giovedì 16 dicembre 2010

La Piovra 6: I Rapporti tra la Mafia siciliana e gli ex Comunisti della Cecoslovacchia?


La piovra 6 prosegue nella faida tra due fazioni rivali e la giustizia a fare da ago della bilancia. Stavolta vi sono Ribeira e Brenno che si fronteggiano, entrambi interessati a un traffico di eroina che Ribeira vorrebbe raffinare in collaborazione con gli ex gerarchi comunisti a Praga, mentre Brenno vorrebbe deviare questi traffici della Cupola, a cui si è sostituito, verso l’Africa. La spunta Brenno, che si serve di Tano, il quale però lavorando per i servizi segreti fa arrestare tutti. Anche qui c’è una storia parallela ed è quella di Litvak banchiere che veicola i soldi mafiosi ma che nel passato si è sostituito ai deportati nazisti nei lager per sfuggire alla cattura. A chi accostare questa storia nella realtà? Gli autori in un’intervista dissero su Repubblica che la Piovra anticipava la realtà. In effetti in futuro conosceremo un Ribeira con problemi di droga, il principe Emanuele Filiberto. Anche sua moglie sembra simile all’amante di Ribeira. Brenno potrebbe essere accostato a Totò Riina. Quanto agli scenari: sia sulla Cecoslovacchia, sia sull’Africa i giornali hanno parlato di traffici di droga. Per l’Africa sono stati votati dai politici degli anni '80 dei finanziamenti pubblici simili a quelli del film. Infine la storia dei deportati dei lager di Praga: l’ipotesi che qualcuno dei filo-nazisti abbia preso il loro posto è fantascientifica, mentre il professor Canevari che conservava le foto dei deportati potrebbe far pensare a Veltroni.




sabato 11 dicembre 2010

I cambiamenti climatici? Forse non ci sono mai stati


Che il clima non sia del tutto cambiato l’ho potuto appurare osservando le onde di Rossby. Oltre all’Effetto Serra, nei forum meteorologici tanto in voga si parla molto di questo fenomeno noto in fisica, genericamente, come “Moto delle onde”. L’Effetto Serra a mio avviso, se pure fosse credibile quando afferma che la cappa di calore dei 'gas serra' farà aumentare la temperatura di 2 gradi, non convince nel cercare di spiegare la formazione delle piogge. Il clima infatti è mosso soprattutto dalla forza che genera le Onde di Rossby. Nei forum si parla molto di Riscaldamenti della Stratosfera. A mio avviso sarebbero l’elemento che permette alle correnti fredde del polo di dirigersi verso sud accumulando ulteriore forza. In seguito, la loro ondulazione viene provocata dalla forza di trascinamento di Coriolis, ovvero il moto naturale del globo terrestre. Perché dunque il clima non cambierebbe? Per il fatto che, confrontando alcune annate, partendo dal momento in cui le correnti scendono di più verso sud (e ciò si verifica sempre a Natale), si nota come le situazioni meteorologiche si ripetono ciclicamente e, guardando in parallelo, proprio negli stessi giorni. Ma occorre precisare che ciò avviene solo se l’affondo iniziale di fine dicembre è stato simile. Il mio confronto ha dimostrato che il clima del 2010 ha seguito per un 40% le orme del 1900.




mercoledì 1 dicembre 2010

La Piovra 9: il patto tra la Mafia siciliana e un politico della Democrazia Cristiana?


La piovra 9 narra la seconda tappa del viaggio negli anni ‘50 o se vogliamo nell'Ade. Il capitano Arcuti torna a combattere la mafia incontrando un barone Altamura cambiato, poiché ha accettato di far entrare i mafiosi nel suo palazzo. Subentra la lussuria, con il rapporto tra il barone e sua cugina. Moriranno entrambi, mentre Santino Rocchi che ora è Turi diventa boss della Mafia sbaragliando e uccidendo gli avversari. A quest’ultimo serve un appoggio in politica e pare lo trovi in un uomo timido del “pugno”. Un riferimento, questo, che se il film fosse realmente un romanzo sugli anni '50 potrebbe essere riconducibile al "pugno di ferro" di Mario Scelba della Democrazia Cristiana. Dal suo canto Arcuti assapora solo un attimo l’amore per la moglie di Altamura, perché muore volendo proseguire nelle indagini. Continua qui la visione spettrale dell’autore che disegna dei personaggi da inferno dantesco, si pensi al francese che muore allungandosi e vedendosi respinto come il superbo Filippo Argenti da Virgilio, oppure costruisce i caratteri ispirandosi a film come “L’avvocato del diavolo" nella visione discutibile del colonnello dei Carabinieri Valente. Prevale in questo film un'interpretazione cruda della realtà e della stessa morte.



domenica 28 novembre 2010

La Piovra 8: la mafia di Navarra e il progetto del Principe di Giardinelli?


La piovra 8 fa precipitare alcuni personaggi in una nuova vita indietro nel tempo. Qui nel 1950 i duellanti sono il barone Francesco Altamura e Pietro Favignana, il quale sbarazzatosi del boss don Albanese convince il barone, a seguito del tradimento della moglie, a far entrare la mafia nel suo progetto di edificazione in Sicilia sullo stile americano. Favignana per questo ha anche fatto rapire il figlio di Altamura che viene salvato dal vicecommissario Breda, ora diventato il capitano Arcuti. Questi però perde la lotta con la mafia proprio per la sua vicenda amorosa con la moglie del barone. La vicenda sembra un viaggio nell’Ade come nell’Eneide di Virgilio, qui però sullo sfondo delle rovine greche. La luce bianca sui volti di questo film fa pensare infatti al film “The others” sulla vita oltre la morte. I volti sono allungati come le figure di Munch, pittore dell’angoscia. Il barone Altamura e il suo progetto edile sembrano ciò che rappresentò per la Sicilia il principe di Giardinelli. Anche don Albanese mostra somiglianze con il mafioso dell’epoca Michele Navarra. Su Pietro Favignana infine si può pensare che possa rappresentare il boss Luciano Liggio come lo ha visto il regista del film “Placido Rizzotto”.





sabato 6 novembre 2010

La Piovra 5: il traffico armi-droga con l'Africa e la mediazione di Rosario Spatola?


La piovra 5 vede il complicato scenario della mafia divisa tra la dinastia dei baroni Linori, che pulivano dal 1970 il denaro della mafia nell'edilizia, e l’ascesa del corrotto dirigente Corvo, preferito dalla Cupola. La faida porta a tante vittime, mentre il traffico più ambito è quello che da Espinosa porta all’Africa e allo scambio rifiuti-armi/droga. Il più astuto nella guerra mafiosa è Tano, ma la giustizia con il suo paladino Licata riesce a fermare le iniziative illecite del "cattivo" con l’Africa. La famiglia Linori ricalca nella realtà l’attività mafiosa di Rosario Spatola divisa tra Italia e Stati Uniti. Il traffico di rifiuti tossici porta la mente alla morte tragica della giornalista Ilaria Alpi, la quale poco tempo più tardi provò a raccontare proprio questa storia vera. Tra gli altri personaggi Annibale Corvo percorre con leggero anticipo la tragica vicenda di Salvo Lima, ma anche nella giustizia vi sono personaggi importanti: Davide Licata, che prende il posto di Cattani, sembra una controfigura del giudice Borsellino, al pari di Cattani con il giudice Falcone.




sabato 30 ottobre 2010

Incidente choc in video su internet, ma è mistero.


Morte in diretta tv sull’autostrada? Un uomo, o una donna, al volante di una Croma grigia con un faro spento corre a folle velocità e si schianta contro l’auto che sta superando impennandosi e poi catapultando fuori il guidatore. E’ quello che si vede in un video che ha fatto il giro del web e che su un forum meteorologico, Meteolive.it, è stato commentato come esempio di come non si deve guidare. Ma quando è avvenuto questo video e perché sui giornali non ci sono state polemiche sulla gestione da parte delle istituzioni e della società autostrade del traffico? Quello che si è potuto appurare è che il video è stato girato nelle Marche al km 278 nei pressi di Fermo-Porto San Giorgio da una telecamera fissa. I misteri sono due a mio parere: uno è costituito dal giorno del fatto. Secondo un articolo del Corriere Adriatico un incidente molto simile è avvenuto il 28 gennaio del 2005 e anche la storia degli eventi atmosferici estremi in quella zona fa propendere per questa ipotesi. Ma gli altri giornali non concordano o parlano di chiusura dell’autostrada A/14 il giorno 27 gennaio 2005, mentre per l’Unità si tratterebbe del 29 gennaio 2005. Secondo dubbio sulla dinamica: si nota che la temperatura consente alle auto di rompere la neve con le gomme, tuttavia le auto, sbucate a velocità folle come se ci fosse il sole dall’altra parte del tunnel, effettuano giravolte come sul ghiaccio vivo privo di attrito. Infine i soccorsi assenti. Dopo l’incidente la gente si avvia verso il tunnel e non si preoccupa di persone eventualmente bloccate nelle auto accartocciate. E’ stata solo la scena di un film? 
 

martedì 26 ottobre 2010

La Piovra 2: Loggia P2 e omicidio Pecorelli?


La piovra 2 è il film della lotta politica e armata tra servizi segreti deviati, mafia e legalità. Una guerra mai raccontata che vede da una parte una specie di Loggia P2, e dall’altra la mafia siciliana e americana, la quale non accetta i ricatti dei politici corrotti. Cattani e i giudici onesti si sono ritrovati in mezzo a questa battaglia finendo col perdere molti uomini, ma scoprendo i nomi della loggia “Itala”. In questo film sono possibili parallelismi tra il personaggio Marilli, ucciso per il suo doppio gioco, con la vera storia di Pecorelli, giornalista di OP iscritto alla P2. Facile anche accostare la Loggia della finzione “Itala” con la P2 stessa, mentre il banchiere Sorbi che si muove nei salotti politici sembra voler ricordare Roberto Calvi dell’Ambrosiano. Impressionante la somiglianza tra l’attore che impersona il giudice Bordonaro con il realmente esistito giudice Gaetano Costa, entrambi muoiono per mano della mafia. Altero, il vicecommissario che nel film collabora con il giudice Bordonaro, ricorda per molti aspetti il capo della squadra mobile che effettivamente fu alle dipendenze di Costa, Boris Giuliano, ucciso dalla mafia a Palermo nel luglio del 1979. Spicca infine la figura di Cannito, uomo dei servizi segreti deviati che si suicida. L’unica storia vera che gli si può accostare è quella del colonnello Massimo Pugliese, accusato per traffico di armi e droga dal giudice Palermo e poi assolto. Ma molti sospetti inducono a pensare che dietro Cannito si nasconda l'insospettabile Gianadelio Maletti, capo del reparto D del controspionaggio.




Casi giudiziari irrisolti dietro la prima "Piovra"?


Cosa si nasconde dietro le vicende dei primi episodi della "Piovra"? Chi è il commissario Cattani? E Tano Cariddi? Nell'articolo precedente abbiamo provato a rispondere a questo quesito spinti dalle polemiche politiche che, incredibilmente, tiravano in ballo questo film, o comunque citavano quella parola, la piovra appunto, che quasi mai viene accostata ai fatti cruenti, quelli veri, della Mafia. Che cos'è dunque la Piovra? E' il film della Cupola, che parla del vero centro del potere, inteso come potere economico illegale, ma anche politico e finanziario? Potrebbe essere così, del resto uno degli stessi protagonisti del film, Espinosa, il mafioso di Ascona, uno dei capi di una sorta di mafia internazionale, descrive proprio così il potere: è la capacità di unire criminalità, politica e finanza. Sì, ma c'è dell'altro. La prima Piovra, quella delle prime quattro serie, andata in onda tra l'84 e l'89, sembrerebbe essere incentrata su alcuni fatti gravi della storia d'Italia che tuttora non sono stati ben definiti dalle inchieste della Magistratura. Un campionario di schifezze all'italiana che emergerebbe molto meglio a distanza di anni, quando alcuni di questi fatti, descritti dal film della Rai, sono poi emersi anche nelle cronache dei giornali e delle tv. Vogliamo pertanto analizzare il film, dopo averlo rivisto recentemente, attribuendo ad ogni serie una titolazione più appropriata, che è frutto di una personale nostra analisi. La serie uno, dell'84 avrebbe quale tema principale: la Mafia siciliana e le inchieste di Falcone sulle banche. La serie due, dell'86, riguarderebbe le vicende della Loggia P2 e dell'omicidio Pecorelli. La serie tre, dell'87, sarebbe incentrata, secondo noi, sul crac della Banca Privata Italiana e sul traffico di armi di Alì Agca. La serie quattro, dell'89, riguarderebbe invece i rapporti tra Mafia, Politica, Pippo Calò, Tangenti milanesi, e traffico internazionale di rifiuti nucleari. Molto più complesse risultano invece le serie successive, in quanto fuoriescono dai fatti che siamo abituati a conoscere dai quotidiani. Analizzeremo una per una le serie della prima Piovra. E poi anche quelle successive, fino alla Piovra 10.

mercoledì 13 ottobre 2010

Bin Laden: i Talebani gli avevano tagliato le linee telefoniche...


Quello che per gli italiani era il “nemico invisibile” prima dell’11 settembre 2001 pare fosse un pericolo circoscritto. Talmente poco legato ai governi islamici, Talebani compresi, che questi ultimi avevano tagliato le linee telefoniche al “Signore del terrore” e si preparavano a sbarazzarsi di quell’ “ingombrante miliardario-terrorista”. Bin Laden aveva fatto proseliti, ma non al punto da potersi permettere di combattere una guerra, per giunta da solo, contro gli Stati Uniti. Questo appare certo dall’articolo che Repubblica pubblicò il 14 febbraio 1999. Dunque il ricercato numero uno dalla Cia stava fuggendo in quel periodo, ma dove? Forse in Iraq si disse. E le sue tracce si perdettero in questo momento, probabilmente, quando sembrava che la cattura fosse imminente. In un articolo antecedente di Repubblica, del 18 agosto 1998, veniva riportata la descrizione del Sunday Times del rifugio di Bin Laden sulle montagne rocciose dell’Afghanistan. Un trilocale con una stanza dotata di due letti, scomodi materassi e coperte di lana. Ecco dunque il suo quartier generale, visto forse via satellite, ma tutto questo accadeva ben prima dell’attentato alle Torri Gemelle di New York. Eppure la sensazione è che le fonti di stampa del dopo-attentato abbiano cercato di replicare queste informazioni nel momento in cui gli Usa cercavano di dare una risposta, anche sul piano militare, al terrorismo. Chi e perché ha portato gli Usa e l’Italia nel posto sbagliato?


martedì 12 ottobre 2010

Bin Laden profetizzava l'11 settembre 2001... nel 1998 su Repubblica


Osama Bin Laden aveva previsto tutto e tutti sapevano cosa questo terrorista avrebbe fatto: italiani, americani, e soprattutto i lettori di Repubblica. Il 9 agosto del 1998 era uscito un articolo in cui già il titolo, riferito a Bin Laden, spiegava tutto. “Il signore del terrore” infatti aveva fatto capire di odiare gli Stati Uniti per il loro intervento in Kuwait nel 1991, aveva seminato il panico con gli attentati di Nairobi e di Dar El Salaam e previsto l’11 settembre 2001. Disse e Repubblica riportò fedelmente: “Prevedo un giorno nero per l’America, se Allah vorrà gli Stati Uniti si smembreranno, saranno cacciati dalle nostre terre e fuggiranno portandosi appresso i cadaveri dei loro figli.” Che è quello che lui molto probabilmente ha poi messo in atto. Ma non mi fermerei qui. Di lui si sapeva anche che aveva interessi economici in Europa, tra Italia, Germania, Gran Bretagna e Croazia, ma soprattutto si sapeva che la base logistica del suo operato criminale era in Pakistan, uno Stato mai toccato da guerre, ma dove poi gli Usa lo avrebbero trovato e ucciso. Qui era nato nel 1998 il “Fronte islamico internazionale contro gli ebrei e i crociati”. E’ terribile sapere da questo articolo che tante vite di militari sono state spezzate in territori che, stando a questa testimonianza, non erano toccati direttamente dal terrorismo di Bin Laden.


domenica 10 ottobre 2010

La Piovra X: fantasia, realtà o tragiche coincidenze?


Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi, rilasciate a Olbia il 28 novembre 2009, in cui l’ex premier parlava del film La Piovra, lasciano perplessi. Berlusconi disse di voler trovare l’autore del film poiché questo film faceva fare una pessima figura al paese. Eppure La Piovra non è mai sembrato un film vero. Ho seguito tutta la serie da quando avevo 11 anni e l’ho sempre vista come una fiaba. Se fosse stata quella la vera Mafia gli autori e i quotidiani lo avrebbero sottolineato. Quindi solo il cavaliere ha visto in questo film qualcosa di pericoloso. Cosa? Rivedendo la decima e ultima serie emerge una vaga somiglianza tra Berlusconi e il “cattivo” Tano Cariddi. Egli è depositario dei segreti della Mafia, vuole usare le leggi della politica a suo favore ed è fuggito in un castello alle falde dell’Etna. La mafia nel 2001, quando esce il film, poco prima dell’attentato alle Torri Gemelle, è diventata un’Associazione Culturale simile a una setta di cui Tano è leader e si riunisce in uno splendido palazzo. Tano e la mafia nella finzione rimangono sconfitti. Ma l’impressione è che questi personaggi siano più reali di quanto io ho sempre pensato e si muovono sullo sfondo del vero duplice attentato a Falcone e Borsellino.



sabato 28 agosto 2010

Autobiografia

 


Nel mezzo del cammin della mia vita mi ritrovai in una selva oscura e la retta via era smarrita. Per ritrovarla, sono costretto, controvoglia, a immergermi nei ricordi e a raccontare agli altri chi sono e da dove vengo. 

Sono nato in un quartiere di Roma il 29 marzo del 1973. Mia madre mi disse che in quei giorni cadde mentre andava a fare la spesa alla Standa, e che rischiò di perdermi. Era al settimo mese e furono costretti a farmi nascere, con un attrezzo che si chiama forcipe. Mio padre disse che mamma stava molto male e i medici cercarono di salvare lei, più che me. Invece nacqui lo stesso, nonostante loro non mi volessero. Da bambino li odiavo tutti i medici, anche il fratello di mia madre, che mi curava. Si narra che, ancora neonato, gli feci la pipì in faccia, sugli occhiali per essere precisi, mentre mi visitava.

Ancona fu per me come una vacanza che non finiva mai e che prevedeva anche delle lezioni a scuola. Questo per dire che il trasferimento del 1989 cambiò parecchie abitudini della mia vita. La cerchia familiare si restrinse, mentre si allargò l'ambiente esterno. Scegliemmo quella città di provincia perché immaginavamo una vita più facile, più sicura, meno caotica. Roma negli anni '80 era pericolosa. Mio padre non mi volle mai accompagnare allo stadio a vedere la Roma. Mia madre a Roma fu scippata sotto casa, da dei malviventi che le misero un coltello davanti alla faccia accostandosi con il motorino alla fermata dell'autobus, che lei stava aspettando per andare a insegnare a scuola. Le tolsero qualche gioiello e la borsa, che mio padre cercò per tutto il quartiere, inutilmente. Fummo costretti a cambiare le serrature di casa, perché mamma aveva lasciato ai ladri anche le chiavi. 

Papà, da direttore a Roma, diventava direttore e capo delle Marche del Sanpaolo IMI ad Ancona. La banca avrebbe rimborsato tutto, anche il gas, tranne i consumi di casa come luce e telefono. L'appartamento era del direttore uscente. L'aveva preso in cima a un alto colle che domina il golfo e tutta la città. E' l'unica parte di Ancona che assomiglia a Genova, da cui infatti quel direttore proveniva. Ma a mamma quella sistemazione non piacque. Volevamo restare vicini al centro, inseguire l'idea che avevamo di raggiungere scuola e ufficio a piedi.

Abitavamo con nonna, la mamma di papà, che era molto premurosa con me. Manteneva fitti contatti con l'America, dove c'erano la sorella del marito con la sua famiglia americana. E poi con la figlia di una sua sorella di Frigento, che è un paese in cima a un alto colle di fronte a Torella dei Lombardi, il paese dell’Irpinia dove nel 1935 nacque papà. Nel primo caso si scambiavano lettere, naturalmente, mentre con la nipote nonna era spesso al telefono, in genere alla mattina. 

Io le ero affezionato, perché è stata lei a crescermi a Roma. Non ha fatto una fine degna. Mio zio fece ordinare un’autopsia del corpo, ma mi pare che non emerse nulla di particolare e tutto venne archiviato. Poi tre anni dopo se ne andò pure lui, che era stato per venticinque anni sindaco socialista del suo paese. Nonno, il padre di mio padre, morì di infarto a 70 anni nel 1970, mentre festeggiava una rielezione del figlio. E’ una cosa che mi raccontava sempre nonna quando ero piccolo. Lo portarono a Napoli di corsa con l’ambulanza, ma non ci fu niente da fare. Mi raccontava, forse favoleggiando, che nonno Vincenzo in punto di morte in ambulanza le avrebbe detto che papà avrebbe presto avuto un figlio, che sarei io. Nonna mi diceva pure che le era morto un figlio mentre era incinta, tanti anni prima.

I nonni materni vivevano per conto loro nel quartiere fondato da Mussolini e mai completato che si chiama Eur, dove c'è la sede dell'Eni di Enrico Mattei. Nonno era un generale dell'Aeronautica in pensione, con un appartamento arredato con mobili antichi. C'erano dei simboli dell'antica Roma, come il discobolo. Poi mi pare un quadro gigantesco con uno sfondo cupo tipico dello stile di Caravaggio, una crosta probabilmente, raffigurante i tre moschettieri. Il suo studio era pieno di libri, dove io andavo a scartabellare in cerca di vecchie foto, cartoline. Mi mostrava le imprese che aveva compiuto in Africa, non tanto per conquistarla, quanto per salvare gli indigeni. Motivo per il quale si meritò la croce nera di guerra. Mi mostrava le foto con lui abbracciato alle donne nere eritree di Asmara, oppure di Dire Daua in Etiopia e di altre città che non ricordo. 

C'era un quadro, vicino alla scrivania, che era stato dipinto per lui intorno al 1956. Era una sua gigantografia. Un suo ritratto mentre era in divisa. Aveva il volto imbronciato. Nonno era molto preciso e aveva l'abitudine di appuntare in un'agenda tutti i numeri di telefono, un po' come fanno i giornalisti. Essendo diventato da adolescente piuttosto dispettoso, gli disegnavo delle croci vicino alle personalità dell'Aeronautica o della medicina (si era laureato in Medicina a Padova) che erano morte. Gli davo degli aggiornamenti, che però non gradiva, motivo per il quale venivo tenuto lontano da quel posto. 

Non ho mai sentito le origini dei miei genitori come parte della mia esistenza. Né qualcuno mi ha mai chiesto di rappresentare quei luoghi. Papà e la sua famiglia erano legatissimi all’Irpinia, le montagne dell’avellinese, mamma e la sua invece erano perlopiù originari di Fano, vicino Pesaro, mio nonno paterno aveva vissuto a lungo a Padova ed era un padovano autentico, “grand dottore” come vuole la tradizione, laureato in Medicina. Mi è capitato, da quando sono insegnante, di parlare con alunni che si sentono calabresi pur essendo nati e vissuti nel nord Italia. Non è il mio caso. Eppure i luoghi dei miei genitori non mi sono mai dispiaciuti, anche perché rappresentavano periodi di vacanza spensierata. Papà era di Torella dei Lombardi. E’ un paesino tuttora arroccato, è proprio il caso di dire, intorno al castello dei principi Caracciolo. Ho fatto appena in tempo a vedere un paio di volte come si presentava prima del terremoto del 1980. Aveva un sapore, un odore di antico, di mattoni vecchi, di strade e case costruite centinaia di anni prima. La casa dei nonni, malgrado fosse molto raffinata nell’arredo, non aveva l’acqua corrente. Vi si accedeva attraverso dei gradoni che per me all’epoca, a 6 anni, sembravano enormi. Mi chiedo ancora quale destino avrebbero avuto queste persone senza il terremoto. 

Di quelle giornate a Torella mi restano impressi nella memoria alcuni particolari. La tappa fissa, visto che si scendeva da quelle parti molto di rado, era il cimitero, dove riposavano i nonni, bisnonni e chissà chi altro della famiglia. Il cimitero di Torella a metà degli anni Ottanta aveva tre diverse collocazioni per i defunti. C’erano gli eleganti loculi esterni, una parete molto alta con file di lapidi e fiori, e poi, in un angolo si apriva una scaletta, ben illuminata, che portava nel sotterraneo. Qui vi erano accatastate un’infinità di cassette di ferro o zinco, che presentavano un foro centrale per la fotografia, che molto spesso mancava. Le foto erano molto rare all’epoca da quelle parti. Alcune nostre immagini di famiglia le trovai rovistando nel comò di nonna, che si era salvato dal terremoto. E la vidi finalmente nel suo aspetto da giovane quarantenne. Quindi, mancando le foto, dal foro delle cassettine emergevano i teschi e le ossa dei defunti. Qualche parente lasciava dei ramoscelli di ulivo, che restavano incastonati tra le ossa. Ricordo che in una cassetta c’era la foto della defunta vestita di nero sul letto di morte. In questo luogo si scendeva per andare a trovare i bisnonni. Aveva un aspetto simile alla scena del film “Un borghese piccolo piccolo”, in cui Alberto Sordi andava a cercare la bara del figlio in una stanza affollata, in un caos di pianti e di voci. Se non fosse scomparso prematuramente il fratello di papà, saremmo ancora lì sotto a salutare e pregare per i nostri parenti, ma, sfortunatamente, lo zio non c’è più e quindi abbiamo una bella tomba di famiglia già bell’e pronta. Non saremmo comunque mai finiti nella terza parte del cimitero di Torella, un sottoscala pieno di teschi dell’Ottocento o di qualche secolo prima. Defunti per i quali non c’era più nessun parente che potesse piangere.

Di Fano invece ricordo le vacanze al mare, i lunghi viaggi, difficoltosi su strade ancora impervie, degli anni Ottanta partendo da Roma, con soste per mangiare nei soliti ristoranti dell’Umbria. Erano in ogni caso delle tappe molto brevi, perché nonno, il padre di mia madre, aveva comprato una seconda casa a Viserba di Rimini e il punto di arrivo vero e proprio di quei viaggi era la Romagna, che per nonno era assai preferibile al mare di Fano. La terrazza di Viserba ha attraversato varie fasi della mia crescita. Non che quel posto fosse il migliore del mondo, però era il premio per le mie promozioni scolastiche, la via di fuga da Roma nelle festività. C’era un significato in tante piccole cose. Appena arrivato mi precipitavo ad aprire l’armadio del corridoio, aveva delle ante che emettevano un cigolio tremendo. Era lo scrigno che conteneva i giocattoli: secchiello, paletta e soprattutto un modellino di camion che trasportava cemento più unico che raro, all’epoca. E ogni volta nonna mi urlava: fai piano con quell’armadiooooo che cade giù tutto!!! I nonni non so perché avevano avuto la brillante idea di riporre il vecchio dondolo sopra l’armadio, ma mica ci stava tutto! metà restava sospesa sulla testa. E poi tanti altri ricordi. La mattina capivo se era bel tempo e si sarebbe andati al mare dal rumore degli zoccoli anni Settanta della gente che andava verso la spiaggia. La televisione non c’era. Non so perché, nessuno pensava mai di portarsene una piccola dietro, nemmeno in epoche più tecnologiche come negli anni Ottanta. Allora i miei o decidevano di fare una passeggiata sul lungomare, oppure stavano sulle sedie in terrazza a spettegolare su questo o quel cliente delle pensioni che c’erano davanti. Passeggiata sul lungomare significava fermarsi ogni dieci metri alle sale giochi o alle macchinette a scontro, perché le avrei provate tutte. Tutto ciò rendeva unico quel posto.