giovedì 18 agosto 2022

Draghi come Cavour: guerra in Crimea


A fine febbraio dell’anno di disgrazia 2022, il premier russo Putin ha deciso che la nazione Ucraina non doveva più esistere sulla carta geografica. Dopo circa otto anni di guerra di trincea nel Donbass, terra di confine contesa per questioni etniche, l’esercito russo si è lanciato in un’offensiva che ha ricordato tanti altri precedenti. L’Europa è passata dalla guerra al virus alla guerra vera, dalle medicine alle armi. 

Nel presidente Putin, ex gerarca del kgb, c’è sicuramente qualcosa di Hitler. Anche il Fuhrer iniziò la sua avanzata con la scusa che in Europa c’erano tanti tedeschi, della più pura “razza ariana”, che aspettavano solo lui per essere liberati: Sudeti, Austriaci, Polacchi, e inizialmente anche Italiani di Bolzano. 

Ma Putin vanta altrettanti precedenti illustri proprio a casa sua: nell’Unione Sovietica post bellica. L’Ungheria, la Cecoslovacchia, furono entrambe invase dai carri armati russi non appena provarono a liberarsi dal gioco marxista. E come non menzionare l’Afghanistan del 1979? Fu una situazione analoga a quella attuale. Una breve rivoluzione scoppiata a Kabul aveva fatto temere all’URSS di essere accerchiata. La CIA stava interferendo nei suoi affari? Il Cremlino decise di far scattare un’invasione. Il conflitto con i guerriglieri afghani durò circa dieci anni e fu l’inizio del tracollo, almeno sul piano militare, dell’Unione Sovietica. Decisivi furono gli aiuti militari che la CIA spedì attraverso il Pakistan ai mujaheddin afghani, tra cui, ma sarà proprio un caso, spiccava un certo Bin Laden...

Sembra che gli Stati Uniti stiano facendo di tutto per far capire al mondo che intendono ripetere in Ucraina quell'esperienza. La Nato, l’Europa, gli Stati Uniti per tutta la primavera del 2022 hanno lanciato la campagna: aiutiamo gli ucraini. Nel senso, non soltanto aiutiamoli a fuggire dai bombardamenti russi, che sono stati pesantissimi, ma forniamo loro anche aiuti militari. 

Protagonista dei nostri telegiornali è diventato il premier ucraino Zelensky, un giovane rampante che ricorda un po’ il nostro Matteo Renzi. Maglietta verde stile militare, sguardo penetrante, voce ferma, si è fatto riprendere quasi quotidianamente per dare la carica al suo popolo. Tutti sanno ormai la sua biografia: si tratta di un ex comico che, come Beppe Grillo, è riuscito a passare dalla satira al timone di un governo. E anche a far parlare di sé.

Ma certamente una differenza con il 1979 esiste. Intanto Zelensky non è Bin Laden, anche se i no-war, figli dei no-vax, ci hanno ricordato che dal 2014 gli americani armano un gruppo neonazista ucraino, che ad Al Qaeda non ha nulla da invidiare: il battaglione Azov.

Ma non è questo il punto. Il fatto è che nella prima guerra d’Afghanistan il supporto della CIA fu segreto! Almeno, non venne così sbandierato sui media come abbiamo visto ogni giorno nel 2022. Alcune indiscrezioni partirono solo dieci anni dopo con il libro-inchiesta di Cooley "Una guerra empia", nel quale finalmente comparivano prove dell'intervento americano. 

Lasciando da parte le questioni filosofiche sulle guerre ingiuste, c'è una differenza sostanziale tra le guerre statunitensi anteriori alla caduta del Muro di Berlino e quelle successive. Dopo l'invasione di Saddam Hussein, dittatore dell’Irak, il Kuwait chiese l'intervento dell'ONU, che in effetti ha potere decisionale per salvaguardare diritti umani e libertà dei popoli. Era il 1990, il mondo comunista a est si stava sgretolando. Da quel momento fu seguito questo principio: che la pace internazionale sarebbe stata nelle mani delle Nazioni Unite, come sancito dopo la seconda guerra mondiale. Ma questo organo supremo, già sistematicamente scavalcato da USA e URSS durante la guerra fredda, smise molto presto di funzionare a causa dei veti. Il sogno che i caschi blu, i soldati internazionali dell’ONU, fossero i moderni paladini della giustizia durò molto poco. E le vicende ucraine, da questo punto di vista, si avvicinano molto a quelle del Kuwait. I caschi blu restano sempre un sogno.

Perché, già alla fine degli anni Novanta, la Nato iniziò a invadere un ambito che non le competeva. Scavalcò l’ONU e decise i primi bombardamenti su Belgrado. Non contro i serbi, certamente, ma contro Milosevic, un altro dittatore sanguinario poi condannato dal tribunale internazionale dell’Aja. Era il 1999, stava cambiando la politica estera europea. Nelle guerre contro Bin Laden e Saddam, l'ONU si limitò a ratificare le scelte vendicative degli Stati Uniti.

Il Kuwait non era più democratico dell'Ucraina, e lo stesso può dirsi della Croazia di Tudjman, all’epoca alleata degli Ustascia fascisti. Vittime e carnefici sono a volte difficili da distinguere nelle guerre. Si fa fatica persino ad accettare le bombe atomiche lanciate dagli americani sul Giappone, alleato di Hitler, nel 1945. 

Il re del Kuwait non era più simpatico del presidente Zelensky, ma il problema non è nemmeno questo. Ciò che ci differenzia dal passato è la dichiarazione dei diritti dell'uomo. L’ONU dovrebbe garantirci l’applicazione di quei princìpi emersi dopo i disastri della seconda guerra mondiale. Invece tace. La possibilità di veto, offerta ancor’oggi ai russi, non ha alcun senso. Già dopo l’affare-Kuwait si invocava un ammodernamento delle Nazioni Unite. Nulla è stato fatto. 

E’ chiaro che tutto salta. Si può tornare indietro ai nazionalismi d’ottocento, come si torna alle armi, o alle guerre patriottiche. Draghi, che non è un politico di professione, ha parlato nel suo discorso di adesione agli aiuti militari per l’Ucraina di “equilibrio internazionale”. Ma queste cose le diceva Metternich dopo il Congresso di Vienna! noi dobbiamo rispettare i princìpi sacrosanti sanciti nel 1945. Altrimenti tante persone morirono per nulla.

C’è chi sui social ha lanciato in questi mesi la storia della provocazione: la Nato avrebbe continuato ad allargarsi sul territorio orientale fino a minacciare la Russia di Putin. E’ un ragionamento che non regge. La Nato è più un pericolo per la corruzione e le tangenti, che l'hanno caratterizzata nella sua storia, che per le provocazioni, visto che è un'alleanza difensiva e mostra di essere forte coi deboli e debole coi forti. Ma ci si dimentica che la Russia, negli anni Duemila, fu più volte sul punto di entrare nella Nato, perché era caduto il vero punto di scontro della guerra fredda: il sistema economico, capitalismo americano contro socialismo marxista. Con la Russia si era iniziato a trattare. 

Del presunto accerchiamento della Russia si discusse nel lontano 1997. Era il momento in cui le repubbliche baltiche si avvicinavano al Patto Atlantico. All’epoca Eltsin era impegnato a raccogliere i cocci della vecchia Unione Sovietica. Non poteva fare granché, se non cercare di guarire dal suo alcolismo, a causa del quale rimediava brutte figure in mondovisione. Nel frattempo, Putin, suo figlioccio e portaborse, salì al governo, lanciando una nuova propaganda nazionalista e “revanscista”; per recuperare cioè il prestigio della Russia degli zar e rinforzare l’economia. La Nato dov’era? Fino a ieri ha tergiversato. La situazione è esplosa, ma poco alla volta: dalle minacce di Putin alla Georgia si è passati al Donbass, alla rottura sulla lotta al terrorismo islamico, e poi alla Crimea.

Il discorso di Draghi sull'invio di militari nella guerra ucraina, unito ad aiuti umanitari, è apparso freddo, frutto di calcoli strategico-militari, e molto più vicino alla politica ottocentesca di Cavour, fautore del celebre intervento in Crimea di metà Ottocento. E’ un qualcosa che stona. Devia dal percorso storico compiuto dall’Europa. E allora rileggiamoci un brano del discorso che fu pronunciato in parlamento il giorno in cui il Regno Sabaudo decise l’invio del famoso contingente militare in Crimea. Una guerra inutile, ma che sarebbe servita a Cavour per trattare con le nazioni europee la liberazione dell’Italia. Le similitudini con l’attualità non sono una nostra provocazione: “Gli esempi della storia, l’antiveggenza del futuro, le nobili tradizioni della casa di Savoia, tutto s’univa onde scostare il Ministero da una politica timida, neghittosa, e condurlo invece per l’antica via seguita dai padri nostri, i quali conobbero la vera prudenza stare nell’onore di essere partecipe ai sacrifici ed ai pericoli incontrati per la giustizia ond’essere a parte poi della cresciuta riputazione, ovvero del beneficio dopo la vittoria.” (Fonte: il giornale svizzero Gazzetta Ticinese del 29 gennaio 1855)

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