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domenica 29 giugno 2025

Il doppiogioco sul dossieraggio del SIFAR

 


Giovanni Allavena, l'uomo della schedatura di 157mila italiani, secondo l'inchiesta di Jannuzzi del 1976 avrebbe "arruolato decine e decine di giornalisti fascisti". Il redattore di Tempo lo definì un "colonnello, poi generale, stretto collaboratore del generale De Lorenzo". Fu "coautore" del "Piano Solo", quello che solo i carabinieri avrebbero dovuto attuare nel 1964, e sostituto di De Lorenzo dopo il fallito golpe del SIFAR. Questo militare corrotto interessa da vicino la storia del Conero. Secondo altre fonti come Repubblica, che parlò di lui quando morì il 27 settembre del 1991, Allavena fu capo del controspionaggio di Ancona fino al 1956. Quindi, ne deduciamo, proprio mentre nasceva la base del Conero e mentre al cinema Metropolitan veniva attuata una strage dai risvolti poco chiari. 

L'orientamento politico di questo militare non ci pare di estrema destra. Allavena, dando per buone le accuse di Jannuzzi, avrebbe scelto tra i giornalisti da lui assoldati per raccontare la cronaca anche Lando Dell'Amico, socialdemocratico, il cui nome sarebbe collegato all'attuale editore del quotidiano di Ancona, Il Resto del Carlino. Il militare avrebbe inoltre rubato i fascicoli del SIFAR per darli a Licio Gelli. Ma soprattutto pare che fu stimato da Agnelli, che gli regalò una concessionaria Fiat a Roma, proprio nel periodo in cui la Fiat fondava una sede in Russia, in nome di un ponte economico tra USA e URSS. Ulteriore conferma di un doppio gioco starebbe nel fatto che Allavena, fondatore di un comitato per l'elezione di Nixon, secondo Repubblica fu ascoltato dal PM Mastelloni nel novembre del 1990 nell'inchiesta su Argo 16, aereo che si disse fu fatto cadere dal Mossad israeliano per vendetta contro la politica filopalestinese del governo italiano. Conferme? Ce ne sono tante: Allavena comparve cinque anni dopo l'inchiesta di Jannuzzi nella lista della Loggia P2 (ormai il lettore di questo volume sa che la Propaganda Due era nelle mani del KGB) e si parlò di lui anche quando nel 1990 scoppiò il caso Gladio.

Lando Dell'Amico viene descritto nel reportage di Tempo come un "giornalista-ricattatore-spione", politicamente ex repubblichino, ma convertito alla socialdemocrazia. Per questo pare che fu autore di un tentativo di corruzione di un congresso repubblicano di Ravenna, su richiesta del presidente dell'ENI Enrico Mattei e con l'aiuto del SIFAR. Entrò poi nella sfera di influenza del petroliere Attilio Monti, futuro editore del Resto del Carlino. Per Monti fondò nel 1959 l'agenzia giornalistica "Montecitorio". 

Nel 1957-58 avrebbe tentato di coinvolgere, con documenti falsi, Giulio Andreotti nello scandalo Giuffré, facendosi aiutare dal SIFAR e da "alcuni ufficiali della Guardia di Finanza". Fu un dossieraggio falso, secondo Jannuzzi, perché così stabilì la commissione parlamentare d'inchiesta. Ma c'è un’indiscrezione che colpisce gli attuali editori del Resto del Carlino. Jannuzzi affermò che nel settembre del 1969, poco prima della strage di Piazza Fontana, Monti avrebbe trasmesso, tramite il giornalista fidato di Allavena, appunto Lando Dell'Amico, dei soldi a Pino Rauti. Il giornalista avrebbe poi lasciato traccia di ciò in una lettera inviata al genero di Monti, Bruno Riffeser. A quel punto, sempre Dell'Amico si sarebbe pentito, avrebbe consegnato tutto al giudice Gerardo D'Ambrosio, ma alla fine avrebbe ritrattato ogni accusa, costruendosi una villa. Monti voleva partecipare alla 'strategia della tensione'? Posso confermare solo che ho appreso di un contatto nei primi anni '80 tra la redazione del Carlino di Ancona e i Servizi Segreti. Non sottovaluterei neanche il fatto che nessuno di questi personaggi querelò il giornalista Jannuzzi.

C’è un ulteriore elemento che fa pensare che i dossier del SIFAR non fossero un affare segreto della NATO, bensì dell’altra parte della Cortina di Ferro. Tra i dossier dello spionaggio cecoslovacco vi è a un certo punto un riferimento proprio all’affare SIFAR. Stiamo parlando del fascicolo 10443-112 sulle Misure attive. Il 4 maggio del 1967 dall’STB, cioè i Servizi Segreti di Praga, partì una lettera “segretissima” diretta al referente del Ministero Cecoslovacco per comunicare alcuni dettagli sulle operazioni di disinformazione da attuare in quel periodo. Verso la fine compare questa precisa frase: “In qualche paese, si diffonda la notizia della consegna del volume Sifar alla CIA americana e del contenuto del volume a Saragat. Tuttavia, è necessario consultare gli amici, in merito alla persona di Saragat e ai benefici che la DC ne trarrebbe.” Appare evidente che si parla dei 157mila dossier del SIFAR, sia per la data, in quanto in Italia i reportage di Jannuzzi e Scalfari uscirono nel maggio 1967, sia per il riferimento all’allora Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, il quale infatti, narra la storia ufficiale, fu informato che di lui - come sottolinea Wikipedia - “erano state minuziosamente catalogate addirittura le marche e le quantità di alcolici usualmente consumati.”

Ci sono altri dettagli che vanno menzionati. Il documento di cui ho parlato compare nella fotografia 67 del volume 1 del fascicolo già citato, il 10443-112. E’ molto particolare questo foglio, perché si nota facilmente che un foglietto più piccolo, della stessa epoca, fu incollato sopra all’altro. La parte relativa al caso SIFAR si trova nel documento sottostante. E’ come se avessero cercato di cancellarla, sovrapponendovi una delle relazioni sulla Misura Attiva “Romulus” che riguardava il caso Obermaier, il console tedesco che fu ingiustamente accusato dall’STB, con documenti falsi, di essere un ex gerarca di Hitler. Tuttavia, il foglio sovrapposto è più piccolo ed è per questo che è stato possibile leggere e tradurre quella frase, tra l’altro sottolineata a penna dall’STB, sul caso SIFAR. Si potrebbe intravedere qualcosa pure di ciò che c’è scritto sotto all’altro documento. Si scorgono alcuni nomi: Andreotti, Saragat, De Lorenzo e la frase iniziale del documento, sulla cui traduzione non sarei così sicuro, ma il senso potrebbe essere questo: “Tra i cifrari perduti c'è il volume di Saragat, di cui De Lorenzo commissionò personalmente la distruzione. Ma fu messo in salvo dalle mani della polizia e, presumibilmente, di Andreotti. Il volume di Saragat conteneva materiale eccellente sul fatto che, prima della rivoluzione del 1963, gli austriaci...” Sembra che il testo coperto parlasse dell’Alto Adige, perché si distingue nettamente la parola Tirolo.

La Misura Attiva sul SIFAR resta quindi a margine di altre operazioni. Viene citata in altri documenti anche una seconda volta, poi sparisce, almeno dai fascicoli della Cecoslovacchia, che era un piccolo Stato satellite dell’URSS. Quindi il sospetto è che i giornalisti del settimanale L’Espresso, sia pure onestamente, fossero finiti nello sporco gioco della disinformazione sovietica.

1 commento:

  1. Ho chiesto all'archivio di Praga se, vista l'importanza della relazione, è possibile scollare il documento 23 da quello ben più rilevante che c'è sotto, ovvero il 24. Non credo che lo faranno ma tentar non nuoce.

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