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giovedì 19 giugno 2025

La vera storia dei Dossier del SIFAR


L’ex Cecoslovacchia conosceva fin dal 1961 l’attività italiana di spionaggio su cittadini non sempre indagati per dei reati commessi. 

E’ una delle novità più importanti che posso estrapolare dall’analisi del fascicolo 10443-119 presente nei famosi dvd dell’archivio dei Servizi Segreti di Praga.

“Lo scandalo dello spionaggio del SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) - scrive Chatgpt - emerse nel 1967, quando il settimanale L’Espresso pubblicò un’inchiesta di Lino Jannuzzi e Eugenio Scalfari che rivelava l’esistenza di un archivio segreto con oltre 157.000 dossier illegali raccolti dal SIFAR tra gli anni ’50 e ’60.

I dossier contenevano informazioni riservate (spesso raccolte illegalmente) su uomini politici, sindacalisti, intellettuali, militari e anche su esponenti del clero, spesso usate per controllo politico o per scopi di ricatto. Le attività erano state ordinate dai vertici militari, in particolare dal generale Giovanni De Lorenzo, capo del SIFAR e poi comandante dei Carabinieri.

Lo scandalo rivelò un uso deviato dei servizi segreti per fini interni e politici, contribuendo a far emergere l'esistenza di apparati paralleli e non controllati democraticamente. Questo portò alla trasformazione del SIFAR nel 1965 nel SID (Servizio Informazioni Difesa), ma la rivelazione nel 1967 scoperchiò le pratiche illecite precedenti.”

Questa storia, ben nota anche sui manuali di Storia, si può arricchire di ulteriori particolari. Il fascicolo 119 nel terzo e ultimo volume si sofferma sulle relazioni che l’STB, il servizio segreto cecoslovacco, ottenne dal giornalista Lamberto Martini. 

Si trattava di un corrispondente di Paese Sera che si occupava di cronaca nera, ma che si professava fedele all’ideologia marxista. E quindi appena ne ebbe l’opportunità raccontò ai diplomatici dell’Stb di essere stato usato dalla polizia italiana per spiare i membri del Partito Comunista Italiano. Ciò gli aveva permesso di apprendere le modalità discutibili di intercettazione telefonica, le quali - affermava nel documento 81 del fascicolo 119 - venivano svolte con tecnologia statunitense. Lui stesso, per essere stato coinvolto in una simile attività, era stato tenuto sotto sorveglianza (probabilmente la prassi usuale per il rilascio dei NOS).

La testimonianza è interessante sia perché il Martini fu considerato attendibile dai cecoslovacchi, sia perché tira in ballo nomi eccellenti della nomenklatura statunitense, come Driscoll e Cooper. Il nocciolo della questione è che la polizia e il SIFAR alla fine degli anni Cinquanta e all’inizio dei Sessanta erano in stretto contatto con gli Stati Uniti, nonché con il loro servizio segreto esterno ossia la CIA. A Praga l’argomento era considerato interessante non tanto per lanciare sulla stampa una campagna scandalistica, che poi si verificherà realmente, bensì per le ripercussioni che questa pratica illegale poteva avere sui cittadini cecoslovacchi che si recavano in Italia. Un’attività quindi di puro controspionaggio. Oltretutto, lo stesso Jannuzzi compare in questo fascicolo 119 in quanto fu presentato ai diplomatici dell’Stb dal loro contatto di fiducia, il giornalista della Gazzetta del Sud, Emanuele Del Giudice. Ma non fece una buona impressione e fu scartato, perché considerato troppo arrogante.

Ecco il testo originale tradotto nel miglior modo che mi è stato possibile. Il cognome di Jannuzzi viene riportato con una sola enne e ho ritenuto giusto lasciarlo nella versione originale:


“Del Giudice

incontro e presentazione di Januzzi.

Pranzo con Del Giudice. A questo pranzo, ho discusso con Del Giudice la questione di come aiutare il nostro ufficio stampa nell'invito dei giornalisti di destra a un cocktail organizzato dall'ufficio stampa. Era necessario farlo.

In questa occasione, ho discusso con Del Giudice la questione della mia conoscenza con Januzzi, che avrebbe potuto essere organizzata durante un cocktail party. Del Giudice ha promesso di invitare e portare Januzzi al cocktail. In questa occasione, ho inviato a Januzzi un invito personale.

Il 31.10.59 Januzzi arrivò addirittura con un'ora di ritardo all’ambasciata, dove si stava svolgendo il cocktail. Subito dopo il nostro arrivo, Del Giudice mi presentò, dicendomi che volevo incontrarlo e che ero io il primo a pranzare. Januzzi si comportò subito con alterigia nel presentarsi e disse di essere venuto solo per 20 minuti perché era molto impegnato. Dopo una breve conversazione, come di consueto, Januzzi si lanciò in un ironico attacco sulla questione dell'ex radio dell’ambasciata, il sorvolo degli aerei italiani ZX sul territorio della Cecoslovacchia, che lo scopo principale del suo arrivo era come emergenza per il meccanico e il copilota. Il suo comportamento era completamente rivolto contro di noi e voleva approfittare del mio interesse a incontrarlo. Il suo atteggiamento era altezzoso, si vantava di suo padre e delle sue conoscenze altolocate. Il nostro addio fu freddo a causa degli attacchi di Januzzi, con la vaga intenzione di un altro incontro. A mio parere non è possibile utilizzare Januzzi come contatto a causa del suo atteggiamento nei nostri confronti, della sua arroganza, ecc.”


Questa relazione avvalora ulteriormente l’onestà professionale di Lino Jannuzzi, perché ci pare evidente che si parli di lui, anche se non escluderei che l’editore del settimanale L’Espresso - considerato nell’archivio Mitrokhin un organo di stampa sovvenzionato dall’ex URSS -  intendesse sfruttare lo scandalo SIFAR per interessi politici. Ho dato un’occhiata ai giornali ungheresi del 1967 (Uj Szò) e mi ha colpito un particolare: fu scritto che questi famosi 157mila fascicoli erano in realtà spariti, forse sottratti per paura di uno scandalo o forse, chissà - aggiungo io a posteriori - finiti nelle mani dello stesso KGB. 


Il 21 gennaio del 1968 il giornale Uj Szò divulgava in un focus l’intera storia del dossieraggio del SIFAR così come circolava dalle loro parti. E’ importante leggerla per intero.


“Cospirazione di generali ambiziosi 

Cosa c'è dietro SIFAR

Gli ufficiali golpisti diranno la verità in tribunale? Un'anteprima del colpo di stato di Atene era stata pianificata a Roma?

L'opinione pubblica italiana è preoccupata da quasi un anno per il cosiddetto scandalo SIFAR. SIFAR è l'abbreviazione ufficiale del servizio di controspionaggio italiano. Il suo nome ha iniziato a essere menzionato più spesso quando si è scoperto che alcuni documenti e fascicoli segreti su importanti politici erano scomparsi. Per conto di chi erano conservati i fascicoli su personaggi politici e dove potevano essere spariti i documenti segreti?

Questa domanda è stata sollevata in particolare quando l'anno scorso il famigerato servizio di spionaggio americano noto come CIA, che ha subito una serie di fallimenti, è stato smascherato per aver finanziato sindacati internazionali di studenti, giovani e lavoratori, agenzie di viaggio, ecc., al fine di spiare in modo più sicuro attraverso di loro in tutti i paesi del mondo. Il sospetto che il SIFAR fosse finanziato dalla CIA è stato giustamente sollevato.

1. IL DOSSIER SIFAR

Nel dicembre 1966, il Ministro della Guerra socialista italiano, Tremelloni, di ritorno da una riunione NATO a Parigi in un clima di estrema tensione, convocò d'urgenza il Generale Beolchini. Il generale non sapeva cosa pensare di quell'ordine insolito, ma riferì immediatamente al Ministro della Guerra. Tremelloni non voleva intrattenere il generale con banalità NATO, ma gli affidò l'indagine tempestiva su una questione riservata. Doveva scoprire se esistessero, e in caso affermativo, dove fossero finiti certi fascicoli del SIFAR... Chiese al governo una relazione scritta sui risultati dell'indagine...

L'acronimo SIFAR in ungherese significa: il servizio informazioni delle forze armate. In realtà, si trattava del Servizio Militare di Controspionaggio Italiano. Il Reparto "D", che ospitava gli uomini del Generale di Gendarmeria De Lorenzo, poi Capo di Stato Maggiore, era particolarmente pericoloso: trasformò il controspionaggio in uno strumento di spionaggio politico.

Quando il Contrammiraglio Henke sostituì il Generale Allavena alla guida del SIFAR nel 1966, si alternava nell'ispezione dei singoli reparti. Rimase scioccato nel vedere che nel Reparto "D" esistevano fascicoli segreti... ma non sui terroristi altoatesini, bensì sul suo diretto superiore, ad esempio: il Capo di Stato Maggiore Generale Aloia, l'allora Ministro dell'Interno Saragat, il Presidente del Consiglio Moro e altre figure di spicco della vita politica italiana. Henke riferì immediatamente la sua scoperta al Presidente del Consiglio Moro. Moro voleva vedere il fascicolo, ma con grande sorpresa di Henke, era già scomparso il giorno dopo.

Questo fu quanto dovette rivelare il Generale Beolchini, membro del Consiglio Generale del Distretto delle Forze Armate.

Alti ufficiali e alti ufficiali del controspionaggio furono interrogati. Nessuno di loro era a conoscenza dei fascicoli segreti. Anche il Generale Allavona fu interrogato, ma durante l'interrogatorio confessò prima che i fascicoli in questione non esistessero, e poi non escluse la possibilità di aver distrutto personalmente alcuni documenti segreti, di cui non ricordava esattamente la provenienza. Il dipartimento di controspionaggio voleva dimostrare di svolgere un "lavoro pulito". Oltre ai fascicoli dei "rappresentanti dell'ideologia marxista", c'erano anche fascicoli di persone in qualche modo collegate alla NATO, ma questi fascicoli erano contrassegnati con la dicitura NOS (nulla Osta Sicurezza). Il rapporto di Beolchini fu completato in tre mesi. Il 15 aprile dello scorso anno, un consiglio dei ministri si riunì per discutere il rapporto. Il palazzo del governo era circondato da formazioni militari, l'area era sottoposta a rigidi controlli di sicurezza e a tutti fu ricordato lo stato d'assedio. Questi fenomeni inquietanti non sorpresero gli italiani, perché diverse notizie circolavano già sulla stampa ufficiale e nella vita pubblica. Il rapporto di Beolchini fece luce su fatti inquietanti. Il SIFAR monitorò alcuni politici, intercettò le loro conversazioni telefoniche, ascoltò i resoconti degli informatori... Solo che non era chiaro con certezza di chi stessero parlando. Taviani, che all'epoca era Ministro dell'Interno, e Andreotti, che fu Ministro della Guerra per 6-7 anni, lessero pareri attentamente formulati. In sostanza, erano responsabili solo di ciò che facevano nella loro veste ufficiale, nei limiti dei loro doveri d'ufficio, e di ogni possibile eccesso di potere, nonché dei loro "affari sporchi".

Il Presidente del Consiglio Moro concluse quindi la sessione straordinaria del governo affermando che il governo avrebbe risposto alle interrogazioni poco chiare in Parlamento,

e che avrebbe sostituito il Generale De Lorenzo con il Generale Vedovato.”


Va evidenziato un passaggio chiave, quello in cui il giornalista ungherese specifica che lo spionaggio era stato condotto sia contro esponenti di sinistra, sia contro membri della NATO, aggiungendo un dettaglio fondamentale: che questi ultimi erano contrassegnati con la sigla NOS, che noi sappiamo oggi essere la prassi usuale all’interno della NATO secondo la quale durante la guerra fredda i carabinieri erano incaricati di verificare che il soggetto richiedente l’autorizzazione a maneggiare documenti Top Secret (quelli visti nel paragrafo precedente) fosse affidabile. Una prassi in uso sia a ovest sia, come vedremo, nel Patto di Varsavia. Inoltre, l’articolo specificava che a essere stati sottratti erano stati proprio i fascicoli del NOS. Pecorelli sul suo settimanale OP si soffermerà a lungo sulla fine che potessero aver fatto questi dossier, i quali - e la cosa era certamente già nota - andavano assai oltre le verifiche di rito sulle opinioni politiche degli “indagati” e spaziavano su abitudini più strettamente private come quelle sessuali.

Di certo, queste deviazioni dalla legalità, come vedremo tra poco, erano in parte conosciute a Praga fin dal settembre del 1961, allorché si svolsero i primi incontri dell’Stb con il giornalista Lamberto Martini. 


“Approfondimenti sulla polizia italiana.

Ottenuto il 5.9.61 tramite intervista a MARTINI.

Lo spionaggio e il controspionaggio in Italia sono organizzati dal SIFAR e dai Carabinieri. I Carabinieri dipendono in parte dal Ministero dell'Interno e in parte dal Ministero della Difesa. Il comandante dei Carabinieri è sempre un generale proveniente dai generali dell'Esercito Italiano. Per quanto riguarda la pubblica sicurezza, svolgono attività ausiliarie. Di solito svolgono indagini semplici, mentre le indagini approfondite vere e proprie vengono poi svolte dai Carabinieri e dal SIFAR. I Carabinieri vengono anche inviati presso le ambasciate italiane all'estero. Questo non può accadere quando si tratta di funzionari di pubblica sicurezza. 

Vengono istituiti fascicoli per persone sospette, stranieri, diplomatici stranieri, ecc. In alcuni casi, a seconda dell'importanza e dell'interesse della persona, vengono istituiti anche 5 fascicoli per la stessa persona presso il commissariato del luogo di residenza, presso la questura, presso i carabinieri, presso il Ministero dell'Interno - ufficio stranieri e presso il SIFAR.

C'è un consulente americano al Ministero italiano. MARTINI ha detto il suo nome, che mi è sfuggito. Ha riconosciuto per nome altri tre consulenti che erano stati in Italia in passato.

Nell'intervista, MARTINI ha riferito al capo dei servizi segreti ORTONA di trovarsi attualmente negli Stati Uniti, da dove avrebbe dovuto rientrare entro pochi giorni. Dopo l'incontro con MARTINI, quest'ultimo ha dichiarato di aver avuto l'opportunità di apprendere a grandi linee quanto discusso. ORTONA, nella sua veste, partecipa saltuariamente alle riunioni del Consiglio Permanente della NATO, quando si discute di sicurezza e della situazione nei singoli Paesi dell'Alleanza Atlantica.

Per quanto riguarda le intercettazioni telefoniche, MARTINI ha confermato che queste possono essere effettuate solo tramite TETI, che in quanto società privata possiede la rete telefonica. Per accertare l'esistenza di intercettazioni telefoniche, è necessario emettere un'ordinanza del tribunale, che deve anche specificare il motivo e il sospetto per cui vengono effettuate. MARTINI ha aggiunto di avere un amico nel dipartimento TETI che si occupa di intercettazioni telefoniche.

Ha inoltre confermato che la maggior parte dei custodi collabora con la polizia italiana, che conta un numero significativo di agenti tra le fila dei cittadini italiani.

15.9.61.”


In questa relazione spiccano alcuni elementi che andrei a sottolineare. Da un lato, non emerge con chiarezza l’illegalità delle intercettazioni, poiché lo scrivente afferma che, sebbene fossero effettuate mediante una società privata, dovevano essere autorizzate e motivate dalla magistratura. Dall’altro viene evidenziata la presenza attiva di un fantomatico “consulente americano” all’interno del Ministero. Il nome, che inizialmente Martini non ricordava, poi si capirà che è quello di Driscoll, ovvero il Paul Robert Driscoll già noto alle cronache per la sua ingerenza nel sistema spionistico di Tambroni. Un altro nome che viene fatto è Ortona. Si tratta di Efisio Ortona, che fu dirigente del famigerato Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno italiano dal 1961 al 1963. Questi, apprendiamo in questo documento, partecipava “saltuariamente alle riunioni del Consiglio Permanente della NATO, quando si discute di sicurezza e della situazione nei singoli Paesi dell'Alleanza Atlantica.” La quale circostanza confligge in modo significativo con la possibilità che il dossieraggio del SIFAR potesse essere svolto rispettando alla lettera le norme del diritto penale e costituzionale italiane.

Gli incontri tra l’Stb e Martini proseguirono e i cecoslovacchi, diffidenti come al loro solito, raccolsero informazioni sul SIFAR ma contemporaneamente cercarono conferme incrociate sul conto del loro confidente. E le ottennero. Il fascicolo 119 contiene anche le fotografie delle relazioni scritte a mano e di loro pugno da Barbato, su carta intestata del periodico Vie Nuove, e Drill, con quest’ultimo identificabile con ogni probabilità nel giornalista Vito Sansone (il presente volume se ne occupa più avanti, ma l’avevamo già incontrato nella vicenda del Monte Conero).


“Verbale dell'incontro.

Il prossimo non è previsto. Verrà contattato telefonicamente.

Contatto: MARTINI

Data: 23.9.61 ore 14:00

Posizione: ristorante "Panorama"

Viale Trionfale.

Dopo diverse telefonate, ho contattato MARTINI il 12.9.61. Ci siamo accordati per incontrarci il 13.9.61 alle 13:00 a Porta Pinciana, come concordato nella riunione precedente. Tuttavia, MARTINI non si è presentato all'incontro. 

Nelle successive conversazioni telefoniche si scusò per essere fuori Roma per lavoro. Concordammo un incontro il 18.9.61 alle 20:00 davanti al bar "Barberini". MARTINI non si presentò a questo incontro. Si scusò per essere impegnato.

Dopo ulteriori tentativi, fu fissato un incontro con lui per il 23.9.61 alle 14:00 direttamente al ristorante "Panorama" di Viale Trionfale. La conversazione ebbe luogo durante il pranzo. L'incontro durò poco più di un'ora. Il posto fu assegnato a MARTINI, che abita nelle vicinanze e aveva fretta di tornare a casa per portare la moglie alle terme. 

La conversazione si è svolta dal punto di vista della politica interna ed estera, per poi concentrarsi sui problemi della polizia italiana. Nella polizia italiana, nella prima parte del dibattito, MARTINI è apparso relativamente informato, sia dal punto di vista della politica interna che di quella estera. Era chiaro che stava seguendo la situazione. Su diverse questioni, soprattutto per quanto riguardava le questioni di politica interna, le sue opinioni erano coerenti con la linea indicata dall'IKS (il PCI, ndr). Durante la conversazione, è emerso chiaramente che intendeva sinceramente ciò che diceva e che non stava fingendo.

Nella seconda parte del dibattito, gli ho chiesto gradualmente di illustrare alcuni dei problemi emersi durante il nostro ultimo incontro, in relazione alla polizia italiana. Gli spunti emersi dall'intervista sono riportati nel rapporto allegato. 

Mi sono imbattuto nuovamente nella questione di prestare una copia del rapporto che aveva preparato per il suo settimo rapporto sulla situazione attuale, che avrebbe costituito la base per la preparazione di un appuntamento per l'IRS. La sua posizione non è cambiata. Ha ribadito la sua disponibilità a preparare ulteriori relazioni su singoli problemi specifici. Ha proposto, in sede di annullamento, che forse sarebbe interessante anche dal nostro punto di vista iniziare con un rapporto sulle misure adottate dalla polizia italiana quando un diplomatico di un paese socialista arriva in Italia. La conversazione si è conclusa dicendo che nel prossimo incontro si sarebbero eventualmente stabiliti alcuni punti in base ai quali il rapporto avrebbe dovuto essere attuato.

Ho cercato di concordare con lui la data e il luogo del prossimo incontro.

Non poteva accettare perché non poteva garantire che sarebbe arrivato sicuramente. Ci siamo accordati che lo avrei chiamato la settimana successiva e che avremmo potuto incontrarci a casa sua, considerando l'assenza di sua moglie, che avrebbe portato fuori dopo l'incontro. Spese per il pranzo: 3.800 lire.

Valutazione:

È difficile organizzare un incontro con MARTINI. Per esperienza, non c'è mai la garanzia che si presenti. Ho avuto l'impressione che fosse intenzionale e che forse MARTINI non volesse incontrarci. In una conversazione con BARBATO, a cui ho chiesto informazioni su MARTINI, ho verificato che MARTINI è effettivamente molto impegnato e che anche per gli italiani è davvero difficile organizzare un incontro con MARTINI. Innanzitutto, MARTINI vive per il suo lavoro, ovvero esce di casa prima delle 8 del mattino e torna a casa tardi la sera, e poi non è contento, non è ordinato e non mantiene la parola data.

Attualmente, le informazioni su MARTINI vengono raccolte tramite BARBATO e DRILL. Durante l'intervista, BARBATO avrebbe potuto condividere informazioni generali a noi già note. Pertanto, sono stati interpellati alcuni giornalisti che conoscono meglio MARTINI. BARBATO ha parlato bene di lui. Lo considera un membro dell'IKS (il PCI, ndr).”


Vediamo a questo punto il profilo di Lamberto Martini che i comunisti fornirono all’Stb:


“Lamberto Martini, 40 anni, giornalista professionista,

reporter di cronaca nera del "Paese Sera" incaricato di seguire l'attività della Questura. E' uno dei più apprezzati giornalisti nel settore di sua competenza. Gode di vaste conoscenze tra i funzionari dalla polizia di Roma e della fiducia della direzione del giornale e dei suoi colleghi.Il giornale gli affida di volta in volta incarichi specifici, tra i quali quello di sollecitare il rilascio dei passaporti per i redattori.

Non è iscritto al PCI, ma ha un chiaro passato antifascista ed ha partecipato alla guerra di Liberazione nelle file dell'esercito ricostituitosi dopo la caduta del fascismo.

Martini è persona colta, Laureato in Lettere, ed ha svolto attività letteraria in diverse occasioni, ma soprattutto in campo cinematografico dove si è fatto apprezzare come soggettista e come consulente per alcuni films ispirati a fatti di cronaca nera.”


Il 27 settembre 1961 viene redatto un nuovo resoconto delle informazioni raccolte da Martini.


“Politica italiana - approfondimenti.

Ottenuto estraendo MARTINI il 23.9.61.

Capo dei servizi segreti italiani presso il Ministero dell'Interno italiano, ORTONA. Nominato in virtù del suo incarico, partecipa alle riunioni del Consiglio Permanente della NATO a Parigi, nei casi in cui si discute della sicurezza interna e della situazione nei singoli Paesi del gruppo atlantico. Recentemente, ORTONA ha parlato con uno dei suoi compagni negli Stati Uniti. La prossima settimana parlerò con uno di loro. Avrò così l'opportunità di apprendere qualcosa sui contenuti della visita in Italia di Frank COOPER. È l'attuale consigliere americano in Italia dall'estate del 1960, quando sostituì un certo DRISCOL (la scrittura corretta è con due elle finali, ndr), trasferito ad Atene, in Grecia. DRISCOL fu trasferito sulla base di indiscrezioni apparse sul suo conto sulla stampa italiana. Ho pubblicato la questione io stesso /MARTINI/. Prima di allora, una persona inviata da DRISCOL venne da me e mi offrì una tangente di un milione di lire perché non pubblicassi nulla su di lui. Rifiutai l'offerta e pubblicai le informazioni sull'esistenza di DRISCOL. Per il momento, non sono riuscito a scoprire nulla di più su COOPER. Non so dove viva. Si ritiene che viva a Roma sotto un altro nome. COOPER è noto solo ad alcuni alti funzionari italiani. COOPER funge anche da collegamento tra i servizi segreti italiani e americani. Alla fine dell'anno scorso, COOPER ha visitato gradualmente tutte le questure più importanti in Italia. In precedenza, ha seguito il capo della polizia italiana nelle singole questure affinché facessero tutto il possibile per accogliere COOPER. 

I servizi segreti americani sono piuttosto forti in Italia. Sono coperti da diverse società sparse in tutta Italia.

Presso la Questura di Roma è presente un archivio centrale in cui vengono registrate le persone residenti nella provincia di Roma. Le schede dell'archivio sono colorate in base al tipo di sospettato. Ad esempio, le persone che commettono reati hanno una scheda rossa. Presso il Ministero ital.MV è presente un altro archivio in cui vengono registrate centralmente persone provenienti da tutta Italia. 

27.9.61.”


Appare evidente che questo rapporto racconti una vicenda di dossieraggio molto simile allo scandalo SIFAR di Giovanni De Lorenzo. E’ simile anche a quanto succede in tempi recentissimi, nel 2025, con il discusso caso Paragon. Certe volte su certi argomenti sembra che il tempo si sia fermato, colpa forse anche di noi giornalisti con un background da storici, perché non riusciamo a divulgare a sufficienza e a far conoscere il nostro lavoro, con la conseguenza che puntualmente lo stesso errore politico si ripete.

Procediamo ora con la nostra narrazione e andiamo a novembre del 1961. Il contatto con Martini produce nuove informazioni.


“Dopo due interviste telefoniche preliminari, è stata condotta l'intervista

Il 28.11.61, durante il pranzo al ristorante ROMOLO in Via Garibaldi, Martini si è espresso in generale con soddisfazione per il nostro incontro. 

Ha giustificato la sua assenza dicendo di essere impegnato. Ha detto di essere stato di recente con un gruppo di giornalisti italiani in Ungheria, il che è vero. Ha partecipato al viaggio praticamente in qualità di vicepresidente dell'Associazione Cronisti Italiani. Ha affermato di ricoprire questo incarico da molto tempo e che i rappresentanti di tutti i partiti politici si erano accordati sulla sua persona al momento della sua elezione. Ha contattato l'addetto stampa ungherese. Hanno discusso la possibilità di uno scambio di delegazioni di cronisti italiani e ungheresi. Si è dichiarato soddisfatto del suo soggiorno e ha elogiato il consolidamento della vita interna ungherese. Ha imprecato contro i rappresentanti della legazione italiana a Budapest, che non si sono nemmeno accorti della delegazione di giornalisti a Budapest, e i membri della delegazione hanno quindi presentato un reclamo al Ministero degli Esteri italiano al loro ritorno.

Ha accennato di sfuggita al fatto di avere molto lavoro da fare per denunciare le attività dell'OAS/organizzazione terroristica di destra francese sul territorio italiano, in relazione alle notizie sul soggiorno di Soustelle nei pressi di Roma. In base alle sue informazioni, la stampa di sinistra avrebbe dovuto pubblicare diversi articoli effettivamente apparsi sulla stampa.

Durante un'intervista sulle novità nella polizia italiana, mi ha detto che forse funzionari italiani del Ministero dell'Interno saranno inviati presso le ambasciate italiane. In risposta alle mie ulteriori domande, ha poi fornito alcune informazioni, che sono riportate integralmente nel rapporto allegato - vedi allegato.

Nell'intervista, ha affermato di avere un conoscente presso il dipartimento speciale del Ministero dell'Interno che lo tiene completamente sotto la sua ala protettrice per determinati motivi (non ha specificato per quali). Non ha fornito ulteriori dettagli sulla persona. Ha solo indicato che dovrebbe trattarsi di qualcuno che scrive lì.

Si è detto disponibile a incontrarmi una volta, a trascorrere del tempo con me e a familiarizzarmi con le problematiche della polizia italiana. Ha promesso di preparare per me uno "scheletro" scritto per questo scopo dell’organizzazione della polizia italiana. Sulla base di ciò, e secondo il mio interesse, è disposto a fornirmi una spiegazione più dettagliata dei singoli corpi.”


Ed ecco quindi l’ultimo resoconto di Martini sul dossieraggio del SIFAR, quello allegato cui lo scrivente dell’Stb accennava nella relazione. 


“Oggetto: Risultanze della polizia italiana.

Ottenuto tramite intervista con MARTINI il 28/11/61.

Al Ministero dell'Interno italiano circola attualmente una voce non confermata secondo cui in alcuni Paesi gli addetti militari saranno sostituiti da funzionari del Ministero dell'Interno e della Polizia presso il Ministero degli Esteri. Si parla di questo anche nei Paesi socialisti. Questo possibile cambiamento è giustificato dal fatto che gli addetti militari italiani, a causa della loro formazione militare, hanno difficoltà ad avvicinarsi alla popolazione di quel Paese. A tale riguardo, i funzionari del Ministero dell'Interno dovrebbero essere più competenti. L'effettiva realizzazione di questi scambi dipenderà dall'accordo tra il Ministero dell'Interno e il Ministero della Difesa. La fonte ha aggiunto di non aver confermato l'informazione. Tuttavia, questa soluzione corrisponderebbe in un certo senso alle tradizioni e ai costumi dell'ex regime fascista italiano, quando vigeva il principio che la carica di viceconsole presso il Ministero degli Esteri fosse sempre ricoperta da un commissario del Ministero dell'Interno.

Alla domanda su ORTONA, la fonte ha affermato che non è menzionato da nessuna parte come capo dei servizi segreti italiani /Guida Monaci/. Ha aggiunto che in precedenza ORTONA avrebbe dovuto essere stato questore a Torino e poi capo di un reparto speciale presso la questura di squadra. L'ultima volta che ORTONA era stato negli Stati Uniti, si supponeva che si occupasse di migliorare e integrare i servizi di sicurezza nei paesi NATO. La fonte non conosceva ulteriori dettagli. Ha aggiunto che, quando i piloti italiani furono uccisi dalle truppe ribelli congolesi e quando la destra politica del paese lanciò una forte campagna contro Gizengo, due sindacalisti congolesi si trovavano a Roma e hanno rilasciato un'intervista alla stampa di sinistra, in cui hanno spiegato al pubblico italiano il motivo dell'uccisione del pilota italiano e a chi attribuire la responsabilità. Questa intervista sarebbe arrivata del tutto inaspettata. ORTONA era molto arrabbiato per il fatto che le autorità italiane non avessero individuato la presenza di questi sindacalisti congolesi che avevano ostacolato la campagna contro Gizengo. I sospetti sono stati trasferiti. IKS (il PCI, ndr) afferma che forse questi sindacalisti erano venuti in Italia da qualche parte.

La fonte è a conoscenza di alcune informazioni su DRISCOL, consulente americano della polizia italiana. Ha dichiarato che è single ed è stato inviato da Roma ad Atene. Non sa se l'esperto si trovi ancora ad Atene al momento. Inoltre, avrebbe dovuto discutere di questioni relative al Medio Oriente.

Non ci sono forze di sinistra tra le fila della polizia italiana, sebbene in passato il reclutamento avvenisse tra i partigiani italiani e quando il Ministro dell'Interno era il socialdemocratico Romita. Queste forze a bassa violenza sono state per lo più sciolte dopo l'arrivo di Scelba o schierate in modo tale che nessuna di loro ricopra posizioni di rilievo.

29.11.61.”


Il dossier si conclude così, senza ulteriori sviluppi, il che non mi stupisce. Ormai mi sono abituato a vedere interrotti i contatti con gli informatori sul più bello. I cecoslovacchi avevano l’abitudine di raccogliere notizie e di girarle al loro Ministero, ma le circostanze nelle quali questi incontri si svolgevano, l’avete letto voi stessi, erano talmente fortunose, difficoltose, che, in mancanza di nuovi input dal fronte politico, frequentemente le collaborazioni venivano abbandonate e archiviate, sia per i costi elevati che implicavano (le spie non facevano mai niente per niente), sia, più spesso, perché il contatto si rivelava inaffidabile e improduttivo dal punto di vista informativo.”


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