sabato 5 ottobre 2024

Burger e quegli attentati in Alto Adige sulle orme di Praga


Sulla vicenda del coinvolgimento dell’ex Cecoslovacchia nel terrorismo altoatesino degli anni Sessanta arrivano importanti conferme da Wikileaks. Un telegramma partito da Vienna il 26 luglio 1976, presumibilmente dall’ambasciata americana, e diretto alla Segreteria di Stato riferiva di un dibattito acceso che stava scoppiando in Austria in quei giorni per le voci di un coinvolgimento cecoslovacco negli attentati in Alto Adige. Sostanzialmente, il telegramma confermava praticamente tutto quello che avevamo trovato nel dossier 10443/122 dell’archivio di Praga. La fonte in questo caso nel ‘76 era stata un’intervista rilasciata da Josef Frolik. Si trattava di un’ex spia dell’STB cecoslovacco che era fuggita in occidente intorno al 1969, si era unita alla CIA e aveva portato con sé le prove dei crimini commessi dal suo Paese. Di conseguenza, nel 1976 aveva rilasciato un’intervista alla televisione austriaca. Il telegramma tuttavia non si soffermava sulle accuse di Frolik, su cui torneremo dopo, bensì sulle reazioni contraddittorie alle sue parole. Se ne occupava il giornale austriaco Kurier, un organo di informazione conservatore e indipendente. Completamente contrario all’ipotesi del coinvolgimento sovietico nel terrorismo altoatesino era il rappresentante austriaco, il cancelliere Kreisky, che bollava come assurde le accuse di Frolik, da lui definito una persona in cerca di attenzioni. Ma c’era anche chi confermava queste ipotesi e in particolare Hugo Gamper, esponente del Partito Popolare dell’Alto Adige, il quale aveva condotto una sua indagine e considerava più che attendibili le accuse di Frolik. In pratica, secondo Gamper, la Cecoslovacchia aveva cercato di inserirsi nella questione altoatesina per motivi politici, dividere i Paesi della Nato, insidiare le basi della NATO vicino Bolzano e spaventare la popolazione italiana. Tutto questo i miei lettori lo sanno, perché lo avevamo accertato con dei documenti e delle prove incontrovertibili. L’esponente dell’Alto Adige però andava anche oltre. I cecoslovacchi avrebbero dapprima contattato gli esponenti del BAS per coordinare gli attentati, ma, ricevuto un rifiuto dagli esponenti locali, avrebbero proseguito da soli, anche con attentati dinamitardi e la diffusione di volantini di rivendicazione. C’era, dicevamo, una seconda testimonianza in favore di Frolik, che il giornale austriaco riportava nel 1976. Ma qui la questione si complica. Chi certificava insieme a Gamper il coinvolgimento cecoslovacco nell’affare altoatesino? Ebbene, proprio Norbert Burger, che per la giustizia italiana è diventato il principale responsabile dei più gravi attentati di quel periodo: fine anni ‘60 e inizio ‘70. Come ci spiega in un suo articolo del 2017 il Corriere delle Alpi, Burger fu condannato in contumacia dalla giustizia italiana all’ergastolo per strage continuata pluriaggravata, vilipendio di cadaveri, danneggiamento aggravato e banda armata. Insieme a Burger furono condannati anche “Peter Kienesberger (Germania) all’ergastolo per strage, vilipendio di cadaveri, banda armata, danneggiamento ed attentati; Erhard Hartung (Germania) all’ergastolo per strage e banda armata Egon Kufner (Germania) a 24 anni per strage e banda armata.” Come andò a finire? Prosegue sempre il Corriere delle Alpi: “Nessuno di loro ha mai scontato nemmeno un giorno di prigione. Dopo forti pressioni diplomatiche italiane anche l’Austria li processò ma i tre furono assolti per mancanza di prove.” E infatti nel luglio del 1976 Burger prese parte al dibattito sul giornale Kurier e disse la sua: sì, aveva ragione Frolik, gli attentati in Alto Adige erano opera di Praga. Fece anche una data, che coincide con quanto da noi scritto su queste colonne: 1961-62. Lui parlò dell’ottobre 1962. I cechi avrebbero a suo dire commesso attentati ai depositi ferroviari di Verona e del Trentino, nonché alla scuola di Bolzano. Aggiunse che i “partigiani” erano al corrente di chi fosse il reale responsabile. 

A questo punto ci si chiede: perché proprio Burger tirava fuori una verità così terribile, che ancora oggi nessuno in Italia ha ancora preso in considerazione? Era anche lui parte dell’organizzazione eversiva orchestrata a Praga? O faceva parte di un gruppo nuovo, che si era affacciato sulla scena successivamente? Per poter rispondere a questa domanda che già mi ero posto in passato sono andato a cercare altro materiale d’archivio, trovando delle risposte se non definitive abbastanza esaurienti. Dobbiamo quindi prima di tutto scartare l’ipotesi che Norbert Burger fosse un agente della CIA o della Nato. C’è un documento allora segretissimo, nell’archivio proprio della CIA, che dovrebbe risalire all’aprile del 1985. Oggi è declassificato e ci fornisce delle informazioni molto importanti. L’oggetto della relazione è Josef Mengele, l’ex nazista che evidentemente la CIA stava ancora cercando. Era stato scoperto un tramite, una persona che stava frequentando Mengele, ed era Fernandez Miguel Serrano, cittadino cileno che lavorava come diplomatico ed era stato nei paesi dell’est, per la precisione in Romania, Jugoslavia e Bulgaria. Aveva iniziato la carriera in India e in quel momento si trovava in Svizzera. Nel 1985 in Cile era ancora attiva la feroce dittatura di Augusto Pinochet. Serrano secondo la CIA si definì nel 1984 un seguace di Hitler. Aveva mantenuto contatti con il neonazista tedesco Manfred Roeder e con altri elementi di estrema destra: il dottor Heinza, Franc Genoud e Von Senger. La spia della CIA riferiva che lo scopo di queste frequentazioni era creare un rifugio sicuro per i gerarchi cileni. E fu durante questi incontri che Serrano si avvicinò anche ai neonazisti austriaci, tra cui ovviamente Burger, che era la figura di spicco, essendo impegnato anche dal punto di vista politico. Ma quindi Burger era vicino alle politiche americane in Cile in favore di Pinochet? In realtà no, perché gli Stati Uniti a metà degli anni ‘80 stavano già prendendo le distanze dagli eccessi violenti della destra cilena, che sarebbe caduta di lì a qualche anno (e il documento ne dà una testimonianza indiretta). Inoltre, vi è un ulteriore documento che dimostra chiaramente come la CIA fin dai primi anni ‘60 fosse orientata a non appoggiare le politiche di Burger in Alto Adige. Il documento risale al 25 gennaio del 1962 e riguarda un altro nazista molto attivo nel secondo dopoguerra, Otto Skorzeny, il paracadutista che liberò Mussolini a Campo Imperatore nel 1943. La spia affermava testualmente: “SKORZENY nel 1960 era in contatto con i gruppi terroristici austriaci che operavano nel Tirolo tramite il dott. Norbert Burger, un leader di destra austriaco con presunti contatti con gli ultras francesi. C. SKORZENY viaggia ancora in Germania e ha ancora numerosi contatti all'interno del Partito socialista del Reich (SW), un'organizzazione neonazista.” Ma nelle righe successive l’estensore della relazione, ossia il capo delle operazioni dell’Ovest Europa per conto della CIA, metteva in guardia i suoi superiori: non prendete contatto con Skorzeny, perché avremmo più danni che benefici e “non è impegnato in attività di intelligence che ci interessano”. Un ragionamento molto utilitaristico che tuttavia, per quanto riguarda Burger, ci indirizza altrove. 

Ho quindi fatto un sondaggio all’archivio dei Servizi Segreti di Praga dove Norbert Burger era certamente, se non di casa, molto noto. Esiste una sua scheda nel faldone 89999, che avevo già conosciuto. E’ uno schedario dei personaggi esteri attenzionati da Praga nell’era sovietica. Tra i ricercati vi era anche Luigi Ceccobelli, l’impiegato postale di Fratta Todina (Perugia) che si era recato nei paesi dell’est per un viaggio di piacere, nel giugno del 1977, ed era stato arrestato poiché sospettato di essere un terrorista neofascista (e abbiamo appurato che non lo era). Quindi ho messo a confronto le due schede: di Burger e di Ceccobelli, ricavando l’impressione che la scheda di Ceccobelli fosse molto più dettagliata, con informazioni sulla residenza, sul lavoro e sulla persona. Quella di Burger è al contrario molto scarna, concentrata esclusivamente sulle attività politiche intraprese da questo personaggio. E mentre Ceccobelli finiva dietro le sbarre senza alcun riguardo, Burger non fu mai perseguito (né perseguitato come Ceccobelli) dalla giustizia cecoslovacca. Infatti questa scheda non ha un seguito. Non c’è più niente in archivio su Burger, se non un’annotazione nel retro della stessa scheda. Spiega che nel giugno del 1977 si era tenuto a Vienna un congresso dei tedeschi dei Sudeti, un tema molto importante per Praga poiché considerato un potenziale focolaio di rivolte contro il Regime comunista. E tra i partecipanti c’era anche Norbert Burger, capo del reparto dei cosiddetti “picchiatori”. L’atteggiamento dei Servizi comunisti con Burger fu, in definitiva, lo stesso mantenuto dalla Stasi con i terroristi delle Brigate Rosse e della Raf e sottolineato nel suo libro “La diplomazia oscura” dallo storico Gianluca Falanga. Cioè: controllare, seguire, monitorare i terroristi, ma lasciar fare. Questo non ci fornisce prove di un legame tra l’STB cecoslovacco e i pangermanisti violenti di Burger, ma non ci dà nemmeno l’impressione che Praga fosse fuori dai giochi, dopo gli esperimenti ormai documentati e certi del periodo 1961-1965. E allora probabilmente le cose andarono come sosteneva la spia pentita Josef Frolik, che scrisse un libro e parlò anche dell’Alto Adige. Il testo si intitola: “The Frolik defection”, “La defezione di Frolik: le memorie di un agente di intelligence”. E’ del 1975 e fu pubblicato dall’editore londinese Cooper. Alle pagine 58 e 59 c’è il racconto che più ci interessa. Lo riporto integralmente. “Naturalmente, non limitammo le nostre operazioni sporche alla Gran Bretagna. Nessun paese dell'Europa occidentale era al sicuro da noi. Ad esempio, aiutammo a creare il conflitto di confine tra Italia e Austria nei primi anni Sessanta. Questa volta la nostra operazione fu molto più drammatica e fu presa direttamente in prestito dall'Operazione Himmler di Heydrich del 1939, che aveva contribuito a far precipitare la guerra tra Germania e Polonia. In quell'occasione i delinquenti di Heydrich, sotto il comando di Alfred Naujocks, che passerà alla storia come "l'uomo che diede inizio alla seconda guerra mondiale", attaccarono la stazione radio tedesca sul confine polacco-tedesco vicino a Gleiwitz. Il raid fu fatto apparire come se fosse stato eseguito da irregolari polacchi. La mattina dopo Hitler tuonò contro i "banditi polacchi" che avevano eseguito questa "vile provocazione" e ventiquattr'ore dopo le truppe tedesche marciavano in Polonia.

Certo, non volevamo iniziare una guerra, ma volevamo creare malcontento tra gli italiani, che appartenevano alla NATO, e gli austriaci, che erano neutrali, ma che avrebbero potuto essere facilmente convinti a schierarsi con noi, se si fossero sentiti pressati dagli italiani. Di conseguenza, abbiamo mobilitato un gran numero di agenti, non solo in Austria, ma anche nella Germania occidentale e nell'Italia settentrionale, che hanno eseguito una serie di bombardamenti e distrutto linee elettriche nelle aree rurali prevalentemente di lingua tedesca dell'Italia settentrionale. (Il territorio era stato un tempo austriaco e i contadini di quella parte d'Italia si considerano austriaci e non italiani.) Seguirono volantini, che pretendevano di provenire dal Comitato per la liberazione dei cittadini di lingua tedesca. Naturalmente il Comitato esisteva solo nell'immaginazione del nostro Dipartimento dei trucchi sporchi. Dopodiché ci siamo ritirati dalla zona e abbiamo lasciato che le teste calde di entrambe le parti continuassero a farlo, cosa che hanno fatto con entusiasmo! Quasi immediatamente.”

Oggi possiamo dire che Frolik aveva ragione, non era un pazzo e questo libro andava tradotto anche in italiano e diffuso nel nostro Paese (come tanti altri ad oggi ancora sconosciuti, vedi Sejna). Dato che ciò che dice sembra tratto, se non addirittura copiato, dal mio libro finito nell’estate 2024, è plausibile che sia vero anche il seguito: Burger agì in modo indipendente in Alto Adige, ma sapendo di poter contare su appoggi politici importanti nei paesi socialisti. Purtroppo non potremo mai ringraziare di persona Josef Frolik. Fu processato e condannato a morte in contumacia in Cecoslovacchia. Nell’archivio dell’STB è disponibile ampia documentazione su questo tema. Lui riuscì a sfuggire alla cattura. Tuttavia morì di cancro poco prima della caduta del Muro di Berlino, nel maggio del 1989.


martedì 1 ottobre 2024

Il bunker delle falene



Nelle ore buche che ho nel lavoro di insegnante mi sono divertito a formulare una mia ricostruzione del bunker "di Montesi e degli Italian Ghost", da loro scoperto nel 2014 sul Monte Conero, vicino Ancona. Accertato lo scopo della struttura, ovvero decontaminare il personale addetto alle armi atomiche, è un bunker su cui restano da sciogliere molti dubbi. Il primo è legato all'effettiva lunghezza. Gli Italian ghost mi hanno assicurato di aver camminato più di quanto si veda nel video, pertanto è inutile contare i gradini come fece la persona che gentilmente mi contattò. La sua versione, sebbene interessante, era legata a uno scopo che questo bunker non può avere. Cioè lui era convinto si trattasse di una struttura destinata al controllo radar con strumenti poi diventati obsoleti. Per questo motivo collegava questo bunker all'altro già noto della Stazione RT (dove probabilmente svolse il servizio militare anche Silvetti). Ma tutti i componenti che si vedono, oltre al getto a sei uscite molto particolare, indicano una finalità di progettazione ben diversa, con l'utilizzo di gas e vapore acqueo. Quindi al massimo può esserci una via di fuga comune alla Stazione RT ma non l'uscita principale. Il bunker di Montesi ha due ingressi, uno a monte e uno a valle, con lo stesso cancello. Probabilmente uguale è anche il sito in cui entra ed esce, ossia una casa diroccata tipica delle strutture segrete della guerra fredda (ce n’è una anche all'ingresso del famigerato campo di Doupov, nell’ex Cecoslovacchia, dove si presume si addestrassero i brigatisti rossi). 

Quindi io cercherei l’uscita principale a valle, quella che non si è ancora capito dove sbuchi, vicino ad un’altra casa abbandonata. A che quota? L’ipotesi che il locale più ampio sia costituito dalla grotta degli schiavi riconvertita per usi bellici non è campata per aria, poiché al centro di questa grande stanza dal soffitto alto vi è una specie di lucernario raggiungibile da una scaletta e questo tipo di struttura situata in una specie di abside dell’ampio bunker a doppia navata lo si ritrova soltanto nei bunker sotterranei del maresciallo Tito, nelle isole croate non lontane da Ancona. L’AI mi fa notare che lo scopo di quel lucernario era raccogliere strumenti per le navi come ancore o strumenti tecnici per la navigazione. Dunque c’era un collegamento con il mare? Non me la sento di affermare che la grotta degli schiavi e quel bunker siano la stessa cosa, né ho trovato un punto in cui possa esistere una porta apribile artificialmente verso l’esterno per consentire alle barche di entrare. Si nota soltanto, grazie alle foto degli amici di Sirolo che mi stanno aiutando, che quella che era la porta più grande verso nord della grotta, visibile in alcune foto storiche, oggi è chiusa all’esterno da un triangolo troppo regolare per essere il risultato di una frana. Che si tratti di cemento? Non lo escluderei, ma che possa essere una porta apribile non ne ho alcuna prova. 

Dal filmato di Montesi si evincono comunque alcuni interessanti elementi che quantomeno potrebbero collocare l’uscita del tunnel in una zona al momento sconosciuta e insospettabile. Intanto nella parte più bassa, oltre al bunker con abside, abbiamo anche una sala eco, che poteva essere una sala riunioni o una sala di controllo, e un piccolo tunnel chiuso, diviso in tre spicchi, che sfocia nella parte bassa e terminale di un pozzo di aerazione, con canaletta per convogliare l’acqua. Anche qui ci sono similitudini con i bunker di Tito. Qui, inoltre, furono trovati dai videoamatori degli uccelli morti da poco tempo, ancora non decomposti, e di dimensioni piuttosto grandi, segno che il pozzo non è lontano dalla parte bassa del bunker e può avere un’ampia cavità nascosta nella vegetazione. 

Ci sono altri due importanti spunti, tutti da approfondire e che potrebbero portare a interessanti scoperte storiche. Uno è che prima dell’uscita a valle del tunnel, che è murata, vi è una specie di via di fuga, perché la segnaletica fatta con lo spray, su cui bisognerebbe aprire una parentesi, indica che svoltando a destra c’è un fantomatico “giro”. Cosa vuol dire? Allora, la segnaletica è sicuramente recente, perché le simulazioni danno la sensazione che questa vernice in un ambiente così umido dovrebbe sciogliersi facilmente. Quindi chi si è preso la briga e ha avuto anche il tempo di contrassegnare ogni ambiente con lo spray arancione e rosso? Credo di poter dire i militari stessi, nell’ipotesi che volessero consegnare ai comuni e al turismo il bunker e abbiano fatto un inventario di tutte le stanze (si vede a un certo punto una data del 2006 scritta sempre con lo stesso materiale), salvo accorgersi che il progetto top secret della decontaminazione avrebbe sollevato non pochi interrogativi nella politica se non un vero e proprio scandalo. Ma la scritta “giro” può far pensare anche a un’altra possibilità. Che il bunker sia tuttora sorvegliato e che la sentinella debba fare un “giro” verso destra per uscire o per tornare indietro. Lo può far pensare anche il fatto che siano stati rinvenuti dal Montesi dei rifiuti come una vecchia motocicletta smontata, che può essere stata portata lì da un militare che non aveva tempo e voglia di smaltirla in modo corretto. Un’altra domanda che mi porrei è se questo tunnel, oltre alle due porte di ingresso e uscita abbia anche due vie di fuga, una in alto e una a valle, come accade per il tunnel della Stazione RT. La sicurezza del personale lo richiederebbe.

Ma ciò che incuriosisce maggiormente è l’oggetto misterioso che ostruisce l’uscita a valle, che è stata murata. Ci sono due muri, uno interno di mattoni, e uno diciamo esterno che si intravede grazie a un piccolo buco tra i mattoni. I videoamatori avvicinarono per pochi secondi la telecamera e ho potuto così fare alcune istantanee. Quello che a prima vista poteva sembrare un muro militare, il secondo all’esterno, in realtà presenta alcune caratteristiche singolari: un pezzo di legno rettangolare molto consumato sembra attaccato a un blocco di cemento tramite un chiodo molto robusto. Vi è un secondo foro nel lato corto del legno, dove probabilmente era previsto un secondo chiodo che è venuto via. Il blocco è formato o da cemento o da pietra viva. E’ un materiale poroso, con vari fori e con interessanti segni incisi: si intravede una scritta obliqua: "Roby" con una sottolineatura che parte da un punto non facilmente raggiungibile ora che c’è il primo muro di mattoni (da valutare meglio comunque). Si vede anche un maggiolino disegnato in alto a sinistra oppure una faccia disegnata. Il blocco non appare del tutto uniforme ma leggermente ondulato. Dunque che tipo di oggetto è? L’AI mi indica due possibilità, dopo aver eliminato quelle che sembrano meno probabili. O si tratta di una panchina su cui dei ragazzi e dei bambini hanno inciso dei segni e il legno serviva ad installare lo schienale, oppure è un pezzo di un’abitazione civile sul quale era stato attaccato un cartello turistico. Il tutto risulta consumato da agenti esterni, quindi questo vuol dire che l’uscita è vicina a un luogo pubblico dove possono esserci turisti e dove c’è vento, perché dalle immagini si nota un certo movimento delle ragnatele e si sente proprio il rumore del vento. E’ sul mare? E’ ancora in altura? C’è un elemento chiave che escluderebbe la vicinanza del mare e anche rispetto a una zona ventosa come il Belvedere Nord o comunque un punto della costa. Infatti Montesi nel filmato, mentre è davanti all’uscita a valle, riprende un insetto molto particolare, una falena della famiglia Noctuidae. Questo insetto non può sopravvivere al chiuso perché l’AI mi spiega che si nutre di nettare e di bruchi delle piante, perciò è difficile che sopravviva a lungo all'interno di un bunker. Il muro esterno, così come quello interno, deve presentare dei buchi. Purtroppo, essendo il video girato nelle ore notturne, non possiamo sapere se può filtrare la luce. Certo è che questa falena vive generalmente nei boschi. Scrive Chatgpt: “I boschi sono generalmente un habitat ideale per le falene. Offrono riparo, una vasta gamma di piante da cui nutrirsi (per le larve), e condizioni climatiche più moderate rispetto alle aree esposte, come quelle costiere. In un bosco umido e ombroso, le falene trovano le condizioni ideali per riprodursi e completare il loro ciclo vitale.” Direi perciò di cercare questa uscita a valle in una zona boschiva e riparata dal vento. 

Un posto in cui potrebbe trovarsi quell'uscita è proprio la cava di Portonovo. Riguardando il filmato potrei aver capito male la direzione che prendono. La loro percezione in quel momento era di essere dalle parti di Portonovo. Questa ipotesi metterebbe tutti d'accordo, compresi gli ex militari della RT, i quali durante una mia intervista narravano di un tunnel fantomatico verso Portonovo. L'ex cava ha senso anche dal punto di vista strategico e storico, perché potrebbe essere l'unico luogo in cui effettivamente arrivarono gli Jupiter e quindi gli operai si decontaminavano uscendo dalla cava. Delle case diroccate ci sono, è un posto frequentato perché oggi è un percorso pedonale. Ed è un bosco abbastanza riparato. Quindi. Io ho ipotizzato che Montesi e i suoi amici si trovassero al livello del mare per una ragione precisa: dal bunker camminavano sempre in falsopiano. Perciò gli esperti del genio militare o erano sul mare oppure avevano in mente uno spiazzo ben preciso su cui uscire scavando. Il bunker può essere stato progettato su imitazione della grotta degli schiavi. Un'ipotesi alternativa è che i tre videoamatori abbiano raggiunto una delle altre cave nella zona di Sirolo. Da una mappatura della regione Marche datata 1999 ne risultavano solo nella zona tra Portonovo, Massignano e Sirolo ben tredici! Un'enormità. E' un dato storicamente accertato che le cave potessero fungere da copertura per attività militari della guerra fredda. E' evidente che quel bunker non può partire da un bosco per sboccare in un altro bosco. Così, tanto per farsi una doccia decontaminante. La destinazione di quel percorso, l'origine, era certamente un luogo a rischio per la presenza o la progettazione dell'installazione di armi pericolose. Il segreto militare che ha condotto alla censura è certamente questo. Non vedo altre ragioni valide, almeno per quello che si evince dal filmato. Non potendo ricostruire tutto il percorso completo dei videoamatori, dati i tagli da loro dichiarati, non saprò mai con esattezza quante volte hanno svoltato durante il percorso. Per cui mi fermo qui con i ragionamenti.

Penso che in ogni caso, anche se non si riuscisse a dimostrare che il monte ha uno sbocco a mare, sarà una scoperta storica di grande valore, pur considerando che un tipo di struttura militare come questa non potrà in ogni caso non suscitare polemiche politiche e critiche per l’occultamento di una simile organizzazione bellica all’insaputa dei cittadini e oltretutto con il possibile barra probabile trasporto nel parco del Conero, quando ancora non era un parco protetto, di armi molto pericolose e dannose per l’ambiente.