La notizia che spicca nettamente nel fascicolo 10443-125 dell’archivio dei Servizi Segreti di Praga è il tentativo di defenestrare il generale dei Carabinieri, Carlo Ciglieri, poco prima della sua misteriosa morte, avvenuta nell’aprile del 1969.
I documenti a dire il vero sono due, uno reca la data scritta a penna del 12 gennaio 1968, l’altro mostra una data, sempre annotata a penna a margine del testo dattiloscritto, del 28 marzo 1968. Il primo parla di una ormai imminente successione ai vertici dello Stato Maggiore militare italiano. Ciglieri sarebbe stato, stando a quanto qui indicato, uno dei papabili per sostituire il prossimo pensionato Aloia. Leggiamo il documento archiviato nel volume 1 e presente nella fotografia 23 (qualche nome potrebbe non essere riportato in modo del tutto corretto).
STATO GENERALE D'ITALIA.
A causa dell'imminente pensionamento del Capo di Stato Maggiore Generale ALOIA, negli ambienti militari italiani si è accesa una vivace discussione sulla sua successione. Secondo fonti attendibili, le seguenti persone sono considerate candidate alla carica di Capo di Stato Maggiore Generale:
1/ Il generale VEDOVATO, sostenuto dai democristiani nel governo e personalmente dal Primo Ministro MORO. È noto che VEDOVATO è filo-atlantico, ma non è così amico degli americani come l'AIOIA, il che riduce le sue possibilità di successo.
2/ Generale CENTOFANTI, Comandante delle Forze Armate dell'Europa meridionale della NATO. È molto popolare negli ambienti atlantici, ma non ha sostenitori nel Paese.
3/ SPIGAI, consigliere del Presidente SARAGAT, che vorrebbe vedere il suo consigliere ricoprire questo incarico, che sarebbe accolto con soddisfazione anche negli ambienti militari del Patto Atlantico. Essendo un marinaio, alti ufficiali dell'esercito e dell'aeronautica si oppongono a lui.
4/ Generale CIGLIERI, capo dei Carabinieri. Il Presidente SARAGAT lo vede in opposizione allo SPIGAI, ma alla fine sosterrà la candidatura di CIGLIERI.
Un altro documento sullo stesso tema lo troviamo alle fotografie numero 53 e 55. Leggiamolo per poi fare alcune brevi considerazioni.
Insoddisfazione degli ufficiali militari italiani
Il Ministro della Difesa italiano, Tremelloni, e il Capo di Stato Maggiore Generale, Aloia, hanno concordato di sostenersi a vicenda. Aloia assisterà Tremelloni in quanto esperto in materia militare, e Tremelloni sosterrà Aloia affinché mantenga il suo attuale incarico per altri due anni. Aloia vorrebbe mantenere il suo incarico per altri due anni. Aloia vorrebbe inoltre rimanere al suo posto fino alla riorganizzazione dell'organizzazione del Patto Atlantico, e anche il Generale Vedovato, che si dice sarà il successore di Aloia, è d'accordo.
Ciononostante, il Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, il Generale Remondino, già filoamericano ma gradualmente divenuto sostenitore dei francesi, si batte contro questo trio. Condanna gli individui menzionati per aver subordinato l'Aeronautica Militare all'industria aeronautica americana e per non aver dato priorità all'Aeronautica Militare rispetto alla Marina.
Tremelloni, Aloia, Vedovato vorrebbero rimuovere Remondino dall'incarico e sostituirlo con Luigi Bianchi o Giovanni Pezzuri.
Vedovato, a nome di Tremelloni, si è rivolto al comandante dei Carabinieri, generale Ciglieri, chiedendogli di dimettersi dall'incarico (prevedono di sostituirlo con il comandante del IV Corpo d'Armata, generale Marchesi). Ciglieri avrebbe dichiarato che si sarebbe dimesso solo se fosse stato sollevato dall'incarico.
Il Capo di Stato Maggiore della Marina, Michelagnoli, appoggia Tremelloni, sebbene non sia d'accordo, come molti comandanti della Marina, con la creazione di una flotta NATO nel Mediterraneo. Alla fine, è riuscito a insediare un ufficiale italiano al comando di questa flotta, che sarà Sotgiu o l'ammiraglio Longanesi Cattani.
Secondo le informazioni ricevute, sussiste un profondo malcontento in alcune unità militari. Il generale Aloia può contare sull'appoggio del comandante del III Corpo d'Armata e dei comandanti delle unità militari nelle zone di Torino e Roma. Oppositori attivi di Tarmelloni e Aloia sono: il comandante del V Corpo d'Armata/a Vittorio/e i comandanti delle unità nelle zone di Toscana, Italia meridionale e Sicilia.
C'è insoddisfazione tra gli ufficiali per gli stipendi e c'è anche un sentimento anti-NATO, perché nei comandi NATO gli ufficiali ricevono stipendi più alti e promozioni più rapide. C'è presumibilmente un gruppo di ufficiali guidato dal generale Alberto Fresia, dai colonnelli Fabi e Morvegno (sostenitori di Pacciardi), che si è rivolto allo Stato Maggiore chiedendo di aumentare gli stipendi degli ufficiali, a partire dal capitano fino al colonnello. Chiedono almeno gli stipendi che De Lorenzo ha concesso agli ufficiali della gendarmeria.
I compagni Maderé, oltre alle informazioni di gennaio di quest'anno, forniscono le seguenti informazioni sulla riunione del comando della gendarmeria italiana:
Nella pubblicazione dal titolo "II Quadrifoglio" si menziona l'esempio della Grecia nella risoluzione dei problemi di politica interna; gli autori dell'articolo sono entrambi contrari al Patto Atlantico e si orientano verso la Francia. Dietro questa pubblicazione si cela un gruppo guidato dal colonnello Filippi, il più devoto collaboratore di De Lorenzo. Secondo informazioni provenienti dagli ambienti di Pacciardi, ciò è escluso, ma si può supporre che la leadership del gruppo risieda nella scuola aviotrasportata di Cesano. Queste ipotesi sono più probabili, poiché lo stesso Pacciardi ritiene affidabile questa formazione, insieme alle divisioni nelle aree di Ariete, Folgore, Aosta e Pocciolo del Friuli, che, se necessario, possono agire contro il governo. Il rapporto non è verificato. Tuttavia, è stato ottenuto da una fonte affidabile.
Vi sono alcuni elementi sfuggiti ai servizi cecoslovacchi (presumo) ma che col senno di poi hanno una certa rilevanza. Intanto apprendiamo dal documento che nel 1968 c’era una guerra interna nei vertici miltiari, come avevo già ipotizzato nei volumi che avevo pubblicato in precedenza. E soprattutto si scontravano due visioni contrapposte della politica estera: una parte Atlantista contro una fronda filo-francese. Come il lettore avrà ormai compreso, la Francia negli anni Sessanta era sul punto di abbandonare la NATO, in un periodo in cui guarda caso i vertici del governo transalpino, incluso forse lo stesso De Gaulle, erano infiltrati dai servizi sovietici attraverso la rete Caraman. A quanto pare, la lite tra Tremelloni e Ciglieri, cui venne imposto di “farsi da parte” era dovuta esattamente a questa fronda all’interno dell’ambiente militare, che manifestava forti dissensi sulla politica e sulla gestione degli stipendi da parte della NATO.
Il generale dei carabinieri Carlo Ciglieri morì in un incidente stradale il 27 aprile del 1969. Questi sono i dettagli presenti in Wikipedia.
Alle 12:30 del 27 aprile 1969, sulla Strada statale 47 della Valsugana, nei pressi di Curtarolo, il generale Carlo Ciglieri perde il controllo della sua Alfa Romeo Giulia Super e, dopo aver impattato contro due platani, si ribalta, viene soccorso da degli automobilisti e trasportato al policlinico di Campo San Martino, ove moriva alle ore 15:30.
Sia i familiari del generale, sia l’ambiente giornalistico, nutrirono molti dubbi che si fosse trattato davvero di un errore alla guida del generale Ciglieri. Viceversa, si suppose e si suppone tuttora nella pubblicistica italiana che fosse stato predisposto, da mani ignote, un attentato contro un generale che poteva nuocere ai torbidi affari di Gladio Stay Behind. Era prevista persino una trasmissione di Telefono Giallo, verso i primi anni Novanta, che fu annunciata da Corrado Augias ma poi non venne mai mandata in onda dalla RAI, senza fornire alcuna spiegazione.
Purtroppo non ci sono altri elementi, nel fascicolo 125, che facciano supporre a un inserimento dell’STB cecoslovacco in questa disputa. Posso soltanto certificare, come già sostenuto in passato, che tali divisioni dell’ambiente militare corrispondevano a un’interpretazione non sempre univoca nella maggioranza di governo democristiana della politica estera. A tale proposito andiamo a leggere il documento che troviamo alle fotografie 19 e 21.
Rapporto speciale n. 2
datato 12 gennaio 1968
La posizione dei partiti della coalizione di governo italiana sull'adesione dell'Italia alla NATO
Tutti e tre i partiti della coalizione di governo italiana, ovvero la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Unito e il Partito Repubblicano Italiano, sostengono la partecipazione dell'Italia alla NATO dopo il 1969. Presentano diverse richieste per modificare la struttura e l'orientamento delle attività di questa alleanza politico-militare.
Il Partito Democratico Cristiano continua a insistere sul sostegno pieno e incondizionato al Patto Atlantico. Il Segretario Politico del Partito Democratico Cristiano, RUMOR, è uno dei più convinti sostenitori del mantenimento dell'adesione dell'Italia alla NATO e dell'ampliamento della cooperazione tra Italia e Stati Uniti in campo economico, politico e militare. A suo avviso, il mantenimento della pace in Europa, il consolidamento della CEE, il progresso economico dell'Europa occidentale e lo sviluppo delle sue relazioni con l'Europa orientale dipendono principalmente dall'esistenza della NATO. RUMOR non parla della necessità di modificare la struttura della NATO e ammette solo la possibilità di un certo "adattamento" di questo patto alla mutata situazione internazionale. La posizione di RUMOR è sostenuta dal suo rappresentante PICCOLI, dagli esponenti dell'ala destra di questo partito nel Paese, SCELBA, PELLA e dai ministri COLOMBO, ANDREOTTI.
Allo stesso tempo, altri importanti statisti italiani, appartenenti alla maggioranza di destra contraria alla guida della Democrazia Cristiana, assumono una posizione più flessibile su questo tema, tenendo conto delle richieste dell'opinione pubblica e di alcuni ambienti imprenditoriali del Paese. Anche il Presidente del Consiglio Moro e il Ministro degli Esteri Fanfani sono favorevoli all'estensione dell'adesione dell'Italia alla NATO, ma allo stesso tempo sottolineano la necessità di ampliare la cooperazione politica tra i Paesi occidentali nell'ambito di questo patto, di accrescere il ruolo dell'Italia e degli altri Paesi dell'Europa occidentale e di prevedere una politica di riavvicinamento con l'URSS e i Paesi dell'Europa orientale.
L'ala sinistra della Democrazia Cristiana non parla del ritiro dell'Italia dalla NATO, ma chiede la trasformazione di questa alleanza militare in una comunità politica ed economica. Secondo i principali esponenti dell'ala sinistra della Democrazia Cristiana, questa comunità dovrebbe perseguire una politica di coesistenza pacifica e dare a ciascun partecipante il diritto di scegliere autonomamente. L'obiettivo finale di questa comunità sarebbe la graduale liquidazione della NATO e del Patto di Varsavia.
Anche all'interno del Partito Socialista Unito vi sono opinioni divergenti sulla posizione nei confronti della NATO, sebbene nessuna delle correnti parli direttamente del ritiro dell'Italia dalla NATO. L'ala destra del Partito Socialista Unito, i cui portavoce in politica estera sono il segretario del partito TANASSI e il presidente italiano SARAGAT, sostiene in molti casi che l'Italia persegua una politica filo-atlantica e filo-americana più dura rispetto alla maggior parte dei leader della Democrazia Cristiana. Nel tentativo di ottenere il sostegno americano nella lotta politica interna, il presidente SARAGAT, durante la sua recente visita negli Stati Uniti, ha criticato in ogni modo possibile la NATO e non ha menzionato nemmeno una volta la sua riorganizzazione.
Il presidente del Partito Socialista Unito NENNI, membro di questo gruppo e che si oppose all'adesione dell'Italia alla NATO nel 1949, sostiene ora che il Patto Atlantico garantisce un equilibrio che verrebbe pericolosamente compromesso dal ritiro dell'Italia dal blocco. NENNI preferisce non toccare la questione dell'organizzazione militare della NATO, affermando solo di considerare il patto puramente difensivo, coprendo una certa area geografica. Solo con le garanzie della NATO l'Italia può, come sostengono alcuni sostenitori di NENNI, pensare di firmare il trattato di non proliferazione nucleare.
Gli attivisti del gruppo centrista del Partito Socialista Unito, guidati dal segretario del partito De MARTINO, cercano di giustificare l'adesione dell'Italia alla NATO con circostanze internazionali.
Queste novità non possono tuttavia contribuire ad alimentare quella catena di sospetti di un possibile enorme complotto dietro tutte le stragi italiane della Guerra Fredda. Quel che possiamo affermare, e questi documenti ce ne forniscono una testimonianza, è che non esisteva una sola entità dietro gli attentati e non tutti erano d’accordo sulle strategie da seguire. Ad esempio, non è affatto presente nel fascicolo 125 un solo documento che faccia pensare all’organizzazione da parte della NATO della strage di piazza Fontana del 1969. Queste cartelle, che sono ben tre, riguardavano tutte le attività della NATO dal 1968 al 1974, che erano seguite non attraverso la stampa ma mediante gli informatori cecoslovacchi (qui a dire il vero non mi è ben chiaro chi fosse il relatore). Nella maggior parte dei casi si tratta di noiosissime relazioni che contengono informazioni già assai note agli storici, come l’organizzazione di una “risposta militare flessibile” in caso di attacco sovietico e il sostegno occidentale a Israele nella guerra contro l’Egitto. Se davvero la NATO volle le cosiddette “Stragi di Stato”, è possibile che il Patto di Varsavia non ne fosse minimamente a conoscenza?
Fanno eccezione due fogli (119 e 139 del volume 1), che adesso leggerete, i quali possono essere utili alle libere interpretazioni della strage di piazza Fontana a Milano. Sono di poco successivi al disastro e dimostrano che l’evento delittuoso era fonte di grosse preoccupazioni nei vertici militari NATO, perché la bomba stava rendendo l’Italia sempre più ingovernabile e offriva un pretesto alle sinistre per prendere il mano le redini del Governo. Per questo si minacciava lo spostamento di contingenti militari dalla Germania Ovest all’Italia, a meno che l’Esercito Italiano non avesse risolto da solo la questione.
Praga, 20 aprile 1970.
Le richieste della NATO di un possibile intervento negli sviluppi interni dell'Italia.
Dalle informazioni disponibili, emerge chiaramente che l'instabilità della situazione politica interna in Italia continua a causare incertezza e preoccupazione negli ambienti dirigenziali della NATO. Ciò è dimostrato anche dalla visita di gennaio a Roma di un gruppo di rappresentanti dell'Alto Comando NATO, guidato da due generali americani, allo scopo di esaminare il piano di intervento militare nello sviluppo interno del Paese in caso di guerra civile o rivolta.
Il Segretario Generale NATO Manlio BROSIO ha visitato Roma a metà gennaio di quest'anno e ha discusso la stessa questione con il Presidente italiano SARAGAT. Ai colloqui hanno partecipato l'Ammiraglio americano Horatio RIVERO, Comandante Supremo Alleato per l'Europa Meridionale, e il Generale italiano GAZZONE.
Anche l'Esercito italiano si sta preparando all'eventualità di un'emergenza. Si stanno elaborando nuovi piani per le elezioni primaverili nelle province, dove in alcune località non si esclude la possibilità di una vittoria dei comunisti o dei socialisti. I vertici dell'Esercito Italiano, tuttavia, ritengono che sia possibile gestire autonomamente un eventuale conflitto interno senza l'assistenza della NATO. Il Presidente SARAGAT, d'altra parte, è favorevole a un possibile intervento della NATO, che faciliterebbe la sua posizione. Alcune posizioni militari italiane ritengono che il comando NATO accoglierebbe con favore che l'Esercito Italiano fosse in grado di risolvere autonomamente un'eventuale situazione di crisi, ma si è deciso di intervenire se necessario e di garantire la sicurezza delle proprie basi militari.
Questa informazione proviene da amici. È stata verificata e chiarita.
La NATO e la situazione politica interna dell'Italia
Dalle informazioni ottenute, emerge chiaramente che le sedi NATO competenti monitorano e valutano costantemente l'evoluzione della situazione politica interna in Italia, la cui cronica instabilità suscita continue preoccupazioni negli ambienti dell'Alleanza.
L'argomento dell'ultima conferenza ministeriale del Consiglio.
A maggio di quest'anno, la NATO ha incluso anche un rapporto "Sulla pace e la sicurezza", preparato dal comitato politico del patto, che raccomandava il trasferimento delle unità operative rapide della NATO dalla Repubblica Federale di Germania al Nord Italia, dove avrebbero dovuto essere impiegate, se necessario, insieme alle forze dello Stato italiano. Sebbene la proposta di tale misura sia stata ufficialmente respinta dalle autorità della NATO, si è deciso di raccomandare ai ministri della Difesa, in considerazione della "fragilità della democrazia italiana e della totale mancanza di stabilità politica in questo Paese", che, oltre al trasferimento di alcune unità operative della NATO dalla Repubblica Federale di Germania al Nord Italia, si considerasse anche la possibilità di creare unità militari analoghe in questo Paese.
Il documento sottolinea inoltre che il patto NATO svolge un ruolo significativo nella lotta contro l'espansione del comunismo in Europa e sollecita l'ulteriore rafforzamento del ruolo politico della NATO come "stabilizzatore".
Praga, 31 luglio 1970
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