giovedì 5 agosto 2021

Docce decontaminanti nel monte Conero?

La nostra ipotesi sul tunnel di Montesi

Molti anconetani ci ringraziano per aver pubblicato una spiegazione scientifica dei tunnel del Monte Conero. C’è tuttavia un punto, nella relazione dell’ingegnere che ci ha contattato, su cui siamo scettici (lui stesso lo è): lo scopo delle docce. L’autore dell’ottima relazione dimentica, o sottovaluta, lo scolo dell'acqua che si vede nel video di Montesi, che ricorda le normali docce che ci sono nelle abitazioni civili. Del resto le scritte con lo spray all’interno delle gallerie sono molto chiare. Perché cercare spiegazioni complicate quando la parola e le immagini parlano da sole? Abbiamo quindi cercato documenti sulla decontaminazione dalle armi nucleari, trovando finalmente immagini che si avvicinano molto a quello che abbiamo in mente.

Le cose potrebbero essere andate più o meno così. Nel 1953 la guerra fredda entrò nel vivo. USA e URSS cominciarono la corsa al riarmo. La rivalità nello studio dell’energia nucleare spingeva le due superpotenze a finanziare, a volte anche rubandoli con lo spionaggio, progetti sempre più arditi per minacciare il nemico. Si arrivò nel 1962 alla crisi di Cuba, la minaccia missilistica stava per diventare realtà. Ma all’improvviso ecco la distensione. Le rampe con gli Jupiter pronti al decollo venivano ritirate e tra queste anche quelle del Conero (dando per buona la relazione della spia cecoslovacca Matricardi). Dunque, l'abbandono di quel progetto architettonico in cima al monte di Ancona, a nostro parere, va posticipato dal 1956 al 1962.

A supporto della nostra teoria ci sono dei video dell’epoca i quali mostrano proprio nel 1953 una procedura per la decontaminazione del personale statunitense nella guerra batteriologica. E’ molto probabile che tutta quella struttura di comando ben descritta dall’ingegnere, con la sala macchine, la centrale di controllo, eccetera, servissero soltanto a gestire la decontaminazione degli operai. 

Proviamo a immaginarceli. Salivano faticosamente per i viottoli del Conero, appesantiti dagli scafandri bianchi e dalle mascherine. Eccoli arrivare fino al belvedere nord, entrare di soppiatto dentro ai tunnel, deviare all’interno delle docce e posizionarsi a gruppi di due o tre nel mezzo della sala. Dai bocchettoni, posizionati ad altezza d’uomo, la centrale di controllo faceva partire un potente getto chimico orizzontale, che avvolgeva in pochi secondi i militari in una nuvola di fumo vaporoso, mentre i residui liquidi scorrevano nelle canalette di scolo. Probabilmente si entrava ed usciva dalla base della vetta seguendo questa scrupolosa procedura. O si sarebbe dovuto. Poi le cose presero una piega diversa. 

Un altro indizio in tal senso è la parola ricorrente spesso nelle insegne presenti all’interno dei tunnel di Montesi, scritte sempre prodotte con lo spray rosso. La parola è "gas". Sembra di cogliere in una scritta presente nella sala di controllo anche una frase in un linguaggio serbo-croato maccheronico: “Micio mogu gas”, che Google ci traduce con “Spostato può gas” o “Spostare può gas” (la dicitura corretta sarebbe "mičio mogu" che viene tradotto sia da Google sia da Bing con "Può essere spostato" a cui viene aggiunta impropriamente la parola "gas"). Era da lì che si apriva il getto decontaminante delle docce?

Sicuramente una nuova centrale di spionaggio nel Conero non sarebbe stata indispensabile. Come avevamo scritto nel libro Armi di Stato (che state apprezzando in parecchi) nel 1943 esisteva già nel Conero una centrale di intercettazioni di comunicazioni radio jugoslave, perché farne una nuova?

Proveremo ad approfondire con qualche esperto, pur consapevoli che ai militari in servizio o in congedo difficilmente potremo scucire qualche ammissione.



mercoledì 4 agosto 2021

Tutta la verità sul tunnel del monte Conero

Riceviamo e pubblichiamo il lavoro di ricerca di un ingegnere elettronico, che preferisce restare nell’anonimato, il quale ha studiato il video censurato a Matteo Montesi nel 2014 e tratto le sue conclusioni. Il tunnel che costò al videoamatore fidardense una denuncia dovrebbe risalire al 1953 e sarebbe un’opera militare incompiuta, forse abbandonata per il passaggio a nuove tecnologie belliche. Oggi probabilmente consentirebbe di introdursi nell’area militare occupata da quello che abbiamo soprannominato il Super-Sismi e quindi invitiamo da queste colonne a non cercare di emulare Montesi nelle sue incursioni spericolate. Detto questo non ci piace e non ci sembra nemmeno giusto difendere, come fanno i colleghi sulla stampa locale anconetana con il loro colpevole silenzio, i militari sconosciuti che stanno sulla vetta del Conero (oltretutto siamo stati noi a dare questa informazione, senza la quale il gitante si avvicinerebbe al parco del Conero convinto di accedere a un’area incontaminata e abbandonata). Questi sconosciuti, che appartennero al gruppo militare di estrema destra dello SDI (Servizio Difesa Installazioni) e in certi casi, per la stessa ammissione di uno di loro, anche a Gladio Stay Behind, non hanno mai stretto alcun legame istituzionale con il territorio, né hanno ottemperato agli obblighi di legge di rendere pubblica la loro attività attraverso comunicati stampa. Al contrario, il gioco a nascondino prosegue da tanti, troppi anni, e questo lo abbiamo già scritto. Avevamo trovato, se il lettore ricorda i nostri articoli, varie simlitudini tra il Conero e le basi NATO di altre zone d’Italia: Montevergine, monte Moscal, monte Zeda. Ora aggiungiamo grazie al nostro lettore anche i tunnel del Settepani, che non solo contengono elementi in comune con il Conero a livello ingegneristico, ma anche nella cronologia delle vicende politiche che li videro protagonisti. Nel 1976, su una rivista non certo di primo piano, comparvero ipotesi sulla presenza nei tunnel del Settepani di armi nucleari. In quel caso, però, i rappresentanti politici del vicino comune di Savona poterono visitare la base e interloquire con le più alte cariche diplomatiche americane. Perché, nel caso anconetano delle denunce analoghe del Pungitopo (1984), il sindaco Monina rispose alle interrogazioni di Moruzzi dei Verdi esponendosi in prima persona senza effettuare un minimo di verifiche? Nel rileggere gli articoli della Stampa sul Settepani ripensiamo alle laconiche parole di Guido Monina in quella seduta del consiglio comunale di Ancona del 31 gennaio 1984: “Me ne assumo la responsabilità di fronte alla città” “Persone opportunamente interpellate hanno ufficialmente garantito l’assoluta assenza di tali armi nella predetta zona.” Il povero primo cittadino si portò nella tomba i nomi delle sue fonti. Perché da quel giorno nessuno ha più visto o sentito parlare della base NATO? Perché nella politica anconetana non c'è mai stata la curiosità di andare fino in fondo a questa storia, anche dopo il 1989 quando, come scrive il nostro lettore, i tunnel del Conero erano accessibili e "non fregava niente a nessuno"? E perché ora sono tornati così segreti? Quello che sappiamo, grazie anche a un opuscolo che improvvisamente e misteriosamente, in netta contraddizione col passato e col presente, il comune di Ancona nel 2017 distribuì ai turisti, è che il Super-Sismi ha continuato indisturbato la sua attività bellica. Dalla relazione che tra poco leggerete emerge con certezza un altro elemento importante: la porta murata incontrata da Montesi e dagli Italian Ghost verso la metà del video si trova, in realtà, ancora dalle parti della vetta, sul Belvedere Nord. Ce lo lascia supporre anche il tipo di materiale che si vede nelle foto in cui la stessa porta è stata ritratta dall’esterno. In questi mesi, seguendo le ipotesi dei videoamatori e degli stessi ex militari della stazione RT, avevamo pensato, sognato, che la “sala macchine” ovvero l’abside, come la chiamiamo noi, nella quale sembrava di scorgere similitudini con i bunker sottomarini di Tito in Croazia, potesse corrispondere a ciò che resta della grotta degli schiavi. A meno di svolte clamorose (nel video di Montesi ci sono diversi tagli), la grotta degli schiavi resta da tutt’altra parte.

Considerazioni sul video di Montesi del 10 ottobre 2014

L’ingresso alto, come lo definisco io, è a quota circa 555, entri in direzione circa 290°

L’ingresso sul belvedere nord è a quota circa 515, quindi circa 40 mt più in basso e circa 250 mt in direzione NNW. Entri in direzione circa 145°, quindi usciresti in direzione circa 325° (NNW).

Vedi planimetria: ipotizzando che gli scalini siano alti 20 cm, come nella base RT, il piano delle stanze principali si trova a circa 40 metri di profondità rispetto all’ingresso alto. Gli scalini sono circa larghi quanto alti, quindi sempre ipotizzando che gli scalini siano alti 20 cm, saranno altrettanto larghi; un passo si ipotizza in circa 70 cm (e Montesi è alto, quindi forse un suo passo è anche più lungo…). La distanza lineare tra i due ingressi è la diagonale di un triangolo rettangolo dove il lato lungo è di 305 passi più 90 scalini, quindi (305x0.7 + 90x0.2 =) circa 230 mt, ed il lato corto di circa 50 passi più 120 scalini (50x0.7 + 120x0.2 =) circa 60 mt. La diagonale quindi (Pitagora insegna) è di circa 240 mt, probabilmente sottostimata per quando detto prima. Di conseguenza distanze, orientamento e quota degli accessi porta alla certezza che l’accesso murato sia quello che si apre sul belvedere nord.

E’ anche certo che si tratti di un'incompiuta, perchè anche se abbandoni un posto, e lo spogli pure prima di farlo, cose come residui di vernice sulle pareti, resti dell'impianto di illuminazione, cardini delle porte, almeno i fisher con cui attacchi al muro le plafoniere o i cartelli dovrebbero vedersi. Per passione ho visitato una miriade di posti abbandonati, e solo le incompiute sono così "pulite". Anche la base RT ha ancora i muri verniciati, le porte, i cartelli, tutto quello che non era riutilizzabile non ti danni l'anima per portarlo via.
In più la zona in cui si vede la roccia viva, lungo il corridoio che porta all’ingresso murato, probabilmente non era stato cementato perché lì era previsto lo scavo di un’altra sezione.

Colpisce la precisione con cui sono state alzate le "tavelle" lungo le scale ed i corridoi. Ladri di rame non si sarebbero messi a tirarle su tutte e con tanta cura, quello per me è un lavoro di militari o di una ditta appositamente incaricata. Il mio amico (Ingegnere Edile) dice che le tavelle si mettono così preliminarmente, in attesa di posare i cavi lungo le canalette e poi si passa a posizionare le tavelle a chiudere le canalette. Questo dimostra che i cavi non sono mai stati posati, e le tavelle non sono mai state messe nella loro posizione finale.

I “binari”, presenti in alcuni tratti di corridoio e in alcune scale, sono presenti solo quando ci sono di fianco le canalette. L’amico di cui sopra conferma che non sono binari per carrelli o montascale, sono le guide per lo stampo e per appoggiare le tavelle...le scale sono fatte con una sorta di stampo che posizionavi e poi riempivi di cemento. Infatti le scale, a parte una, sono tutte fatte a “blocchi” di 30 scalini ciascuno, intervallati da un pianerottolo.

Interessante come si passi da corridoio/scala, con canalette sui lati, a corridoio/scala con caveo sottostante. Dalla planimetria si evince che la logica è questa: finchè sul corridoio/scala si devono passare i cavi/tubi provenienti da una singola stanza, si procede nelle canalette laterali. Quando si incrociano o si raggruppano i cavi/tubi di diverse stanze, si passa in caveo sottostante. Ha senso, perchè in caveo si ha più spazio e se devi fare diramazioni (es. diramazioni della linea elettrica di alimentazione) non devi fare incroci di canalette che attraversano il piano di calpestio dei pianerottoli.

Quelle "docce" sono molto strane. Le prese d'aria piene di foglie e pigne sono sicuramente le prese d'aria che mi hanno detto si vedono per terra nei pressi della rete del 3'DAI, all'incirca sopra l'ingresso alto delle gallerie AM. Ma perché queste stanze “docce” sono così isolate le une dalle altre? E perché farle più in alto rispetto al pianerottolo da cui vai in una o in un’altra? Sembrano più o meno tutte alla stessa profondità dalla superficie che si trova sopra di esse. Perchè 4 sono piuttosto raggruppate insieme e una invece è più lontana dalle altre?

Tra l’altro, in vetta, dentro la recinzione del 3’ DAI, si vedono tre cupole molto vecchie e molto areate che sembrano delle prese d’aria, o l’accesso di altrettanti pozzi. Guarda caso ci sono tre pozzi nel complesso che salgono paralleli…i tre pozzi sembrano, nell’ordine in cui li visita Montesi:

pozzo di servizio, passaggio cavi, ispezionabile, ecc. (anche il pozzo cavi della base RT è così!)

pozzo per eventuale ascensore / montacarichi

pozzo stretto per passaggio condotte aria (mandata e scarico) dei generatori elettrogeni che certamente ci dovevano essere

I pozzi sbucano in una stanza, a circa 60 metri di profondità dalla vetta, che io chiamo “sala macchine”, perchè secondo me lì erano previsti i gruppi elettrogeni e condizionamento aria. Le “vasche” sul pavimento di quella sala probabilmente dovevano contenere le cisterne del carburante, o erano sostegni per rialzare i macchinari. Entrambe queste ipotesi sono tratte da realtà viste altrove.

Dall’alto della “sala macchine” parte un cunicolo che sembra proprio di servizio (è basso e scomodo per camminarci), per far passare cavi e volendo condotte d’aria verso quella che è definita “Sala Eco”. In effetti quest’ultima sala ha un’acustica particolare.

La parete in roccia viva indica che probabilmente si voleva realizzare un’altra ala / galleria. Probabilmente quella era la parte più recente della costruzione, ed ha senso, perchè prima finisci di scavare le stanze più lontane dall’uscita, così poi puoi iniziarne l’allestimento, mentre scavi le stanze più vicine all’uscita. Questo ha i suoi vantaggi se si immagina di dover portare la roccia scavata verso l’uscita: un conto è avere la via libera, un conto è incontrare le squadre che stanno allestendo le stanze vicine all’uscita. Per non parlare di polvere e sassi: le stanze più lontane finisci di scavarle, e non ci ripassi più con polvere e sassi.
Ad occhio, la direzione della galleria mai realizzata è tale che se l’avessero fatta tutta dritta, e senza altri cambi di quota, sarebbero sbucati all’incirca a metà strada tra la sede RAI e Pian di Raggetti.

Fuori dall’ingresso belvedere nord c’è una fonte con scritto 1953 e uno strano disegno che sembra raffigurare persone che entrano in un castello, passando dal portone principale. In effetti sembra che sia una condotta breve, realizzata per non far sbucare la fonte naturale situata poco più a monte della strada sterrata. Così le acque della fonte, scorrendo, non rovinano la strada sterrata. Ed è a tutti gli effetti una strada (sterrata), quella che arriva al belvedere nord. Gli altri sentieri del conero non sono così larghi e piatti.
Su questa piccola opera va fatto un ragionamento: nel 1953, in pieno periodo post bellico, quando Ancona era ancora un bell’ammasso di rovine, quando ancora la maggior parte delle strade di Ancona erano sterrate, quando lassù era semplicemente un monte, non c’era di certo il parco regionale, qualcuno ha speso soldi per andare a fare un’opera proprio lì? Quale esigenza giustificava quel lavoro? Di certo i lavori di costruzione delle gallerie.

Quindi possiamo argomentare che i lavori a quelle gallerie sono antecedenti o contemporanei al 1953. E, certamente, il ghiaione che forma il belvedere nord è frutto dei lavori di scavo e riporto delle gallerie. Probabilmente prima dei lavori lo spiazzo del belvedere nord nemmeno esisteva.

E probabilmente una volta la zona militare della vetta era più estesa. Ce lo suggerisce anche la presenza di un vecchio cartello di quelli “Zona militare, divieto di ripresa e rilievi anche a vista” poco sotto al Belvedere Nord.

Nel 1956 si insedia sul monte Conero la RAI. Nello stesso anno viene installata la base radar NATO (il cosiddetto 14° GRAM) a Potenza Picena, prima in sede provvisoria, perchè non era pronta la base in cui è ancora oggi e che sarà pronta nel 1960. Come viene realizzata questa base? Come tutte quelle di quel tipo e di quell’epoca, e cioè con una zona più a monte, isolata, dove si alloggiano dalle 3 alle 5 antenne radar (ad elevata potenza e ad elevato inquinamento elettromagnetico: l’incidenza di tumori nelle zone vicino a questi impianti, sparsi per tutta Italia, sono decine di volte superiori alla media), ed una seconda zona, più a valle, dove alloggiano i militari, c’è la logistica e soprattutto c’è la centrale operativa: in un’unica stanza, da una parte ci sono gli addetti agli schermi dei tracciati di ciascuna antenna radar, che a voce indicano ciò che vedono agli operatori al centro della stanza, che scrivono tutta la situazione su una parete trasparente con disegnata la mappa, infine dall’altra parte della stanza ci sono altri operatori che leggono la mappa e riportano al comando le situazioni di interesse, via telefono o via collegamento radio.
Vedi file “basi radar NATO in Italia” per ulteriori dettagli.

Fin qui abbiamo dati di fatto. Ora passiamo alle indagini e alle relative conclusioni...

Vedi le gallerie del Monte Settepani! Sono identiche!
Sul Settepani abbiamo delle gallerie identiche, con pozzi identici e cupole simili, e profondità simili a quelle delle ns gallerie del Conero. Era una base radar incompiuta, costruita dal 1952 al 1956, anno in cui il progetto viene abbandonato perchè i bombardieri moderni rendono inutile costruire basi radar in profondità. E anche là, guarda caso proprio nel 1956 viene installata una base radar NATO in superficie (il 15° GRAM!) nel vicino Capo Mele, dove fino a quel momento c’era un vecchio radar mobile montato su una jeep, lasciato dagli Inglesi alla fine della guerra.

E’ chiaro che queste gallerie sul ns monte Conero erano pensate per una base radar. Le docce (a profondità costante dalla superficie) dovevano ospitare le apparecchiature elettroniche delle antenne radar, e sopra in superficie ci sarebba stata solo l’antenna. Le stanze erano separate le une dalle altre (e dalla zona operative) per schermare le radiazioni alle alte frequenze. Tutta la zona dalla “Sala Macchine” all’ingresso alto era la zona dove il personale doveva accedere solo per manutenzioni. La zona operativa era dalla Sala Macchine verso l’ingresso belvedere nord. La “Sala Eco” sarebbe stata la centrale operativa, dove i tecnici osservavano i tracciati dei vari radar, in mezzo ci sarebbe stata la parete trasparente e sull’altro alto gli osservatori. Probabilmente la sala “docce” lì vicino era per ospitare l’antenna trasmittente che doveva inviare i messaggi al Comando: ha perfettamente senso perchè quell’antenna sarebbe stata più lontana dalle altre (che sono riceventi) e non ci sarebbero state interferenze indesiderate (o, più correttamente, ci sarebbero state interferenze accettabili)!

Escluderei che fosse la zona radar di una base di lancio di missili Nike o Hawk, perchè sono entrati in servizio nel 1959, anno in cui secondo me il progetto lì era già abbandonato.
Infatti nella seconda metà del 1956 era arrivata la RAI e si insedia la base Radar a Potenza Picena.

Sui resti della moto si può fare un ragionamento a parte. Sembra una moto degli anni ‘80, circa. E' stata portata lì per smontarla ed asportare il motore e le ruote (ed il fanale). Qualcuno l'ha portata lì per lavorare con comodo. O altrimenti qualcuno ha portato lì solo telaio, serbatoio e sella per far sparire le prove di un furto? Ma è improbabile che sia entrato dall'ingresso su in alto e si sia fatto tutte le scale in discesa (e poi in salita a piedi, magari col motore in mano), quindi è più probabile che sia passato dalla porta ora murata, che abbia percorso il corridoio (lunghissimo! Circa 200 passi), e si sia sistemato in una delle stanze per lavorar con comodo. Secondo me negli anni ‘80/’90 l’ingresso sul belvedere nord era bello sfondato da un pezzo (e non gliene fregava niente a nessuno), e o i militari stessi o i giovani del luogo ci si divertivano alla grande.

A differenza di Settepani, le ns gallerie non sono di libero accesso e sono ancora coperte da segreto. Perchè? Forse perchè i pozzi sbucano all’interno della zona militare tutt’ora attiva (il 3° DAI) e probabilmente è per questo che è partita la denuncia a Montesi. Interessante è che nell’elenco dei beni del ministero della difesa del 2010, che comprende sia luoghi attivi che dismessi come la Base RT, le gallerie AM non siano menzionate. Forse perchè essendo un'incompiuta non è mai entrata nel novero dei beni del Ministero. 

domenica 23 maggio 2021

Ancona, visite guidate alla guerra dei droni

Tra il 2016 e il 2017 un’associazione, pare su incarico del comune di Ancona, ha distribuito ai gitanti che si recavano sul monte Conero un opuscolo eloquente: state per visitare una zona militare ancora attiva, il cui scopo è la guerra elettronica. Ce lo segnala un lettore del nostro blog. Stiamo diventando ormai una specie di “telefono giallo” online. Come si può evincere dal testo dattiloscritto che vi mostriamo nelle foto (sotto), compariva per la prima volta una descrizione dettagliata della base militare, con tanto di immagini e planimetria. Desta innanzitutto stupore l’imponenza della struttura, che era assai articolata, dotata di uscite di sicurezza, e predisposta per ospitare centinaia di militari, anche più di quello che ci veniva dichiarato dai reduci di questa guerra segreta. Sono dimensioni e mansioni paragonabili a quelle della base West Star di Affi. Ed è imbarazzante, soprattutto, che si sia costruito un business turistico (ci riferiamo ovviamente all'opuscolo) sulla guerra elettronica, quella che oggi si combatte a distanza, in Afghanistan, in Irak, in Siria, magari con i droni, per garantire copertura agli agenti italiani all’estero (l’Aise). Ci viene tuttavia spiegato dall’amico lettore, proprio perché non si tratta di un museo storico, bensì di un sito militare in piena attività, che le foto degli ambienti interni non corrispondono alla base del Conero, servono, probabilmente, soltanto a dare un’idea di ciò che la base è stata nella storia, e cioè un centro di intercettazione di messaggi cifrati. Solo le immagini in bianco e nero corrispondono alle vere uscite dei tunnel. Anche il reale lavoro svolto da questi militari resta avvolto nel più fitto mistero. Il signore che ci ha inviato l’opuscolo, un esperto di telecomunicazioni con un curriculum di alto livello, ha una diversa teoria rispetto alle intercettazioni: non un controllo delle comunicazioni civili e militari di potenziali nemici che si avventuravano nel mar Adriatico, bensì qualcosa di più subdolo e sinistro. Scrive lui stesso: “tutte queste intercettazioni per me lì non si facevano, per me c'era un centro di ricezione e trasmissione dei messaggi della nostra marina. MA i messaggi venivano decriptati e ricriptati prima di rimandarli via, per questo la zona era ad accesso super limitato, ma ci sono altri che confermano quella descrizione.” In sostanza, nel Conero avrebbe operato, e starebbe operando tuttora, un gruppo di controllori dei controllori, un comando supremo al di sopra di altri comandi militari, in piena sintonia con la logica della guerra elettronica (si legga nella fattispecie il libro “La guerra elettronica” di Mario De Arcangelis, del 1981). Un collega giornalista ci ha consigliato di verificare se la zona del Conero sia sorvolabile in aereo. Abbiamo contattato chi detiene un brevetto di volo e ci è stato confermato che il Conero si può sorvolare tranquillamente, così come è possibile effettuare gite turistiche a piedi per i boschi. Il Conero è sempre stato questo, e pure i militari hanno voluto sempre vivere mimetizzati nella natura. Non ce ne stupiamo. Ci meraviglia, casomai, che da alcuni anni a questa parte si cerchi da più parti, dal settore politico a quello militare, di costruire una convivenza di facciata tra le esigenze militari e quelle civili riguardanti l’ambiente naturale del Conero. Ci riferiamo anche alle dichiarazioni del neo presidente del Parco del Conero, Silvetti, il quale ha affermato pubblicamente di essere stato uno dei militari della caserma che c’è sulla cima: tutore dell’ambiente, dunque, ma anche del segreto militare. Questa linea politica non è nuova. Fu dettata nel 1985 dall’allora ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro, che dopo il caso Guanti definì “di limitata estensione” la zona militare del Conero, compatibile quindi con le gite e la protezione dell’ambiente. Ma questa foglia di fico è già caduta con la divulgazione stessa dell’opuscolo del Comune. La base non è affatto di limitata estensione e alcuni tunnel, ad esempio quello che fu percorso dal videomaker Matteo Montesi nel 2014, restano ancora coperti dal segreto più profondo. Può un cittadino sentirsi immerso nella natura incontaminata vicino a caserme militari, tunnel, parabole satellitari? E soprattutto quali possibilità abbiamo noi tutti comuni mortali, attraverso i rappresentanti parlamentari, di verificare la reale consistenza di questa caserma e delle sue intercettazioni? Il Copasir non basta, è un’altra foglia di fico che non copre più l’estensione reale di questa industria dello spionaggio. A chi vengono assegnati i nullaosta di segretezza? A quali aziende, a quali civili? Per quali scopi? Da quando nel 1977 l’ex premier Giulio Andreotti ridisegnò il sistema dei servizi segreti, con suddivisione delle mansioni interne ed estere, controllo da parte del presidente del consiglio al posto del capo dello Stato, e costituzione del Copasis o Copasir, organo parlamentare di controllo dei Servizi, poco è cambiato, a parte alcuni aggiornamenti. E’ il terrorismo, il nemico, a non essere più quello del 1977. Se all’epoca potevamo accettare una segretezza parziale, in cambio della nostra sicurezza per le strade, sotto casa, dove le rapine e gli espropri proletari erano all’ordine del giorno, adesso questa segretezza è solo un liberi tutti: liberi di agire fuori dai nostri confini in azioni (di pace?) più torbide e violente. Quindi se la domanda dei lettori è: cosa c’è oggi sul Conero? C’è per caso la NATO? La risposta può essere: sì, c’è la NATO, ma una NATO spogliata ormai di tutti quei principi caratteristici del mondo occidentale che aveva in guerra fredda: libertà, trasparenza, sicurezza. Curdi, turchi, egiziani, qatarioti, sauditi, libici: i nostri alleati sfuggono a ogni logica, e insieme agli alleati atlantici sfuggono anche le nostre ultime certezze. Cosa c’è e chi c’è stato sul Conero? Bin Laden? Oggi vi risponderei candidamente: che ne so? può darsi.

sabato 20 marzo 2021

L’errore fatale dei Vopos

 

I Vopos (Volkspolizei) dell'ex DDR in una foto in pubblico dominio

Un tragico errore o un’imprudenza? Sembra che alcuni documenti d’archivio, facilmente accessibili eppure ignorati dai giornali italiani, possano spiegare la dinamica dell’assassinio di Benito Corghi, avvenuto in un tragico giorno d’agosto del lontano 1976. Corghi, 38 anni all’epoca dei fatti, sposato con due figli già grandi, era un autotrasportatore della ditta ARA. Tra il 4 e il 5 agosto, mentre cercava di attraversare con il suo camion la frontiera di Hirschberg, tra ex Germania Est ed ex Germania Ovest, rimase ucciso dai Vopos (Volkspolizei), la polizia di frontiera della DDR. 

Pochi parlano ultimamente di questo fattaccio. Se lo fanno è perché Corghi è nella lunga lista dei martiri della libertà, quei poveracci che persero la vita, in guerra fredda, cercando di varcare quel confine tra democrazia e comunismo: la cortina di ferro. Eppure dietro la morte di questo giovane camionista c’è una storia ben più grande che coinvolge l’intero apparato economico del Partito Comunista Italiano. Corghi quel giorno non scappava dalla Germania Est, semplicemente faceva il suo mestiere di trasportare carne dai paesi socialisti all’Occidente capitalista. La versione più accreditata dei fatti, raccontata dal Messaggero e da Wikipedia, è questa: dopo aver superato il checkpoint della DDR, Corghi sarebbe stato bloccato al successivo checkpoint della Germania Ovest per un intoppo burocratico. La polizia occidentale avrebbe contestato al camionista che mancava un documento importante, senza il quale non avrebbe potuto procedere. Corghi avrebbe voluto tornare a prenderlo, ma la polizia di Bonn lo avrebbe avvertito: se lo fa, la procedura di espatrio viene annullata. Il trentottenne, originario di Reggio Emilia, avrebbe quindi parcheggiato l’automezzo e sarebbe tornato indietro a piedi, nella corsia dei camion, mettendo in allerta i Vopos dell’ex DDR. Sarebbe seguita l’intimazione a fermarsi con le mani alzate e, poiché Corghi si era spaventato e aveva fatto dietrofront, sarebbero partiti i colpi mortali. A sparare fu un ventenne soldato dei Vopos: Uwe Schmiedel. Processato nel 1994, quando la Germania era tornata unita, fu assolto - afferma Wikipedia - perché “i giudici conclusero che non aveva intenzione di uccidere la sua vittima”.

Ma c’è una versione leggermente differente. Il 9 agosto del 1976, alle ore 16:59 partì un cablogramma dall’ambasciata statunitense di Bonn. Il documento è disponibile su Wikileaks. A firmarlo fu Martin J. Hillenbrand, ambasciatore dal 1972. Rivolgendosi al segretario di Stato raccontò la ricostruzione che gli era stata fatta da Von Arnim del “gruppo di Bonn” dell’ex Germania Ovest. Le cose sarebbero andate in questo modo. Giunto al confine di Hirschberg, Benito Corghi avrebbe superato entrambe le frontiere alle 3 del mattino, e si sarebbe allontanato per le strade dell’ex Germania Ovest. Dunque, nessun problema burocratico lo avrebbe bloccato al checkpoint occidentale. Sarebbe invece stato il guidatore di un altro camion a fargli notare che gli mancavano dei documenti importanti. Doveva tornare a riprenderli. Sempre nel racconto di Von Arnim, Corghi avrebbe riflettuto sul da farsi. Aveva superato tante volte quella frontiera, sapeva che per tornare e poi di nuovo rifare all’inverso il percorso avrebbe impiegato tanto tempo. Quindi avrebbe deciso di parcheggiare il camion, lasciando al suo interno anche i documenti, e si sarebbe allontanato a piedi varcando il ponte, percorrendo la strada che separa un checkpoint dall’altro. Il Vopos a quel punto avrebbe intimato l’alt, ma Corghi non avrebbe udito l’urlo del militare per il viavai di camion che doveva esserci a pochi metri da lui. E quando capì di essere sotto tiro era troppo tardi per ripensarci. Partirono gli spari e Corghi perì in questo assurdo modo pochi minuti dopo, quando la sentinella della DDR, come da procedura, corse verso di lui per soccorrerlo e condurlo in ospedale, a Jena. 

Von Arnim proseguì il suo racconto all’ambasciatore Hillenbrand. I Vopos non sapevano chi fosse la loro vittima. Alcune ore dopo chiamarono il checkpoint dell’ex Germania Ovest per sapere se un camionista stesse tornando per recuperare dei documenti. Il giorno dopo, chiamarono la ditta di trasporti e chiesero se potevano far ritirare i documenti a un altro camionista. Solo alle 17 i Vopos compresero cosa fosse successo. La tragica realtà si manifestò: non solo avevano ucciso un italiano, ma addirittura un iscritto al Partito Comunista. 

Perché ciò era accaduto? E soprattutto come mai Corghi aveva deciso di attraversare quei checkpoint a piedi e senza documenti? Era convinto che l’avrebbero riconosciuto, per giunta alle 3 del mattino, con l’inevitabile foschia che si forma in quelle lande tedesche anche in piena estate? Un po’ difficile da credere, anche se gli autotrasportatori li conosciamo e sappiamo dell’attenzione che pongono ai tempi di consegna. Si scopre, tuttavia, grazie al libro Vodka Cola di Charles Levinson, che era stato da poco siglato un accordo tra l’Istituto del commercio estero italiano e la compagnia della Germania Est chiamata Nahrung-Export, che deteneva - affermava il libro - “il monopolio del commercio della carne e collabora da molto tempo con le cooperative del PCI”. Il coordinamento era curato da Umberto Cardia, della commissione del partito comunista per la cooperazione economica internazionale. In sostanza, spiegava Levinson, Berlino Est aveva la possibilità di esportare merce in Occidente senza i vincoli che vigevano nella CEE. Ne era perciò nato un giro d’affari molto vantaggioso che partiva dall’acquisto, da parte della DDR, a tassi molto vantaggiosi, di carne in Bulgaria, Ungheria, Romania e proseguiva con lo smercio della stessa nei mercati della Coop italiana, ai prezzi alti dei prodotti occidentali. Questa operazione, che l’autore del libro chiamava “frode gigantesca”, aveva fruttato alle casse del PCI ben 40 miliardi di utile netto. Corghi sarebbe rimasto ucciso in circostanze misteriose in uno di questi trasporti, poiché l’ARA, la ditta per la quale lavorava, era legata al PCI, che l’avrebbe trasformato a quel punto in un martire. 

Andò veramente così? I vari documenti convergerebbero verso questa soluzione: la fretta di concludere il trasporto, e poi l’importanza dei documenti, non tanto per il checkpoint occidentale, quanto per le ditte comuniste, che dovevano inserire la carne nei mercati italiani con ogni garanzia di qualità. Qualche dubbio, in ogni caso, resterà sempre.


giovedì 18 marzo 2021

Sanità pubblica e Covid: ci potevamo fidare?

 

Vi proponiamo una carrellata di quanto usciva sui giornali italiani, riguardo alla Sanità statale italiana, fino a pochi mesi prima dell'emergenza Covid. Il web è pieno di notizie come quelle che leggerete. Basterebbe metterle in fila per fare la storia della nostra Malasanità. Noi ci abbiamo provato, anche se piuttosto velocemente. I lettori potranno suggerirci le modifiche più opportune, regione per regione. Però sappiamo anche, da un anno a questa parte (perché dal febbraio 2020 le voci dei tanti giornali si sono unite), che "per evitare la pressione sugli ospedali" serve "una stretta sugli spostamenti" dei cittadini. E' partita la caccia agli untori del Covid. Eppure la "stretta" più opportuna sarebbe dovuta scaturire dall'esito dei tanti processi per corruzione degli anni scorsi. Che fine hanno fatto? Probabilmente saranno rimasti impigliati nelle maglie burocratiche dei DPCM, e rinviati a data da destinarsi. Intanto, via alle "strette" sui cittadini.

Quotidianosanità.it, 3 marzo 2016

Mafia. Da Nord a Sud la sanità è bottino ghiotto. Allarme Direzione Antimafia su appalti e servizi.

Di Lucia Conti. La mafia sta cambiando. E non è una buona notizia. La sua penetrazione all’interno di appalti e servizi pubblici, infatti, è aumentata, ma si è anche estesa a nuovi ambiti, come la sanità. Dove, “senza sparare un colpo di arma da fuoco, gli imprenditori delle mafie sono entrati nelle ASL, nei Comuni e negli Ospedali”. L’allarme nella Relazione Annuale della Direzione nazionale antimafia.

LOMBARDIA

Repubblica, 16 ottobre 2015

Di Alessandra Corica. Milano, i manager della sanità tremano per le inchieste: due terzi indagati, ma non mollano. C'è chi ha portato in ospedale l'inventore di Miss Padania, chi suona nella band di Maroni e chi "scattava sull'attenti" con Mantovani. Panoramica dei direttori generali nominati da Formigoni, spesso ben lontani dalla condizione di "piena autonomia" richiesta dalla legge. Eccoli, i direttori generali della sanità regionale: piccoli reucci del territorio. In sella da anni. Inamovibili, a dispetto di indagini o rinvii a giudizio che, al massimo, li possono far tremare. Ma mollare, no: quello mai. Del resto, ogni anno la poltrona frutta uno stipendio di 154mila euro più premi di risultato intorno ai 30mila, in base alle pagelline annuali (le prossime dovrebbero arrivare entro fine mese): guai a perderli.

LIGURIA

Repubblica, 17 gennaio 2019

Asl 5 e tangenti, adesso è indagato anche il direttore generale. Di Marco Lignana. La Procura chiude le indagini per le 11 persone arrestate ad aprile, fra i nuovi nomi iscrive anche il manager Conti per corruzione e turbativa d'asta; il legale: "Faremo le nostre valutazioni".

VENETO

Il Gazzettino, 15 Giugno 2014

Inchiesta tangenti, appalti sanità nel mirino: torta da 2 miliardi di euro.  La partita "ospedali" è nel mirino degli inquirenti, chiacchierata da tempo per quei costi spropositati di alcune strutture sanitarie. Uno su tutti il "Protonico" di Mestre, costo complessivo 738 milioni per curare un centinaio di pazienti quando ad un centinaio di chilometri c’è un centro attrezzatissimo. 

EMILIA ROMAGNA

Quotidianonsanità.it, 02 ottobre 2019

Corruzione su protesi, 15 indagati tra Toscana, Lazio ed Emilia Romagna. Coinvolti 7 medici. La società romagnola che commercializza in Italia le protesi ortopediche della multinazionale francese Ceraver avrebbe offerto ai medici una serie di benefici in cambio dell’utilizzo esclusivo delle sue protesi. In particolare ai medici ortopedici del Lazio veniva chiesto di inviare i pazienti presso una clinica lucchese. Gli interventi andavano a gravare sul bilancio della Regione Toscana secondo le regole previste per la mobilità extraregionale.

MARCHE

Anconatoday.it 18 luglio 2019

Di Stefano Pagliarini. ASUR Marche, tangenti per pilotare appalti: 10 indagati e sequestri. Tangenti per pilotare appalti milionari, Asur nella bufera: indagati e raffica di sequestri. La Procura di Ancona ha aperto un'inchiesta che getta nell'occhio del ciclone l'ASUR Marche, dove ci sarebbe stato da anni un giro di tangenti per accedere agli appalti dei servizi delle strutture sanitarie.

VALLEDAOSTA

Aostacronaca.it,  23 novembre 2019

Lo scandalo dei letti dell’ospedale mandati in discarica. 400 letti ora distrutti dell’ospedale Parini, comprati dieci anni fa e ormai fuori uso per manutenzioni e riparazioni costose e, quindi, non più utilizzabili nelle loro funzioni integrali. Bisogna allora pensare a una conversione a letti fissi o valutare una rigenerazione?

PIEMONTE

Espresso di Repubblica, 19 novembre 2013

Di Roberto Di Caro. Maxi ospedale mai finito. La vergogna nelle Langhe. Sono passati vent'anni dai primi finanziamenti. Dieci dalla prima pietra. E la struttura è ancora in costruzione. Su un terreno franoso ritenuto non edificabile: perché regga sono stati necessari 900 pali in cemento. E la strada per arrivarci costerà dodici euro al millimetro. Cronaca di uno scandalo a Verduno, la terra del tartufo.

LAZIO

Il Messaggero, 2 Luglio 2016

Lady Asl, confiscati beni a dirigente: case e conti per 8 milioni. I carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno dato esecuzione a un decreto di confisca dei beni emesso dal Tribunale di Roma - Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti di Sergio Aiello - noto alle cronache come uno dei principali indagati nell'indagine «Lady Asl» sulla Sanità nel Lazio - su richiesta della Procura della Repubblica di Roma.

CAMPANIA

Ilrinascimentonews.it, 24 ottobre 2019

Sanità, terremoto in Regione Campania. 39 indagati. Risultano indagati anche un funzionario della Regione Campania, l’ex direttore generale dell’Asl di Caserta Mario De Biasio, nonche’ l’ex sindaco di Castel Volturno (Caserta) Dimitri Russo con tutti i suoi ex assessori e consiglieri comunali, e il presidente di Aiop Campania (Associazione Italiana Ospedalita’ Privata) Sergio Crispino, nell’indagine della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere che ha portato all’arresto dell’imprenditore della sanita’ Vincenzo Schiavone, titolare della clinica Pineta Grande di Castel Volturno, finito ai domiciliari; altre due misure sono state notificate al collaboratore di Schiavone, Domenico Romano, e al funzionario della Sovrintendenza Paesaggistica Giuseppe Schiavone (omonimo dell’imprenditore).

CALABRIA

La Stampa, 9 luglio 2016

Inchiesta appalti all’Asp di Reggio Calabria, 17 indagati per concorso in peculato. Sono coinvolti gli ex direttori generali e commissari dell’azienda sanitaria provinciale. Nel misterioso mondo dell’Asp (azienda sanitaria provinciale) di Reggio Calabria una ditta di pulizie può ricevere centinaia di migliaia di euro al mese senza avere uno straccio di contratto o aver vinto un regolare appalto. E può sfruttare questa anomalia per anni, fino a incamerare una cifra che supera i 6 milioni di euro. La Procura di Locri ha notificato l’avviso di chiusura indagini a 17 tra attuali ed ex amministratori dell’Azienda provinciale, tutti accusati di concorso in peculato.

SICILIA

La Repubblica, 18 febbraio 2017

Appalti, indagato il manager dell'Asp di Palermo. Antonio Candela è accusato di falso in atto pubblico nell'ambito dell'inchiesta sui lavori all'ospedale di Palazzo Adriano. Avviso per altre sei persone, tra cui l'ex dirigente generale Cirignotta. 

SARDEGNA

Sardiniapost.it, 14 Giugno 2018

Medici e infermieri accusati di truffa e assenteismo, chiusa l’indagine Asl. La Procura di Sassari ha chiuso le indagini relative alla vicenda giudiziaria che coinvolge quattro medici e sei infermieri del Poliambulatorio di Sorso, finiti sotto inchiesta, alla fine di marzo, per assenteismo.

MOLISE

Primopiano.it, 11 ottobre 2012

Ecco i nomi dei 30 dipendenti Asrem sospesi dal servizio. I carabinieri hanno notificato il provvedimento cautelare a 30 indagati: “Erano d’accordo per truffare lo Stato”. 

BASILICATA

Basilicata24.it, 7 luglio 2018

Concorsi con tracce svelate in anticipo e punteggio stabilito a tavolino. Il ruolo dell’ex dg dell’Asp. Giovanni Bochicchio. Indagato anche l'ex direttore dell'Asp, e attuale dg del Crob, per il concorso per la copertura di un posto di dirigente amministrativo indetto dall'Azienda sanitaria di Matera.

UMBRIA

Umbriajournal.com, 13 aprile 2019

Sanità, arresti Umbria, 35 persone indagate, anche la presidente Catiuscia Marini. Indagati per aver influenzato influenzato l’esito dei concorsi pubblici all’ospedale di Perugia e nella Usl 1. I candidati ricevevano le prove scritte in anticipo e – ritengono gli inquirenti – messi nelle condizioni di vincere i concorsi. Per questo sono finiti agli arresti domiciliari il segretario del Pd dell’Umbria Gianpiero Bocci e l’assessore regionale alla Salute e coesione sociale Luca Barberini, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera Emilio Duca, il direttore amministrativo Maurizio Valorosi.

ABRUZZO

Abruzzoweb.it, 6 marzo 2017

Appalto ospedali, in manette imprenditore Colasante e funzionaria della ASL Chieti. Lanciano. “Se a qualcuno viene in mente di incrociare questi dati, siamo nei guai”. Una frase profetica, quella intercettata di una tra i 9 indagati dell’inchiesta della procura della Repubblica di Lanciano denominata, appunto, “Dati incrociati”, che ha portato a scoprire un giro di fatture gonfiate per la fornitura di certi servizi nei presìdi ospedalieri della Asl Lanciano-Vasto-Chieti.

FRIULI VENEZIA GIULIA

Ilgiornale.it, 24 aprile 2018

Friuli Venezia Giulia, la sanità al collasso dopo 5 anni di giunta dem. Riduzione dei posti letto, pronto soccorso affollati e lunghe liste di attesa: tutte le criticità della sanità targata Pd. Fedriga: “La riforma Serracchiani-Telesca ha devastato la Regione”.

TRENITINO ALTO ADIGE

Ladige.it, 28 gennaio 2018

La maxi inchiesta: sanità e mazzette, 7 indagati. Sono sette le persone indagate per la maxi inchiesta sulla sanità pubblica. Un'indagine che coinvolge fornitori e imprenditori che operano nel settore medico e dirigenti dell'Azienda sanitaria di Trento, ma anche di quella di Bolzano. Sotto la lente della magistratura, ci sono decine di gare d'appalto, che riguardano la fornitura di attrezzature sanitarie, strumentazione medica, arredi e bandi per la manutenzione degli ospedali della regione (ma non ci sarebbe invece la progettazione del nuovo Polo sanitario Trentino).  

TOSCANA

Gonews.it, 22 novembre 2018

Inchiesta Asl Prato, Alberti: "Indecente comportamento, allontanare subito gli indagati". “Quattro anni di truffe e esami regalati a parenti e amici sono uno scandalo di proporzioni catastrofiche per la sanità toscana – dice il consigliere regionale Jacopo Alberti - quello che è accaduto a Prato disintegra il tanto sbandierato ‘modello’ toscano del sistema sanitario una volta per tutte. E per adesso sono emersi 44 indagati, chissà quanti altri e per quanti anni è stata portata avanti questa truffa, quanti si sono voltati dall’altra parte e non hanno denunciato comportamenti scorretti. Non è possibile che nessuno si sia accorto di nulla in tutti questi anni”.

PUGLIA

Repubblica, 27 ottobre 2019

Puglia, la sanità come merce di scambio. "Se ci intercettano saranno guai". Le carte dell'inchiesta foggiana in cui il presidente della Regione Michele Emiliano è indagato con l'assessore Salvatore Ruggeri. Dai verbali emergono le pressioni per i vertici della Asl di Foggia.


mercoledì 10 marzo 2021

La lotta all'inquinamento è solo di facciata?


Vorrei sottoporvi un problema che è sorto a Novara, ma che potrebbe riguardare molte altre città. La giunta ha iniziato a bloccare, in periodi nei quali l'inquinamento dell'aria supera il livello di guardia, le auto diesel Euro 4, tra cui quindi anche la mia Alfa Romeo. Il problema è che i vigili e l'assessore del comune ritengono di dover multare anche le diesel che montano dispositivi per la limitazione delle emissioni di PM10, come il filtro antiparticolato. Sembra proprio che nella terminologia utilizzata dalla pubblica amministrazione vi sia una confusione sul senso della sigla di Euro 4, da loro ritenuta una semplice omologazione di un tipo di carburante, mentre dai documenti presenti sul sito dell'ACI, ad esempio, e non solo, risulta molto chiaro che Euro 4 sono norme molto severe per limitare le emissioni di PM10. Infatti il mio libretto di circolazione afferma espressamente che la mia automobile "rispetta" la norma delle Euro 4, cioè rispetta i vincoli molto severi imposti dalle norme europee. 

A una mia richiesta di chiarimento, l'impiegato dell'assessorato alla viabilità di Novara si è giustificato affermando che, testuali parole: "le limitazioni alla circolazione dei veicoli ad omologazione euro 4 alimentazione diesel derivano dall'Accordo del 09 giugno 2017 sottoscritto dal Ministro dell’Ambiente e dai Presidenti delle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto", e soprattutto che: "tale l'accordo prevede il blocco progressivo dei veicoli che sono ritenuti più inquinanti, non in senso assoluto, né in relazione all'anno di immatricolazione, ma in relazione alle emissioni generate e al superamento dei valori limite di determinati inquinanti nell'aria (PM10, PM2,5 Biossido di Azoto, etc), peraltro appena sanzionato da parte della Comunità Europea." 

Ma una simile determinazione risulta in netto contrasto con lo stesso significato dell'omologazione Euro 4, che sul sito dell'ACI viene così definita: “Euro 4 / Euro 5 : i veicoli euro 4 ed euro 5 sono quelli di concezione piu’ recente, attrezzati con i dispositivi per l’abbattimento delle emissioni inquinanti piu’ avanzati, rispondenti alle ultime direttive europee in materia che impongono restrizioni piu’ severe rispettivamente dal gennaio 2006 e dal gennaio 2008”. Ora, come già scritto all'impiegato del comune di Novara, è vero che la tecnologia corre velocemente, ma non è un controsenso definire le Euro 4 “attrezzate con i dispositivi per l’abbattimento delle emissioni inquinanti”, salvo poi decidere, anni dopo, di estrometterle dalla strada perché inquinanti? Secondo quali nuovi studi, leggi o analisi viene sancita questa discriminazione dei motori diesel, tanto da annullare la validità stessa della certificazione Euro 4?

martedì 2 marzo 2021

Il presidente dell'ENI Mattei fu ucciso dagli americani?

Enrico Mattei (1906-1962), in un'immagine in pubblico dominio sul web.


Un giornale ungherese, uscito nel 1963, sembrava certo che la morte dell'ex presidente dell'ENI, Enrico Mattei, schiantatosi con il suo aereo vicino all'aeroporto di Linate il 27 ottobre del 1962, fosse dovuta a un attentato degli americani. Il movente? La supremazia a stelle e strisce sul petrolio, ma anche la necessità di bloccare tutti i tentativi di costruire relazioni politiche e commerciali tra est e ovest. 
Specifichiamolo bene: non è detto sia questa la parola fine sul giallo. Ho messo il punto interrogativo nel titolo, e tengo a sottolinearlo, perché se si entra nel dettaglio degli esecutori, Enzo Biagi scriveva che fu la spia francese Laurent dello Sdece a sabotare l'aereo di Mattei. Ma Laurent dello Sdece compare come spia doppiogiochista del Kgb nell'archivio Mitrokhin. Quindi, o Biagi si sbagliò e Laurent non c'entra niente, oppure la storia è più complessa di quanto i giornali (certo non liberissimi) comunisti volevano far credere.


Giovedì 27 giugno 1963 - Amerikai Magyar Szó

La guerra del petrolio

Da: VICTOR PERLING

Il presidente Kennedy lanciò una campagna per impedire le relazioni commerciali est-ovest, lanciando un'altra fase di aspre accuse. Le esportazioni consentite dagli Stati Uniti ai paesi socialisti furono ridotte a quello che erano quattro anni fa nel 1962, e i funzionari statunitensi si imbarcarono in una campagna di propaganda perpetua che fece pressione sui governi stranieri, i leader politici, la NATO e i membri del mercato comune per recidere importanti relazioni commerciali con i paesi socialisti. Gli obiettivi principali di questa campagna includono la prevenzione del noleggio di barche, la costruzione di navi, la vendita di tubi petroliferi di grande diametro all'Unione Sovietica e l'acquisto di petrolio sovietico.

Il presidente e il signor Rusk seguono esattamente le istruzioni del Rocke Feller-Standard Oil Group.Il 26 ottobre 1962, un "sottogruppo" della Commissione Eastland tenne un'audizione sulle esportazioni sovietiche di materiali strategici. Un senatore era qui: l'uomo di Rockefeller, Keating. È apparso un testimone Egv: George T. Piercy, direttore della Standard Oil (New Jersey), ha riassunto i risultati del National Petroleum Council, che erano stati precedentemente messi a disposizione delle agenzie governative competenti.

Piercy si è lamentato del fatto che l'aumento delle esportazioni petrolifere sovietiche, insieme alla costruzione di raffinerie da parte dei governi e delle società non appartenenti al cartello nei paesi consumatori, mina il monopolio mondiale del cartello "Seven Big". Ha poi identificato il monopolio dei cartelli guidati dalla Standard Oil con la sicurezza degli Stati Uniti e ha spiegato che la pressione economica dei cartelli da sola non era sufficiente per raggiungere l'obiettivo; pertanto, è necessaria un'azione comune da parte dei governi capitalisti. Ha elencato gli sforzi già compiuti dalla NATO e dal mercato comune, ma ha chiesto un'azione molto più forte da parte del governo degli Stati Uniti per fermare il commercio di petrolio e articoli correlati.

Washington ha rispettato le richieste. Ho già scritto sui tentativi di rendere impossibile a Cuba il noleggio di navi mercantili. Nonostante i principali rapporti di trionfo del successo di questo tentativo, il Journal of Commerce ha presto riconosciuto che non vi era stata alcuna interruzione delle spedizioni cubane e che l'Unione Sovietica aveva ricevuto solo un piccolo costo aggiuntivo rispetto al semplice riorganizzazione delle spedizioni. Dal 15 marzo, il charter delle navi capitaliste è aumentato nel commercio cubano, e questo è già stato apertamente riconosciuto.

L'Unione Sovietica sta espandendo notevolmente la sua marina mercantile, diventando così indipendente dalla carta capitalista nel suo commercio estero in via di sviluppo. Costruisce navi, acquista navi vecchie e costruisce navi in ​​fabbriche straniere. Il Giappone ha consegnato alle officine di costruzione navale il più grande ordine di petroliere della storia - a un prezzo equo e con un contratto di prestito di 6 anni. Lo ha chiesto il governo degli Stati Uniti. affinché il governo giapponese risolva il contratto. Il primo ministro Jkeda era incline a soddisfare il desiderio di Washington e ha chiesto ai costruttori navali di modificare i loro termini di credito liberali, ma gli appaltatori di costruzioni navali, alcuni dei quali appartengono al gruppo Zaibatsu, hanno abbastanza influenza per mantenere i loro termini originali. Nel frattempo, i costruttori navali britannici ei loro lavoratori gareggiavano per ottenere un ordine sovietico per i loro cantieri inattivati.

È attualmente in costruzione una grande rete di condutture, che svolgerà un ruolo di primo piano nell'espansione dei piani di esportazione sovietici. Sulla linea principale iniziale del gasdotto, dall'Ura al fiume Volga (in parte già costruito), verranno posati tubi di 40 pollici di diametro che non furono realizzati nei sovietici prima del 1962. Grandi contratti furono conclusi con vari paesi capitalisti per l'acquisto di tali tubi e da essi furono anche consegnate enormi quantità. Il governo degli Stati Uniti è quindi intervenuto e ha convinto la NATO a prendere una decisione contro tali trattati. La decisione è stata accettata dal governo della Germania occidentale, respinta dal governo italiano; la risposta del governo giapponese non era stata ancora resa pubblica fino a quando non apparvero queste righe.

Ma l'Unione Sovietica ha reindirizzato alcuni ordini dalla Germania occidentale alla Svezia, piazzando nuovi ordini in Inghilterra e, se lo desidera, nel frattempo, potrebbe moltiplicare la propria capacità di produzione di tubi da 40 pollici e aumentarla di dieci volte quest'anno. Nonostante le contromisure occidentali, era determinato a terminare la posa degli oleodotti in tempo. Come si può giudicare dalla reazione rabbiosa di Mannesman Tubes e Phoenix Rheinrohr, l'effetto finale dell'intera azione sarà quello di accelerare il "cambio di trono" all'interno del governo Adenauer.

Il governo degli Stati Uniti chiede al governo britannico di non accettare di acquistare petrolio sovietico. Ci sono anche cose legate alla pressione diplomatica che sono molto caratteristiche delle attività sporche delle compagnie petrolifere e della CIA, i cui dettagli completi potrebbero non essere resi pubblici per anni. Questi includono ^

1. L'apparente assassinio di Enrico Mattéi, il cui aereo si è schiantato lo scorso agosto. Mattéi era presidente della società governativa italiana, ENI, e ha svolto un ruolo significativo nella promozione delle relazioni commerciali est-ovest.

2. La cospirazione fascista baath in Iraq, una settimana dopo che Kassem annunciò la grande scoperta petrolifera e l'imminente costituzione di una compagnia statale per sfruttarla.

3. Accusa da parte dei media occidentali di un grave incendio a Novorossijsk, un porto petrolifero sovietico.

La lotta tattica procede con fortissima e mutevole fortuna, ma la campagna contro le relazioni commerciali est-ovest è fallita strategicamente. L'obiettivo degli Stati Uniti di sconfiggere economicamente l'Unione Sovietica e la Cina è crollato durante la guerra di Corea, dopo il successo iniziale nell'interrompere le relazioni commerciali. Ora che il blocco socialista è diventato quattro volte più forte economicamente e ha triplicato le relazioni commerciali est-ovest, e l'economia socialista è incomparabilmente più sana dell'economia capitalista, questo esperimento è al limite dell'impossibilità.

Nel 1961, il primo anno della presidenza Kennedy, il commercio est-ovest crebbe dell'8% e nel primo trimestre del 1963 dell'11%. Contrariamente a qualsiasi rapporto che riporta una riduzione locale, ci sono almeno una mezza dozzina di rapporti sulla crescita su larga scala e, come ha recentemente riconosciuto il Wall Street Journal, ci sono tutte le ragioni per credere che in quest'area sia prevista un'ulteriore rapida crescita .

A causa di alcuni vantaggi economici sperimentali e temporanei dei fondi petroliferi e della promozione dell'interesse politico delle iene di guerra, il governo degli Stati Uniti sta perseguendo una politica che oppone il paese ai suoi alleati, impedisce il movimento per aumentare le esportazioni e aumenta la disoccupazione a livelli che il presidente ha già rilanciato, hai paura.

martedì 5 gennaio 2021

La spia fascista che aiutava i comunisti


4/10/1958

DEMON:

Il modo in cui è stato introdotto DEMON è indicato nel record DUOM. Nessuna iniziativa è stata sviluppata da parte nostra. Tuttavia, egli stesso ha chiamato l'ufficio visti il 2/10 e il 3/10 senza dire un nome, ma si è presentato come amico di DUOM. Mi ha chiesto il telefono, ma io non ero presente. Il signor Lesnik ha preso il telefono. DEMON ha ripetuto la telefonata il 3/10 alle 17 circa alla Legation, e il portiere ha risposto al telefono, era qualcuno che mi chiamava, ma lui ha sentito il nome sbagliato. Ho sostenuto il colloquio e ho chiesto chi stavo chiamando, il chiamante voleva prima sapere se ero in ufficio. Ho insistito perché dicesse il nome in anticipo, altrimenti che se la persona non si fosse presentata, avremmo potuto dare una risposta. Così ha dato il suo nome e gli ho detto che stava parlando con me. Si scusa per aver disturbato, ma ha chiamato per vedere se non l'ho chiamato in questi giorni, che è stato spesso fuori dall'appartamento e non gli piacerebbe che lo cercassi. Gli ho risposto che non l'avevo chiamato, che ero troppo occupato in questi giorni, il che ci avrebbe messo un po', ma che non avevo dimenticato la nostra conversazione, e non appena mi fossi rilassato, lo avrei chiamato. Dopo questo non aveva altre domande e la conversazione era terminata. DEMON sta sviluppando un'iniziativa per incontrarmi, che non è stata ancora segnalata per qualsiasi fonte. È possibile che voglia rendersi interessante, perché ho mostrato un certo interesse per lui al nostro incontro e che vuole scoprire se può vendermi qualche notizia. La parte peggiore è che quando ha chiamato al telefono, si è presentato come un amico di DUOM! Suggerisco di chiamarlo e dirgli che non ho tempo nel prossimo futuro, per assicurarmi che lo chiamerò non appena mi libererò. Nel frattempo, controllerò DARKA e Robert. Non ho dato a DEMON un numero di telefono. Potrebbe ottenerlo nella rubrica o chiedendo informazioni / è stato testato da noi /.

20/10/1958

DEMON:

La conoscenza di DEMON è stata fatta bene e quindi si può presumere che non sia riuscito a rivelare l'intera combinazione. L'unità deve essere ispezionata rapidamente prima di stabilire un contatto personale. Per quanto riguarda la sua iniziativa, questa può essere considerata una questione puramente finanziaria, visto che DUOM si è rifiutato di comprargli notizie. Dopo aver eseguito l'ispezione, determineremo la procedura per trattare DEMON. Compagno Klimo, nel caso di DEMON, puoi vedere quali errori hai fatto nel non aver effettuato un'ispezione su DEMON non appena ti abbiamo ordinato di farlo. Oggi potevamo già sapere cosa stavamo facendo e l'intero processo dell'attuale sviluppo di DEMON avrebbe potuto avere una direzione diversa.

6/10/1959

Valutazione materiale su DEMON (Benuzzi)

Residente a Roma, il tipo DEMON è stato sviluppato sulle linee del Vaticano. Durante l'elaborazione e l'esecuzione dell'esame, si è scoperto che si tratta di una persona completamente senza scrupoli che è stata processata più volte per frode, di cui non ci si può fidare, perché è capace di ulteriori tradimenti, se ne trarrà beneficio personalmente. Sulla base di questi reperti, la sua ulteriore elaborazione è stata abbandonata e quindi i materiali sono stati conservati in archivio. Hruban

12/11/1959

DEMON:

DEMON è stato ispezionato nella sua residenza da Robert. Si è riscontrato che DEMON è una persona poco seria e poco frequentata in casa. Ha una vita disorganizzata e ha continui litigi con la sua ragazza. Non si associa a nessuno in casa e non riceve nemmeno visitatori. È caratterizzato come un intrigante alla ricerca di modi per ottenere i migliori soldi. Di solito resta a casa la mattina, esce il pomeriggio e torna abbastanza tardi la sera. Gli altri inquilini sono piuttosto sospettosi di ciò che stanno facendo e di ciò di cui vivono, perché non si sa che abbia un lavoro. Sulla base del consiglio di DARKA e di questa scoperta, suggerisco di interrompere ulteriori elaborazioni. HRUBAN 


Quella che avete appena letto è la cronaca dei contatti tra le spie cecoslovacche e un italiano. Ci offre uno spaccato di ciò che è stata, anche in Italia, la guerra fredda: i contatti telefonici anonimi, gli appuntamenti segreti, i messaggi lasciati in una cassetta postale, o scambiati di nascosto nelle pagine di un giornale. Ma l’italiano in questione non è una persona qualunque. Si tratta dell’ex spia dell’OVRA di Mussolini, Valerio Benuzzi.

Uno dei dossier più interessanti del carteggio che ci è stato inviato da Praga sui servizi segreti comunisti è sicuramente il suo, il numero 323, all’interno del quale sono state archiviate numerose relazioni in lingua italiana sulla politica del Vaticano. 

Siamo nel periodo 1958-59. I rapporti spionistici raccontano fatti che per noi italiani sono abbastanza noti, che riempivano, allora, le colonne dei quotidiani, come lo scandalo Giuffrè, oppure le voci sul coinvolgimento di alcuni politici democristiani nei loschi affari di Cosa Nostra. Dalle testimonianze dei banditi del boss Salvatore Giuliano emerse in quel periodo il nome di Bernardo Mattarella, padre dell’attuale presidente della Repubblica. Voci, appunto, nulla di più, che la spia si limitava a riferire, mai confermate e sempre seccamente smentite dalla famiglia Mattarella.

Ma chi era Valerio Benuzzi? Il problema è questo, e non è facile fornire una risposta. Quello che si sa lo apprendiamo da un articolo del Corriere del Trentino del 3 febbraio 2017, allorché il giornale, ricostruendo la storia di questa spia nativa di Trento, scrisse che, dopo aver lavorato per diversi periodi per l’OVRA di Mussolini, e aver fornito aiuto persino ai nazisti, nel processo per collaborazionismo che gli fu istruito nel dopoguerra Benuzzi fu assolto. Anzi - ha scritto il Corriere del Trentino - “Dal dispositivo di sentenza rilevasi che durante il periodo nazifascista, il Benuzzi svolse opera altamente meritoria che gli valse la viva riconoscenza di qualificati esponenti del Clnai, di mons. Bicchierai e del prof. Valletta, il quale ebbe a dichiarare che il Benuzzi, servendosi delle sue relazioni nel campo avversario, aveva evitato la distruzione degli impianti industriali della Fiat.” A quel punto, secondo il giornale trentino, Benuzzi avrebbe iniziato a fornire informazioni anche alla CIA con lo pseudonimo di Deodar I. 

Dunque un doppiogiochista? E’ questo il punto chiave. Su Valerio Benuzzi anche la CIA costruì un fascicolo, e anche in questo caso per monitorarne i movimenti, come veniva fatto per tutti gli ex gerarchi del nazi-fascismo. In poche parole, e come si evince da un rapporto del 21 giugno del 1945, pure gli americani si fidavano ben poco di lui. Benuzzi era nato il 30 novembre del 1892 e quindi dopo il 1945 aveva già superato i 50 anni. Uomo maturo, ma evidentemente ritenuto da tutti inaffidabile. 

Eppure tutti ne sfruttavano le “entrature” nell’ambiente vaticano. E’ possibile che il tramite con i cecoslovacchi fosse Arnaldo Cortesi, del quale si occupa proprio il primo documento del dossier 323 di Praga. Eccone il testo: “Cortesi Arlando (Arnaldo? ndr), un giornalista americano di origine italiana, è stato coinvolto nel lavoro di intelligence come leader del New York Times a Roma.

Durante la sua permanenza in Italia, Cortesi si è specializzato nel monitoraggio delle attività del Partito Comunista Italiano e ha mantenuto stretti contatti con l'agenzia di stampa vaticana CIP. Uno dei suoi informatori era Valerio Benuzzi, che lavorava a Milano come rappresentante dell'agenzia di stampa Italypress. Benuzzi ha pubblicato sulla stampa una dichiarazione del console di Milano TRPAK sulle sue dimissioni.”

Ai primi di aprile del 1959, la CIA venne a sapere che Benuzzi aveva passato un dossier su Malagodi a Enrico Mattei, il presidente dell’ENI che scomparve tragicamente nel disastro aereo di Bascapè. E’ un documento importante, perché siamo nello stesso periodo in cui l’ex spia dell’OVRA era in contatto anche con i cecoslovacchi. 

Ancor più significativa è una relazione della stessa CIA di dieci anni prima. Dobbiamo tornare al 1948. La guerra è finita da poco e si teme già un nuovo conflitto mondiale con l’URSS. Sembra che al ministero dell’interno italiano ci si prepari a una rivoluzione dei comunisti. Dunque, il ministro Scelba per fronteggiare il pericolo si affida al generale dei carabinieri Giuseppe Pieche. Questi, stando al rapporto della CIA, avrebbe nominato quale suo segretario proprio Valerio Benuzzi. E’ vero? - si chiedono gli americani. Pieche in un incontro avuto in quel periodo con le spie della CIA avrebbe negato tutto. Stando al suo racconto, sarebbe stato il Benuzzi a offrire i suoi servigi a Pieche, ma egli avrebbe rifiutato la proposta. 

Quello che appare certo è che tra Pieche e Benuzzi c’era un rapporto di grande fiducia fin dai tempi del Fascismo, se è vero che fu proprio l’ex generale dei carabinieri, con la sua testimonianza, a salvare Benuzzi dal’incriminazione per collaborazionismo. 

Ma chi era questo Pieche? Ecco un altro punto chiave. Il nome di Giuseppe Pieche salì alla ribalta delle cronache nel 1991, allorché divenne pubblica l’esistenza di una struttura illegale anticomunista chiamata Gladio. 

In un articolo del 21 gennaio 1992, uscito sul quotidiano L’Unità, i giornalisti Antonio e Gianni Cipriani parlarono di Pieche quale elemento di spicco all’interno dell’organizzazione eversiva dell’Aginter press. E lo descrissero con queste parole: “Giuseppe Piechè, capo del controspionaggio del Sim e collaboratore dell'Ovra fin dal 1937, durante la seconda guerra mondiale aveva lavorato per gli ustascia, strutturando il servizio segreto per Ante Pavelic. Finita la guerra era riuscito ad evitare l'epurazione diventando il consigliere militare di Mario Sceiba; in particolare divenne direttore generale della Protezione civile del Viminale, una struttura-schermo dietro la quale Piechè coordinava l’ufficio riservato delle attività informative e coordinava i gruppi di ex fascisti in funzione anticomunista. Piechè, massone di rito scozzese, diventò in seguito Sovrano gran commendatore della loggia di piazza del Gesù, legandosi a Elvio Sciubba, l'uomo che ha rappresentato il trait-d'union tra la comunione di piazza del Gesù, la P2 e le logge americane.”

Da qui, da questi legami tra Pieche e il gruppo eversivo dell’Aginter press, coordinato da Guerin Serac e Robert Henry Leroy, sarebbe nato secondo i Cipriani il terrorismo rosso, attraverso un lungo lavoro di infiltrazione dei gruppi filocinesi e sfruttando un’organizzazione internazionale con basi logistiche in Svizzera, in primo luogo, ma poi anche in Italia, Egitto, Cecoslovacchia, Turchia, Libano, Montecarlo e poi anche in URSS, Cina e Albania. Come se non bastasse, Pieche tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 fu prefetto di Ancona e potrebbe aver avuto un ruolo chiave nell’allestimento della base NATO del monte Conero.

Dunque, servizi americani, terroristi svizzeri, massoneria, Gladio: sembra proprio la trama del terrore che avevamo indicato, nel libro “L’indagine impossibile”, quale responsabile del delitto Moro, se non fosse che qualcosa non torna. Se i filocinesi non fossero altro che i terroristi dell’Aginter press e dei servizi segreti italiani travestiti da rivoluzionari maoisti, come sosteneva anche la propaganda della STASI, come è possibile che i servizi segreti italiani fecero arrestare nel 1967 un gruppo di maoisti, capeggiati da un certo Michele Savi, in procinto di compiere degli attentati di un certo rilievo? Altri dubbi sorgono leggendo un articolo del quotidiano La Stampa del 18 luglio 1963. Sembra che in quei giorni si consumò una rottura all’interno del PCI tra maoisti e togliattiani. Ad Ancona e in tutte le Marche furono distribuiti volantini in doppia lingua, italiana e francese, con slogan inneggianti a Mao Tse Tung. Erano gli stessi volantini (in realtà i Cipriani parlarono di “manifesti”) che, secondo i giornalisti dell’Unità, venivano distribuiti dai neofascisti di Avanguardia nazionale per preparare la Strategia della tensione? Può darsi, ma ricordiamoci che l’avvicinamento tra Cina e Stati Uniti avvenne ufficialmente solo durante la presidenza Nixon, quindi molti anni più tardi. 

E adesso, a complicare il quadro, c’è anche l’ambigua figura di Valerio Benuzzi.