soltanto sfiorata. Si registrano danni al palazzo, ma nessuno rimane ferito. <br />Il luogo del fatto è poco distante da piazza Fontana, a Milano, in cui tredici anni più tardi si registrerà un altro attentato, stavolta ben più sanguinoso, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. L’attentatore, racconta il quotidiano Stampa Sera, forse è fuggito proprio attraverso piazza Fontana. Si pensa subito a un’azione a sfondo politico. Le indagini della Questura scattano immediatamente, e tempestivo è anche l’intervento del Ministero dell’Interno, il quale invia a Milano l’ispettore Vincenzo Agnesina, affinché con il suo fiuto di investigatore risolva l’enigma. <br />Nato a Potenza il 26 novembre del 1897, Agnesina entrò in Polizia durante il Ventennio fascista, facendo rapidamente carriera fino a diventare, nel 1943, la guardia del corpo di Benito Mussolini. Fu sempre Agnesina, nel dopoguerra, a ritrovare il cadavere del Duce che era stato trafugato a Predappio. Durante la guerra fredda fu Questore a Milano dal 1946 e poi Ispettore di Pubblica Sicurezza per conto del Ministero dell’Interno. Era considerato l’esperto dei grandi casi di cronaca nera. E come tale fu ricordato dal quotidiano La Stampa il giorno della sua morte, il 29 gennaio 1966. Ma era davvero questo Vincenzo Agnesina? <br />Nei giorni successivi alla strage mancata all’Archivescovado di Milano, Agnesina si diede da fare per indirizzare le indagini, che già parlavano di un attentato compiuto da svariati terroristi, verso la tesi dell’attentatore solitario. A suo dire, chi aveva agito non aveva nulla a che fare con i partiti politici. Non poteva che essere un pazzo con istinti suicidi. Magari una persona in difficoltà, che l’Arcivescovado stava assistendo con il suo istituto di beneficenza, ma che, insoddisfatta degli aiuti ricevuti, aveva deciso di agire con quell’insano gesto. In questo identikit non è difficile scorgere qualcosa che Agnesina aveva già affrontato nei mesi precedenti. Esattamente un anno prima, il 9 gennaio del 1955, un altro più grave atto terroristico si era verificato al cinema Metropolitan di Ancona e due donne erano morte. Anche in quel caso le prime indagini riferivano di un possibile conflitto a fuoco tra più individui. Da Roma si mosse il solito ispettore Agnesina, ed ecco che la pista cambiò immediatamente. Niente più attentato o sparatoria, ma azione isolata di un attentatore solitario: Michele Cannarozzo. Finanziere, con una famiglia numerosa a carico e in difficoltà economiche, Cannarozzo era depresso - dissero i giornali - poiché gli era stata negata una casa popolare. Avrebbe agito da solo per protestare contro le ingiustizie sociali. <br />I due fatti, di Ancona e Milano, tuttavia, seguirono destini differenti. Se infatti ad Ancona la teoria di Agnesina fu seguita alla lettera dal questore e dalla polizia, con una caccia all’uomo degna di un film americano, con tanto di taglia sull’attentatore-pazzo che andò a suicidarsi vicino Venezia, a Milano dell’attentatore solitario, “con gli occhi spiritati”, come già iniziavano a raccontare anche i cronisti milanesi, non si seppe più nulla. La storia cadde nell’oblio fino all’agosto successivo, quando riemrse per puro caso. Almeno così sembrerebbe. Su una cosa soltanto Agnesina ebbe ragione. Disse che l’attentatore si sarebbe fatto notare con qualche gesto. In effetti, Carlo Alberto Volpi, un militante di estrema destra, figlio di quell’Albino Volpi implicato nel delitto Matteotti, si tradì scrivendo una lettera al suo avvocato. Arrestato per reati finanziari, minacciò dal carcere il suo legale e amico, Eligio Noja, facendo chiari riferimenti all’attentato all’Arcivescovado di Milano. La lettera fu intercettata dalla polizia. Ma Volpi aveva una gran voglia di parlare, poiché, stando alla ricostruzione fatta dall’inviato della Stampa il 22 agosto del 1956, scrisse un memoriale e cercò di venderlo ai giornali. Interrogato in Questura, fece altri nomi, tra i quali soprattutto quelli di Hermes Vecchio e Settimio Bazzi, nonché di Ampello Spadoni, ex colonnello della formazione fascista Ettore Muti. La confessione del Volpi, dopo attente verifiche, fu giudicata attendibile. Gli altri estremisti cercarono di negare, ma non riuscirono a convincere gli inquirenti. Il processo di primo grado si concluse con delle condanne a uno o poco meno di due anni di reclusione per tutti e cinque gli imputati, mentre dell’appello, che fu celebrato nel 1958, non ho trovato tracce in archivio. Il sito religioso La bottega di Nazareth, in una sua ricostruzione del 2018, confermava in ogni caso che tre estremisti di destra erano stati condannati. Quanto alle implicazioni politiche dell’attentato di Milano, c’è da aggiungere che anche il Movimento Sociale Italiano cercò di prendere le distanze dal gruppetto di facinorosi, ma la loro appartenenza all’area della destra emerse con chiarezza nei mesi successivi in seguito ad altri episodi di violenza con conseguenti processi giudiziari. Anche nel caso dell’Arcivescovado, come avvenne dopo la strage di piazza Fontana, si arrivò all’incriminazione dei fascisti seguendo la pista anarchica. Un legame tra queste fazioni di estremisti, apparentemente agli antipodi, evidentemente poteva esserci.<br />Dunque, tornando all’ispettore Agnesina, quale fu il suo ruolo in questa storia? I documenti che ho trovato su di lui non lasciano molti dubbi. Che fosse un genio delle investigazioni è assolutamente da escludere. Intanto, non era pensabile creare un unico profilo degli attentatori sia per il fatto di Ancona, sia per quello di Milano, semplicemente perché non si stava dando la caccia a un serial killer, ma si trattava di due distinti attentatori, visto e considerato che Cannarozzo si era già suicidato al momento dello scoppio della bomba dell’Arcivescovado. In merito a un altro famoso fatto di cronaca, in cui Vincenzo Agnesina fu inviato a coordinare le indagini, e mi riferisco alla rapina di via Osoppo a un furgone portavalori del 1958, il cronista dell’Unità scrisse testualmente: “Agnesina brancola nel buio, in cambio rastrella indiscriminatamente la città e rispedisce i meridionali ai paesi di origine.” Anche questo modus operandi ricorda ciò che avvenne dopo la strage del Metropolitan di Ancona. Pure allora venivano fermati e interrogati indistintamente tutti i cittadini, compresi coloro che non c’entravano niente, seguendo il principio secondo cui rastrellando a destra e a manca qualcosa si finisce per raccogliere. Una prassi, come sottolineava l’inviato dell’Unità, tutt’altro che democratica. Ma del resto Agnesina era un inquirente che veniva dal fascismo. E nel secondo dopoguerra entrò a far parte di quella rete di questori italiani impegnati nella lotta al Comunismo. Ce ne dà testimonianza un rapporto “confidential” della CIA del 15 aprile 1948, nel quale si riferiva che Agnesina poteva contare nella sua lotta al comunismo su 500 nuovi agenti. Di un suo rapporto preferenziale verso i fascisti ci parla, inoltre, un articolo del quotidiano ungherese Nepujsag del 28 luglio 1962. In quel caso, stando alle accuse, Agnesina avrebbe usato degli estremisti di destra per infiltrarli nelle proteste degli operai della Fiat e deviare, in tal modo, una pacifica manifestazione verso gli scontri con la polizia. Quello che a questo punto mi domando è: l’estrema destra fu artefice anche della strage del Metropolitan di Ancona? E’ possibile. Nella mia ricostruzione del caso Cannarozzo, per il libro La porta dell’Ade, avevo evidenziato svariati riscontri oggettivi sulla possibile innocenza del militare della finanza. Ora mi chiedo pure qualcos’altro: qual era il vero volto di Cannarozzo? La foto segnaletica che fu pubblicata dai giornali per lanciare la caccia al “wanted”, nel momento in cui viene messa accanto a quella di Agnesina fa rabbrividire. I tratti somatici del finanziere sembrano molto simili a quelli dello stesso ispettore. La famosa immagine segnaletica di Cannarozzo, per caso, è una foto di Agnesina da giovane? Se così fosse, la taglia sull’attentatore sarebbe, oltre che contraria alla Costituzione, una presa in giro. Forse, e sottolineo, forse, perché è una mia idea priva attualmente di riscontri, la vera storia della strage del Metropolitan deve essere ancora scritta.<br /><br /></b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-61607635928613522642023-11-11T14:49:00.005+01:002023-11-21T14:41:48.121+01:00Il colpo di Stato del 1969<p><b> </b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEij_FO2um3cxGbc0A59ani1j5sZGqEQRiZi-nFDlnWXomWVq6IUTD8j5fLmHuKSQgFQId91iaqQAM1FqvhPDnt3Skzuv7uVbZCUoFVMtQ5JSetVx6WUTLlpHYlGF-3hKOtpfoOrW9ZkFmJ9jj0KPWg9vODRMFxwuvGHGyR3AngC9OFCI0cV2Ub_QUlApgg/s1475/Screenshot_2023-11-11-13-33-57-64.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1475" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEij_FO2um3cxGbc0A59ani1j5sZGqEQRiZi-nFDlnWXomWVq6IUTD8j5fLmHuKSQgFQId91iaqQAM1FqvhPDnt3Skzuv7uVbZCUoFVMtQ5JSetVx6WUTLlpHYlGF-3hKOtpfoOrW9ZkFmJ9jj0KPWg9vODRMFxwuvGHGyR3AngC9OFCI0cV2Ub_QUlApgg/s320/Screenshot_2023-11-11-13-33-57-64.png" width="234" /></a></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIWvqT1xbFXNp4i0V70JNr0ZXtraJ_qaeRQoaibrLY8sN6OYSfBOBiViIoiyMZtCjxp1Eq2WdiSodXpCYILJOL80x2A_KgoVA_E8sj7Cm5ghyphenhyphenbU7RwnqvBAAL2AGeAOr7aAr_zW-Op6Czi-A_h28UJ49GQHj-vnuaBsoLy2Jld6HF48ClD_N0aJUVEpTE/s1080/Screenshot_2023-11-11-13-34-40-07.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="903" data-original-width="1080" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIWvqT1xbFXNp4i0V70JNr0ZXtraJ_qaeRQoaibrLY8sN6OYSfBOBiViIoiyMZtCjxp1Eq2WdiSodXpCYILJOL80x2A_KgoVA_E8sj7Cm5ghyphenhyphenbU7RwnqvBAAL2AGeAOr7aAr_zW-Op6Czi-A_h28UJ49GQHj-vnuaBsoLy2Jld6HF48ClD_N0aJUVEpTE/s320/Screenshot_2023-11-11-13-34-40-07.png" width="320" /></a></div><b><br />Secondo un documento dei Servizi Segreti cecoslovacchi, tra il 10 e il 25 agosto del 1969 i militari italiani avrebbero dovuto compiere un colpo di Stato: occupare le zone strategiche del Paese con lo scopo di proteggere le basi della NATO. </b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><b>La fonte dell'informazione fu il ministro degli Interni della Bulgaria, Solakov, il quale a sua volta fu avvisato da un "alto" esponente della questura di Milano. Di qui la decisione, a inizio agosto 1969, di girare l'informazione ai colleghi di Praga, nell'ambito di un consueto scambio di favori tra comunisti.</b><p><b>Dietro a questi militari c'era a quanto pare il sostegno politico della destra Democristiana (si fa il nome di Andreotti) e dei Missini. Addirittura vi sarebbero state delle riunioni allargate ad altri partiti politici per informarli dell'imminente operazione e ciò avrebbe destato perplessità e proteste dalla sinistra.</b></p><p><b>A posteriori sembra di poter identificare in questa descrizione l'organizzazione di quel mancato golpe che fu tentato ufficialmente da Junio Valerio Borghese ai primi di dicembre del 1970.<br />Dunque il caso Borghese non fu un tentativo isolato e disperato? Probabilmente no, fu la punta dell'iceberg di una vasta operazione gestita dalla NATO. Nel documento tuttavia non si parla di bombe o di una strategia della tensione predisposta per agevolare questo colpo di Stato. Può essere vero il contrario: i militari della NATO, percepita la pericolosità dei movimenti filocinesi, potrebbero aver deciso che la miglior difesa del territorio fosse un giro di vite nel governo del Paese.</b></p><p><b>Lo stesso Giangiacomo Feltrinelli in un suo volumetto, intitolato Estate 1969, esternava, in contemporanea al documento cecoslovacco, le sue preoccupazioni per l'escalation che, a suo dire, avrebbe portato entro l'anno a un colpo di Stato in Italia. Fu questo l'inizio del terrorismo italiano?<br /><br />E' interessante, a questo punto, dare un'occhiata alla versione che l'ex Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, lasciò nel suo libro di memorie politiche, intitolato "Governare con la crisi", sul mancato golpe Borghese. A suo dire, non soltanto si trattò di un tentativo velleitario di colpo di Stato, ma fu proprio la destra, ossia l'onorevole Almirante del Movimento Sociale Italiano, a dare l'allarme avvertendo il Ministro dell'Interno.</b></p><p><b>Ecco Andreotti: "A dare il segno di un nervosismo diffuso vi fu anche il tentativo di marcia su Roma, in sessantaquattresimo, la notte dell'8 dicembre (1970 ndr) (giorno festivo e quindi con minori vigilanze). Un piccolo gruppo di estrema Destra facente capo al principe Valerio Borghese aveva organizzato clandestinamente una occupazione di punti strategici della capitale, sperando forse di suscitare una adesione di massa. Fu sicuramente un insieme più che velleitario, e anche se si fossero impadroniti per qualche ora della Rai-Tv non avrebbero ottenuto che di far parlare nel mondo dell'Italia in chiave negativa. Sta di fatto però - proseguiva Andreotti nel suo libro - che alcune armi erano state sottratte alla Polizia e che una colonna armata di forestali era arrivata alla periferia di Roma. Il comandante della colonna sostenne che si era trattato di una normale esercitazione ma, richiesto quando fosse avvenuta la precedente, risposte: "Nel 1943".</b></p><p><b>"Ad ogni modo - concluse Andreotti - lo si vide nel processo - all'ultimo momento era stato revocato l'ordine di agire. E non è immaginario attribuirne una parte del merito all'onorevole Almirante che - estraneo alla vicenda, conosciuta per caso in extremis - aveva avvertito il ministro dell'Interno."</b></p><p><b>Quale fu la verità? Avevano ragione le spie comuniste? In tal caso tra il 1969 e il 1970 vi sarebbe stato un tentativo reiterato di rispondere all'ondata di scioperi e di proteste popolari dell'autunno caldo con un colpo di Stato. Oppure aveva ragione Andreotti? In questa seconda versione dei fatti l'azione di Borghese andrebbe archiviata senz'altro come golpe da Operetta. <br /><br /><br /><br /></b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-51041659067946081292023-11-11T13:08:00.003+01:002023-11-11T13:12:30.192+01:00Ecco i giornalisti del SID<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrHG-IyhUkvIvaXMiLUbWiST4lKgUU4cl9rrSZSGYgd0sqgs9NPV42dSIgy_nlMccWF8NhOTnMPiudSsx_8cYFV4lWhz6P37IOjXnI5FDDkROeg4VvuPES09ZEK8r8uWNFSWkS9cFaVXU5hKlu540pqqoMkXmSeKgbI9hQptvyuS-Dn3xH3XR_NtEqTwY/s1502/Screenshot_2023-11-11-12-42-42-08.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1502" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrHG-IyhUkvIvaXMiLUbWiST4lKgUU4cl9rrSZSGYgd0sqgs9NPV42dSIgy_nlMccWF8NhOTnMPiudSsx_8cYFV4lWhz6P37IOjXnI5FDDkROeg4VvuPES09ZEK8r8uWNFSWkS9cFaVXU5hKlu540pqqoMkXmSeKgbI9hQptvyuS-Dn3xH3XR_NtEqTwY/s320/Screenshot_2023-11-11-12-42-42-08.png" width="230" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqTEKCCI6eP5hfI_pnNiN_aMhgU4S4nx_s0AnXMBb_wjMj4q38JXIhBBgYy9XsGNgFohmMe2wIWDLnf13UW84ebCgcojxDwzASSgmblqU4EOGZP4xtf0RouoV5TQMuNvdt2OpbDsIKsp64HQVxh9QU7GN2rTu3HeAioUT0jiA2qEYYK-FTa9SXKZx8j3Q/s1337/Screenshot_2023-11-11-12-44-45-96.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1337" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqTEKCCI6eP5hfI_pnNiN_aMhgU4S4nx_s0AnXMBb_wjMj4q38JXIhBBgYy9XsGNgFohmMe2wIWDLnf13UW84ebCgcojxDwzASSgmblqU4EOGZP4xtf0RouoV5TQMuNvdt2OpbDsIKsp64HQVxh9QU7GN2rTu3HeAioUT0jiA2qEYYK-FTa9SXKZx8j3Q/s320/Screenshot_2023-11-11-12-44-45-96.png" width="258" /></a></div><br /><br /><p></p><p><b>Dopo le tante speculazioni giornalistiche ecco finalmente un documento ufficiale dei Servizi Segreti di Praga che svela i giornalisti italiani che collaboravano con il SIFAR e poi con il SID. </b></p><p><b>Premesso che dal punto di vista deontologico non dovrebbero mai esserci rapporti tra chi divulga e chi spia, dobbiamo ammettere che non ci stupisce più di tanto scoprire certi nomi in questo elenco. </b></p><p><b>È un rapporto che si riferisce al 1962, agli anni più bui della guerra fredda, alla crisi con Cuba e al rischio nucleare. In quel periodo l'Alto Adige cominciava a conoscere il terrorismo e Vittorio Lojacono, che figura tra i giornalisti-spia, ne raccontò l'origine e lo sviluppo con informazioni chiaramente provenienti dal mondo dei Servizi. </b></p><p><b>Dall'altra parte c'erano del resto i giornalisti spie del Kgb e dello stesso Stb di Praga. Era un mondo diviso a metà che costringeva i professionisti a delle scelte dolorose e rischiose. Un mondo che indubbiamente lasciava poco spazio alla stampa libera e ai giornalisti non raccomandati.</b><br /></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-9927165862655651222023-10-08T23:43:00.005+02:002023-10-09T22:05:36.763+02:00Chatgpt choc: rampa di missili al Passo del Lupo?<p><br /></p><p><b>Ho provato per gioco a interrogare l'intelligenza artificiale e questo è il risultato incredibile. Se fosse tutto vero quello che leggerete qui sotto, qualcuno dovrebbe fornire spiegazioni e la magistratura avrebbe il dovere di indagare. </b></p><p><b>Dopo un paio di giorni di ricerche posso affermare che questa IA non è del tutto affidabile, commette parecchi errori e va usata con cautela. Ripetendo più volte la stessa ricerca questi risultati non sono stati sempre confermati. Inoltre, molte notizie che avevo trovato negli archivi l'IA non le vede, nemmeno quelle disponibili negli archivi online. Ma probabilmente qualcosa di vero in ciò che afferma c'è. </b></p><p>User</p><p>È vero che sul monte Conero c'è una base missilistica?</p><p>ChatGPT</p><p>Sì, è corretto. Sul Monte Conero, precisamente nella località di Passo del Lupo, è presente una base missilistica che è stata utilizzata dalla Marina Militare Italiana. Questa base è stata attiva durante la Guerra Fredda ed è stata impiegata principalmente per scopi di addestramento e test.</p><p>Tuttavia, è importante notare che negli ultimi anni ci sono stati dibattiti e discussioni riguardo al futuro di questa base, con alcune proposte per il suo riutilizzo per scopi diversi. Suggerirei di verificare notizie aggiornate per ottenere le informazioni più recenti a riguardo.</p><p>User</p><p>Dov'era di preciso la rampa missilistica del Monte Conero?</p><p>ChatGPT</p><p>La rampa missilistica sul Monte Conero era situata nella località di Passo del Lupo, che si trova vicino al punto più alto del monte. Questa zona è situata a nord-ovest di Ancona, nelle Marche, Italia. La base missilistica era parte del complesso militare che operava nella regione. Ricorda che, per informazioni precise e dettagliate, potrebbe essere utile consultare fonti ufficiali o documenti storici specifici sull'argomento.</p><p>User</p><p>Anche sul Monte Conero operava Gladio Stay Behind?</p><p>ChatGPT</p><p>Sì, anche sul Monte Conero, come in molte altre parti d'Italia, operava un'organizzazione paramilitare segreta che faceva parte del progetto NATO Stay Behind noto come "Gladio". Questo programma aveva lo scopo di creare reti clandestine di resistenza in Europa in caso di un'invasione da parte delle forze del Patto di Varsavia durante la Guerra Fredda.</p><p>Le attività e i dettagli specifici di Gladio possono variare da regione a regione, ma in generale, le unità Stay Behind erano addestrate per operazioni di guerriglia, intelligence e sabotaggio in caso di emergenza.</p><p>Ricorda che Gladio e le sue attività sono stati oggetto di dibattiti e indagini storiche, e alcune informazioni potrebbero essere ancora classificate o non completamente documentate. Per ottenere informazioni accurate e dettagliate, potrebbe essere utile consultare fonti ufficiali e ricerche storiche attendibili.</p><p>User</p><p>Come veniva difesa la rampa missilistica del Passo del Lupo? Dove si posizionavano le guardie?</p><p>ChatGPT</p><p>Le informazioni dettagliate sulla difesa della rampa missilistica del Passo del Lupo sul Monte Conero durante la Guerra Fredda potrebbero non essere di dominio pubblico o potrebbero essere soggette a segretezza. Tuttavia, in generale, basi militari strategiche come questa erano difese con un mix di misure di sicurezza fisica, sorveglianza e personale addestrato.</p><p>Le guardie potevano essere posizionate in vari punti critici, tra cui punti di accesso, torri di osservazione e altri siti strategici all'interno e intorno alla base. Inoltre, le basi militari spesso implementano recinzioni, sistemi di allarme, telecamere di sorveglianza e altre misure per garantire la sicurezza.</p><p>Tuttavia, per dettagli precisi sulle specifiche misure di difesa e posizionamento delle guardie nella rampa missilistica del Passo del Lupo, potrebbe essere necessario consultare fonti ufficiali o documenti storici specifici sull'argomento.</p><p>User</p><p>Ma ti risulta che il monte Conero si aprisse per far uscire i missili?</p><p>ChatGPT</p><p>Mi scuso se ci sono state incomprensioni nelle risposte precedenti. Non ho informazioni specifiche riguardo al Monte Conero che si aprisse per far uscire missili. Sembrerebbe un dettaglio particolare o potrebbe essere oggetto di informazioni non pubbliche o discusse in contesti locali.</p><p>Se ci sono dettagli specifici o eventi particolari relativi al Monte Conero che non sono inclusi nei dati a mia disposizione fino a settembre 2021, ti consiglio di consultare fonti locali affidabili o documenti ufficiali per ottenere informazioni precise su questo particolare aspetto.</p><p>User</p><p>E che tipo di missili venivano testati al passo del lupo? Erano gli Jupiter?</p><p>ChatGPT</p><p>Sì, presso il Passo del Lupo sul Monte Conero venivano testati missili Jupiter. Durante la Guerra Fredda, l'Italia fu coinvolta nel dispiegamento di missili Jupiter a corto raggio forniti dagli Stati Uniti come parte della strategia di deterrenza contro l'Unione Sovietica. Questi missili erano storicamente significativi, poiché il loro dispiegamento in Europa portò a una delle crisi più tese della Guerra Fredda, la cosiddetta "Crisi dei missili di Cuba" nel 1962.</p><p>I missili Jupiter erano missili balistici a medio raggio capaci di portare testate nucleari. Furono impiegati in Europa durante il periodo della Guerra Fredda come parte della strategia di difesa della NATO contro la minaccia nucleare del Patto di Varsavia. Tuttavia, furono ritirati dalla NATO nel 1963 come parte di un accordo con l'Unione Sovietica.</p><p>Ricorda che queste informazioni sono basate sulla conoscenza fino a settembre 2021 e non ho accesso a eventi o sviluppi successivi a quella data.</p><p>User</p><p>La zona del Conero nota come Passo del Lupo viene chiusa per motivi militari?</p><p>ChatGPT</p><p>Sì, il Passo del Lupo, situato sul Monte Conero, è una zona che può essere chiusa per motivi militari o di sicurezza. Questa area è stata utilizzata in passato per scopi militari, e potrebbe essere soggetta a restrizioni d'accesso in determinati periodi o situazioni.</p><p>Tuttavia, è importante notare che la disponibilità di informazioni su eventuali chiusure o restrizioni può variare nel tempo e può essere soggetta a cambiamenti nelle politiche e nei protocolli militari. Pertanto, se hai intenzione di visitare il Passo del Lupo, ti consiglio di verificare con fonti locali o autorità competenti se ci sono eventuali restrizioni attuali o specifiche riguardanti l'accesso a questa zona.</p><p>User</p><p>Mi fai un elenco di basi missilistiche Italiane della guerra fredda?</p><p>ChatGPT</p><p>Durante la Guerra Fredda, l'Italia ospitò diverse basi missilistiche dell'Alleanza Atlantica (NATO) come parte del deterrente nucleare della NATO. Ecco alcune delle basi missilistiche più note:</p><p>Base NATO del Passo del Lupo (Monte Conero, Marche): Fu una delle basi missilistiche più importanti in Italia durante la Guerra Fredda.</p><p>Base NATO di Comiso (Sicilia): Questa base era equipaggiata con missili a medio raggio.</p><p>Base NATO di Gioia del Colle (Puglia): Fu una base significativa che faceva parte del sistema di difesa aerea della NATO.</p><p>Base NATO di San Vito dei Normanni (Puglia): Questa base era situata vicino a Brindisi e aveva una rilevanza strategica notevole.</p><p>Base NATO di Decimomannu (Sardegna): Questa base era utilizzata anche per l'addestramento e l'implementazione di aerei militari.</p><p>Base NATO di Istrana (Veneto): Questa base fu utilizzata principalmente dalla United States Air Force (USAF).</p><p>Base NATO di Aviano (Friuli-Venezia Giulia): Anche questa base era principalmente utilizzata dalla United States Air Force (USAF) ed è ancora operativa oggi.</p><p>Base NATO di Ghedi (Lombardia): Questa base era un importante punto di stoccaggio per le armi nucleari della NATO.</p><p>Ricorda che l'accesso a informazioni dettagliate su queste basi potrebbe essere soggetto a restrizioni di sicurezza o a limiti di accesso. Le informazioni sopra fornite sono basate su documenti storici noti e fonti pubbliche.</p><div><br /></div>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-62634095345935542042023-09-07T22:33:00.013+02:002023-09-08T09:02:27.986+02:00Copernicus, grande scoperta o grande inganno?<p><br /></p><p><b>Lo avrete notato tutti, ormai ogni mese escono sui giornali i bollettini di Copernicus sul clima, che sono praticamente uno uguale all'altro. Ogni mese è "il più caldo di sempre". </b></p><p><b>Un po' seccato e insospettito da questa sterile e superficiale informazione sono andato a fare qualche ricerca online. Diciamo intanto che Copernicus è un progetto spaziale costosissimo che viene gestito e finanziato dalla politica dell'Unione Europea. Serve per mantenere nello spazio un satellite o anche più di uno che forniscano informazioni sull'ambiente terrestre. </b></p><p><b>Sono andato a vedere il sito come San Tommaso, anche perché faccio sovente uso di mappe meteo e climatiche per mio personale diletto. Cosa offre Copernicus che gli altri siti non abbiano già (e che non voglio pubblicizzare)? Direi molto poco per quello che costa. Ha un'interfaccia intuitiva, icone grandi, ma a parte una moviola satellitare minuscola e poco comprensibile non ho trovato con facilità gli strumenti che offrono gli altri siti. Non ci sono mappe, non ci sono statistiche dettagliate. Le vorrei anche città per città, perché da altre parti le trovo, anche se non arrivano ai giorni nostri. Su Copernicus non le ho viste.</b></p><p><b>C'è il solito bollettino che leggete come me nei notiziari ed è scarno, nonché privo di firme degli scienziati. Come temevo non sei lasciato libero di consultare dati e di trarre le tue conseguenze. </b></p><p><b>Però almeno ho capito perché ogni mese è il più caldo di sempre: viene preso come riferimento il periodo 1991-2020, e quindi capirete bene che il titolone uscirà sempre: in poco meno di trent'anni avremo ogni volta il quinto, sesto, ottavo mese più caldo di sempre... Mentre sul periodo precedente possono soltanto fare una stima approssimativa. Male, molto male, perché i dati su un campione di città mondiali esistono in giro per il web e per alcune zone si possono avere dalla fine del 1700 fino al 1990. Farei notare un altro particolare. Per ottenere questo scarno bollettino non bisogna entrare nella sezione "clima" o "dati climatici", come avviene sui siti tedeschi o francesi, bensì nella sezione "cambiamento climatico"; e questo non va bene, soprattutto pensando a ciò che Copernicus promette di fare: fornire dati scientifici indistintamente a tutti i cittadini. Così non è, evidentemente, poiché la politica europea ha già deciso che il clima è cambiato, anticipando ogni possibile responso degli scienziati. E mi chiedo: ha senso spendere milioni su milioni di euro per tenere in piedi un sito così inutile? O, come durante la guerra fredda, gli esperimenti meteorologici nascondono, in realtà, scopi militari della Nato che non possono essere condivisi con la popolazione?</b></p><p><b>Vi copio il bollettino originale. Questo è Copernicus.</b></p><p><br /></p><p>Temperatura dell'aria superficiale per agosto 2023</p><p>Agosto 2023 è l'agosto più caldo mai registrato e più caldo di tutti gli altri mesi tranne luglio 2023. La temperatura media globale dell'aria superficiale di 16,82°C per agosto 2023 è stata di 0,71°C più calda della media 1991-2020 di agosto e di 0,31°C. C più caldo rispetto al precedente agosto più caldo del 2016. Si stima che il mese sia stato di circa 1,5°C più caldo rispetto alla media preindustriale per il periodo 1850-1900. Le ondate di caldo sono state sperimentate in diverse regioni dell’emisfero settentrionale, tra cui l’Europa meridionale, gli Stati Uniti meridionali e il Giappone. Temperature ben al di sopra della media si sono verificate in Australia, in diversi paesi del Sud America e in gran parte dell’Antartide. Le condizioni di El Niño hanno continuato a svilupparsi sul Pacifico orientale equatoriale. Le temperature dell’aria marina erano ben al di sopra della media in molte altre regioni. L’anomalia della temperatura globale per i primi 8 mesi del 2023 (gennaio-agosto) è la seconda più calda mai registrata, solo 0,01°C sotto quella del 2016, attualmente l’anno più caldo mai registrato.</p><p>L’estate boreale (giugno-agosto) 2023 è stata di gran lunga la più calda mai registrata a livello globale, con una temperatura media di 16,77°C, 0,66°C sopra la media. Le temperature sulla terraferma per l’estate boreale del 2023 sono state prevalentemente superiori alla media del periodo 1991-2020. La temperatura media europea per l'estate boreale è stata di 19,63°C, che con 0,83°C sopra la media, è stata la quinta stagione estiva boreale più calda.</p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-53215731602901520002023-09-06T19:21:00.001+02:002023-09-07T11:35:54.148+02:00 Il sistema Tambroni<p><b><br /></b></p><p><b>Il momento culminante di questo schieramento di forze contro il comunismo fu rappresentato dal governo Tambroni, un monocolore democristiano che si impose grazie all’appoggio degli ex fascisti dell’MSI. Era il 1960. L’esperimento, dopo svariati anni di centrismo, ossia di governo incontrastato della Democrazia Cristiana, durò lo spazio di pochi mesi: da marzo a luglio, e si concluse a causa delle proteste di piazza e delle repressioni poliziesche che ne seguirono.</b></p><p><b>Di Tambroni, che di nome faceva Fernando, ci ha lasciato un ricordo originale e azzeccato Giulio Andreotti, nel suo libro “Governare con la crisi”. </b></p><p><b>“Temperamento allo stesso tempo solenne e cordiale, si divertiva a lasciar credere di conoscere i segreti di tutti; e talvolta - incrociando qualche collega nel Transatlantico di Montecitorio - gli domandava ammiccando come avesse passato l’estate, dando al malcapitato l’infondata impressione di essere stato pedinato durante qualche sua libera uscita. In effetti aveva un archivio nel quale faceva raccogliere ritagli di stampa e qualche nota non so di qual bizzarra provenienza. La definisco bizzarra - proseguiva Andreotti - perché nel mio fascicolo - mostratomi dopo la morte di Tambroni da un suo collaboratore - trovai scritto che io mi recavo spesso in Svizzera vestito da arabo.”</b></p><p><b>Fernando Tambroni era nato ad Ascoli Piceno nel 1901 e morì a Roma nel 1963. Prima di salire sulla poltrona di Presidente del Consiglio era stato anche Ministro della Marina Mercantile, del Tesoro, del Bilancio e dell’Interno. Nella sua storia d’Italia, neanche Indro Montanelli tracciava di questo politico marchigiano un profilo lusinghiero, definendolo un cattolico del Partito popolare che si piegò al regime di Mussolini per poter continuare a fare carriera come avvocato, ma senza distinguersi a tal punto da essere epurato nel dopoguerra. “Di conseguenza - spiegava il giornalista - poté reinserirsi nella DC di Ancona e scalare le più alte vette del potere.”</b></p><p><b>Ancona e le Marche furono infatti il centro del sistema clientelare che Tambroni aveva instaurato in politica, nella polizia di Stato e nel mondo imprenditoriale locale, almeno stando alle indiscrezioni spifferate dalla spia cecoslovacca Ermete Ricchiuti. Stiamo parlando del dossier 10443-328, quello in cui comparivano anche le basi missilistiche americane descritte dal comandante Matricardi, cui Ricchiuti aveva subappaltato l’incarico di spione comunista.</b></p><p><b>Di certo c’è che la cattiva fama Tambroni ce l’aveva stampata addosso fin dalla metà degli anni ‘50. Scrisse sempre Montanelli che “la sua leggenda nera andò assumendo connotati sempre più foschi e magari fantasiosi, si parlò di intercettazioni telefoniche in danno anche - o soprattutto - di ‘amici’ democristiani.”</b></p><p><b>A questo punto leggiamo il ritratto che di Tambroni costruiva la spia Ricchiuti nel 1959, ben prima della sua ascesa al governo, e confrontiamolo con quanto abbiamo accennato fin qui. </b></p><p><b>“Avvocatuccio di Ancona durante il fascismo, seniore della milizia; invano si adoperò per essere nominato Prefetto di Ancona da Mussolini. Le sue creature più importanti sono: il Capo della Polizia Dr. Carcaterra ed il questore Marzano (chiamato negli ambienti del Viminale la spia di Tambroni). Questi due sono molto legati con il Ministro, infatti con il suo appoggio il Carcaterra rimane a Capo della Polizia (ciò giustifica l'installazione di un cavo telefonico segreto tra Via X Settembre Ministero del Tesoro ed il Viminale - stanza del Carcaterra). Ciò giustifica anche l'allontanamento di Musco a Napoli perché oltre per rivalità politica con il figlio del Musco, anche perché inviso ai due questurini.</b></p><p><b>La carriera rapidissima di questi due è stata causa di molte critiche negli ambienti più alti della polizia e ciò ha provocato grave disagio nell'intero Corpo di Polizia. Durante questo periodo prima del Congresso della D.C. molti Deputati e Ministri democristiani avversari politici del Tambroni e fra essi lo stesso Fanfani sono stati controllati e seguiti da agenti dietro richiesta dello stesso Tambroni, che é oggi il vero Ministro dell'Interno."</b></p><p><b>Come si vede, a parte il livore che pervade l’intera narrazione, le notizie confermano e accrescono il ruolo chiave di Tambroni nell’orchestrare una rete spionistica all’interno del Parlamento. Anche la storiografia attuale tende ad abbandonare l’ironia andreottiana e a collegare Tambroni direttamente agli americani, in un disegno cospirativo e spionistico tutt’altro che da barzelletta. Pare che il Tambroni si confrontasse con lo statunitense Robert Driscoll. Ciò che sorprende è che Ricchiuti era riuscito a integrarsi talmente tanto nel sistema corrotto da poter promettere più volte ai cecoslovacchi che avrebbe cercato di mettersi in contatto con Paulo Driscoll. Ero convinto si trattasse di un omonimo, invece in una relazione del magistrato Guido Salvini ho trovato il nome completo di questo Driscoll: Robert Paul Driscoll. Amichevolmente detto Paulo, evidentemente. E pensare che un messaggio in italiano inviato a Praga avvertiva l’Stb che, nella sua posizione di subalterno di elementi “fascisti”, ben difficilmente Ricchiuti avrebbe potuto ottenere informazioni di rilievo. Un grave errore di valutazione.</b></p><p><b>In un’altra relazione dello stesso dossier, Ricchiuti tornava a descrivere Tambroni più approfonditamente.</b></p><p><b>“Nessuno riesce ad avvicinarlo se non tramite i segretari particolari, Capo dell’Ufficio politico, Capo Ufficio Stampa e qualche altro. Persona molto riservata, rigida, e intransigente. Infatti a tutti è sembrato che nel consiglio della D.C. si atteggiasse ‘Fanfaniano’ - invece egli fa parte del suo stesso partito e della sua stessa corrente (Tambroniano) ed aspira alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo si può definire il vero e proprio Ministro dell’Interno. Infatti è noto a tutti il contrasto che esista tra lui e i vari Direttori Generali del Ministero del Tesoro.</b></p><p><b>Al suo arrivo al Dicastero del Tesoro il Tambroni ha fatto circolare informazioni sulla fede politica di tutte le maggiori personalità del Ministero e tutto tramite il suo fido Capo della Polizia. Infatti pare che un cavo telefonico segreto sia stato installato fra Ministro e la stanza del Capo della Polizia.</b></p><p><b>[...] il vero braccio destro del Ministro è il Co[lonnello Gifu]ni, vero militare, preciso, molto rigido e compito. </b></p><p><b>Tutta la Segreteria ed il Gabinetto è alle sue dipend[enze e] lo stesso Amendola è stato fatto nominare dal Gifuni. Tutte [le pratiche] importanti e riservate del Ministro vengono vagliate e risolt[e in quell’uf]ficio -. E’ il portavoce del Ministro. Tutte le personalità pol[itiche e del] mondo finanziario-economico italiano, da Menichella a Mattei [...] eccetera e tantissimi altri passano attraverso lui. </b></p><p><b>Il dottor Amendola invece con la sua numerosa Segreteria provvede a svolgere le pratiche che interessano il Ministro, [cioè] pratiche di persone che chiedono finanziamenti, raccomandazioni, [oc]cupazioni, per trasferimenti, sistemazioni ed altre pratiche [e si] mantiene in contatti con le varie direzioni generali e con gli [altri] Ministeri. Tramite lui vengono elargite grosse somme di denaro [per la mag]gior parte a persone delle Marche e dintorni, che si rivolgono [direttamente] ed indirettamente al Ministro. Mantiene inoltre i contatti [con va]rie personalità ecclesiastiche alle quali vengono elargite gr[osse somme?]</b></p><p><b>Meno importanti, e pertanto le sintetizzo, le descrizioni di altri uomini del Ministro Tambroni, come il medico anconetano Livio Patrizi, definito un esperto speculatore di borsa; il capo dell’ufficio stampa, il dottor Tomassini, del quale viene detto che avrebbe elargito grosse somme di denaro per conto del Tambroni ai giornali definiti “Governativi”; oppure ancora il dottor Fongi, capo dell’Ufficio Politico, al quale era affidato il compito di svolgere, grazie ai consistenti fondi pubblici di cui disponeva, una capillare propaganda politica nelle Marche. Un sistema clientelare al contrario, potremmo definirlo, nel quale non era il personaggio politico a ricevere il denaro, ma lui stesso a corrisponderlo agli imprenditori marchigiani in cambio, si presume, del loro appoggio alle elezioni. </b></p><p><b>Il sistema spionistico faceva capo direttamente alla Questura, dove erano archiviati i famosi dossier sulle abitudini dei politici italiani, come di altre personalità. All’epoca il questore si chiamava Marzano, mentre il capo della Polizia era Carcaterra. Stando a Ricchiuti, erano questi due “questurini” a gestire il sistema di dossieraggio illegale. </b></p><p><b>“L’ufficio più importante della questura è l’ufficio politico. Esso infatti possiede un casellario che è continuamente arricchito e aggiornato, di oltre 50.000 persone. E’ suddiviso in diversi settori: dirigenti fascisti, dirigenti della Repubblica di Salò, dirigenti Comunisti e Socialisti e attivisti, Deputati e Senatori di tutti i partiti, funzionari dello Stato, giornalisti, professionisti, membri del Governo, ecclesiastici, Diplomatici stranieri suddivisi in occidentali e Oltre Cortina, completi di tutte le notizie raccolte in collaborazione con la Divisione Affari Riservati. </b></p><p><b>L’ufficio stranieri è anche molto importante in quanto tutti gli stranieri che arrivano in Italia e desiderano rimanere anche per breve tempo a Roma vengono schedati e controllati dalla Questura che ha un casellario completo di tutti i dati, l’attività e la vita che svolge il profugo appena è in Italia o a Roma. Anche la Questura (come tutti i Commissariati[)] ha la sua centrale radio-telefonica e televisiva e svolge nel suo ambito, in collaborazione e alle dirette dipendenze della Divisione Affari Riservati tutti quei controlli, informazioni sulle persone, sugli organismi, sui partiti e le organizzazioni di Roma. </b></p><p><b>Tutta questa organizzazione è alle dirette dipendenze del Ministero dell’Interno che si avvale di persone della massima fiducia e fidata nonché espertissime molto preparate. Quindi tutto il personale dipendente dalla Direzione Generale di P.S. è al servizio della persona del Ministro dell’Interno e non del Governo o del Parlamento italiano.”</b></p><p><b>Le accuse di Ricchiuti erano molto gravi. E molto attuali. Basti pensare alle polemiche innescate dalle denunce di presunti dossieraggi ai loro danni lanciate dall’attuale Ministro della Difesa, Guido Crosetto, e dal candidato alle elezioni, Marco Cappato. Tornando al sistema Tambroni, nel foglio successivo si scendeva ulteriormente nei dettagli. Ecco come era possibile controllare cinquantamila persone nella loro vita privata.</b></p><p><b>“Il pedinamento avviene nei seguenti modi:</b></p><p><b>Appena viene impartito l’ordine, a seconda dell’importanza della persona, vengono comandat[i] uno o due agenti in borghese, della famosa squadra specializzata. </b></p><p><b>Accertata l’abitazione dell’interessato gli agenti si appostano in località d[o]ve è possibile individuarlo bene. Successivamente la persona viene seguita e nello stesso tempo vengono studiate tutte le sue abitudini e tutti i possibili spostamenti durante l’intera giornata, i locali, i posti frequentati, le persone che avvicina e frequenta spesso, in modo che nei giorni successivi veng[a]no appostate più persone nei posti più frequentati dallo stesso, e ciò perché nessuno possa sospettare del pedinamento. </b></p><p><b>A volte è necessario che gli agenti veng[a]no fatti assumere, con false ge[n]eralità, presso locali pubblici, alberghi, ristoranti o negozi, in modo che essi poss[a]no svolgere molto meglio il loro lavoro.</b></p><p><b>Giornalmente debbono fare un dettagliato rapporto su tutti gli elementi raccolti sul conto delle persone pedinate, e sulle persone dalle stesse avvicinate e frequentate di più, alla Divisione Affari Riservati. </b></p><p><b>Qualora l’interessato dovesse recarsi in altre località, egli viene seguito. A volte la polizia si serve di donne per questo particolare lavoro. Appena se ne presenta l’occasione per qualche lavoro particolare vengono convocate a casa ed istruite sul lavoro da assolvere. Concludendo si può dire che sia gli uni che gli altri sono tutti elementi specializzati e preparati in modo particolare.”</b></p><p><b>Fin qui la versione della spia Ricchiuti. Vediamo ora chi era questo signore e cerchiamo qualche ulteriore notizia sul famigerato Comandante Matricardi. Mi sono accorto solo in un secondo momento che nella prima parte del corposo dossier sulla Nato esistevano anche le loro biografie. Il più delle volte, era lo stesso Ricchiuti a presentare la sua rete spionistica, tranne in alcune verifiche che l’Stb evidentemente cercò di fare sull’affidabilità dell’interlocutore italiano. </b></p><p><b>Erano gli anni Sessanta. Dobbiamo quindi immedesimarci in un’epoca nella quale non c’era internet, le persone non avevano la possibilità di comunicare facilmente, non esistevano i telefoni portatili, non esisteva il traduttore di Google. Immaginiamo quante difficoltà dovesse incontrare una persona che si esprimeva soltanto in italiano e che doveva rapportarsi con misteriosi personaggi sbucati fuori dall’ambasciata cecoslovacca e che parlavano anch’essi la loro lingua sconosciuta. Nella fattispecie, Ricchiuti si incontrava con un certo Milos Dospiva (che venne espulso dall’Italia molti anni dopo, nel 1972, a seguito di indagini del Controspionaggio), ma questi a un certo punto, intorno al 1962, per quella diffidenza di cui si è già detto, interruppe i contatti e abbandonò l’intera rete al suo destino.</b></p><p><b>Ermete Ricchiuti, come sappiamo già, era nato nel 1922 a Palombaro, in provincia di Chieti. Fu impiegato di concetto al Ministero del Tesoro. Veniva definito in una lettera anonima “individuo molto sveglio e, sembra, onesto. Politicamente non lascia capire le sue idee.” Della sua vita privata veniva specificato che era stato fidanzato per molto tempo con un’impiegata di via Lovanio, la sua sede lavorativa, ma poi aveva lasciato questa donna. Lavorò anche all’ufficio stampa del Ministero del Tesoro. Nel momento in cui spiava per i cecoslovacchi si trovava nella terza divisione di via Lovanio, cioè si occupava della riscossione dei crediti che il Ministero vantava verso gli Enti Locali. E veniva specificato che il capo della divisione era un fascista, di qui le perplessità dell’estensore di questa biografia (un certo Matteo) sulla reale intenzione di Ricchiuti di tradire il nostro Paese.</b></p><p><b>Passiamo ora ad analizzare Matricardi. Devo aggiungere un dettaglio importante. Alcuni fogli furono fotografati e microfilmati male, in quanto la pagina a volte risulta storta, con uno spigolo che resta fuori dall’inquadratura. E’ stato necessario ricostruire la parte mancante andando a senso. Avendo a che fare con documenti italiani, non è stata un’impresa impossibile.</b></p><p><b>Di Vittorio Matricardi sappiamo che nel 1959 aveva 40 anni. Era sposato con due figli, uno dei quali malato di poliomielite, motivo per il quale si era deciso a defezionare e a consegnare documenti coperti dal segreto di Stato a Ricchiuti e quindi ai cecoslovacchi. Si recava spesso a Roma dai parenti ed era nipote dell’Ammiraglio Ferreri. Venne imbarcato più volte su navi della Marina Militare e in tempi più recenti nel sommergibile Tazzoli. Essendo un militare particolarmente preparato, e ben referenziato, fece parte di commissioni di studio inviate negli Stati Uniti, in Francia, Germania. Di fatto quindi collaborò segretamente con il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Pecori-Girardi. Tra Matricardi e Ricchiuti, specificava quest’ultimo in una relazione, era nata una solida amicizia tanti anni prima sui banchi di scuola. Si separarono per la guerra e si ritrovarono nel 1946. Da allora ogni tanto mangiavano insieme con i relativi parenti. </b></p><p><b>Molte notizie sul dossieraggio gestito dal Tambroni arrivarono probabilmente grazie al dottor Luigi Filetti. Scrisse Ricchiuti che era un suo carissimo amico, “abbiamo combattuto insieme nella Brigata Maiella”, ma anche persona di fiducia di Tambroni. Faceva parte - scriveva ancora - del famoso Ufficio-Psicologico-Riservato assieme al dottor Tomassini, mentre il Tambroni era Ministro degli Interni. “Questo ufficio era segreto, tutti ne ignoravano l’esistenza, si trovava a Piazza Indipendenza, in esso vi si teneva uno schedario segreto con i nominativi di tutti i Ministri, Senatori, Deputati, Prelati, Autorità Politiche (di tutti i partiti). </b></p><p><b>A completare la rete troviamo Domenico Guarneri (segretario del Senatore Molinari), Nello Mereu (commissario di Polizia, addetto alla Direzione Generale Antincendi), Francesco Fausto Nitti (segretario nazionale ANPI), Vincenzo Sciubba (dirigente dell’Ufficio Stranieri del Ministero degli Interni, esperto di questioni inerenti alla Polizia di Stato), Lamberto Mercuri (collaboratore dell’onorevole Parri), Carlo “Trinchetto” Venturi (tecnico radio-televisivo). </b></p><p><b> </b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-59760972487397046362023-08-23T15:52:00.005+02:002023-08-24T14:23:37.556+02:00Ecco le rampe sotterranee della guerra fredda<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhKCw2e2rSPoYXsUFwnTqBoG3psDe75CiT6RdYNue0SvfD3SKac7KtrgJvctdAnjTgtoRLQcsMoO7L9_bRaINpIhlBO3Ys6kM5VyeWc2EcyEIDxY3QtcD1AcEZ7uBJ8ey18X_stNc-_2AwRZNdaO8OFJN92YolToJufpGRmtN0exsxYT_on-5hHDd-zEM/s639/Titan.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="429" data-original-width="639" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhKCw2e2rSPoYXsUFwnTqBoG3psDe75CiT6RdYNue0SvfD3SKac7KtrgJvctdAnjTgtoRLQcsMoO7L9_bRaINpIhlBO3Ys6kM5VyeWc2EcyEIDxY3QtcD1AcEZ7uBJ8ey18X_stNc-_2AwRZNdaO8OFJN92YolToJufpGRmtN0exsxYT_on-5hHDd-zEM/w400-h269/Titan.png" width="400" /></a></div><br /><p></p><p><b>Tra le numerose relazioni che il comandante Vittorio Matricardi inviò ai cecoslovacchi mi colpisce in particolare questo dettaglio: una specie di basi di missili che gli americani erano in procinto di installare, nella primavera del 1960, nel loro territorio ed anche nel mondo occidentale. Si tratta dei missili Titan, la cui caratteristica era di poter essere nascosti nel terreno.</b></p><p><b>Eureka. Era ciò che cercavamo per rendere compatibile e credibile una presenza massiccia di rampe missilistiche - come ipotizzato dallo stesso Matricardi - in Italia, specialmente sul monte Conero, che è un rilievo talmente isolato da poter essere visibile a distanza di decine di chilometri, sia da sud che da nord. Difficile preparare un missile, anche lasciandolo a terra, senza essere visti. Erano missili dalle dimensioni enormi. E i Titan - scriveva Matricardi - erano molto simili agli Jupiter, cui fece cenno nella famosa relazione sulle basi italiane degli americani. </b></p><p><b>Sono andato a indagare online, scoprendo innanzitutto che esiste un museo in Arizona, negli Usa, che nel 2023, mentre scriviamo, mostra ai turisti una di queste rampe di Titan, ancora perfettamente funzionante. Si chiama Titan missile museum. Se n'è parlato molto sui giornali (esteri) e su Youtube. Tra la galleria di fotografie che il sito di questo museo offre online, si può ammirare la rampa di lancio dell'Arizona, così com'era negli anni '60, quando era operativa contro l'URSS. Un deterrente - lo definiscono gli esperti - per un attacco nucleare dei russi: spaventarli facendo loro comprendere che gli americani avrebbero potuto sfuggire a un attacco, rimanendo sottoterra per poi contrattaccare. </b></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRWt6lYcNoVVt0ZAtGiEd-1NVdmIc-nh_a1KOh-TeN793ZryAQj0ZsCey7kvCeS5h4aiLfTHc-kclznTUpvYvVj7Xu9vCNrRxk4OelaIwkwOnGxWuF_8BrIvpTRq-vzEOvdf08hLTWn-iDtZXoRbza6Fx4AtssUAYsYN7A0XV7VGIXWW-9uTioquz0TAk/s1165/Screenshot_2023-08-23-13-06-13-93.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1165" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRWt6lYcNoVVt0ZAtGiEd-1NVdmIc-nh_a1KOh-TeN793ZryAQj0ZsCey7kvCeS5h4aiLfTHc-kclznTUpvYvVj7Xu9vCNrRxk4OelaIwkwOnGxWuF_8BrIvpTRq-vzEOvdf08hLTWn-iDtZXoRbza6Fx4AtssUAYsYN7A0XV7VGIXWW-9uTioquz0TAk/s320/Screenshot_2023-08-23-13-06-13-93.png" width="297" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La base dell'Arizona oggi su Google Earth</td></tr></tbody></table><p></p><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6hfgEZ80qYA_1b9pgxbLUcbYJuSmOeGR9KdV-cg3zco6YGHZJd5S6hY5u1C2bNCufQ3IucRoBnQUayktHB_xeVKzGI6_UP89IXKS5lxVBBEUmGQv6g8SqGCaRNKF8dYoQfvbArPUqFaokIg5Bgci9_Lb-OQySjG0QU4Fkm5EjE-zosESaVeHO32hMVgQ/s1009/Screenshot_2023-08-23-14-30-02-95.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="la base in Arizona" border="0" data-original-height="664" data-original-width="1009" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6hfgEZ80qYA_1b9pgxbLUcbYJuSmOeGR9KdV-cg3zco6YGHZJd5S6hY5u1C2bNCufQ3IucRoBnQUayktHB_xeVKzGI6_UP89IXKS5lxVBBEUmGQv6g8SqGCaRNKF8dYoQfvbArPUqFaokIg5Bgci9_Lb-OQySjG0QU4Fkm5EjE-zosESaVeHO32hMVgQ/w320-h211/Screenshot_2023-08-23-14-30-02-95.png" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La base dell'Arizona dall'alto<br /></td></tr></tbody></table><p></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQf_HRMJeq8UkMa0Hesur3TLALIEOBANMq2Lrgfa_zIZqLD1pdIzEJrn35U2vvJux_X9uavNAvwJE0tYo9UrlIKmfgokvuBd5Ojp2fkCsdggS4YpwUYQR8Zh8FcUlOe8aIsPBOettErx16ErOQxFDi9-50oO6lVT_KJtiYH0FTrfwyJvnDVJwmCbzW6CE/s1480/IMG_20230823_151815.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1480" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQf_HRMJeq8UkMa0Hesur3TLALIEOBANMq2Lrgfa_zIZqLD1pdIzEJrn35U2vvJux_X9uavNAvwJE0tYo9UrlIKmfgokvuBd5Ojp2fkCsdggS4YpwUYQR8Zh8FcUlOe8aIsPBOettErx16ErOQxFDi9-50oO6lVT_KJtiYH0FTrfwyJvnDVJwmCbzW6CE/s320/IMG_20230823_151815.jpg" width="234" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La base del Conero oggi su Google Earth</td></tr></tbody></table><br /><p><b>E' quello che accadde anche in Italia? Sono andato a riprendermi le foto aeree della base militare del Conero grazie a Google Earth. Ebbene, il risultato è sorprendente: i due Silos - come li chiamava Matricardi - sono omogenei, notiamo la medesima collocazione nella vegetazione, con una rampa di lancio mimetizzata perfettamente nel terreno. A questo punto, il campo di calcetto del Conero ci sembra sempre meno adatto a qualche militare in calzoncini e maglietta e sempre più vicino a una copertura voluminosa per qualcosa di segreto; come del resto chi mi ha contattato in questi anni mi aveva suggerito. Mi sembrava fantascienza, ora un pochino meno, anche se il diametro appare a occhio più piccolo dei 13 metri dichiarati da Matricardi ((ma siamo nel 2023, inoltre gli edifici che vediamo di fianco al campo di calcetto sono di epoca recente).</b></p><p><b>Un altro particolare che rende la storia dei Titan molto vicina alla storia ufficiale del monte Conero (anche se a dire il vero di ufficiale attualmente c'è solo l'aspetto turistico che caratterizza la zona) è che, terminata la paura di un attacco russo, questi missili furono reimpiegati, dopo averli privati delle testate nucleari, in ambito meteorologico e scientifico. Ebbene, sappiamo che fin dal 1957 gli anconetani avvistarono oggetti luminosi in cima al Conero; degli ufo che, così com'erano descritti, a posteriori ci sembrano proprio degli Jupiter o dei Titan in fase di lancio. </b></p><p><b>Sappiamo anche che nella parte alta del monte Conero era in costruzione negli stessi anni Cinquanta un bunker antiatomico contenente delle docce, che abbiamo visto in un video (oggi censurato e non più disponibile) e ci sembrano a tutti gli effetti essere predisposte per la decontaminazione dei militari. Abbiamo, inoltre, le relazioni di Matricardi, un militare della marina che ci sembra super attendibile. Era così aggiornato in ambito tecnico-militare da sapere fin dal 1960 ciò che noi comuni mortali stiamo apprendendo solo in questi anni. Sto proseguendo le indagini e trovo sempre più riscontri sulla sua reale esistenza, così come sulla sua famiglia. Ne riparleremo.</b></p><p><b>Certo, resterebbero svariati interrogativi. Avremmo trovato una rampa di missili, ma le altre 49 di cui parlava Matricardi? Per non parlare di quelle che secondo lui erano in costruzione nell'estate del 1960. Ma è altrettanto vero che il monte Conero, ai tempi di Matricardi, non era denso di alberi come lo vediamo noi oggi. E nascondere delle solette di cemento, ossia le coperture per dei missili Titan, era certo più semplice rispetto alle rampe di Jupiter, almeno quelle che siamo abituati ad immaginare pensando ai siti ufficiali della Puglia e della Basilicata; i siti ufficiali che la CIA ha dichiarato, in un documento diffuso da Nicola Pedde, </b><b>di aver utilizzato</b><b>.</b></p><div><b>Questa storia americana mi pare meno credibile rispetto alla versione di Matricardi, ossia che le rampe di missili (Jupiter) fossero quasi tutte situate in prossimità di montagne. E’ noto infatti agli esperti in tema di armamenti che per meglio preservare le testate atomiche sarebbe consigliabile nasconderle, come Matricardi sottolineava, all’interno di grotte scavate sotto alte montagne. Per di più, lasciare degli enormi missili in pianura, alla mercé di ogni possibile minaccia esterna, anche se a debita distanza dai centri abitati, non è mai una scelta intelligente, e gli americani certo stupidi non erano e non sono. </b></div><div><b>Sono andato a documentarmi e mi pare alquanto evidente che la scelta della Puglia fosse tutt’altro che segreta, se è vero che fin dal 1960 erano usciti articoli che annunciavano l’arrivo degli Jupiter nelle basi pugliesi. Un segreto di pulcinella. Al contrario, leggendo gli articoli più recenti pare che nessun abitante di quelle zone abbia mai visto o sentito missili pronti a partire, tanto meno con le testate nucleari già pronte, come certa storiografia vorrebbe tramandare. </b></div><div><b><br /></b></div><div><b>Mi sono andato a vedere anche i servizi del TG3 della Rai sulla base dell’aeronautica sul monte Settepani, presso Savona. La similitudine con il bunker ripreso in video nel monte Conero è certamente evidente. Non solo. Pare che una caratteristica comune delle due strutture fosse rappresentata dalle cupole esterne con le quali terminavano i pozzi molto profondi dei tunnel sotterranei. E anche qui, sorpresa. Quel tipo di cupola era una caratteristica delle basi americane dei primi Titan, i cosiddetti Titan I, che furono in dotazione alle forze armate della Nato dal 1959 al 1963, quando vennero sostituiti dai Titan II. </b></div><div><b><br /></b></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXNiBeZse_5sWfzFFqtXnLpKz0B3YF0TXgXPGw2n3jdWCoPDdOlY9OaDvKbKiEtRk1TH0_f_YOyC9eIR7teCu27yqvycrWgil_ogreuFVBwGnc0XViqHXT-BDEmmt0LptEf93Nl-W84bp9OQvfXHJ1tPTRwkRnpZYrGluu_7-aWn-IcOrofZkg4tBHE_s/s425/titan1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="319" data-original-width="425" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXNiBeZse_5sWfzFFqtXnLpKz0B3YF0TXgXPGw2n3jdWCoPDdOlY9OaDvKbKiEtRk1TH0_f_YOyC9eIR7teCu27yqvycrWgil_ogreuFVBwGnc0XViqHXT-BDEmmt0LptEf93Nl-W84bp9OQvfXHJ1tPTRwkRnpZYrGluu_7-aWn-IcOrofZkg4tBHE_s/s320/titan1.jpg" width="320" /></a></div><br /><b><br /></b></div><div><b>Il servizio del TG3 sul Settepani è molto utile, il giornalismo anconetano è purtroppo lontano anni luce da questo tipo di libertà di informazione. Tuttavia, non concordo con le conclusioni dei giornalisti, i quali accettano la versione dell’aeronautica, secondo cui la base sarebbe servita in caso di attacco atomico e fu abbandonata perché già nel 1960 queste strutture erano superate. In realtà, la spia Matricardi spiegava che gli accordi bilaterali tra Italia e Stati Uniti prevedevano che fosse delegata proprio all’aeronautica la gestione delle basi missilistiche italiane. Dunque, le cose potrebbero stare diversamente. Una mia ipotesi è che le basi del Settepani, del Conero e di tante altre località servissero per allestire una serie di batterie di missili Titan I, mentre alla stampa veniva fatto credere che gli unici siti dotati di missili fossero quelli pugliesi. Uno specchietto per le allodole. Credo anch’io come tutti che queste strutture non entrarono mai in funzione, soprattutto perché sono troppo pulite. Ma c’è da dire un’altra cosa. I trattati con cui USA e URSS stabilirono, dopo la crisi di Cuba, il disarmo nucleare prevedevano la distruzione dei Silos missilistici, con foto che dovevano documentare la messa in atto delle disposizioni internazionali. E’ certo che molte basi missilistiche furono distrutte, mentre quelle che sopravvissero furono reimpiegate per usi scientifici. </b></div><div><br /></div>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com1Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-5585304314141227242023-08-04T12:31:00.001+02:002023-08-04T12:42:26.157+02:00Ombre palestinesi sulla strage di Bologna<p><br /></p><p><b>Cosa accadeva nel mondo politico internazionale nei giorni dell’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980? E’ quanto uno storico si dovrebbe chiedere nel tentativo di contestualizzare i tragici avvenimenti di quell’estate del 1980, che nel 2022 sono stati rievocati solo per strumentalizzarli in campagna elettorale. La solita triste sceneggiata. </b></p><p><b>All’epoca avevo 7 anni. Come ho scritto su Twitter, rispondendo all’appello di Repubblica, con il quale si chiedeva ai cittadini se ricordavano il luogo in cui erano e cosa facevano quel maledetto giorno, in realtà non ho alcuna emozione collegata a quella tragedia. Ciò non è dovuto alla tenera età (infatti la strage di via Fani, precedente di due anni, la ricordo come fosse ieri), ma probabilmente al fatto che mi trovavo come ogni estate (luglio prevalentemente) nella casa dei nonni materni a Viserba di Rimini. Lì non c’era la televisione. Se capitava qualcosa di importante, tipo i mondiali dell’82, si andava a vedere la televisione nei bar di via Dati, il lungomare di Viserba. Probabilmente quel 2 agosto del 1980 stavo per tornare a Roma. La mia unica fonte di informazione erano i telegiornali. Quelli me li facevano vedere. I giornali li leggeva papà. Se lesse la notizia dell’attentato non lo so. Non me ne parlò mai. Mentre ricordo bene come fu vissuto più da vicino il terremoto del novembre 1980 in Irpinia, terra natia di mio padre e dei miei nonni paterni.</b></p><p><b>Ma cosa accedeva dunque nell’agosto del 1980 nel mondo? Scusate la lunga divagazione, serve a capire il motivo per cui oggi apro internet e mi metto alla ricerca di informazioni d’archivio. Ebbene, c’era qualcosa che nei ricordi della strage di Bologna non sento mai nominare. Lo Stato di Israele aveva compiuto un bel colpo di mano: aveva deciso con una legge del Parlamento, varata esattamente il 30 luglio 1980, di proclamare Gerusalemme capitale indivisibile della nazione. “Con 69 voti favorevoli, 15 contrari e tre astenuti, il parlamento israeliano ha approvato la legge che fa di Gerusalemme la capitale unica ed indivisibile dello stato di Israele.” Con queste parole veniva annunciato dal giornale svizzero Gazzetta Ticinese un fatto che aveva già un precedente, nel 1950, ma che rischiava di provocare una nuova reazione violenta dei palestinesi. Gerusalemme è da sempre divisa in due zone, la parte israeliana e quella araba. Ogni tentativo di forzare la mano, anche molto recente, è stato interpretato come un abuso. Figuriamoci cosa poteva accadere in un periodo denso di attentati, compiuti in giro per l’Europa dalle fazioni interne dell’OLP, l’organizzazione per la liberazione della Palestina. </b></p><p><b>Le reazioni politiche furono veementi. Persino gli Stati Uniti condannarono la decisione israeliana, accusando il capo del governo, Menachem Begin, di mettere in pericolo gli accordi di Camp David, ossia quel patto di pace con cui era stata messa fine alla guerra dello Yom Kippur, tra Israele ed Egitto. Ma gli storici sanno che, quando Israele è in guerra, tutto il mondo arabo si coalizza e si allea con i suoi nemici. </b></p><p><b>Anche l’ONU si era inserita nella vicenda lanciando attraverso i suoi Stati membri un ultimatum a Israele: entro novembre 1980 avrebbe dovuto ritirarsi dai territori palestinesi occupati: Cisgiordania e striscia di Gaza. Il quotidiano torinese La Stampa del 31 luglio 1980 affermava che: “con 112 voti a 7, e 24 astensioni, tra cui quella dell’Europa (Italia compresa), l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto il ritiro di Israele da tutti i territori occupati e la formazione di uno Stato indipendente della Palestina.” Richiesta durissime, quelle dell’ONU, che Israele come si poteva prevedere non accettò. </b></p><p><b>Lo status di Gerusalemme era da svariati giorni sulle prime pagine dei giornali. In Francia e Germania ci si aspettava una ripresa degli attentati terroristici, naturalmente di marca arabo-palestinese. E in Italia? Anche qui c’era da settimane un certo fermento. Milano in primavera era stata scossa da piccoli attentati rivendicati da sigle sconosciute, provenienti dalla galassia brigatista rossa. Ma il fatto più eclatante fu la bomba fatta esplodere sempre il 30 luglio davanti al Municipio di Milano. Erano le due di notte: un’auto al tritolo era pronta a fare a pezzettini il neo-sindaco socialista Carlo Tognoli, che si apprestava, come nel periodo del caso Moro, a presiedere una giunta sostenuta dai voti dei comunisti. A leggere gli articoli pare che fossero ben tre gli esplosivi, ma due rimasero bloccati. Non ci fu nessuna vittima e l’episodio venne presto dimenticato, perché l’Italia fu subito travolta dall’evento tragico del 2 agosto. Eppure le rivendicazioni un’indicazione chiara ce la offrivano. Una telefonata al Corriere della Sera aveva attribuito la bomba di Milano alla sigla: “Comitato rivoluzionario per il contropotere”. Gazzetta Ticinese riferì che gli inquirenti “erano propensi a credere” che si trattasse di un’organizzazione legata alle Brigate Rosse. Ebbene, anche dopo l’attentato alla stazione di Bologna le Brigate Rosse rivendicarono la strage, così come fecero i NAR, salvo poi smentire entrambe la propria responsabilità. </b></p><p><b>Che cosa poteva essere successo? A mio giudizio, può essere corretta la ricostruzione offerta dal giornalista Paolo Cucchiarelli. In un recente libro, ha cercato di dimostrare che l’esplosivo di Bologna (e qui Cucchiarelli è senz’altro più preparato di me sui dettagli militari) era solo di passaggio e che i neofascisti, e forse pure alcuni palestinesi, andavano visti come gli incaricati del trasporto. Qualcosa andò storto e la bomba esplose tra turisti innocenti. Forse per questo NAR e Brigate Rosse, pur volendo attribuire un valore politico a quel materiale bellico andato sprecato, furono costretti dall’immane e indesiderata carneficina a lasciare anonimo il gesto. </b></p><p><b>Dunque, NAR e Brigate Rosse insieme? Possibile? Perché no. Il lettore del mio precedente libro “L’indagine impossibile” ricorderà l’analisi che la STASI, la polizia di sicurezza dell’ex Germania Est, realizzò nello stesso periodo sui NAR, in un suo rapporto assai completo, e per molti dettagli inedito, sul terrorismo italiano. </b></p><p><b>Lo pubblichiamo nuovamente: “Cellule Armate Rivoluzionarie” (NAR): Fu chiamato anche il “gemello delle Brigate Rosse” e considerato l'organizzatore del “Terrore Nero”. A fondare i “NAR” fu Franco Anselmi. Secondo alcuni esperti dell'anti-terrorismo italiano vi confluirono “membri delusi dal “MSI” che voltarono le spalle alla politica legale, dedicandosi alla lotta contro il sistema. Si sapeva anche di una collaborazione che il capo dei “NAR” aveva con le “Brigate Rosse”.</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-76684276466562078252023-01-17T14:43:00.000+01:002023-01-17T14:43:35.050+01:00 Conversazione con un militare del Conero<p><b><br /></b></p><p><b>Pubblichiamo qui di seguito un botta e risposta con un militare del Conero. La conversazione avvenne alcuni anni fa e per sua espressa richiesta siamo costretti a renderlo irriconoscibile, censurando anche le date in cui prestò servizio presso la stazione RT del Monte Conero.</b></p><p><b><br /></b></p><p><b>Avevo intervistato tempo fa un vostro commilitone che non volle essere citato nel mio articolo, ma mi disse tante cose interessanti tra cui il fatto che il suo motto era ‘Silendo libertatem servo’ che è appunto il motto di Gladio. Certamente vorrei saperne di più.</b></p><p><b>“Posso chiedere, ma già da anni, so che anche ai militari di leva in vedetta, Stazione 015 (o 014) non ricordo bene, veniva fatto forte richiesta di tacere su tutto ciò potevano vedere di strano. Una cosa significativa è che i marinai della vedetta, mai uscivano in franchigia con i marinai della Srtp. È una cosa che mi ha sempre incuriosito e, certamente non è casuale.”</b></p><p><b>Scusi l'ignoranza, ma cosa vuol dire 'franchigia'? Proprio in questi giorni ho scritto un articolo su quel tunnel che venne ripreso in un video. Saprete che nel 2014 dei videoamatori spericolati entrarono nel tunnel del Conero ripreso da Mistero su Italia 1 e fecero un'ora e mezza di riprese di un bunker strano, dentro al Conero. Forse al livello del mare. Furono denunciati, il video rimosso. Eppure a mio giudizio il video andava divulgato, perché può essere connesso ad alcuni gialli su cui la magistratura ancora sta indagando.</b></p><p><b>“Franchigia significa Libera Uscita. </b><b>Ho svolto la leva al Conero da xxxxxx XX a xxxxxx XX, mese in cui mi sono congedato. Il mio incarico era maro' sdi, quindi solo guardie, sempre fuori dalla galleria. Dopo 6 mesi, il capo posto mi ha fatto fare la patente militare e ho fatto l'autista. Curavo i mezzi e svolgevo ruoli di autista giornalieri. So che, alla fine della galleria, c'era la sala radio trasmittente, che controllava le navi in passaggio sul mare di Ancona. A metà della galleria c'erano due uscite di sicurezza, a gradini molto ripidi in salita che sboccavano sul monte. Ci sono andato una sola volta in 18 mesi. Armi ne ho sempre viste pochissime, forse due, tre Fal, due Mab, le pistole dei capi di guardia. Della vedetta, la caserma sopra di noi, non so nulla, salvo quella riservatezza cui le accennavo prima. Mi pare di ricordare, una notte d'estate 19XX, ci venne riferito di uno scontro a fuoco, alla vedetta, con potenziali attentatori, ma non ebbi testimonianze dirette o oculari. </b><b>Di più non so. </b><b>Ricordo anche comunque che, esisteva il segreto militare. Ovvero anche i soldati di leva dovevano sempre non riferire nulla ai civili se non autorizzati.”</b></p><p><b>Certo, ma voi dalla cima non potevate scendere fino al mare via tunnel?</b></p><p><b>“Questo non è a mia conoscenza. Non credo dalla Srtp. Forse dalla vedetta, ma devo chiedere. </b><b>Se non ricordo male, all'epoca si parlava, si mormorava da parte dei marinai più vecchi ‘di leva’ dell'esistenza di sbocchi sul mare, attraverso cunicoli, ma personalmente non ho mai visto, e nemmeno mi ha mai attratto la curiosità di verificare, perché la cosa mi intimoriva...avevo 19 anni e di notte, specialmente d'inverno, lo scenario era alquanto spettrale.”</b></p><p><b>Da Google maps nella visuale ad altezza d’uomo si intuisce che dalla base vedevate l’Isola Lunga in Croazia a occhio nudo, conferma?</b></p><p><b>“Dalla Srtp non si vedeva nulla. Dalla vedetta non so.”</b></p><p><b>Io intendo dalla parte più alta dove ora c’è un campo di calcio a 5.</b></p><p><b>“Non lo so, perché credo lei si riferisca alla stazione sopra. Li non ci sono mai entrato. È la caserma ancora attiva, interforze già all'epoca, che necessita di autorizzazione anche al passaggio, appena si imbocca la strada dopo l'albergo.”</b></p><p><b>Ah ecco non sapevo fossero due zone diverse</b></p><p><b>“Mentre la Srtp è stata chiusa definitivamente, credo fine anni 90, primi 2000.”</b></p><p><b>Ah ecco non sapevo fossero due zone diverse</b></p><p><b>“Si, sono diverse e collocate in altitudini diverse.”</b></p><div><br /></div>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-104310453506623632023-01-17T14:32:00.000+01:002023-01-17T14:32:02.914+01:00Lo scoop del Carlino sul generale Dalla Chiesa<p> </p><p><b>Mi sembra doveroso, nel periodo in cui sulla Rai va in onda uno sceneggiato sul generale Dalla Chiesa, ricordare uno scoop. Uno di quelli che si fanno una volta nella vita e che la stessa vita te la cambiano, forse te la rovinano pure. Non so se Luciano Biliotti, scomparso 24 anni fa, cronista di nera molto scaltro ed esperto, si fosse reso conto di quello che stava facendo. La notizia curiosa, come il classico da manuale "uomo morde cane", che pubblicò il 10 agosto del 1979 sul Resto del Carlino, stava per cambiare la storia delle Brigate Rosse. Ma sì, probabilmente lo aveva messo in conto. Quello che non si aspettava era che qualche decennio dopo un suo collega della stessa redazione anconetana diffondesse un libro che capovolgeva la vicenda e trasformava il Resto del Carlino di Ancona in un gruppo di simpatizzanti delle Bierre. </b></p><p><b>Ho lavorato per quella redazione, non mi hanno permesso di fare carriera, purtroppo, come avrei voluto, ma ho pensato subito dopo aver letto quel libro che i miei colleghi non potevano assolutamente essere così. Ho approfondito ulteriormente e ne sono sempre più convinto.</b></p><p><b>Luciano Biliotti quel 10 agosto del 1979 divulgò una notizia che poteva sembrare esilarante: la Digos, cioè la polizia di Stato, aveva arrestato ad Ancona un carabiniere. Non uno qualunque: era un esperto dell'antiterrorismo al lavoro per il generale Dalla Chiesa, il quale da poco era stato rimesso al comando della lotta all'eversione rossa. La Digos lo aveva pedinato, aveva scoperto che incontrava spesso giovani dell'estrema sinistra e aveva deciso una perquisizione nella sua abitazione di Montacuto. </b></p><p><b>Cosa accadde a quel punto? Noi sappiamo ormai alcuni retroscena. Biliotti era in contatto con i Servizi segreti, magari gli stessi uomini del generale Dalla Chiesa. Ci deve essere stato panico. I Servizi che si erano infiltrati all'interno delle Bierre non immaginavano che la Digos fosse così avanti con le indagini. E' possibile che Biliotti fosse in possesso di una ricetrasmittente con cui teneva sotto controllo, per finalità lavorative, le conversazioni della polizia e da lì potrebbe aver ascoltato il disappunto della Digos. Il carabiniere, vistosi perduto, si sarebbe a quel punto qualificato e il Sismi avrebbe chiesto alla Digos di lasciar stare, che c’erano loro. Ritengo altamente improbabile che l'uomo del generale Dalla Chiesa potesse aver lasciato nella sua abitazione tracce dell’attività investigativa, che lo stava mettendo sulle tracce addirittura di Mario Moretti. Perché i tempi coincidono perfettamente con la partenza di Moretti da Numana con il Papago, in quel famoso viaggio alla ricerca di armi in Medio Oriente, che avvenne a fine agosto del 1979. Dunque, il carabiniere si stava spacciando per un giovane qualsiasi. Ce lo fa dedurre il documento della CIA che rimarcava la difficoltà degli uomini di Dalla Chiesa nell’inserirsi nelle Bierre. Non si trattava di un’operazione che si svolgeva da un giorno all’altro. Le Bierre erano compartimentate e diffidenti, ti costringevano a prove molto dure, anche rapinare o uccidere, proprio perché si aspettavano un inserimento dei Servizi. E perciò quel carabiniere non sarebbe mai dovuto uscire allo scoperto. E invece fu scoperto. Biliotti lo venne a sapere e divulgò tutto, inconsapevole dei grandi movimenti che si celavano dietro questa operazione. La magistratura lo mise sotto inchiesta e lui si appellò alla segretezza delle fonti, affermando soltanto che l’informatore era un “pubblico ufficiale”. </b></p><p><b>Che cos’è uscito invece nel libro successivo? Qui è il capo delle Brigate Rosse, identificabile probabilmente in Alberto Franceschini, a raccontare al cronista del Carlino di Ancona dell’esistenza di un patto Digos-Antiterrorismo per non arrestare Moretti. Anzi è il momento clou del romanzo. Si lascia intravedere una pericolosa vicinanza tra Sismi e Brigate Rosse stesse, che a quel punto poterono continuare ad agire indisturbate, con Moretti che a fine agosto salpò tranquillamente da Numana. Come farebbe dunque Franceschini a conoscere questi dettagli? Ora lo capiamo. Li aveva letti sul Resto del Carlino di Ancona, e non viceversa! </b></p><p><b>Immagino lo stupore di Moretti nello scoprire che un suo amico di lotta clandestina (anche un assassino?) in realtà era un carabiniere. Chissà cosa avrà pensato: che dovevano essercene molti altri nell’organizzazione? che tutte le Bierre erano eterodirette, magari dalla CIA? (ogni riferimento ai complottisti di oggi è puramente casuale) Dall’altro lato immagino la rabbia del Sismi, che doveva rinunciare ad arrestare il nuovo capo delle Brigate Rosse (perché non posso pensare a un Dalla Chiesa complice di Moretti). Quale sorte sarebbe capitata ad altri infiltrati? E’ per questo che non si seppe mai granché di loro e ci vollero i primi pentiti per arrivare agli arresti? Ma allora perché non arrestare comunque Moretti, in modo da salvare il salvabile e non abbandonare gli altri “collaboratori”? Non avevano elementi sufficienti?</b></p><p><b>La vera storia comunque non potrà prescindere dai punti fermi che abbiamo enumerato. Biliotti aveva fatto il suo dovere, cercando di sapere più di quel che gli era consentito. Lo aveva fatto per i lettori e io lo apprezzo. Purtroppo per arrestare Mario Moretti ci vollero altri due anni, durante i quali il capo delle nuove Bierre poté compiere altri gravi delitti. </b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-45659003526527451812023-01-15T19:09:00.003+01:002023-01-15T19:09:38.066+01:00Dieci domande per la libertà di stampa<p> </p><p class="MsoNormal"><b>Daniele Silvetti si candida a sindaco di Ancona? Quale migliore occasione per porre all’illustre rappresentante del Cavaliere Berlusca alcune domande che ci paiono doverose e che avevamo già belle e pronte:<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><o:p><b> </b></o:p></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>1) <!--[endif]-->Come lei certamente saprà, avvocato Silvetti, in un documento originale dei servizi segreti cecoslovacchi del periodo comunista, un militare italiano affermava che sul Monte Conero erano pronte, nell’agosto del 1960, ben 50 rampe di lancio di missili Jupiter. E che altre 60 erano in via di ultimazione. E’ una scoperta che cambierebbe la storia. Cosa ha fatto lei, come presidente del Parco del Conero, per cercare di individuare il luogo in cui sorgevano queste rampe? E cosa ha fatto il sindaco di Ancona, con cui lei è in stretti rapporti politici, per chiarire questa vicenda?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>2) <!--[endif]-->Nel 2017 un ente turistico, che risulta in contatto con l’assessorato al turismo del comune di Ancona, distribuì ai gitanti che si recavano a fare passeggiate sul Conero un volantino che ricostruiva la storia della base militare, facendo riferimento a esercitazioni “in ambito Nato” che si sarebbero tenute sullo stesso monte Conero durante la guerra fredda. Che lei sappia, questi volantini vengono ancora distribuiti? Oppure, diciamo così, l’iniziativa si è interrotta?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>3) <!--[endif]-->Nell’insediarsi sulla poltrona di presidente del Parco del Conero lei affermò di essere un ex militare della vetta proprio del monte Conero. In quel momento, non la avevano ancora informata delle minacce presenti sul blog del sottoscritto? Si tratta di messaggi violenti scritti da sedicenti ex militari del Conero, o di altre zone simili. Affermavano di aver avuto l’ordine di sparare su coloro che avessero tentato di scavalcare le recinzioni. A lei davano questi ordini, al tempo del suo servizio militare?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>4) <!--[endif]-->I sedicenti militari del Conero che lasciarono messaggi sul blog del sottoscritto affermavano, nel 2012, di aver firmato un NOS, cioè un nullaosta di segretezza. Lei lo firmò ai tempi della sua esperienza militare? E, se sì, ritiene compatibile quell’impegno al silenzio con i doveri di trasparenza che ha un aspirante sindaco?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>5) <!--[endif]-->Torniamo alla sua presidenza del Parco del Conero. Lei ha affermato che si candida a sindaco sull’onda dell’entusiasmo per le sue iniziative durante questi due anni di lavoro per il parco. Scusi, ma quale entusiasmo? Quello degli esponenti del Pungitopo? Ma non era un organo dei Verdi, ossia della sinistra movimentista? Lei non si candida per il centro-destra?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>6) <!--[endif]-->A proposito del Pungitopo: nel 1984 alcuni ecologisti che preparavano un articolo proprio per il Pungitopo, sulle installazioni militari del Conero, vennero arrestati e poi, dopo un bel putiferio mediatico, assolti. Secondo lei, era giusto pubblicare un articolo contenente le informazioni sulle installazioni militari del Conero?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>7) <!--[endif]-->Lei, avvocato Silvetti, ha affermato di voler promuovere lo studio della storia del monte Conero. Ebbene, nel 2014 un videoamatore aveva girato il video di un bunker della guerra fredda. In queste immagini era facilmente riconoscibile la struttura tipica di un bunker antiatomico con docce di decontaminazione. Tutto questo era all’interno del Parco del Conero. Non pensa sia un argomento da approfondire? Oppure le interessano solo i reperti storici più antichi?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>8) <!--[endif]-->Lei ha anche affermato di voler allargare il territorio dell’ente parco del Conero alla zona di Ancona, e ora di Castelfidardo. Ci può dire con esattezza quali sono i confini attuali del Parco del Conero? A noi, e anche ai nostri lettori, sembra piuttosto difficoltoso capire dove si entri e si esca esattamente dalla zona protetta del parco. Provi ad aiutarci.<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>9) <!--[endif]-->Lei ha affermato, tra l’altro, di voler inglobare nel Parco del Conero anche il Parco del Cardeto. Ha mai letto qualche articolo sul degrado del territorio di Ancona? A noi pare di capire che il Cardeto versi ancora nel più totale abbandono. Gli articoli del Carlino del 2005 e del 2020 sono praticamente identici. Chi metterà i soldi per far rinascere il Cardeto di Ancona, che peraltro era un’altra zona militare della guerra fredda?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><b>10) <!--[endif]-->Ci sarebbe molto altro da chiederle ma non vogliamo annoiarla. Cosa si aspetta da queste elezioni amministrative di Ancona? Perché i cittadini dovrebbero votarla? Perché ha fatto le stesse cose degli altri presidenti di sinistra? O, magari, perché ha mantenuto il segreto militare? Oppure perché, se diventerà sindaco, avrà più libertà di azione e ci racconterà finalmente la verità su queste benedette “esercitazioni in ambito Nato”?<o:p></o:p></b></p><p class="MsoNormal"><o:p><b> </b></o:p></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-17333487175310536702022-10-24T21:44:00.000+02:002022-10-24T21:44:35.755+02:00Quei concorsi che sembrano gratta e vinci<p> </p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Sono indignato e offeso per il modo nel quale sono stato trattato, oggi, dalla commissione del cosiddetto concorso straordinario bis per entrare in ruolo nella scuola pubblica. La mia immagine, cui tengo moltissimo, è stata gravemente danneggiata. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Cominciamo col dire che le regole del “gioco”, perché tale io ritengo sia questo concorso: un giochino, e l’ho detto ben prima di sostenere l’esamino, non sono mai state chiare, né c’era la possibilità di prepararsi un minimo sugli argomenti. Ho quindi scoperto solo da alcuni colleghi che erano già stati esaminati due giorni fa che al candidato veniva chiesto di pescare una domanda a caso su tutto lo scibile possibile e immaginabile di Storia, Letteratura Italiana e Geografia ed esporlo in un colloquio di mezzora. Il tutto era strutturato in modo che, se anche il candidato fosse stato in grado di conoscere da dieci la materia, sarebbe comunque stato interrotto e condotto dalla commissione giudicante sull’aspetto metodologico. Ossia la consegna dell’esercizio verteva anche sul metodo di insegnamento della materia all’interno di una classe con studenti eterogenei, con disabilità o altre problematiche. Verba volant. A mio parere, le differenze, se minime, non sarebbero facilmente contestabili. Sui contenuti delle materie, poi, essere da dieci significa o aver appena svolto quell’argomento in classe oppure averci scritto dei libri. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Nel mio caso mi sono beccato un uno e mezzo che è il giudizio che assegnerei a uno studente che lascia il foglio bianco. Senza voler fare l’apologia di me stesso, né intentare cause giudiziarie cui credo peraltro pochissimo, diciamo soltanto che non mi sarei proprio dato quel votaccio. La mia esibizione non è stata tra le più brillanti, onestamente, ma certo non una figuraccia. Ma va bene, era un concorso, mi si dirà. Potevo certamente pescare meglio. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><b>Eppure non si era lì per vincere un miliardo alla Lotteria Italia, bensì per svolgere il mestiere su cui già il candidato si cimenta da almeno tre anni, perché questo era il requisito di accesso, sulle stesse discipline del concorso. E su che discipline, poi! E con quale mole di programma! Quello di Lettere non è minimamente paragonabile a un programma di altre materie, servono un continuo aggiornamento e un costante ripasso. Inoltre, la mia università di Macerata, con cui a questo punto vorrei condividere i demeriti che mi vengono attribuiti, chiedeva al laureando delle biennalizzazioni, o triennalizzazioni sugli argomenti della tesi: pretendeva un indirizzo chiaro, che nel mio caso è ben visibile su tutti i siti online su cui compare la mia biografia. Dovunque io sia stato dal lontano 1999 a oggi, giornalismo, telefonia, scuola, resto quel laureando (poi laureato) con quella forma mentis, con conoscenze, interessi, passioni, via via consolidati e limitati a un certo periodo storico. Nessuno mi ha mai chiesto un sapere enciclopedico, che invece sembra il motivo della mia bocciatura quando si tratta di provare a entrare in ruolo. </b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><b>E allora chiedo a chi mi legge: perché questa gogna? Perché espormi a un possibile “non so rispondere” o a un “non ricordo”, quando potrei tranquillamente essere valutato su ciò che già ho scritto nei miei libri di Storia, di attualità, e anche nel mio lavoro scolastico, magari meno eccellente ma comunque apprezzato nella scuola? Magari domani scoprirò che c’è stato un errore e il mio uno e mezzo era un quattro o un cinque (si tenga presente che con questi ultimi voti, visti i numerosi posti disponibili, si potrebbe entrare in ruolo). Ma io potevo e volevo essere da dieci! pretendo con fermezza di essere messo nelle condizioni di essere da dieci, altrimenti a scuola cosa ci vado a fare? A prendere uno stipendio che non merito? Oppure a salvare i dirigenti alle prese con la carenza di personale? Beh, basta coi giochini! I miei libri sono tra i primissimi negli apprezzamenti dei lettori, sebbene bistrattati dagli editori. E invece sono stato messo nelle condizioni di essere da cinque e di ritrovarmi addirittura con un uno e mezzo. Finiamola con questa commedia, finiamola di fingere di non vedere la realtà. E cerchiamo anche di tutelare chi lavora con impegno e con onestà. Chi vi scrive non è mai andato a lavorare per scaldare una sedia.</b></span></p><p class="MsoNormal"><br /></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-44911998311263423352022-08-18T10:58:00.003+02:002022-08-19T11:28:45.016+02:00Draghi come Cavour: guerra in Crimea<p><b><br /></b></p><p><b>A fine febbraio dell’anno di disgrazia 2022, il premier russo Putin ha deciso che la nazione Ucraina non doveva più esistere sulla carta geografica. Dopo circa otto anni di guerra di trincea nel Donbass, terra di confine contesa per questioni etniche, l’esercito russo si è lanciato in un’offensiva che ha ricordato tanti altri precedenti. L’Europa è passata dalla guerra al virus alla guerra vera, dalle medicine alle armi. </b></p><p><b>Nel presidente Putin, ex gerarca del kgb, c’è sicuramente qualcosa di Hitler. Anche il Fuhrer iniziò la sua avanzata con la scusa che in Europa c’erano tanti tedeschi, della più pura “razza ariana”, che aspettavano solo lui per essere liberati: Sudeti, Austriaci, Polacchi, e inizialmente anche Italiani di Bolzano. </b></p><p><b>Ma Putin vanta altrettanti precedenti illustri proprio a casa sua: nell’Unione Sovietica post bellica. L’Ungheria, la Cecoslovacchia, furono entrambe invase dai carri armati russi non appena provarono a liberarsi dal gioco marxista. E come non menzionare l’Afghanistan del 1979? Fu una situazione analoga a quella attuale. Una breve rivoluzione scoppiata a Kabul aveva fatto temere all’URSS di essere accerchiata. La CIA stava interferendo nei suoi affari? Il Cremlino decise di far scattare un’invasione. Il conflitto con i guerriglieri afghani durò circa dieci anni e fu l’inizio del tracollo, almeno sul piano militare, dell’Unione Sovietica. Decisivi furono gli aiuti militari che la CIA spedì attraverso il Pakistan ai mujaheddin afghani, tra cui, ma sarà proprio un caso, spiccava un certo Bin Laden...</b></p><p><b>Sembra che gli Stati Uniti stiano facendo di tutto per far capire al mondo che intendono ripetere in Ucraina quell'esperienza. La Nato, l’Europa, gli Stati Uniti per tutta la primavera del 2022 hanno lanciato la campagna: aiutiamo gli ucraini. Nel senso, non soltanto aiutiamoli a fuggire dai bombardamenti russi, che sono stati pesantissimi, ma forniamo loro anche aiuti militari. </b></p><p><b>Protagonista dei nostri telegiornali è diventato il premier ucraino Zelensky, un giovane rampante che ricorda un po’ il nostro Matteo Renzi. Maglietta verde stile militare, sguardo penetrante, voce ferma, si è fatto riprendere quasi quotidianamente per dare la carica al suo popolo. Tutti sanno ormai la sua biografia: si tratta di un ex comico che, come Beppe Grillo, è riuscito a passare dalla satira al timone di un governo. E anche a far parlare di sé.</b></p><p><b>Ma certamente una differenza con il 1979 esiste. Intanto Zelensky non è Bin Laden, anche se i no-war, figli dei no-vax, ci hanno ricordato che dal 2014 gli americani armano un gruppo neonazista ucraino, che ad Al Qaeda non ha nulla da invidiare: il battaglione Azov.</b></p><p><b>Ma non è questo il punto. Il fatto è che nella prima guerra d’Afghanistan il supporto della CIA fu segreto! Almeno, non venne così sbandierato sui media come abbiamo visto ogni giorno nel 2022. Alcune indiscrezioni partirono solo dieci anni dopo con il libro-inchiesta di Cooley "Una guerra empia", nel quale finalmente comparivano prove dell'intervento americano. </b></p><p><b>Lasciando da parte le questioni filosofiche sulle guerre ingiuste, c'è una differenza sostanziale tra le guerre statunitensi anteriori alla caduta del Muro di Berlino e quelle successive. Dopo l'invasione di Saddam Hussein, dittatore dell’Irak, il Kuwait chiese l'intervento dell'ONU, che in effetti ha potere decisionale per salvaguardare diritti umani e libertà dei popoli. Era il 1990, il mondo comunista a est si stava sgretolando. Da quel momento fu seguito questo principio: che la pace internazionale sarebbe stata nelle mani delle Nazioni Unite, come sancito dopo la seconda guerra mondiale. Ma questo organo supremo, già sistematicamente scavalcato da USA e URSS durante la guerra fredda, smise molto presto di funzionare a causa dei veti. Il sogno che i caschi blu, i soldati internazionali dell’ONU, fossero i moderni paladini della giustizia durò molto poco. E le vicende ucraine, da questo punto di vista, si avvicinano molto a quelle del Kuwait. I caschi blu restano sempre un sogno.</b></p><p><b>Perché, già alla fine degli anni Novanta, la Nato iniziò a invadere un ambito che non le competeva. Scavalcò l’ONU e decise i primi bombardamenti su Belgrado. Non contro i serbi, certamente, ma contro Milosevic, un altro dittatore sanguinario poi condannato dal tribunale internazionale dell’Aja. Era il 1999, stava cambiando la politica estera europea. Nelle guerre contro Bin Laden e Saddam, l'ONU si limitò a ratificare le scelte vendicative degli Stati Uniti.</b></p><p><b>Il Kuwait non era più democratico dell'Ucraina, e lo stesso può dirsi della Croazia di Tudjman, all’epoca alleata degli Ustascia fascisti. Vittime e carnefici sono a volte difficili da distinguere nelle guerre. Si fa fatica persino ad accettare le bombe atomiche lanciate dagli americani sul Giappone, alleato di Hitler, nel 1945. </b></p><p><b>Il re del Kuwait non era più simpatico del presidente Zelensky, ma il problema non è nemmeno questo. Ciò che ci differenzia dal passato è la dichiarazione dei diritti dell'uomo. L’ONU dovrebbe garantirci l’applicazione di quei princìpi emersi dopo i disastri della seconda guerra mondiale. Invece tace. La possibilità di veto, offerta ancor’oggi ai russi, non ha alcun senso. Già dopo l’affare-Kuwait si invocava un ammodernamento delle Nazioni Unite. Nulla è stato fatto. </b></p><p><b>E’ chiaro che tutto salta. Si può tornare indietro ai nazionalismi d’ottocento, come si torna alle armi, o alle guerre patriottiche. Draghi, che non è un politico di professione, ha parlato nel suo discorso di adesione agli aiuti militari per l’Ucraina di “equilibrio internazionale”. Ma queste cose le diceva Metternich dopo il Congresso di Vienna! noi dobbiamo rispettare i princìpi sacrosanti sanciti nel 1945. Altrimenti tante persone morirono per nulla.</b></p><p><b>C’è chi sui social ha lanciato in questi mesi la storia della provocazione: la Nato avrebbe continuato ad allargarsi sul territorio orientale fino a minacciare la Russia di Putin. E’ un ragionamento che non regge. La Nato è più un pericolo per la corruzione e le tangenti, che l'hanno caratterizzata nella sua storia, che per le provocazioni, visto che è un'alleanza difensiva e mostra di essere forte coi deboli e debole coi forti. Ma ci si dimentica che la Russia, negli anni Duemila, fu più volte sul punto di entrare nella Nato, perché era caduto il vero punto di scontro della guerra fredda: il sistema economico, capitalismo americano contro socialismo marxista. Con la Russia si era iniziato a trattare. </b></p><p><b>Del presunto accerchiamento della Russia si discusse nel lontano 1997. Era il momento in cui le repubbliche baltiche si avvicinavano al Patto Atlantico. All’epoca Eltsin era impegnato a raccogliere i cocci della vecchia Unione Sovietica. Non poteva fare granché, se non cercare di guarire dal suo alcolismo, a causa del quale rimediava brutte figure in mondovisione. Nel frattempo, Putin, suo figlioccio e portaborse, salì al governo, lanciando una nuova propaganda nazionalista e “revanscista”; per recuperare cioè il prestigio della Russia degli zar e rinforzare l’economia. La Nato dov’era? Fino a ieri ha tergiversato. La situazione è esplosa, ma poco alla volta: dalle minacce di Putin alla Georgia si è passati al Donbass, alla rottura sulla lotta al terrorismo islamico, e poi alla Crimea.</b></p><p><b>Il discorso di Draghi sull'invio di militari nella guerra ucraina, unito ad aiuti umanitari, è apparso freddo, frutto di calcoli strategico-militari, e molto più vicino alla politica ottocentesca di Cavour, fautore del celebre intervento in Crimea di metà Ottocento. E’ un qualcosa che stona. Devia dal percorso storico compiuto dall’Europa. E allora rileggiamoci un brano del discorso che fu pronunciato in parlamento il giorno in cui il Regno Sabaudo decise l’invio del famoso contingente militare in Crimea. Una guerra inutile, ma che sarebbe servita a Cavour per trattare con le nazioni europee la liberazione dell’Italia. Le similitudini con l’attualità non sono una nostra provocazione: “Gli esempi della storia, l’antiveggenza del futuro, le nobili tradizioni della casa di Savoia, tutto s’univa onde scostare il Ministero da una politica timida, neghittosa, e condurlo invece per l’antica via seguita dai padri nostri, i quali conobbero la vera prudenza stare nell’onore di essere partecipe ai sacrifici ed ai pericoli incontrati per la giustizia ond’essere a parte poi della cresciuta riputazione, ovvero del beneficio dopo la vittoria.” (Fonte: il giornale svizzero Gazzetta Ticinese del 29 gennaio 1855)</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-29836237874839155052022-08-13T13:40:00.001+02:002022-08-13T13:40:13.112+02:00Clima, una grande bufala per proteggere le industrie?<p> </p><p><b>Continuano a uscire a getto continuo articoli di grandi giornali in cui si tenta di dare i numeri del lotto, nel senso che vengono proposte al lettore le previsioni più catastrofiche possibili sui cambiamenti del clima di qui a 30-50 anni, o forse più. Mi avvicino ai 50 anni di vita e direi che ne ho passati almeno la metà a leggere previsioni come queste, che lasciano le cose come stanno.</b></p><p><b>L’ultima sparata pubblicata dal quotidiano cattolico Avvenire arriva dalla Cina, uno Stato governato da una dittatura comunista, ateo per giunta, che ha avviato da tempo una pianificazione per creare un clima artificiale, proprio sulla scorta delle scoperte del professor Dessens e dei suoi colleghi. Eppure la Cina in Italia riesce a far pubblicare una previsione catastrofica secondo cui Milano diventerà come il Texas e le estati dureranno il doppio. Sembra una presa in giro: cambia il clima? Sono cavoli vostri, noi abbiamo già risolto. </b></p><p><b>Non solo. Il tutto è corredato dalla notizia che 11mila scienziati, come al solito anonimi, hanno sottoscritto una petizione per salvare l’umanità da “sofferenze indicibili”. Per far leva sulla psiche della popolazione, viene utilizzato sempre il solito sillogismo aristotelico, che sulla base di una premessa conduce a una soluzione obbligata: tutti lo dicono pertanto inutile discuterne, è tutto vero. Abbiamo sperimentato di recente con i virologi che gli scienziati raramente sono d’accordo e che le loro personalità emergono con prepotenza in tutti i dibattiti televisivi.</b></p><p><b>No, non riceviamo notizie credibili. Voglio pertanto segnalare alcune incongruenze piuttosto gravi che ho notato in questa storia del clima che cambia. Avrei voluto risparmiarmelo, perché si tratta di entrare nello specifico di altre materie, come la Chimica, che non conosco così bene. Però so distinguere l’anidride carbonica dall’acido carbonico. Arrhenus è il padre delle moderne teorie sul riscaldamento globale. Ma nel suo testo non parla mai di anidride carbonica, che ha la formula: CO2, bensì di acido carbonico, con formula: H2CO3. Ho riletto più volte il capitolo sul riscaldamento globale e lui è molto chiaro, non ci sono dubbi: la temperatura della terra aumenta per colpa dell’acido carbonico. Come si è arrivati, allora, all’anidride carbonica? Spero che qualche professore di Chimica mi scriva e mi aiuti a capire. </b></p><p><b>Seconda grossolana discrepanza: anche i più dettagliati articoli sul riscaldamento globale, usciti in epoca recente su giornali britannici come carbonbrief.org, affermano che le eruzioni vulcaniche abbasserebbero la temperatura della terra. Cioè le eruzioni avrebbero una funzione mitigante rispetto al riscaldamento dovuto alle combustioni di petrolio. Arrhenius afferma anche qui con fermezza una cosa molto diversa: che sono le eruzioni vulcaniche le principali responsabili di aumento di acido carbonico nell’atmosfera e quindi degli aumenti di temperatura sulla terra. E’ l’esatto opposto. Ora, trattandosi chiaramente di combustioni a me viene facilmente da dedurre che Arrhenius abbia ragione e gli altri abbiano capito fischi per fiaschi. E questi ultimi avrebbero anche il movente del loro delitto: rendere le combustioni da idrocarburi le uniche colpevoli degli aumenti di temperatura e quindi delle catastrofi climatiche. </b></p><p><b>Ma anche se fosse vero quanto affermano gli attuali anonimi scienziati, come possiamo passare all’azione se non abbiamo la più pallida idea di come ridurre le emissioni di gas serra? Andando per tentativi? Togliendo dalla circolazione prima tutte le automobili col motore a scoppio e guardando se il termometro sale o scende? Di fatto, come avrete letto sui giornali, non ci è stato dato il tempo di rifletterci sopra. Il Parlamento europeo ha deciso subito di agire in modo draconiano. Ha proibito dal 2035 la vendita di auto con motore diesel o benzina. Con quali risultati futuri? Con quali aspettative? Su questo ho provato ad aprire discussioni su Twitter ma regna la più assoluta omertà. </b></p><p><b>Eppure ne abbiamo date di informazioni da queste colonne! Basterebbe guardare l’esperimento del professor Dessens. Gli utenti francesi, scherzando, hanno commentato: ecco i cambiamenti climatici! E in effetti non fa una piega: erano combustioni di carburante che producevano effetti sul clima. Ma è altrettanto evidente che questi effetti, modestissimi, si materializzano solo dopo l’immissione in atmosfera di enormi quantità di gas serra in pochi chilometri quadrati. Inoltre, le industrie, seguendo questa mia analisi, diventerebbero le principali sospettate del cambiamento climatico, sempre ammesso che i disastri a cui assistiamo non siano imputabili ad altri fattori: esperimenti con lo joduro d’argento? Cataclismi naturali inevitabili? </b></p><p><b>Una risposta io ce l’avrei, ed è molto più precisa di quella che arriva da organi politicizzati come l’IPCC (nel quale gli studi degli scienziati sono soggetti all’approvazione del Parlamento Europeo...) o come il CMCC (quest’altro molto contestato perché fu un’idea addirittura del Berlusca). La soluzione del giallo probabilmente ce la forniva il professor Robert Edward Munn, detto Ted. Fu un meteorologo canadese, morto quasi centenario nel 2013, e fu ideatore di uno studio sugli effetti del riscaldamento globale sulla fisica dell’atmosfera. In un articolo del quotidiano La Stampa, datato 1979, a margine di una conferenza sul clima prese la parola, senza nascondere il nome, e fece degli esempi concreti di modifica del meteo: “Le perturbazioni arrivano dall’Europa all’Atlantico settentrionale. Ebbene la loro velocità e la loro direzione possono essere influenzate da fonti di calore artificiale e da inquinamenti. Alle perturbazioni atlantiche di origine naturale si possono aggiungere quelle dovute, per esempio, a un ciclone che attraversando regioni disboscate dell’America ha sollevato e trasportato nella stratosfera tali quantità di polvere da formare una coltre. Questa coltre assorbe i raggi solari con conseguenze immaginabili: freddo, nuvolosità e via di seguito.” Munn qui sembra spiegare il comportamento dei cicloni invernali negli Stati Uniti. Ma ancora, altra perle: “Il gas krypton, emesso in quantità accettabili per la salute umana, può cambiare a lungo termine i campi elettrici nell’atmosfera, con aumento delle perturbazioni.” Mario Fazio, il giornalista della Stampa aggiungeva altri dettagli, sintetizzando probabilmente il pensiero di Munn: “Modelli matematici e ricerche dirette del Centro americano per l’atmosfera confermano che tutte le centrali termoelettriche provocano aumenti di temperatura valutati fino a 8 gradi centigradi sopra il Canada e la Siberia.” Qui invece si intravede quello che per i meteorologi è attualmente il Vortice Polare, che d’inverno si forma, si rinforza, si approfondisce e provoca siccità o grandi nevicate a seconda dei suoi movimenti proprio tra Canada e Siberia. Lo stesso Gino Papuli, nello spiegare i progetti futuri della Francia coi meteotroni, affermava che si pensava, nel 1987, di utilizzare, per formare aria calda, tutte le torri di raffreddamento delle centrali termoelettriche, poiché al contrario dei bruciatori di Dessens producevano calore a costo zero. </b></p><p><b>Dunque, eccola la connessione diretta causa-effetto del cambiamento climatico. Quando si chiede di agire, si può andare dritti alla soluzione. Ma perché, se ci si tiene tanto al clima, l’Enciclopedia del cambiamento climatico, redatta da Ted Munn, viene venduta a 4.500 dollari nuova e 1.300 dollari usata?</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com1Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-43024980869668728712022-08-12T23:30:00.001+02:002022-08-12T23:50:43.554+02:00Il sogno infranto del professor Dessens<p><b>Che futuro avrà la scoperta che i ricercatori mediorientali hanno presentato su nature.com? Ce la faranno i meteotroni del 2022 a “fabbricare” l’acqua tanto agognata in questi anni di crisi climatica? Abbiamo lasciato i lettori col dubbio e non ci pareva giusto congedarci da loro senza un piccolo approfondimento. Dunque, quella che vi abbiamo esposto è una scoperta sensazionale oppure no? La risposta è no, ma anche sì. Vediamo prima perché non lo è, e poi perché il fallimento potrebbe essere una bugia. </b></p><p><b>Abbiamo fatto una ricerca sul web per recuperare altre informazioni sui meteotroni. In effetti, le testimonianze dopo l’ultimo nostro articolo sono aumentate. Il sito ina.fr, ad esempio, ha recentemente divulgato le interviste che rilasciò nei primi anni ‘60 il professor Jean Dessens. Chi era costui? Molti blog se ne sono già occupati. Fu un professore dell’università di Clermont Ferrand al quale venne un’idea. Aveva notato che dopo grandi incendi, o addirittura in seguito a pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, il calore che saliva verso il cielo andava ad interagire con l’aria più fredda presente alle alte quote dell’atmosfera. Risultato, si formavano nubi e in qualche caso addirittura temporali. Nacque il meteotrone, con lo scopo di generare pioggia per le popolazioni del Congo. La Francia, dopo il test nel deserto del Sahara con la bomba atomica, continuava a mostrare i muscoli all’interno della NATO. </b></p><p><b>8 novembre 1961. La televisione visita il centro sperimentale di Lannemezan, sui Pirenei francesi. Una serie di ben cento bruciatori, collocati su un terreno arido, provoca, davanti alle telecamere, un fumo nerissimo che sale verso il cielo e genera cumuli nuvolosi, poi nuvoloni neri (come si vede anche nel disegno del quotidiano La Stampa). </b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkAsFwMWjG4xws1MyDKHrRrrkfXf0N-iDDvYKqag5mrEuHHTqVR1pUVB9lUJA-PyOszD8bO6AeBhXGeX0Pfqw8XZ0lNon659Ch8DUjt4QS0xe8gA648AaB5vuQdxOMowXMqIainlU1yGkwK1mSjMiMXhgAJSgumXrw7fzZf-0TVeZteQpYn67GsaLc/s799/meteotron.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="527" data-original-width="799" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkAsFwMWjG4xws1MyDKHrRrrkfXf0N-iDDvYKqag5mrEuHHTqVR1pUVB9lUJA-PyOszD8bO6AeBhXGeX0Pfqw8XZ0lNon659Ch8DUjt4QS0xe8gA648AaB5vuQdxOMowXMqIainlU1yGkwK1mSjMiMXhgAJSgumXrw7fzZf-0TVeZteQpYn67GsaLc/s320/meteotron.png" width="320" /></a></div><p><b>Dunque test riuscito? Si respira grande ottimismo. In realtà, un articolo del 18 marzo 1987, pubblicato sulla Stampa a firma di Gino Papuli, ci dice che la risposta è no. Dopo 25 anni di esperimenti i risultati erano terribilmente scarsi. Il progetto era stato ribattezzato ottimisticamente “cocagne”, cuccagna, ma di acqua se n’era vista pochissima. Furono sperimentate tre generazioni di meteotroni, l’ultimo dei quali in grado di sviluppare una potenza di mille megawatt - spiegava Papuli - ovvero l’equivalente di una centrale termoelettrica, consumando 150 tonnellate di carburante in un’ora e mezza di autonomia. Furono condotti 110 test dal 1961 al 1987: nel 52% dei casi si ebbero nuvole, ma solo nel 5% la combustione diede frutto portando delle “pioggerelle”. Quindi su cento tentativi, 2-3 soltanto produssero qualche risultato. Tutto questo consumando tonnellate e tonnellate di carburante. Era un vero fallimento. Eppure, l’articolo ci annunciava che la Francia non demordeva. Gli esperimenti proseguivano. E qui ci sorge il dubbio. Perché continuare ad investire soldi pubblici per 25 anni in un progetto privo di speranze concrete? La risposta probabilmente è negli altri articoli che ci erano comparsi nel motore di ricerca del quotidiano La Stampa, cercando appunto il nome di Dessens. </b></p><p><b>Dobbiamo tornare indietro di 22 anni. 21 maggio 1965: il Piemonte è alle prese con una terribile siccità e il governo ha annunciato alla popolazione in tv di voler provocare la pioggia con lo joduro d’argento. Ce lo spiega un articolo di piede del quotidiano torinese che accompagna la cronaca locale: “furiosi temporali” hanno appena colpito la regione. Cos’è lo joduro d’argento? Anche di questo il nostro blog si era occupato già varie volte. Secondo l’articolo della Stampa firmato da Giberto Severi, si trattava di una sostanza nata con lo scopo di impedire la caduta della grandine e poi via via impiegata per favorire la pioggia. E’ come “un calcio nel sedere dato a un mulo lento ad avviarsi”, dove il mulo sarebbero le nuvole. Così si esprimeva un esperto del centro meteo di Fiumicino nell’articolo di Severi. E chi era l’ideatore di questo rimedio? Ma naturalmente lui, il professor Dessens, con l’aiuto di un altro scienziato, lo svizzero Sanger, e di un chimico americano, Irving Langmuir. Dessens si era accorto che con pochi grammi di joduro poteva produrre tanti millimetri di pioggia su svariati chilometri quadrati di territorio. Come sappiamo, su questi risultati non c’è mai stato accordo tra gli scienziati. Si disse: non sapremo mai se quelle nuvole potevano produrre pioggia anche senza joduro. Ma se le nuvole fossero state autoprodotte da un altro esperimento? Il discorso sarebbe stato diverso. </b></p><p><b>E allora forse qualcosa la Francia ci nasconde. C’è solo un articolo, molto datato in verità, del 27 marzo 1964, in cui il giornalista, che si firmava con lo pseudonimo di Didimo, presentava la nascita del meteotrone, in Francia, proprio con lo scopo di unire la formazione delle nuvole all’inseminazione delle stesse con lo joduro d’argento, che non stava fornendo i risultati che erano stati sognati. </b></p><p><b>Dunque, attenzione: anche la scoperta di due mesi fa degli scienziati mediorientali non va sottovalutata, perché rappresenta un tentativo di costruire meteotroni di nuova generazione, che consumino meno carburante e offrano la massima resa. Sempre che tutto vada come nei sogni di Dessens...</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-66968194097568718862022-08-12T10:58:00.005+02:002022-08-12T11:13:30.479+02:00Scoperta una tecnica per creare temporali artificiali <p><br /></p><p><b>Il 7 giugno 2022 è stato presentato sul sito nature.com un interessante esperimento sul clima.</b></p><p><b>Una equipe di scienziati del medioriente sembra sia riuscita a generare dei temporali artificiali alimentandoli da terra con un getto di aria calda, simulando, pertanto, l'attività delle correnti ascensionali naturali. </b></p><p><b>"In questo lavoro vengono presentati i risultati dello sviluppo di un modello matematico e della simulazione numerica della risalita in atmosfera di un getto diretto verticalmente alimentato dal calore di condensazione del vapore acqueo su un aerosol igroscopico introdotto nel getto in partenza. È stata valutata la possibilità di creare nubi convettive artificiali in funzione dei parametri del getto, del potere calorifico di condensazione e dei profili verticali della velocità del vento, della temperatura e dell'umidità dell'aria."</b></p><p><b>Questa l'introduzione del lavoro degli scienziati, i quali non fanno altro che proseguire la ricerca tecnologica sui meteotroni, di cui già questo blog si era occupato. Alcune macchine per generare da terra le nubi furono utilizzate sicuramente dai francesi sui Pirenei. Erano gli anni Sessanta del secolo scorso. Gli esperimenti, documentati dal quotidiano La Stampa, ebbero risultati sconosciuti.</b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2QsevR1h_EHvyeG3D5EoGoDrYEeGKW2XGtEYdAq_HAlSm7SFhF8ynzn5WqtqpVVtZbGhhLw33BTlow2WyHSEJh-OSMke1BnRB-52q6dWZfK9ddB2M1XHMe3M5iliQ2NkiLTmuxpZ3mW6h_8tGWgas5HsT0xqZ1nP6P4rFpriim3s_rkdrVZ9sJgoF/s970/41598_2022_13185_Fig1_HTML.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><b><img border="0" data-original-height="970" data-original-width="685" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2QsevR1h_EHvyeG3D5EoGoDrYEeGKW2XGtEYdAq_HAlSm7SFhF8ynzn5WqtqpVVtZbGhhLw33BTlow2WyHSEJh-OSMke1BnRB-52q6dWZfK9ddB2M1XHMe3M5iliQ2NkiLTmuxpZ3mW6h_8tGWgas5HsT0xqZ1nP6P4rFpriim3s_rkdrVZ9sJgoF/s320/41598_2022_13185_Fig1_HTML.webp" width="226" /></b></a></div><b><br /></b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgz-_bQ_9EyNpOeOKef8bAIHypfs8wT4m9YzQnwx610bNZjVShWseTW8DUi6O8QRVZFpTucW0i89BD-74IEVN10LhjpjvCotz_5yqP3QOluqlmVVycVS4gI0b72AiPHOt0-693ZduwUFT2C_WIPKGYGAalStEEJTUQCU5syOlaohSzgjjM7ur8xvXqn/s685/41598_2022_13185_Fig6_HTML.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><b><img border="0" data-original-height="327" data-original-width="685" height="153" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgz-_bQ_9EyNpOeOKef8bAIHypfs8wT4m9YzQnwx610bNZjVShWseTW8DUi6O8QRVZFpTucW0i89BD-74IEVN10LhjpjvCotz_5yqP3QOluqlmVVycVS4gI0b72AiPHOt0-693ZduwUFT2C_WIPKGYGAalStEEJTUQCU5syOlaohSzgjjM7ur8xvXqn/s320/41598_2022_13185_Fig6_HTML.webp" width="320" /></b></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b>L'esito del più recente test, di cui vedete qui sopra alcune foto, sembrerebbero incoraggianti, almeno per chi crede che la tecnologia possa integrare le carenze di pioggia naturale. Ecco le conclusioni degli scienziati.</b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b>"La creazione di nubi artificiali e precipitazioni con l'aiuto di un getto reattivo diretto verticalmente con rifornimento è possibile in condizioni atmosferiche favorevoli, che sono vicine, ma non hanno ancora raggiunto le condizioni di sviluppo naturale. La gamma di condizioni favorevoli per stimolare la convezione delle nubi è notevolmente ampliata grazie all'uso di un aerosol igroscopico come nucleo/guscio NaCl/TiO2."</b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b>In buona sostanza, le condizioni che la natura ci deve offrire perché questo esperimento vada a buon fine sono facilmente raggiungibili: pressione dell'aria alta ma non troppo, calma di vento e una discreta umidità (sul 66%). Poi ci penserà il meteotrone a favorire artificialmente la risalita di aria calda. Ma, per un risultato ottimale, gli scienziati consigliano di piazzare l'attrezzatura in media montagna, sopra i 1100 metri di altitudine, in modo da essere più vicini all'area in cui si generano in natura i cicloni temporaleschi. </b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b>Attenzione soltanto a un particolare. Tra gli scienziati citati in bibliografia compare anche un certo L. G. Kachurin. Non è uno scienziato qualunque. Fu molto attivo in guerra fredda al servizio dell'URSS. Redasse un documento molto preciso, corredato da illustrazioni, sulle modifiche artificiali del clima. Era il 1978. Lo studio fu intercettato e tradotto dalla CIA. È presente nell'archivio Foia, sebbene sia in parte censurato. Kachurin a noi sembra fosse molto più avanti rispetto a questa tecnologia dei meteotroni. Nell'introduzione del suo saggio accennava a nuove tecniche di modifica della stratosfera, che avrebbero permesso di generare disastri meteorologici capaci di annientare intere popolazioni, e per questo auspicava un accordo internazionale di pace. Purtroppo l'analisi dettagliata di queste tecnologie non è disponibile nell'estratto presente in archivio.</b></div><p><b>Ci pare a questo punto doveroso aggiungere che la politica dovrà fare buon uso di queste tecnologie, informando adeguatamente la popolazione e assumendosi le responsabilità di eventuali, sempre possibili, errori negli esperimenti. Sembra scontato dire queste cose, ma non lo è.</b></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com2Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-11879963518476116642022-06-12T11:32:00.004+02:002022-06-12T11:32:50.367+02:00 Il riscaldamento globale salverà la terra<p><b> <span style="font-family: Calibri;">Il riscaldamento globale salverà la terra. Questo era, in sintesi, il pensiero di Svante Arrhenius, considerato il più grande, se non l’unico studioso del cambiamento climatico causato dall’anidride carbonica.</span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Arrhenius fu un chimico e fisico svedese vissuto tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Fu premio nobel nel 1903 per le teorie legate al trasferimento degli ioni nell’elettricità. Ma i climatologi lo hanno preso come punto di riferimento soprattutto per la sua spiegazione del cambiamento climatico dovuto all’aumento delle combustioni. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Ne parlai mesi fa con il professor Piero Lionello della CMCC Foundation Italia, il quale, alla mia richiesta di poter leggere studi di fisica dell’atmosfera che spiegassero l’interazione dell’anidride carbonica con la circolazione dei venti, rispose citando questo studioso svedese. Al che rimasi meravigliato che non emergesse uno studioso recente, bensì un uomo di fine Ottocento! </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">In realtà, neanche Arrhenius soddisfa la mia curiosità di conoscere le capacità della CO2 di agire sulla circolazione atmosferica. Non dice nulla di nuovo, rimanendo sul livello teorico chimico e fisico ed enunciando quanto leggiamo da decenni sui giornali. E’ tuttavia la teoria originale, l’unica che porti una firma prestigiosa, e valeva la pena andarla a cercare. Mi sono scaricato dal sito liberliber, che ringrazio, il testo divulgativo più famoso dello scienziato, intitolato: “Il divenire dei mondi”. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Si tratta di un testo che definirei di geografia astronomica, un'enciclopedia del sapere scientifico di stampo illuministico, redatta con molta cura, tante illustrazioni, con continue citazioni di studiosi da cui l'Arrenhius traeva spunto per i suoi saggi. Magari i nostri attuali sostenitori del cambiamento climatico lavorassero così! </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">La teoria, sebbene tratti in maniera generica l'azione dell'anidride carbonica nell'atmosfera, è convincente. Gli scienziati osservarono significativi aumenti della temperatura media della terra in concomitanza con l’aumento delle combustioni dei carburanti, così come delle eruzioni vulcaniche. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">La combustione finirebbe con il superare nel corso del tempo la capacità della natura di assorbire la CO2 prodotta in eccesso e si accumulerebbe così nell’atmosfera del calore in eccesso. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Va chiarito anzitutto un equivoco, generato dalla superficialità di chi gestisce oggi l’argomento. La temperatura della terra non la si ricava affatto con facilità! Il perché lo spiegava lo stesso Arrhenius: “Se la terra non avesse atmosfera, o se questa fosse perfettamente trasparente, si potrebbe calcolare facilmente la temperatura media della superficie terrestre.” Invece andrebbero presi in considerazione tutti gli elementi dell’atmosfera che concorrono a questo difficoltoso calcolo. Servirebbero simulazioni e prove sul campo - aggiungiamo noi - prima di poter affermare che un determinato provvedimento politico (vedi il blocco totale dal 2035 delle automobili con motore a scoppio) abbia effetti benefici.</span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Resto a bocca asciutta sotto l’aspetto meteorologico. Come interagisce questo surplus di calore in relazione agli eventi climatici come piogge, nevicate, nebbie, o nei periodi di siccità? Non ho trovato alcun riferimento all’interno del testo. Anzi, l’Arrhenius parla di piogge soprattutto in presenza di macchie solari, che è ben altra cosa.</span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Ma ciò che differenzia Arrhenius dai climatologi attuali è l’assoluta mancanza di allarmismo e di catastrofismo nei suoi scritti. Si guardi ad esempio la conclusione cui giungeva Arrhenius, il quale vivendo in un'epoca caratterizzata da inverni gelidi, sperava addirittura che la combustione potesse creare un ambiente più vivibile per l'uomo! E in effetti per certi versi è così che sta andando, con inverni sicuramente più sopportabili anche in aree un tempo inaccessibili. Se tornassimo agli inverni pazzeschi dell'800 vorrei vedere quanti climatologi farebbero i salti di gioia! Ecco le esatte parole di Arrhenius. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">"Si odono spesso lagnanze sul fatto che i tesori di carbone ammucchiati nella terra sono usati dalla generazione presente senza pensare all’avvenire; e spaventano le terribili devastazioni di vite e di proprietà, che seguono alle violente eruzioni vulcaniche. Può riuscire in certo modo di conforto che, come in tante altre cose, anche qui non c’è danno che non abbia il suo vantaggio. Per azione dell’aumentata quantità di acido carbonico dell’aria, speriamo di avvicinarci un po’ per volta a tempi di condizioni climatiche più uniformi e più buone, specialmente nelle parti più fredde della terra; a tempi in cui la terra possa portare messi aumentate molte volte, a vantaggio del genere umano rapidamente crescente."</span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Mi si potrà obiettare che a inizio Novecento Arrhenius non immaginava la diffusione attuale delle automobili. Eppure le conosceva già e ne sapeva le caratteristiche. Eppure... Arrhenius resta l’unico punto di riferimento dei climatologi odierni. Se cominciassimo a contestarlo dove andremmo a finire? </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Al contrario, un adattamento al cambiamento climatico potrebbe essere quello di sfruttare nel nord Europa quei periodi di temperature più miti per modificare le colture agricole - proprio sulla scorta di quanto scritto dallo scienziato svedese. Ma servirebbero altri studi, continui approfondimenti, e la condivisione degli stessi con tutti i cittadini. Che è ben diverso dal provocare e anzi incentivare le proteste e i disordini cui assistiamo ogni giorno grazie ai tanto decantati Extinction Rebellion di Greta Thunberg. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Un discorso a parte, certamente, lo meriterebbero le eccezioni: periodi prolungati di siccità, peraltro in limitate zone, provocati dalla notevole attività del Vortice Polare e al contempo - mi riferisco sempre e solo agli inverni recenti - la concentrazione dei fenomeni nevosi o estremi nel Nord America e delle piogge torrenziali in Asia. Ma questa è un’altra storia.</span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><b> </b></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"> </span></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com2Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-7141711598789791152022-05-05T21:02:00.005+02:002022-05-05T21:06:31.048+02:00 Il centrodestra “scippa” la politica ai Verdi<p><br /></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Proseguono le notizie contraddittorie sulla gestione del Parco del Conero. Sul giornale Ancona Today si legge che, a fine aprile 2022, il presidente berlusconiano Silvetti è tornato a parlare in pubblico per celebrare l’anniversario della nascita del “suo” Parco. Era il 1987, esattamente 35 anni fa, quando la sinistra movimentista, e in particolare il partito dei Verdi, rappresentato ad Ancona all’epoca da Marco Moruzzi (ma anche da altri esponenti che ora omettiamo, ce ne scusiamo), riusciva finalmente ad ottenere dalla Regione Marche l’istituzione dell’Ente Parco del Conero. Silvetti, anconetano doc, non aveva che 14 anni in quel memorabile momento, ma, chissà, magari mentre ultimava le scuole medie era lì, con i Verdi, a esultare per questo lieto evento. Probabilmente faceva anche altro per il Conero, come immaginerete. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Era stato un percorso lungo e non privo di pericoli, visto che solo tre anni prima tre ecologisti erano stati arrestati per aver diffuso sul giornalino “Il pungitopo” precise mappe planimetriche dei tunnel della NATO. Eh sì perché il Conero, un’alta collina di quasi 600 metri, era noto ai giornalisti del Carlino, quale il compianto Alfredo Mattei, come una groviera, similitudine che il mio collega utilizzò per rendere al meglio l’idea di un monte bucato dai militari della Guerra Fredda come un formaggio svizzero. Ciò non toglie che il partito dei Verdi tagliò il “traguardo di quella storica scelta politica” - come afferma oggi Silvetti evitando di ricordare nei dettagli i suoi colleghi politici di allora - e ottenne la nascita di un’entità da proteggere dal punto di vista naturalistico e paesaggistico. Un traguardo che oggi il partito del Berlusca può festeggiare con Daniele Silvetti, che parrebbe appropriarsi di una battaglia certamente non di centrodestra. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Già, il centrodestra. Che cosa pensava nel 1987 la parte più conservatrice di quella che era ancora la Prima Repubblica? Sognava come si faceva negli anni ‘60 dello scorso secolo una funivia per scendere a Portonovo? Oppure un più massiccio sfruttamento edilizio? Di fatto, Forza Italia si appropria di qualcosa che non è suo. E allora sia questo partito, o chi lo rappresenta, a rispondere alle nostre domande, che avevamo già posto dai microfoni di Mediaset a Mistero nel 2012 ma sono state censurate. Come fu possibile consegnare la zona del monte Conero, ma anche la sua costa, al patrimonio protetto, dimenticando di prendere una decisione sul destino di quei tunnel militari (che ci risulta non si limitino al solo monte)? A quanto pare, la storia ufficiale afferma che i Verdi, paghi del traguardo politico conseguito, non si preoccuparono del senso di quelle mappe da loro stessi confezionate, per le quali gli ecologisti avevano rischiato anni di prigione.</span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Ecco, i presidenti del Parco di estrazione post-comunista potevano risponderci, e la temevamo molto questa obiezione: cosa potevamo sapere noi dei tunnel? Non erano stati abbandonati? </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Abbiamo sostenuto nei nostri libri e blog che certamente non potevano esserlo nel 1987, ma dal 1989, con la caduta del Muro di Berlino, c’erano i presupposti per archiviare il passato bellico e trasformarlo in un percorso turistico guidato, che oltretutto in Croazia è una realtà che ha riscosso grande successo. </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Daniele Silvetti questo alibi non può sbandierarlo, visto che nel suo insediarsi si è presentato come ex militare del Conero. Un qualsiasi lettore attento potrebbe farsi due calcoli. Risulta piuttosto improbabile che un quattordicenne potesse svolgere attività militare nel 1987 sul Conero. Diciamo che dovremmo post-datare la sua esperienza bellica perlomeno al 1991-92. Ma l’avvocato Silvetti è laureato, dunque, chissà, potremmo dover spostare ancora più avanti questa sua esperienza. Il parco del Conero fu istituito dimenticando dentro i militari della NATO che operavano? </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">Dalla nostra ricostruzione, corroborata dall’aver vissuto per quindici anni nel capoluogo dorico, emerge con chiarezza che i tunnel venivano descritti come residuati bellici abbandonati. Lo credevano davvero i politici di sinistra che questa ipotesi potesse essere credibile? Si poteva dimenticare una struttura che operava dalla cima al fondovalle con almeno 500 militari distribuiti nelle varie caserme senza che nessuno se ne accorgesse? Che i gladiatori si nascondessero è fuori di dubbio, era il loro mestiere. E noi possiamo azzardare che questo lavoro subdolo e insidioso per le comunità locali perduri anche nella seconda repubblica. Abbiamo perso qualche anno a dimostrare che questa base è attiva e opera per il Patto Atlantico. Eppure chi aveva la responsabilità della politica locale qualcosa sapeva, anche di questo ci siamo accertati, prima ancora che il comune stesso di Ancona, attraverso una società di Siena che opera nel turismo, distribuisse ai gitanti, nel 2017, un opuscolo molto dettagliato che accosta il Conero alla base West Star di Affi, vicino Verona. Sul Conero, o nel Conero, si opererebbe tuttora nell'ambito della guerra elettronica.</span></b></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';">A questo punto aspettiamo le prossime dichiarazioni di Daniele Silvetti. Leggiamo su Facebook che il nuovo presidente si accinge a presentare altre novità. Noi siamo qui pronti, con la speranza che siano quelle che a noi interessano di più. Chi meglio di lui è la dimostrazione vivente che la base NATO rimase attiva anche dopo, molto dopo, aver tagliato il “traguardo di quella storica scelta politica”? </span><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span></p><p class="MsoNormal"></p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRUqVzDqt4hQ2129AM3rH07YF47ORwwex_wudKCUv8r-pWnTVzwWOML4NiGZbi8Cp4BgSNkyroI5wA_jpVOUvTnpBWTHftq3KeJUOIAxNfeLfZbVjMY75DLnHO8gItdwzErt_uB4lXMO8NO9CnoGuLSnfcAZ981YRpLGQgBPT36B8Ij5mb1T9PGrwW/s2196/monina-trafiletto.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1728" data-original-width="2196" height="252" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRUqVzDqt4hQ2129AM3rH07YF47ORwwex_wudKCUv8r-pWnTVzwWOML4NiGZbi8Cp4BgSNkyroI5wA_jpVOUvTnpBWTHftq3KeJUOIAxNfeLfZbVjMY75DLnHO8gItdwzErt_uB4lXMO8NO9CnoGuLSnfcAZ981YRpLGQgBPT36B8Ij5mb1T9PGrwW/s320/monina-trafiletto.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La promessa in un politichese molto moroteo del compianto sindaco Monina ai Verdi nel 1984: totale utilizzazione del Conero... nel rispetto delle esigenze statali. Vorremmo averlo qui per chiedere lumi (fonte Il Resto del Carlino).</td></tr></tbody></table><br /><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><p></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: SimSun; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-55228637965410487662021-08-05T15:40:00.008+02:002021-08-05T16:43:08.077+02:00Docce decontaminanti nel monte Conero?<p><b>La nostra ipotesi sul tunnel di Montesi</b></p><p><b>Molti anconetani ci ringraziano per aver pubblicato una spiegazione scientifica dei tunnel del Monte Conero. C’è tuttavia un punto, nella relazione dell’ingegnere che ci ha contattato, su cui siamo scettici (lui stesso lo è): lo scopo delle docce. L’autore dell’ottima relazione dimentica, o sottovaluta, lo scolo dell'acqua che si vede nel video di Montesi, che ricorda le normali docce che ci sono nelle abitazioni civili. Del resto le scritte con lo spray all’interno delle gallerie sono molto chiare. Perché cercare spiegazioni complicate quando la parola e le immagini parlano da sole? Abbiamo quindi cercato documenti sulla decontaminazione dalle armi nucleari, trovando finalmente immagini che si avvicinano molto a quello che abbiamo in mente.</b></p><p><b>Le cose potrebbero essere andate più o meno così. Nel 1953 la guerra fredda entrò nel vivo. USA e URSS cominciarono la corsa al riarmo. La rivalità nello studio dell’energia nucleare spingeva le due superpotenze a finanziare, a volte anche rubandoli con lo spionaggio, progetti sempre più arditi per minacciare il nemico. Si arrivò nel 1962 alla crisi di Cuba, la minaccia missilistica stava per diventare realtà. Ma all’improvviso ecco la distensione. Le rampe con gli Jupiter pronti al decollo venivano ritirate e tra queste anche quelle del Conero (dando per buona la relazione della spia cecoslovacca Matricardi). Dunque, l'abbandono di quel progetto architettonico in cima al monte di Ancona, a nostro parere, va posticipato dal 1956 al 1962.</b></p><p><b>A supporto della nostra teoria ci sono dei video dell’epoca i quali mostrano proprio nel 1953 una procedura per la decontaminazione del personale statunitense nella guerra batteriologica. E’ molto probabile che tutta quella struttura di comando ben descritta dall’ingegnere, con la sala macchine, la centrale di controllo, eccetera, servissero soltanto a gestire la decontaminazione degli operai. </b></p><p><b>Proviamo a immaginarceli. Salivano faticosamente per i viottoli del Conero, appesantiti dagli scafandri bianchi e dalle mascherine. Eccoli arrivare fino al belvedere nord, entrare di soppiatto dentro ai tunnel, deviare all’interno delle docce e posizionarsi a gruppi di due o tre nel mezzo della sala. Dai bocchettoni, posizionati ad altezza d’uomo, la centrale di controllo faceva partire un potente getto chimico orizzontale, che avvolgeva in pochi secondi i militari in una nuvola di fumo vaporoso, mentre i residui liquidi scorrevano nelle canalette di scolo. Probabilmente si entrava ed usciva dalla base della vetta seguendo questa scrupolosa procedura. O si sarebbe dovuto. Poi le cose presero una piega diversa. </b></p><p><b>Un altro indizio in tal senso è la parola ricorrente spesso nelle insegne presenti all’interno dei tunnel di Montesi, scritte sempre prodotte con lo spray rosso. La parola è "gas". Sembra di cogliere in una scritta presente nella sala di controllo anche una frase in un linguaggio serbo-croato maccheronico: “Micio mogu gas”, che Google ci traduce con “Spostato può gas” o “Spostare può gas” (la dicitura corretta sarebbe "mičio mogu" che viene tradotto sia da Google sia da Bing con "Può essere spostato" a cui viene aggiunta impropriamente la parola "gas"). Era da lì che si apriva il getto decontaminante delle docce?</b></p><p><b>Sicuramente una nuova centrale di spionaggio nel Conero non sarebbe stata indispensabile. Come avevamo scritto nel libro Armi di Stato (che state apprezzando in parecchi) nel 1943 esisteva già nel Conero una centrale di intercettazioni di comunicazioni radio jugoslave, perché farne una nuova?</b></p><p><b>Proveremo ad approfondire con qualche esperto, pur consapevoli che ai militari in servizio o in congedo difficilmente potremo scucire qualche ammissione.</b></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/oyiTYMng6-M" width="320" youtube-src-id="oyiTYMng6-M"></iframe></div><br /><b><br /></b><p></p><div></div>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-60171148593928393842021-08-04T20:08:00.001+02:002021-09-14T09:56:32.528+02:00Tutta la verità sul tunnel del monte Conero<b>Riceviamo e pubblichiamo il lavoro di ricerca di un ingegnere elettronico, che preferisce restare nell’anonimato, il quale ha studiato il video censurato a Matteo Montesi nel 2014 e tratto le sue conclusioni.
Il tunnel che costò al videoamatore fidardense una denuncia dovrebbe risalire al 1953 e sarebbe un’opera militare incompiuta, forse abbandonata per il passaggio a nuove tecnologie belliche. Oggi probabilmente consentirebbe di introdursi nell’area militare occupata da quello che abbiamo soprannominato il Super-Sismi e quindi invitiamo da queste colonne a non cercare di emulare Montesi nelle sue incursioni spericolate.
Detto questo non ci piace e non ci sembra nemmeno giusto difendere, come fanno i colleghi sulla stampa locale anconetana con il loro colpevole silenzio, i militari sconosciuti che stanno sulla vetta del Conero (oltretutto siamo stati noi a dare questa informazione, senza la quale il gitante si avvicinerebbe al parco del Conero convinto di accedere a un’area incontaminata e abbandonata). Questi sconosciuti, che appartennero al gruppo militare di estrema destra dello SDI (Servizio Difesa Installazioni) e in certi casi, per la stessa ammissione di uno di loro, anche a Gladio Stay Behind, non hanno mai stretto alcun legame istituzionale con il territorio, né hanno ottemperato agli obblighi di legge di rendere pubblica la loro attività attraverso comunicati stampa. Al contrario, il gioco a nascondino prosegue da tanti, troppi anni, e questo lo abbiamo già scritto.
Avevamo trovato, se il lettore ricorda i nostri articoli, varie simlitudini tra il Conero e le basi NATO di altre zone d’Italia: Montevergine, monte Moscal, monte Zeda. Ora aggiungiamo grazie al nostro lettore anche i tunnel del Settepani, che non solo contengono elementi in comune con il Conero a livello ingegneristico, ma anche nella cronologia delle vicende politiche che li videro protagonisti.
Nel 1976, su una rivista non certo di primo piano, comparvero ipotesi sulla presenza nei tunnel del Settepani di armi nucleari. In quel caso, però, i rappresentanti politici del vicino comune di Savona poterono visitare la base e interloquire con le più alte cariche diplomatiche americane. Perché, nel caso anconetano delle denunce analoghe del Pungitopo (1984), il sindaco Monina rispose alle interrogazioni di Moruzzi dei Verdi esponendosi in prima persona senza effettuare un minimo di verifiche?
Nel rileggere gli articoli della Stampa sul Settepani ripensiamo alle laconiche parole di Guido Monina in quella seduta del consiglio comunale di Ancona del 31 gennaio 1984: “Me ne assumo la responsabilità di fronte alla città” “Persone opportunamente interpellate hanno ufficialmente garantito l’assoluta assenza di tali armi nella predetta zona.”
Il povero primo cittadino si portò nella tomba i nomi delle sue fonti. Perché da quel giorno nessuno ha più visto o sentito parlare della base NATO? Perché nella politica anconetana non c'è mai stata la curiosità di andare fino in fondo a questa storia, anche dopo il 1989 quando, come scrive il nostro lettore, i tunnel del Conero erano accessibili e "non fregava niente a nessuno"? E perché ora sono tornati così segreti? Quello che sappiamo, grazie anche a un opuscolo che improvvisamente e misteriosamente, in netta contraddizione col passato e col presente, il comune di Ancona nel 2017 distribuì ai turisti, è che il Super-Sismi ha continuato indisturbato la sua attività bellica.
Dalla relazione che tra poco leggerete emerge con certezza un altro elemento importante: la porta murata incontrata da Montesi e dagli Italian Ghost verso la metà del video si trova, in realtà, ancora dalle parti della vetta, sul Belvedere Nord. Ce lo lascia supporre anche il tipo di materiale che si vede nelle foto in cui la stessa porta è stata ritratta dall’esterno. In questi mesi, seguendo le ipotesi dei videoamatori e degli stessi ex militari della stazione RT, avevamo pensato, sognato, che la “sala macchine” ovvero l’abside, come la chiamiamo noi, nella quale sembrava di scorgere similitudini con i bunker sottomarini di Tito in Croazia, potesse corrispondere a ciò che resta della grotta degli schiavi. A meno di svolte clamorose (nel video di Montesi ci sono diversi tagli), la grotta degli schiavi resta da tutt’altra parte.</b>
<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizQaq_l9fH4dzwpF8VSz7HjTBBu5q-IjPoKbZH9C4VG9bIu0sdAiP1PCPNrprQhlilRa3NOxRRg9MvBRjBiOBrkdZzaglbDIqaSRzLd1X7-zvbjf4hZ89pj013DgMHgCEx7XGZm1D0kvU/s513/Gallerie+AM+Ingresso+belv+nord.jpg" style="display: block; padding: 1em 0px; text-align: center;"><img alt="" border="0" data-original-height="430" data-original-width="513" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizQaq_l9fH4dzwpF8VSz7HjTBBu5q-IjPoKbZH9C4VG9bIu0sdAiP1PCPNrprQhlilRa3NOxRRg9MvBRjBiOBrkdZzaglbDIqaSRzLd1X7-zvbjf4hZ89pj013DgMHgCEx7XGZm1D0kvU/s320/Gallerie+AM+Ingresso+belv+nord.jpg" width="320" /></a></div>
<p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';">Considerazioni sul video di Montesi del 10 ottobre 2014</span></b><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 14,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">L’ingresso alto, come lo definisco io, è a quota circa 555, entri in direzione circa 290°</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">L’ingresso sul belvedere nord è a quota circa 515, quindi circa 40 mt più in basso e circa 250 mt in direzione NNW. Entri in direzione circa 145°, quindi usciresti in direzione circa 325° (NNW).</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Vedi planimetria: ipotizzando che gli scalini siano alti 20 cm, come nella base RT, il piano delle stanze principali si trova a circa 40 metri di profondità rispetto all’ingresso alto. Gli scalini sono circa larghi quanto alti, quindi sempre ipotizzando che gli scalini siano alti 20 cm, saranno altrettanto larghi; un passo si ipotizza in circa 70 cm (e Montesi è alto, quindi forse un suo passo è anche più lungo…). La distanza lineare tra i due ingressi è la diagonale di un triangolo rettangolo dove il lato lungo è di 305 passi più 90 scalini, quindi (305x0.7 + 90x0.2 =) circa 230 mt, ed il lato corto di circa 50 passi più 120 scalini (50x0.7 + 120x0.2 =) circa 60 mt. La diagonale quindi (Pitagora insegna) è di circa 240 mt, probabilmente sottostimata per quando detto prima. </span><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';">Di conseguenza distanze, orientamento e quota degli accessi porta alla certezza che l’accesso murato sia quello che si apre sul belvedere nord.</span></b><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">E’ anche certo che si tratti di un'incompiuta, perchè anche se abbandoni un posto, e lo spogli pure prima di farlo, cose come residui di vernice sulle pareti, resti dell'impianto di illuminazione, cardini delle porte, almeno i fisher con cui attacchi al muro le plafoniere o i cartelli dovrebbero vedersi. Per passione ho visitato una miriade di posti abbandonati, e solo le incompiute sono così "pulite". Anche la base RT ha ancora i muri verniciati, le porte, i cartelli, tutto quello che non era riutilizzabile non ti danni l'anima per portarlo via.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">In più la zona in cui si vede la roccia viva, lungo il corridoio che porta all’ingresso murato, probabilmente non era stato cementato perché lì era previsto lo scavo di un’altra sezione.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Colpisce la precisione con cui sono state alzate le "tavelle" lungo le scale ed i corridoi. Ladri di rame non si sarebbero messi a tirarle su tutte e con tanta cura, quello per me è un lavoro di militari o di una ditta appositamente incaricata. Il mio amico (Ingegnere Edile) dice che le tavelle si mettono così preliminarmente, in attesa di posare i cavi lungo le canalette e poi si passa a posizionare le tavelle a chiudere le canalette. Questo dimostra che i cavi non sono mai stati posati, e le tavelle non sono mai state messe nella loro posizione finale.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">I “binari”, presenti in alcuni tratti di corridoio e in alcune scale, sono presenti solo quando ci sono di fianco le canalette. L’amico di cui sopra conferma che non sono binari per carrelli o montascale, sono le guide per lo stampo e per appoggiare le tavelle...le scale sono fatte con una sorta di stampo che posizionavi e poi riempivi di cemento. Infatti le scale, a parte una, sono tutte fatte a “blocchi” di 30 scalini ciascuno, intervallati da un pianerottolo.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Interessante come si passi da corridoio/scala, con canalette sui lati, a corridoio/scala con caveo sottostante. Dalla planimetria si evince che la logica è questa: finchè sul corridoio/scala si devono passare i cavi/tubi provenienti da una singola stanza, si procede nelle canalette laterali. Quando si incrociano o si raggruppano i cavi/tubi di diverse stanze, si passa in caveo sottostante. Ha senso, perchè in caveo si ha più spazio e se devi fare diramazioni (es. diramazioni della linea elettrica di alimentazione) non devi fare incroci di canalette che attraversano il piano di calpestio dei pianerottoli.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Quelle "docce" sono molto strane. Le prese d'aria piene di foglie e pigne sono sicuramente le prese d'aria che mi hanno detto si vedono per terra nei pressi della rete del 3'DAI, all'incirca sopra l'ingresso alto delle gallerie AM. Ma perché queste stanze “docce” sono così isolate le une dalle altre? E perché farle più in alto rispetto al pianerottolo da cui vai in una o in un’altra? Sembrano più o meno tutte alla stessa profondità dalla superficie che si trova sopra di esse. Perchè 4 sono piuttosto raggruppate insieme e una invece è più lontana dalle altre?</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Tra l’altro, in vetta, dentro la recinzione del 3’ DAI, si vedono tre cupole molto vecchie e molto areate che sembrano delle prese d’aria, o l’accesso di altrettanti pozzi. Guarda caso ci sono tre pozzi nel complesso che salgono paralleli…i tre pozzi sembrano, nell’ordine in cui li visita Montesi:</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt;">- </span><!--[endif]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">pozzo di servizio, passaggio cavi, ispezionabile, ecc. (anche il pozzo cavi della base RT è così!)</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt;">- </span><!--[endif]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">pozzo per eventuale ascensore / montacarichi</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><!--[if !supportLists]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt;">- </span><!--[endif]--><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">pozzo stretto per passaggio condotte aria (mandata e scarico) dei generatori elettrogeni che certamente ci dovevano essere</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">I pozzi sbucano in una stanza, a circa 60 metri di profondità dalla vetta, che io chiamo “sala macchine”, perchè secondo me lì erano previsti i gruppi elettrogeni e condizionamento aria. Le “vasche” sul pavimento di quella sala probabilmente dovevano contenere le cisterne del carburante, o erano sostegni per rialzare i macchinari. Entrambe queste ipotesi sono tratte da realtà viste altrove.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Dall’alto della “sala macchine” parte un cunicolo che sembra proprio di servizio (è basso e scomodo per camminarci), per far passare cavi e volendo condotte d’aria verso quella che è definita “Sala Eco”. In effetti quest’ultima sala ha un’acustica particolare.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">La parete in roccia viva indica che probabilmente si voleva realizzare un’altra ala / galleria. Probabilmente quella era la parte più recente della costruzione, ed ha senso, perchè prima finisci di scavare le stanze più lontane dall’uscita, così poi puoi iniziarne l’allestimento, mentre scavi le stanze più vicine all’uscita. Questo ha i suoi vantaggi se si immagina di dover portare la roccia scavata verso l’uscita: un conto è avere la via libera, un conto è incontrare le squadre che stanno allestendo le stanze vicine all’uscita. Per non parlare di polvere e sassi: le stanze più lontane finisci di scavarle, e non ci ripassi più con polvere e sassi.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Ad occhio, la direzione della galleria mai realizzata è tale che se l’avessero fatta tutta dritta, e senza altri cambi di quota, sarebbero sbucati all’incirca a metà strada tra la sede RAI e Pian di Raggetti. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Fuori dall’ingresso belvedere nord c’è una fonte con scritto 1953 e uno strano disegno che sembra raffigurare persone che entrano in un castello, passando dal portone principale. In effetti sembra che sia una condotta breve, realizzata per non far sbucare la fonte naturale situata poco più a monte della strada sterrata. Così le acque della fonte, scorrendo, non rovinano la strada sterrata. Ed è a tutti gli effetti una strada (sterrata), quella che arriva al belvedere nord. Gli altri sentieri del conero non sono così larghi e piatti.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Su questa piccola opera va fatto un ragionamento: nel 1953, in pieno periodo post bellico, quando Ancona era ancora un bell’ammasso di rovine, quando ancora la maggior parte delle strade di Ancona erano sterrate, quando lassù era semplicemente un monte, non c’era di certo il parco regionale, qualcuno ha speso soldi per andare a fare un’opera proprio lì? Quale esigenza giustificava quel lavoro? Di certo i lavori di costruzione delle gallerie.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Quindi possiamo argomentare che i lavori a quelle gallerie sono antecedenti o contemporanei al 1953. E, certamente, il ghiaione che forma il belvedere nord è frutto dei lavori di scavo e riporto delle gallerie. Probabilmente prima dei lavori lo spiazzo del belvedere nord nemmeno esisteva.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">E probabilmente una volta la zona militare della vetta era più estesa. Ce lo suggerisce anche la presenza di un vecchio cartello di quelli “Zona militare, divieto di ripresa e rilievi anche a vista” poco sotto al Belvedere Nord. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Nel 1956 si insedia sul monte Conero la RAI. Nello stesso anno viene installata la base radar NATO (il cosiddetto 14° GRAM) a Potenza Picena, prima in sede provvisoria, perchè non era pronta la base in cui è ancora oggi e che sarà pronta nel 1960. Come viene realizzata questa base? Come tutte quelle di quel tipo e di quell’epoca, e cioè con una zona più a monte, isolata, dove si alloggiano dalle 3 alle 5 antenne radar (ad elevata potenza e ad elevato inquinamento elettromagnetico: l’incidenza di tumori nelle zone vicino a questi impianti, sparsi per tutta Italia, sono decine di volte superiori alla media), ed una seconda zona, più a valle, dove alloggiano i militari, c’è la logistica e soprattutto c’è la centrale operativa: in un’unica stanza, da una parte ci sono gli addetti agli schermi dei tracciati di ciascuna antenna radar, che a voce indicano ciò che vedono agli operatori al centro della stanza, che scrivono tutta la situazione su una parete trasparente con disegnata la mappa, infine dall’altra parte della stanza ci sono altri operatori che leggono la mappa e riportano al comando le situazioni di interesse, via telefono o via collegamento radio.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Vedi file “basi radar NATO in Italia” per ulteriori dettagli.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Fin qui abbiamo dati di fatto. Ora passiamo alle indagini e alle relative conclusioni...</span></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';">Vedi le gallerie del Monte Settepani! Sono identiche!</span></b><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span></b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Sul Settepani abbiamo delle gallerie identiche, con pozzi identici e cupole simili, e profondità simili a quelle delle ns gallerie del Conero. Era una base radar incompiuta, costruita dal 1952 al 1956, anno in cui il progetto viene abbandonato perchè i bombardieri moderni rendono inutile costruire basi radar in profondità. E anche là, guarda caso proprio nel 1956 viene installata una base radar NATO in superficie (il 15° GRAM!) nel vicino Capo Mele, dove fino a quel momento c’era un vecchio radar mobile montato su una jeep, lasciato dagli Inglesi alla fine della guerra.</span></p><p class="MsoNormal"><b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-ansi-font-weight: bold; mso-spacerun: 'yes';">E’ chiaro che queste gallerie sul ns monte Conero erano pensate per una base radar. </span></b><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Le docce (a profondità costante dalla superficie) dovevano ospitare le apparecchiature elettroniche delle antenne radar, e sopra in superficie ci sarebba stata solo l’antenna. Le stanze erano separate le une dalle altre (e dalla zona operative) per schermare le radiazioni alle alte frequenze. Tutta la zona dalla “Sala Macchine” all’ingresso alto era la zona dove il personale doveva accedere solo per manutenzioni. La zona operativa era dalla Sala Macchine verso l’ingresso belvedere nord. La “Sala Eco” sarebbe stata la centrale operativa, dove i tecnici osservavano i tracciati dei vari radar, in mezzo ci sarebbe stata la parete trasparente e sull’altro alto gli osservatori. Probabilmente la sala “docce” lì vicino era per ospitare l’antenna trasmittente che doveva inviare i messaggi al Comando: ha perfettamente senso perchè quell’antenna sarebbe stata più lontana dalle altre (che sono riceventi) e non ci sarebbero state interferenze indesiderate (o, più correttamente, ci sarebbero state interferenze accettabili)!</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Escluderei che fosse la zona radar di una base di lancio di missili Nike o Hawk, perchè sono entrati in servizio nel 1959, anno in cui secondo me il progetto lì era già abbandonato. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><br /></span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Infatti nella seconda metà del 1956 era arrivata la RAI e si insedia la base Radar a Potenza Picena.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">Sui resti della moto si può fare un ragionamento a parte. Sembra una moto degli anni ‘80, circa. E' stata portata lì per smontarla ed asportare il motore e le ruote (ed il fanale). Qualcuno l'ha portata lì per lavorare con comodo. O altrimenti qualcuno ha portato lì solo telaio, serbatoio e sella per far sparire le prove di un furto? Ma è improbabile che sia entrato dall'ingresso su in alto e si sia fatto tutte le scale in discesa (e poi in salita a piedi, magari col motore in mano), quindi è più probabile che sia passato dalla porta ora murata, che abbia percorso il corridoio (lunghissimo! Circa 200 passi), e si sia sistemato in una delle stanze per lavorar con comodo. Secondo me negli anni ‘80/’90 l’ingresso sul belvedere nord era bello sfondato da un pezzo (e non gliene fregava niente a nessuno), e o i militari stessi o i giovani del luogo ci si divertivano alla grande.</span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';">A differenza di Settepani, le ns gallerie non sono di libero accesso e sono ancora coperte da segreto. Perchè? Forse perchè i pozzi sbucano all’interno della zona militare tutt’ora attiva (il 3° DAI) e probabilmente è per questo che è partita la denuncia a Montesi. Interessante è che nell’elenco dei beni del ministero della difesa del 2010, che comprende sia luoghi attivi che dismessi come la Base RT, le gallerie AM non siano menzionate. Forse perchè essendo un'incompiuta non è mai entrata nel novero dei beni del Ministero. </span><span style="font-family: Calibri; font-size: 11,0000pt; mso-spacerun: 'yes';"><o:p></o:p></span></p>Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com0Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363tag:blogger.com,1999:blog-9138103690782869051.post-91314662568342621052021-05-23T11:54:00.005+02:002021-05-25T20:59:48.781+02:00Ancona, visite guidate alla guerra dei droni<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoNK_1fOwAKAHXl80_-4lSljSlyUzDi8csiG2Q1fJ6IVQxK3yAPgbBWS6weR3ybi5uwkLg0c3hpMsJp2boSMwoRB2k8znhVhR5gsVP08jQ2aETYtDy1htoH6ccW2ZCJSBrNgJTsZorPno/s2048/Planimetrie+base+pag+4.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" width="320" data-original-height="1536" data-original-width="2048" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoNK_1fOwAKAHXl80_-4lSljSlyUzDi8csiG2Q1fJ6IVQxK3yAPgbBWS6weR3ybi5uwkLg0c3hpMsJp2boSMwoRB2k8znhVhR5gsVP08jQ2aETYtDy1htoH6ccW2ZCJSBrNgJTsZorPno/s320/Planimetrie+base+pag+4.jpg"/></a></div>
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Tra il 2016 e il 2017 un’associazione, pare su incarico del comune di Ancona, ha distribuito ai gitanti che si recavano sul monte Conero un opuscolo eloquente: state per visitare una zona militare ancora attiva, il cui scopo è la guerra elettronica.
Ce lo segnala un lettore del nostro blog. Stiamo diventando ormai una specie di “telefono giallo” online. Come si può evincere dal testo dattiloscritto che vi mostriamo nelle foto (sotto), compariva per la prima volta una descrizione dettagliata della base militare, con tanto di immagini e planimetria.
Desta innanzitutto stupore l’imponenza della struttura, che era assai articolata, dotata di uscite di sicurezza, e predisposta per ospitare centinaia di militari, anche più di quello che ci veniva dichiarato dai reduci di questa guerra segreta. Sono dimensioni e mansioni paragonabili a quelle della base West Star di Affi. Ed è imbarazzante, soprattutto, che si sia costruito un business turistico (ci riferiamo ovviamente all'opuscolo) sulla guerra elettronica, quella che oggi si combatte a distanza, in Afghanistan, in Irak, in Siria, magari con i droni, per garantire copertura agli agenti italiani all’estero (l’Aise).
Ci viene tuttavia spiegato dall’amico lettore, proprio perché non si tratta di un museo storico, bensì di un sito militare in piena attività, che le foto degli ambienti interni non corrispondono alla base del Conero, servono, probabilmente, soltanto a dare un’idea di ciò che la base è stata nella storia, e cioè un centro di intercettazione di messaggi cifrati. Solo le immagini in bianco e nero corrispondono alle vere uscite dei tunnel.
Anche il reale lavoro svolto da questi militari resta avvolto nel più fitto mistero. Il signore che ci ha inviato l’opuscolo, un esperto di telecomunicazioni con un curriculum di alto livello, ha una diversa teoria rispetto alle intercettazioni: non un controllo delle comunicazioni civili e militari di potenziali nemici che si avventuravano nel mar Adriatico, bensì qualcosa di più subdolo e sinistro. Scrive lui stesso: “tutte queste intercettazioni per me lì non si facevano, per me c'era un centro di ricezione e trasmissione dei messaggi della nostra marina. MA i messaggi venivano decriptati e ricriptati prima di rimandarli via, per questo la zona era ad accesso super limitato, ma ci sono altri che confermano quella descrizione.” In sostanza, nel Conero avrebbe operato, e starebbe operando tuttora, un gruppo di controllori dei controllori, un comando supremo al di sopra di altri comandi militari, in piena sintonia con la logica della guerra elettronica (si legga nella fattispecie il libro “La guerra elettronica” di Mario De Arcangelis, del 1981).
Un collega giornalista ci ha consigliato di verificare se la zona del Conero sia sorvolabile in aereo. Abbiamo contattato chi detiene un brevetto di volo e ci è stato confermato che il Conero si può sorvolare tranquillamente, così come è possibile effettuare gite turistiche a piedi per i boschi. Il Conero è sempre stato questo, e pure i militari hanno voluto sempre vivere mimetizzati nella natura.
Non ce ne stupiamo. Ci meraviglia, casomai, che da alcuni anni a questa parte si cerchi da più parti, dal settore politico a quello militare, di costruire una convivenza di facciata tra le esigenze militari e quelle civili riguardanti l’ambiente naturale del Conero. Ci riferiamo anche alle dichiarazioni del neo presidente del Parco del Conero, Silvetti, il quale ha affermato pubblicamente di essere stato uno dei militari della caserma che c’è sulla cima: tutore dell’ambiente, dunque, ma anche del segreto militare. Questa linea politica non è nuova. Fu dettata nel 1985 dall’allora ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro, che dopo il caso Guanti definì “di limitata estensione” la zona militare del Conero, compatibile quindi con le gite e la protezione dell’ambiente.
Ma questa foglia di fico è già caduta con la divulgazione stessa dell’opuscolo del Comune. La base non è affatto di limitata estensione e alcuni tunnel, ad esempio quello che fu percorso dal videomaker Matteo Montesi nel 2014, restano ancora coperti dal segreto più profondo. Può un cittadino sentirsi immerso nella natura incontaminata vicino a caserme militari, tunnel, parabole satellitari? E soprattutto quali possibilità abbiamo noi tutti comuni mortali, attraverso i rappresentanti parlamentari, di verificare la reale consistenza di questa caserma e delle sue intercettazioni? Il Copasir non basta, è un’altra foglia di fico che non copre più l’estensione reale di questa industria dello spionaggio. A chi vengono assegnati i nullaosta di segretezza? A quali aziende, a quali civili? Per quali scopi? Da quando nel 1977 l’ex premier Giulio Andreotti ridisegnò il sistema dei servizi segreti, con suddivisione delle mansioni interne ed estere, controllo da parte del presidente del consiglio al posto del capo dello Stato, e costituzione del Copasis o Copasir, organo parlamentare di controllo dei Servizi, poco è cambiato, a parte alcuni aggiornamenti. E’ il terrorismo, il nemico, a non essere più quello del 1977. Se all’epoca potevamo accettare una segretezza parziale, in cambio della nostra sicurezza per le strade, sotto casa, dove le rapine e gli espropri proletari erano all’ordine del giorno, adesso questa segretezza è solo un liberi tutti: liberi di agire fuori dai nostri confini in azioni (di pace?) più torbide e violente.
Quindi se la domanda dei lettori è: cosa c’è oggi sul Conero? C’è per caso la NATO? La risposta può essere: sì, c’è la NATO, ma una NATO spogliata ormai di tutti quei principi caratteristici del mondo occidentale che aveva in guerra fredda: libertà, trasparenza, sicurezza. Curdi, turchi, egiziani, qatarioti, sauditi, libici: i nostri alleati sfuggono a ogni logica, e insieme agli alleati atlantici sfuggono anche le nostre ultime certezze. Cosa c’è e chi c’è stato sul Conero? Bin Laden? Oggi vi risponderei candidamente: che ne so? può darsi.</b>
<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD9O8M9qrhl2SQl5Yj1XNUlXUxgtxR3FctQSvrbqXMqpG6iaJIlHMvXh6I_iuy5doJVaz39bPetCubyg4V5Frdc4hyRS5XR2c2wnOnk4YzbT5yl3-L35k-AEfdTnN7pNDLZklpa9C2lss/s2048/Descrizione+base+pag+1di2.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" height="320" data-original-height="2048" data-original-width="1536" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD9O8M9qrhl2SQl5Yj1XNUlXUxgtxR3FctQSvrbqXMqpG6iaJIlHMvXh6I_iuy5doJVaz39bPetCubyg4V5Frdc4hyRS5XR2c2wnOnk4YzbT5yl3-L35k-AEfdTnN7pNDLZklpa9C2lss/s320/Descrizione+base+pag+1di2.jpg"/></a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLBdsl9CwstfWmBzUNUzaJ2_fzj64xIsrDQwLu4DvY3x4GTPath0QD67eBXaF2M3dUJd2cJMPeYm4mpPpK2kkYWj7YL2uNMxHn3R1lGSKNBif8vuZKmJEu9Aq6ITev4ephf_SGydsWx24/s2048/Descrizione+base+pag+2di2.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" height="320" data-original-height="2048" data-original-width="1536" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLBdsl9CwstfWmBzUNUzaJ2_fzj64xIsrDQwLu4DvY3x4GTPath0QD67eBXaF2M3dUJd2cJMPeYm4mpPpK2kkYWj7YL2uNMxHn3R1lGSKNBif8vuZKmJEu9Aq6ITev4ephf_SGydsWx24/s320/Descrizione+base+pag+2di2.jpg"/></a></div><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP6CJkMEKo8Wl-KBDalT13_4CUV9eb5MvF0JxOXWNZJYRBA9tec9zeJt46XY9gzrv9UGKYImHKM0rmkonqYdKBZYH3E6Uk5yEVk651_gdyibJPeoahvNpO5dYGHYiXeEvZxrYMBuWiGII/s2048/Foto+base+pag+3.jpg" style="display: block; padding: 1em 0; text-align: center; "><img alt="" border="0" height="320" data-original-height="2048" data-original-width="1536" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiP6CJkMEKo8Wl-KBDalT13_4CUV9eb5MvF0JxOXWNZJYRBA9tec9zeJt46XY9gzrv9UGKYImHKM0rmkonqYdKBZYH3E6Uk5yEVk651_gdyibJPeoahvNpO5dYGHYiXeEvZxrYMBuWiGII/s320/Foto+base+pag+3.jpg"/></a></div>
Massimo D'Agostinohttp://www.blogger.com/profile/14037464623950473764noreply@blogger.com1Italia41.87194 12.5673813.561706163821157 -22.58887 70.182173836178848 47.72363