lunedì 24 ottobre 2022

Quei concorsi che sembrano gratta e vinci

 

Sono indignato e offeso per il modo nel quale sono stato trattato, oggi, dalla commissione del cosiddetto concorso straordinario bis per entrare in ruolo nella scuola pubblica. La mia immagine, cui tengo moltissimo, è stata gravemente danneggiata.

Cominciamo col dire che le regole del “gioco”, perché tale io ritengo sia questo concorso: un giochino, e l’ho detto ben prima di sostenere l’esamino, non sono mai state chiare, né c’era la possibilità di prepararsi un minimo sugli argomenti. Ho quindi scoperto solo da alcuni colleghi che erano già stati esaminati due giorni fa che al candidato veniva chiesto di pescare una domanda a caso su tutto lo scibile possibile e immaginabile di Storia, Letteratura Italiana e Geografia ed esporlo in un colloquio di mezzora. Il tutto era strutturato in modo che, se anche il candidato fosse stato in grado di conoscere da dieci la materia, sarebbe comunque stato interrotto e condotto dalla commissione giudicante sull’aspetto metodologico. Ossia la consegna dell’esercizio verteva anche sul metodo di insegnamento della materia all’interno di una classe con studenti eterogenei, con disabilità o altre problematiche. Verba volant. A mio parere, le differenze, se minime, non sarebbero facilmente contestabili. Sui contenuti delle materie, poi, essere da dieci significa o aver appena svolto quell’argomento in classe oppure averci scritto dei libri.  

Nel mio caso mi sono beccato un uno e mezzo che è il giudizio che assegnerei a uno studente che lascia il foglio bianco. Senza voler fare l’apologia di me stesso, né intentare cause giudiziarie cui credo peraltro pochissimo, diciamo soltanto che non mi sarei proprio dato quel votaccio. La mia esibizione non è stata tra le più brillanti, onestamente, ma certo non una figuraccia. Ma va bene, era un concorso, mi si dirà. Potevo certamente pescare meglio.

Eppure non si era lì per vincere un miliardo alla Lotteria Italia, bensì per svolgere il mestiere su cui già il candidato si cimenta da almeno tre anni, perché questo era il requisito di accesso, sulle stesse discipline del concorso. E su che discipline, poi! E con quale mole di programma! Quello di Lettere non è minimamente paragonabile a un programma di altre materie, servono un continuo aggiornamento e un costante ripasso. Inoltre, la mia università di Macerata, con cui a questo punto vorrei condividere i demeriti che mi vengono attribuiti, chiedeva al laureando delle biennalizzazioni, o triennalizzazioni sugli argomenti della tesi: pretendeva un indirizzo chiaro, che nel mio caso è ben visibile su tutti i siti online su cui compare la mia biografia. Dovunque io sia stato dal lontano 1999 a oggi, giornalismo, telefonia, scuola, resto quel laureando (poi laureato) con quella forma mentis, con conoscenze, interessi, passioni, via via consolidati e limitati a un certo periodo storico. Nessuno mi ha mai chiesto un sapere enciclopedico, che invece sembra il motivo della mia bocciatura quando si tratta di provare a entrare in ruolo. 

E allora chiedo a chi mi legge: perché questa gogna? Perché espormi a un possibile “non so rispondere” o a un “non ricordo”, quando potrei tranquillamente essere valutato su ciò che già ho scritto nei miei libri di Storia, di attualità, e anche nel mio lavoro scolastico, magari meno eccellente ma comunque apprezzato nella scuola? Magari domani scoprirò che c’è stato un errore e il mio uno e mezzo era un quattro o un cinque (si tenga presente che con questi ultimi voti, visti i numerosi posti disponibili, si potrebbe entrare in ruolo). Ma io potevo e volevo essere da dieci! pretendo con fermezza di essere messo nelle condizioni di essere da dieci, altrimenti a scuola cosa ci vado a fare? A prendere uno stipendio che non merito? Oppure a salvare i dirigenti alle prese con la carenza di personale? Beh, basta coi giochini! I miei libri sono tra i primissimi negli apprezzamenti dei lettori, sebbene bistrattati dagli editori. E invece sono stato messo nelle condizioni di essere da cinque e di ritrovarmi addirittura con un uno e mezzo. Finiamola con questa commedia, finiamola di fingere di non vedere la realtà. E cerchiamo anche di tutelare chi lavora con impegno e con onestà. Chi vi scrive non è mai andato a lavorare per scaldare una sedia.


giovedì 18 agosto 2022

Draghi come Cavour: guerra in Crimea


A fine febbraio dell’anno di disgrazia 2022, il premier russo Putin ha deciso che la nazione Ucraina non doveva più esistere sulla carta geografica. Dopo circa otto anni di guerra di trincea nel Donbass, terra di confine contesa per questioni etniche, l’esercito russo si è lanciato in un’offensiva che ha ricordato tanti altri precedenti. L’Europa è passata dalla guerra al virus alla guerra vera, dalle medicine alle armi. 

Nel presidente Putin, ex gerarca del kgb, c’è sicuramente qualcosa di Hitler. Anche il Fuhrer iniziò la sua avanzata con la scusa che in Europa c’erano tanti tedeschi, della più pura “razza ariana”, che aspettavano solo lui per essere liberati: Sudeti, Austriaci, Polacchi, e inizialmente anche Italiani di Bolzano. 

Ma Putin vanta altrettanti precedenti illustri proprio a casa sua: nell’Unione Sovietica post bellica. L’Ungheria, la Cecoslovacchia, furono entrambe invase dai carri armati russi non appena provarono a liberarsi dal gioco marxista. E come non menzionare l’Afghanistan del 1979? Fu una situazione analoga a quella attuale. Una breve rivoluzione scoppiata a Kabul aveva fatto temere all’URSS di essere accerchiata. La CIA stava interferendo nei suoi affari? Il Cremlino decise di far scattare un’invasione. Il conflitto con i guerriglieri afghani durò circa dieci anni e fu l’inizio del tracollo, almeno sul piano militare, dell’Unione Sovietica. Decisivi furono gli aiuti militari che la CIA spedì attraverso il Pakistan ai mujaheddin afghani, tra cui, ma sarà proprio un caso, spiccava un certo Bin Laden...

Sembra che gli Stati Uniti stiano facendo di tutto per far capire al mondo che intendono ripetere in Ucraina quell'esperienza. La Nato, l’Europa, gli Stati Uniti per tutta la primavera del 2022 hanno lanciato la campagna: aiutiamo gli ucraini. Nel senso, non soltanto aiutiamoli a fuggire dai bombardamenti russi, che sono stati pesantissimi, ma forniamo loro anche aiuti militari. 

Protagonista dei nostri telegiornali è diventato il premier ucraino Zelensky, un giovane rampante che ricorda un po’ il nostro Matteo Renzi. Maglietta verde stile militare, sguardo penetrante, voce ferma, si è fatto riprendere quasi quotidianamente per dare la carica al suo popolo. Tutti sanno ormai la sua biografia: si tratta di un ex comico che, come Beppe Grillo, è riuscito a passare dalla satira al timone di un governo. E anche a far parlare di sé.

Ma certamente una differenza con il 1979 esiste. Intanto Zelensky non è Bin Laden, anche se i no-war, figli dei no-vax, ci hanno ricordato che dal 2014 gli americani armano un gruppo neonazista ucraino, che ad Al Qaeda non ha nulla da invidiare: il battaglione Azov.

Ma non è questo il punto. Il fatto è che nella prima guerra d’Afghanistan il supporto della CIA fu segreto! Almeno, non venne così sbandierato sui media come abbiamo visto ogni giorno nel 2022. Alcune indiscrezioni partirono solo dieci anni dopo con il libro-inchiesta di Cooley "Una guerra empia", nel quale finalmente comparivano prove dell'intervento americano. 

Lasciando da parte le questioni filosofiche sulle guerre ingiuste, c'è una differenza sostanziale tra le guerre statunitensi anteriori alla caduta del Muro di Berlino e quelle successive. Dopo l'invasione di Saddam Hussein, dittatore dell’Irak, il Kuwait chiese l'intervento dell'ONU, che in effetti ha potere decisionale per salvaguardare diritti umani e libertà dei popoli. Era il 1990, il mondo comunista a est si stava sgretolando. Da quel momento fu seguito questo principio: che la pace internazionale sarebbe stata nelle mani delle Nazioni Unite, come sancito dopo la seconda guerra mondiale. Ma questo organo supremo, già sistematicamente scavalcato da USA e URSS durante la guerra fredda, smise molto presto di funzionare a causa dei veti. Il sogno che i caschi blu, i soldati internazionali dell’ONU, fossero i moderni paladini della giustizia durò molto poco. E le vicende ucraine, da questo punto di vista, si avvicinano molto a quelle del Kuwait. I caschi blu restano sempre un sogno.

Perché, già alla fine degli anni Novanta, la Nato iniziò a invadere un ambito che non le competeva. Scavalcò l’ONU e decise i primi bombardamenti su Belgrado. Non contro i serbi, certamente, ma contro Milosevic, un altro dittatore sanguinario poi condannato dal tribunale internazionale dell’Aja. Era il 1999, stava cambiando la politica estera europea. Nelle guerre contro Bin Laden e Saddam, l'ONU si limitò a ratificare le scelte vendicative degli Stati Uniti.

Il Kuwait non era più democratico dell'Ucraina, e lo stesso può dirsi della Croazia di Tudjman, all’epoca alleata degli Ustascia fascisti. Vittime e carnefici sono a volte difficili da distinguere nelle guerre. Si fa fatica persino ad accettare le bombe atomiche lanciate dagli americani sul Giappone, alleato di Hitler, nel 1945. 

Il re del Kuwait non era più simpatico del presidente Zelensky, ma il problema non è nemmeno questo. Ciò che ci differenzia dal passato è la dichiarazione dei diritti dell'uomo. L’ONU dovrebbe garantirci l’applicazione di quei princìpi emersi dopo i disastri della seconda guerra mondiale. Invece tace. La possibilità di veto, offerta ancor’oggi ai russi, non ha alcun senso. Già dopo l’affare-Kuwait si invocava un ammodernamento delle Nazioni Unite. Nulla è stato fatto. 

E’ chiaro che tutto salta. Si può tornare indietro ai nazionalismi d’ottocento, come si torna alle armi, o alle guerre patriottiche. Draghi, che non è un politico di professione, ha parlato nel suo discorso di adesione agli aiuti militari per l’Ucraina di “equilibrio internazionale”. Ma queste cose le diceva Metternich dopo il Congresso di Vienna! noi dobbiamo rispettare i princìpi sacrosanti sanciti nel 1945. Altrimenti tante persone morirono per nulla.

C’è chi sui social ha lanciato in questi mesi la storia della provocazione: la Nato avrebbe continuato ad allargarsi sul territorio orientale fino a minacciare la Russia di Putin. E’ un ragionamento che non regge. La Nato è più un pericolo per la corruzione e le tangenti, che l'hanno caratterizzata nella sua storia, che per le provocazioni, visto che è un'alleanza difensiva e mostra di essere forte coi deboli e debole coi forti. Ma ci si dimentica che la Russia, negli anni Duemila, fu più volte sul punto di entrare nella Nato, perché era caduto il vero punto di scontro della guerra fredda: il sistema economico, capitalismo americano contro socialismo marxista. Con la Russia si era iniziato a trattare. 

Del presunto accerchiamento della Russia si discusse nel lontano 1997. Era il momento in cui le repubbliche baltiche si avvicinavano al Patto Atlantico. All’epoca Eltsin era impegnato a raccogliere i cocci della vecchia Unione Sovietica. Non poteva fare granché, se non cercare di guarire dal suo alcolismo, a causa del quale rimediava brutte figure in mondovisione. Nel frattempo, Putin, suo figlioccio e portaborse, salì al governo, lanciando una nuova propaganda nazionalista e “revanscista”; per recuperare cioè il prestigio della Russia degli zar e rinforzare l’economia. La Nato dov’era? Fino a ieri ha tergiversato. La situazione è esplosa, ma poco alla volta: dalle minacce di Putin alla Georgia si è passati al Donbass, alla rottura sulla lotta al terrorismo islamico, e poi alla Crimea.

Il discorso di Draghi sull'invio di militari nella guerra ucraina, unito ad aiuti umanitari, è apparso freddo, frutto di calcoli strategico-militari, e molto più vicino alla politica ottocentesca di Cavour, fautore del celebre intervento in Crimea di metà Ottocento. E’ un qualcosa che stona. Devia dal percorso storico compiuto dall’Europa. E allora rileggiamoci un brano del discorso che fu pronunciato in parlamento il giorno in cui il Regno Sabaudo decise l’invio del famoso contingente militare in Crimea. Una guerra inutile, ma che sarebbe servita a Cavour per trattare con le nazioni europee la liberazione dell’Italia. Le similitudini con l’attualità non sono una nostra provocazione: “Gli esempi della storia, l’antiveggenza del futuro, le nobili tradizioni della casa di Savoia, tutto s’univa onde scostare il Ministero da una politica timida, neghittosa, e condurlo invece per l’antica via seguita dai padri nostri, i quali conobbero la vera prudenza stare nell’onore di essere partecipe ai sacrifici ed ai pericoli incontrati per la giustizia ond’essere a parte poi della cresciuta riputazione, ovvero del beneficio dopo la vittoria.” (Fonte: il giornale svizzero Gazzetta Ticinese del 29 gennaio 1855)

sabato 13 agosto 2022

Clima, una grande bufala per proteggere le industrie?

 

Continuano a uscire a getto continuo articoli di grandi giornali in cui si tenta di dare i numeri del lotto, nel senso che vengono proposte al lettore le previsioni più catastrofiche possibili sui cambiamenti del clima di qui a 30-50 anni, o forse più. Mi avvicino ai 50 anni di vita e direi che ne ho passati almeno la metà a leggere previsioni come queste, che lasciano le cose come stanno.

L’ultima sparata pubblicata dal quotidiano cattolico Avvenire arriva dalla Cina, uno Stato governato da una dittatura comunista, ateo per giunta, che ha avviato da tempo una pianificazione per creare un clima artificiale, proprio sulla scorta delle scoperte del professor Dessens e dei suoi colleghi. Eppure la Cina in Italia riesce a far pubblicare una previsione catastrofica secondo cui Milano diventerà come il Texas e le estati dureranno il doppio. Sembra una presa in giro: cambia il clima? Sono cavoli vostri, noi abbiamo già risolto. 

Non solo. Il tutto è corredato dalla notizia che 11mila scienziati, come al solito anonimi, hanno sottoscritto una petizione per salvare l’umanità da “sofferenze indicibili”. Per far leva sulla psiche della popolazione, viene utilizzato sempre il solito sillogismo aristotelico, che sulla base di una premessa conduce a una soluzione obbligata: tutti lo dicono pertanto inutile discuterne, è tutto vero. Abbiamo sperimentato di recente con i virologi che gli scienziati raramente sono d’accordo e che le loro personalità emergono con prepotenza in tutti i dibattiti televisivi.

No, non riceviamo notizie credibili. Voglio pertanto segnalare alcune incongruenze piuttosto gravi che ho notato in questa storia del clima che cambia. Avrei voluto risparmiarmelo, perché si tratta di entrare nello specifico di altre materie, come la Chimica, che non conosco così bene. Però so distinguere l’anidride carbonica dall’acido carbonico. Arrhenus è il padre delle moderne teorie sul riscaldamento globale. Ma nel suo testo non parla mai di anidride carbonica, che ha la formula: CO2, bensì di acido carbonico, con formula: H2CO3. Ho riletto più volte il capitolo sul riscaldamento globale e lui è molto chiaro, non ci sono dubbi: la temperatura della terra aumenta per colpa dell’acido carbonico. Come si è arrivati, allora, all’anidride carbonica? Spero che qualche professore di Chimica mi scriva e mi aiuti a capire. 

Seconda grossolana discrepanza: anche i più dettagliati articoli sul riscaldamento globale, usciti in epoca recente su giornali britannici come carbonbrief.org, affermano che le eruzioni vulcaniche abbasserebbero la temperatura della terra. Cioè le eruzioni avrebbero una funzione mitigante rispetto al riscaldamento dovuto alle combustioni di petrolio. Arrhenius afferma anche qui con fermezza una cosa molto diversa: che sono le eruzioni vulcaniche le principali responsabili di aumento di acido carbonico nell’atmosfera e quindi degli aumenti di temperatura sulla terra. E’ l’esatto opposto. Ora, trattandosi chiaramente di combustioni a me viene facilmente da dedurre che Arrhenius abbia ragione e gli altri abbiano capito fischi per fiaschi. E questi ultimi avrebbero anche il movente del loro delitto: rendere le combustioni da idrocarburi le uniche colpevoli degli aumenti di temperatura e quindi delle catastrofi climatiche. 

Ma anche se fosse vero quanto affermano gli attuali anonimi scienziati, come possiamo passare all’azione se non abbiamo la più pallida idea di come ridurre le emissioni di gas serra? Andando per tentativi? Togliendo dalla circolazione prima tutte le automobili col motore a scoppio e guardando se il termometro sale o scende? Di fatto, come avrete letto sui giornali, non ci è stato dato il tempo di rifletterci sopra. Il Parlamento europeo ha deciso subito di agire in modo draconiano. Ha proibito dal 2035 la vendita di auto con motore diesel o benzina. Con quali risultati futuri? Con quali aspettative? Su questo ho provato ad aprire discussioni su Twitter ma regna la più assoluta omertà. 

Eppure ne abbiamo date di informazioni da queste colonne! Basterebbe guardare l’esperimento del professor Dessens. Gli utenti francesi, scherzando, hanno commentato: ecco i cambiamenti climatici! E in effetti non fa una piega: erano combustioni di carburante che producevano effetti sul clima. Ma è altrettanto evidente che questi effetti, modestissimi, si materializzano solo dopo l’immissione in atmosfera di enormi quantità di gas serra in pochi chilometri quadrati. Inoltre, le industrie, seguendo questa mia analisi, diventerebbero le principali sospettate del cambiamento climatico, sempre ammesso che i disastri a cui assistiamo non siano imputabili ad altri fattori: esperimenti con lo joduro d’argento? Cataclismi naturali inevitabili? 

Una risposta io ce l’avrei, ed è molto più precisa di quella che arriva da organi politicizzati come l’IPCC (nel quale gli studi degli scienziati sono soggetti all’approvazione del Parlamento Europeo...) o come il CMCC (quest’altro molto contestato perché fu un’idea addirittura del Berlusca). La soluzione del giallo probabilmente ce la forniva il professor Robert Edward Munn, detto Ted. Fu un meteorologo canadese, morto quasi centenario nel 2013, e fu ideatore di uno studio sugli effetti del riscaldamento globale sulla fisica dell’atmosfera. In un articolo del quotidiano La Stampa, datato 1979, a margine di una conferenza sul clima prese la parola, senza nascondere il nome, e fece degli esempi concreti di modifica del meteo: “Le perturbazioni arrivano dall’Europa all’Atlantico settentrionale. Ebbene la loro velocità e la loro direzione possono essere influenzate da fonti di calore artificiale e da inquinamenti. Alle perturbazioni atlantiche di origine naturale si possono aggiungere quelle dovute, per esempio, a un ciclone che attraversando regioni disboscate dell’America ha sollevato e trasportato nella stratosfera tali quantità di polvere da formare una coltre. Questa coltre assorbe i raggi solari con conseguenze immaginabili: freddo, nuvolosità e via di seguito.” Munn qui sembra spiegare il comportamento dei cicloni invernali negli Stati Uniti. Ma ancora, altra perle: “Il gas krypton, emesso in quantità accettabili per la salute umana, può cambiare a lungo termine i campi elettrici nell’atmosfera, con aumento delle perturbazioni.” Mario Fazio, il giornalista della Stampa aggiungeva altri dettagli, sintetizzando probabilmente il pensiero di Munn: “Modelli matematici e ricerche dirette del Centro americano per l’atmosfera confermano che tutte le centrali termoelettriche provocano aumenti di temperatura valutati fino a 8 gradi centigradi sopra il Canada e la Siberia.” Qui invece si intravede quello che per i meteorologi è attualmente il Vortice Polare, che d’inverno si forma, si rinforza, si approfondisce e provoca siccità o grandi nevicate a seconda dei suoi movimenti proprio tra Canada e Siberia. Lo stesso Gino Papuli, nello spiegare i progetti futuri della Francia coi meteotroni, affermava che si pensava, nel 1987, di utilizzare, per formare aria calda, tutte le torri di raffreddamento delle centrali termoelettriche, poiché al contrario dei bruciatori di Dessens producevano calore a costo zero. 

Dunque, eccola la connessione diretta causa-effetto del cambiamento climatico. Quando si chiede di agire, si può andare dritti alla soluzione. Ma perché, se ci si tiene tanto al clima, l’Enciclopedia del cambiamento climatico, redatta da Ted Munn, viene venduta a 4.500 dollari nuova e 1.300 dollari usata?

venerdì 12 agosto 2022

Il sogno infranto del professor Dessens

Che futuro avrà la scoperta che i ricercatori mediorientali hanno presentato su nature.com? Ce la faranno i meteotroni del 2022 a “fabbricare” l’acqua tanto agognata in questi anni di crisi climatica? Abbiamo lasciato i lettori col dubbio e non ci pareva giusto congedarci da loro senza un piccolo approfondimento. Dunque, quella che vi abbiamo esposto è una scoperta sensazionale oppure no? La risposta è no, ma anche sì. Vediamo prima perché non lo è, e poi perché il fallimento potrebbe essere una bugia. 

Abbiamo fatto una ricerca sul web per recuperare altre informazioni sui meteotroni. In effetti, le testimonianze dopo l’ultimo nostro articolo sono aumentate. Il sito ina.fr, ad esempio, ha recentemente divulgato le interviste che rilasciò nei primi anni ‘60 il professor Jean Dessens. Chi era costui? Molti blog se ne sono già occupati. Fu un professore dell’università di Clermont Ferrand al quale venne un’idea. Aveva notato che dopo grandi incendi, o addirittura in seguito a pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, il calore che saliva verso il cielo andava ad interagire con l’aria più fredda presente alle alte quote dell’atmosfera. Risultato, si formavano nubi e in qualche caso addirittura temporali. Nacque il meteotrone, con lo scopo di generare pioggia per le popolazioni del Congo. La Francia, dopo il test nel deserto del Sahara con la bomba atomica, continuava a mostrare i muscoli all’interno della NATO. 

8 novembre 1961. La televisione visita il centro sperimentale di Lannemezan, sui Pirenei francesi. Una serie di ben cento bruciatori, collocati su un terreno arido, provoca, davanti alle telecamere, un fumo nerissimo che sale verso il cielo e genera cumuli nuvolosi, poi nuvoloni neri (come si vede anche nel disegno del quotidiano La Stampa). 

Dunque test riuscito? Si respira grande ottimismo. In realtà, un articolo del 18 marzo 1987, pubblicato sulla Stampa a firma di Gino Papuli, ci dice che la risposta è no. Dopo 25 anni di esperimenti i risultati erano terribilmente scarsi. Il progetto era stato ribattezzato ottimisticamente “cocagne”, cuccagna, ma di acqua se n’era vista pochissima. Furono sperimentate tre generazioni di meteotroni, l’ultimo dei quali in grado di sviluppare una potenza di mille megawatt - spiegava Papuli - ovvero l’equivalente di una centrale termoelettrica, consumando 150 tonnellate di carburante in un’ora e mezza di autonomia. Furono condotti 110 test dal 1961 al 1987: nel 52% dei casi si ebbero nuvole, ma solo nel 5% la combustione diede frutto portando delle “pioggerelle”. Quindi su cento tentativi, 2-3 soltanto produssero qualche risultato. Tutto questo consumando tonnellate e tonnellate di carburante. Era un vero fallimento. Eppure, l’articolo ci annunciava che la Francia non demordeva. Gli esperimenti proseguivano. E qui ci sorge il dubbio. Perché continuare ad investire soldi pubblici per 25 anni in un progetto privo di speranze concrete? La risposta probabilmente è negli altri articoli che ci erano comparsi nel motore di ricerca del quotidiano La Stampa, cercando appunto il nome di Dessens. 

Dobbiamo tornare indietro di 22 anni. 21 maggio 1965: il Piemonte è alle prese con una terribile siccità e il governo ha annunciato alla popolazione in tv di voler provocare la pioggia con lo joduro d’argento. Ce lo spiega un articolo di piede del quotidiano torinese che accompagna la cronaca locale: “furiosi temporali” hanno appena colpito la regione. Cos’è lo joduro d’argento? Anche di questo il nostro blog si era occupato già varie volte. Secondo l’articolo della Stampa firmato da Giberto Severi, si trattava di una sostanza nata con lo scopo di impedire la caduta della grandine e poi via via impiegata per favorire la pioggia. E’ come “un calcio nel sedere dato a un mulo lento ad avviarsi”, dove il mulo sarebbero le nuvole. Così si esprimeva un esperto del centro meteo di Fiumicino nell’articolo di Severi. E chi era l’ideatore di questo rimedio? Ma naturalmente lui, il professor Dessens, con l’aiuto di un altro scienziato, lo svizzero Sanger, e di un chimico americano, Irving Langmuir. Dessens si era accorto che con pochi grammi di joduro poteva produrre tanti millimetri di pioggia su svariati chilometri quadrati di territorio. Come sappiamo, su questi risultati non c’è mai stato accordo tra gli scienziati. Si disse: non sapremo mai se quelle nuvole potevano produrre pioggia anche senza joduro. Ma se le nuvole fossero state autoprodotte da un altro esperimento? Il discorso sarebbe stato diverso. 

E allora forse qualcosa la Francia ci nasconde. C’è solo un articolo, molto datato in verità, del 27 marzo 1964, in cui il giornalista, che si firmava con lo pseudonimo di Didimo, presentava la nascita del meteotrone, in Francia, proprio con lo scopo di unire la formazione delle nuvole all’inseminazione delle stesse con lo joduro d’argento, che non stava fornendo i risultati che erano stati sognati. 

Dunque, attenzione: anche la scoperta di due mesi fa degli scienziati mediorientali non va sottovalutata, perché rappresenta un tentativo di costruire meteotroni di nuova generazione, che consumino meno carburante e offrano la massima resa. Sempre che tutto vada come nei sogni di Dessens...

Scoperta una tecnica per creare temporali artificiali


Il 7 giugno 2022 è stato presentato sul sito nature.com un interessante esperimento sul clima.

Una equipe di scienziati del medioriente sembra sia riuscita a generare dei temporali artificiali alimentandoli da terra con un getto di aria calda, simulando, pertanto, l'attività delle correnti ascensionali naturali. 

"In questo lavoro vengono presentati i risultati dello sviluppo di un modello matematico e della simulazione numerica della risalita in atmosfera di un getto diretto verticalmente alimentato dal calore di condensazione del vapore acqueo su un aerosol igroscopico introdotto nel getto in partenza. È stata valutata la possibilità di creare nubi convettive artificiali in funzione dei parametri del getto, del potere calorifico di condensazione e dei profili verticali della velocità del vento, della temperatura e dell'umidità dell'aria."

Questa l'introduzione del lavoro degli scienziati, i quali non fanno altro che proseguire la ricerca tecnologica sui meteotroni, di cui già questo blog si era occupato. Alcune macchine per generare da terra le nubi furono utilizzate sicuramente dai francesi sui Pirenei. Erano gli anni Sessanta del secolo scorso. Gli esperimenti, documentati dal quotidiano La Stampa, ebbero risultati sconosciuti.




L'esito del più recente test, di cui vedete qui sopra alcune foto, sembrerebbero incoraggianti, almeno per chi crede che la tecnologia possa integrare le carenze di pioggia naturale. Ecco le conclusioni degli scienziati.

"La creazione di nubi artificiali e precipitazioni con l'aiuto di un getto reattivo diretto verticalmente con rifornimento è possibile in condizioni atmosferiche favorevoli, che sono vicine, ma non hanno ancora raggiunto le condizioni di sviluppo naturale. La gamma di condizioni favorevoli per stimolare la convezione delle nubi è notevolmente ampliata grazie all'uso di un aerosol igroscopico come nucleo/guscio NaCl/TiO2."

In buona sostanza, le condizioni che la natura ci deve offrire perché questo esperimento vada a buon fine sono facilmente raggiungibili: pressione dell'aria alta ma non troppo, calma di vento e una discreta umidità (sul 66%). Poi ci penserà il meteotrone a favorire artificialmente la risalita di aria calda. Ma, per un risultato ottimale, gli scienziati consigliano di piazzare l'attrezzatura in media montagna, sopra i 1100 metri di altitudine, in modo da essere più vicini all'area in cui si generano in natura i cicloni temporaleschi. 

Attenzione soltanto a un particolare. Tra gli scienziati citati in bibliografia compare anche un certo L. G. Kachurin. Non è uno scienziato qualunque. Fu molto attivo in guerra fredda al servizio dell'URSS. Redasse un documento molto preciso, corredato da illustrazioni, sulle modifiche artificiali del clima. Era il 1978. Lo studio fu intercettato e tradotto dalla CIA. È presente nell'archivio Foia, sebbene sia in parte censurato. Kachurin a noi sembra fosse molto più avanti rispetto a questa tecnologia dei meteotroni. Nell'introduzione del suo saggio accennava a nuove tecniche di modifica della stratosfera, che avrebbero permesso di generare disastri meteorologici capaci di annientare intere popolazioni, e per questo auspicava un accordo internazionale di pace. Purtroppo l'analisi dettagliata di queste tecnologie non è disponibile nell'estratto presente in archivio.

Ci pare a questo punto doveroso aggiungere che la politica dovrà fare buon uso di queste tecnologie, informando adeguatamente la popolazione e assumendosi le responsabilità di eventuali, sempre possibili, errori negli esperimenti. Sembra scontato dire queste cose, ma non lo è.

domenica 12 giugno 2022

Il riscaldamento globale salverà la terra

 Il riscaldamento globale salverà la terra. Questo era, in sintesi, il pensiero di Svante Arrhenius, considerato il più grande, se non l’unico studioso del cambiamento climatico causato dall’anidride carbonica.

Arrhenius fu un chimico e fisico svedese vissuto tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Fu premio nobel nel 1903 per le teorie legate al trasferimento degli ioni nell’elettricità. Ma i climatologi lo hanno preso come punto di riferimento soprattutto per la sua spiegazione del cambiamento climatico dovuto all’aumento delle combustioni.

Ne parlai mesi fa con il professor Piero Lionello della CMCC Foundation Italia, il quale, alla mia richiesta di poter leggere studi di fisica dell’atmosfera che spiegassero l’interazione dell’anidride carbonica con la circolazione dei venti, rispose citando questo studioso svedese. Al che rimasi meravigliato che non emergesse uno studioso recente, bensì un uomo di fine Ottocento!

In realtà, neanche Arrhenius soddisfa la mia curiosità di conoscere le capacità della CO2 di agire sulla circolazione atmosferica. Non dice nulla di nuovo, rimanendo sul livello teorico chimico e fisico ed enunciando quanto leggiamo da decenni sui giornali. E’ tuttavia la teoria originale, l’unica che porti una firma prestigiosa, e valeva la pena andarla a cercare. Mi sono scaricato dal sito liberliber, che ringrazio, il testo divulgativo più famoso dello scienziato, intitolato: “Il divenire dei mondi”.

Si tratta di un testo che definirei di geografia astronomica, un'enciclopedia del sapere scientifico di stampo illuministico, redatta con molta cura, tante illustrazioni, con continue citazioni di studiosi da cui l'Arrenhius traeva spunto per i suoi saggi. Magari i nostri attuali sostenitori del cambiamento climatico lavorassero così!

La teoria, sebbene tratti in maniera generica l'azione dell'anidride carbonica nell'atmosfera, è convincente. Gli scienziati osservarono significativi aumenti della temperatura media della terra in concomitanza con l’aumento delle combustioni dei carburanti, così come delle eruzioni vulcaniche.

La combustione finirebbe con il superare nel corso del tempo la capacità della natura di assorbire la CO2 prodotta in eccesso e si accumulerebbe così nell’atmosfera del calore in eccesso.

Va chiarito anzitutto un equivoco, generato dalla superficialità di chi gestisce oggi l’argomento. La temperatura della terra non la si ricava affatto con facilità! Il perché lo spiegava lo stesso Arrhenius: “Se la terra non avesse atmosfera, o se questa fosse perfettamente trasparente, si potrebbe calcolare facilmente la temperatura media della superficie terrestre.” Invece andrebbero presi in considerazione tutti gli elementi dell’atmosfera che concorrono a questo difficoltoso calcolo. Servirebbero simulazioni e prove sul campo - aggiungiamo noi - prima di poter affermare che un determinato provvedimento politico (vedi il blocco totale dal 2035 delle automobili con motore a scoppio) abbia effetti benefici.

Resto a bocca asciutta sotto l’aspetto meteorologico. Come interagisce questo surplus di calore in relazione agli eventi climatici come piogge, nevicate, nebbie, o nei periodi di siccità? Non ho trovato alcun riferimento all’interno del testo. Anzi, l’Arrhenius parla di piogge soprattutto in presenza di macchie solari, che è ben altra cosa.

Ma ciò che differenzia Arrhenius dai climatologi attuali è l’assoluta mancanza di allarmismo e di catastrofismo nei suoi scritti. Si guardi ad esempio la conclusione cui giungeva Arrhenius, il quale vivendo in un'epoca caratterizzata da inverni gelidi, sperava addirittura che la combustione potesse creare un ambiente più vivibile per l'uomo! E in effetti per certi versi è così che sta andando, con inverni sicuramente più sopportabili anche in aree un tempo inaccessibili. Se tornassimo agli inverni pazzeschi dell'800 vorrei vedere quanti climatologi farebbero i salti di gioia! Ecco le esatte parole di Arrhenius.

"Si odono spesso lagnanze sul fatto che i tesori di carbone ammucchiati nella terra sono usati dalla generazione presente senza pensare all’avvenire; e spaventano le terribili devastazioni di vite e di proprietà, che seguono alle violente eruzioni vulcaniche. Può riuscire in certo modo di conforto che, come in tante altre cose, anche qui non c’è danno che non abbia il suo vantaggio. Per azione dell’aumentata quantità di acido carbonico dell’aria, speriamo di avvicinarci un po’ per volta a tempi di condizioni climatiche più uniformi e più buone, specialmente nelle parti più fredde della terra; a tempi in cui la terra possa portare messi aumentate molte volte, a vantaggio del genere umano rapidamente crescente."

Mi si potrà obiettare che a inizio Novecento Arrhenius non immaginava la diffusione attuale delle automobili. Eppure le conosceva già e ne sapeva le caratteristiche. Eppure... Arrhenius resta l’unico punto di riferimento dei climatologi odierni. Se cominciassimo a contestarlo dove andremmo a finire?

Al contrario, un adattamento al cambiamento climatico potrebbe essere quello di sfruttare nel nord Europa quei periodi di temperature più miti per modificare le colture agricole - proprio sulla scorta di quanto scritto dallo scienziato svedese. Ma servirebbero altri studi, continui approfondimenti, e la condivisione degli stessi con tutti i cittadini. Che è ben diverso dal provocare e anzi incentivare le proteste e i disordini cui assistiamo ogni giorno grazie ai tanto decantati Extinction Rebellion di Greta Thunberg.

Un discorso a parte, certamente, lo meriterebbero le eccezioni: periodi prolungati di siccità, peraltro in limitate zone, provocati dalla notevole attività del Vortice Polare e al contempo - mi riferisco sempre e solo agli inverni recenti - la concentrazione dei fenomeni nevosi o estremi nel Nord America e delle piogge torrenziali in Asia. Ma questa è un’altra storia.

 

 

giovedì 5 maggio 2022

Il centrodestra “scippa” la politica ai Verdi


Proseguono le notizie contraddittorie sulla gestione del Parco del Conero. Sul giornale Ancona Today si legge che, a fine aprile 2022, il presidente berlusconiano Silvetti è tornato a parlare in pubblico per celebrare l’anniversario della nascita del “suo” Parco. Era il 1987, esattamente 35 anni fa, quando la sinistra movimentista, e in particolare il partito dei Verdi, rappresentato ad Ancona all’epoca da Marco Moruzzi (ma anche da altri esponenti che ora omettiamo, ce ne scusiamo), riusciva finalmente ad ottenere dalla Regione Marche l’istituzione dell’Ente Parco del Conero. Silvetti, anconetano doc, non aveva che 14 anni in quel memorabile momento, ma, chissà, magari mentre ultimava le scuole medie era lì, con i Verdi, a esultare per questo lieto evento. Probabilmente faceva anche altro per il Conero, come immaginerete.

Era stato un percorso lungo e non privo di pericoli, visto che solo tre anni prima tre ecologisti erano stati arrestati per aver diffuso sul giornalino “Il pungitopo” precise mappe planimetriche dei tunnel della NATO. Eh sì perché il Conero, un’alta collina di quasi 600 metri, era noto ai giornalisti del Carlino, quale il compianto Alfredo Mattei, come una groviera, similitudine che il mio collega utilizzò per rendere al meglio l’idea di un monte bucato dai militari della Guerra Fredda come un formaggio svizzero. Ciò non toglie che il partito dei Verdi tagliò il “traguardo di quella storica scelta politica” - come afferma oggi Silvetti evitando di ricordare nei dettagli i suoi colleghi politici di allora - e ottenne la nascita di un’entità da proteggere dal punto di vista naturalistico e paesaggistico. Un traguardo che oggi il partito del Berlusca può festeggiare con Daniele Silvetti, che parrebbe appropriarsi di una battaglia certamente non di centrodestra.

Già, il centrodestra. Che cosa pensava nel 1987 la parte più conservatrice di quella che era ancora la Prima Repubblica? Sognava come si faceva negli anni ‘60 dello scorso secolo una funivia per scendere a Portonovo? Oppure un più massiccio sfruttamento edilizio? Di fatto, Forza Italia si appropria di qualcosa che non è suo. E allora sia questo partito, o chi lo rappresenta, a rispondere alle nostre domande, che avevamo già posto dai microfoni di Mediaset a Mistero nel 2012 ma sono state censurate. Come fu possibile consegnare la zona del monte Conero, ma anche la sua costa, al patrimonio protetto, dimenticando di prendere una decisione sul destino di quei tunnel militari (che ci risulta non si limitino al solo monte)? A quanto pare, la storia ufficiale afferma che i Verdi, paghi del traguardo politico conseguito, non si preoccuparono del senso di quelle mappe da loro stessi confezionate, per le quali gli ecologisti avevano rischiato anni di prigione.

Ecco, i presidenti del Parco di estrazione post-comunista potevano risponderci, e la temevamo molto questa obiezione: cosa potevamo sapere noi dei tunnel? Non erano stati abbandonati?

Abbiamo sostenuto nei nostri libri e blog che certamente non potevano esserlo nel 1987, ma dal 1989, con la caduta del Muro di Berlino, c’erano i presupposti per archiviare il passato bellico e trasformarlo in un percorso turistico guidato, che oltretutto in Croazia è una realtà che ha riscosso grande successo.

Daniele Silvetti questo alibi non può sbandierarlo, visto che nel suo insediarsi si è presentato come ex militare del Conero. Un qualsiasi lettore attento potrebbe farsi due calcoli. Risulta piuttosto improbabile che un quattordicenne potesse svolgere attività militare nel 1987 sul Conero. Diciamo che dovremmo post-datare la sua esperienza bellica perlomeno al 1991-92. Ma l’avvocato Silvetti è laureato, dunque, chissà, potremmo dover spostare ancora più avanti questa sua esperienza. Il parco del Conero fu istituito dimenticando dentro i militari della NATO che operavano?

Dalla nostra ricostruzione, corroborata dall’aver vissuto per quindici anni nel capoluogo dorico, emerge con chiarezza che i tunnel venivano descritti come residuati bellici abbandonati. Lo credevano davvero i politici di sinistra che questa ipotesi potesse essere credibile? Si poteva dimenticare una struttura che operava dalla cima al fondovalle con almeno 500 militari distribuiti nelle varie caserme senza che nessuno se ne accorgesse? Che i gladiatori si nascondessero è fuori di dubbio, era il loro mestiere. E noi possiamo azzardare che questo lavoro subdolo e insidioso per le comunità locali perduri anche nella seconda repubblica. Abbiamo perso qualche anno a dimostrare che questa base è attiva e opera per il Patto Atlantico. Eppure chi aveva la responsabilità della politica locale qualcosa sapeva, anche di questo ci siamo accertati, prima ancora che il comune stesso di Ancona, attraverso una società di Siena che opera nel turismo, distribuisse ai gitanti, nel 2017, un opuscolo molto dettagliato che accosta il Conero alla base West Star di Affi, vicino Verona. Sul Conero, o nel Conero, si opererebbe tuttora nell'ambito della guerra elettronica.

A questo punto aspettiamo le prossime dichiarazioni di Daniele Silvetti. Leggiamo su Facebook che il nuovo presidente si accinge a presentare altre novità. Noi siamo qui pronti, con la speranza che siano quelle che a noi interessano di più. Chi meglio di lui è la dimostrazione vivente che la base NATO rimase attiva anche dopo, molto dopo, aver tagliato il “traguardo di quella storica scelta politica”? 


La promessa in un politichese molto moroteo del compianto sindaco Monina ai Verdi nel 1984: totale utilizzazione del Conero... nel rispetto delle esigenze statali. Vorremmo averlo qui per chiedere lumi (fonte Il Resto del Carlino).