venerdì 16 agosto 2024

Licio Gelli fu ricattato dal kgb?


Uno squarcio molto importante nelle nebbie che avvolgono la storia del venerabile maestro della Loggia P2, Licio Gelli, arriva grazie ai siti web rumeni. In particolare vi è una ricostruzione molto dettagliata sul blog del rumeno Vladimir Alexe. Le informazioni che vi mostriamo per primi in Italia sono assai attendibili, anche perché furono in parte riprese da uno dei siti di notizie più affidabili della Romania: HotNews.ro

Questa è la versione più ampia e approfondita che abbia trovato. È una storia incredibile, che però chiarisce molti misteri italiani, perché mette i tasselli al loro posto e offre uno sfondo storico veritiero. Mettetevi seduti e leggete con calma.


IL COINVOLGIMENTO DELLA MAFIA INTERNAZIONALE

Anche il contrabbando di Stato di Jimbolia aveva una dimensione mafiosa internazionale. Due falsi Cavalieri di Malta, Angelo Lonardoni e Caiumi Serafino, insieme al priore oradeano Ionel Bara (membro dell'"Ordine Arnaldo Petrucci") - in realtà membri dell'ex organizzazione Propaganda Due (P.2), sotto la guida del famoso Licio Gelli - furono coinvolti, a loro volta, nel traffico di petrolio e prodotti petroliferi russi da Jimbolia alla Jugoslavia. La registrazione della loggia P.2 sull'asse Mosca-Bucarest non sorprende affatto. Ex membro del governo della Repubblica di Salò (ultimo governo Mussolini), Lucio Gelli emigrò nel dopoguerra in Argentina, dove godette della protezione del dittatore Juan Peron e di sua moglie Evita. Lì venne scoperto dai servizi segreti sovietici, che lo ricattarono denunciandolo come criminale di guerra. Gelli ha accettato di lavorare per Mosca, solo per salvarsi la pelle. Tornò in Italia, dove per un po' frequentò una piccola libreria che, secondo i servizi segreti italiani, funzionava più come una sorta di cassetta della posta per gli agenti del KGB. Sebbene Gelli si dichiarasse di destra, negli anni '60 e '70 stipulò numerosi accordi redditizi nel settore tessile con la maggior parte degli stati membri del Trattato di Varsavia. Dopo il 1966, quando assunse la guida della loggia Propaganda Due, Gelli riuscì ad attirare nella sua organizzazione numerosi leader politici stranieri, insieme a quelli italiani. Dalla Romania, oltre a Ceausescu, altri 16 membri della direzione del PCR facevano parte della P.2, a partire dagli anni '70. La loro lista è stata offerta alla Sicurezza romena dal Sismi (il servizio segreto militare italiano), contro la somma di 160.000 dollari. Dopo gli anni '90 Lucio Gelli ha continuato la sua attività in Romania, venendo una decina di volte l'anno; il che dà un’idea dell’ampiezza del fatturato realizzato dagli italiani a Bucarest, Timisoara o Oradea. Attraverso Arnaldo Petrucci, Gelli ha addirittura proposto allo SRI di aiutarlo a riciclare 300.000 dollari a Oradea. Sia Iliescu che Magureanu sembrano essere a conoscenza degli affari di Gelli. La principale pedina di Gelli nella relazione con Virgil Magureanu fu il priore Ionel Bara, ex capitano dell'esercito romeno, poi trasferito nella riserva. Un ruolo importante da parte jugoslava nell'operazione Jimbolia fu svolto da un altro membro della P.2, il dottor Caiumi Serafino, che si presentò come cancelliere per l'Europa orientale dell'Ordine dei Cavalieri di Malta. Secondo le rivelazioni fatte successivamente da Caiumi Serafino, (vedi allegato 13), dei trasporti di petrolio russo furono curati anche dal colonnello Dumitru Ogasanu, Luciano Lanardoni e Ionel Bara. Il carburante russo partiva dai magazzini di Prahov, trasportato in convogli destinati a compagnie fantasma straniere. A Timisoara, invece, i sequestri sono stati assunti da Ogasanu, Bara e dalle già citate autorità locali. Sui documenti si presumeva che il petrolio avesse come destinazione immediata Jimbolia, dove avrebbe dovuto essere immagazzinato. (Sebbene Jimbolia non abbia giacimenti di petrolio). Di notte, una locomotiva jugoslava trasportava i kit a Kikinda, oltre il confine. Gli italiani negoziarono con i serbi a Kikinda, poi tornarono in Romania e condivisero il profitto con il resto della rete. Quando la vicenda è emersa sui media, Serafino ha affermato che avrebbe cercato la protezione di Ioan Talpes, direttore del Sie, che secondo l'italiano era "contro Magureanu ma pensavo fosse amico di Gelli".

Il fatto che nell'operazione Jimbolia siano stati coinvolti Gelli, Serafino, Lonardoni e la loggia P.2, controllata dai servizi segreti russi, dimostra che tutta la vicenda è stata, in realtà, diretta da Mosca, attraverso la Romania. Non differiva in alcun modo dalle altre operazioni dei servizi segreti russi, dirette anche attraverso la cosiddetta organizzazione di destra P.2. di Lucio Gelli, come l'attentato alla stazione di Balogna o l'attentato contro Papa Giovanni Paolo II nel 1981. Il conte Alexandre de Marenche, direttore dello SDECE (Service de Documentation Exterieure et de Contre Espionnage) francese ha dichiarato in un'intervista: che era a conoscenza dell'attentato contro il Papa, e questo sei mesi prima. (Quando l’assassino turco Ali Agca perseguitava ancora l’ Europa). La fonte del conte di Marenche: Nicolae Ceausescu, che aveva saputo dell'intenzione dell'attacco da uno degli uomini di Gelli. Sebbene de Marenche avesse avvertito il Vaticano, nessuna misura era stata presa per proteggere il Papa. (Nel 1981, sia il presidente Ronald Reagan che papa Giovanni Paolo II furono inseriti nella lista nera del KGB, in seguito al patto anticomunista concluso dai due. Né l'attentato contro Reagan, né quello contro i papi però riuscirono, se non  parzialmente).

L'asse Mosca-Bucarest, che ha funzionato perfettamente nel caso dell'operazione Jimbolia, riuscendo a rompere l'embargo dell'ONU, è stato meglio evidenziato dalla vicenda del filo rosso, soprannominato dai media lo Zavtragate.

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