Egregi direttori,
ho deciso di scrivervi perché il Consiglio di Disciplina (bruttissima parola, a mio parere) dell’Ordine dei Giornalisti recentemente mi ha “censurato” per non aver svolto - da studente e non da docente quale un laureato in Lettere ormai è, questo va sottolineato - i corsi di “formazione obbligatoria” stabiliti con uno dei tanti decreti legge dei precedenti Governi, magari uno di quelli passati con la Fiducia e senza discussione. E’ assai probabile che, se si è attivata questa procedura d’ufficio, si arriverà molto presto alla mia sospensione ed espulsione dall’albo, nonostante abbia più di un’attenuante su queste “accuse”: per il fatto che lo stipendio me lo devo guadagnare con un altro lavoro e non certo con il giornalismo! Nel giornalismo soldi ne ho visti girare pochissimi. Non solo. Nel tempo libero svolgo comunque attività giornalistica come richiesto dalla legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti, quella che avevo implicitamente accettato iscrivendomi all’albo con non pochi sacrifici.
Come capita ultimamente, le leggi vengono cambiate in corsa - magari qualcuno di voi che ancora non ha valicato i 50 anni non lo sa - e quelli che erano diritti acquisiti non lo sono più. E quindi per mantenere una tessera stampa da pubblicista viene chiesto in cambio qualcosa, e anche sotto ricatto: l’iscrizione ai corsi di formazione, spesso a pagamento, spesso in località lontane dalla residenza del giornalista e in orari improponibili. O fai così oppure sei fuori. Te lo dicono con le buone, ma la sostanza alla fine la sto vedendo concretamente. E’ vero, esisterebbero dei corsi online e magari avrei del tempo per rimettermi nei panni dello studente e cercare di mantenere il diritto acquisito, sia pure controvoglia (come ho fatto per il primo triennio!). Rinunciare a un po’ di svago per questo obbligo. Ne vale davvero la pena? Ci ho riflettuto e vi chiedo. E’ giusto svalutare in questo modo lo strumento della “censura” e della “sospensione”, utilizzandolo non più con dei colleghi che usano i quotidiani per diffamare, insultare, o scrivere notizie false, bensì per dare bacchettate sulle mani a chi non obbedisce? Perché ci sono giornalisti e giornalisti. Ognuno di noi compie un suo percorso personale, pieno di insidie, di ostacoli, con stipendi che, ultimamente, sono irregolari e diversi da persona a persona. Chi ha avuto tanto da questo mestiere forse sarà più portato a dire: ma sì, in fondo cosa costa fare due corsi online e mettersi in regola? Nel mio caso non è così: la tessera stampa non mi ha dato altro che problemi. Nelle redazioni il mio curriculum non è mai stato aperto, nemmeno in quelle per le quali ho scritto. Ti prendono e ti sbattono in una redazione locale perché un po’ di manovalanza non guasta mai. Sono stato discriminato, offeso, usato e buttato via, pagato male e con regole truffaldine. Quando ho chiesto di pubblicare articoli, non perché facevo parte del sistema, ma perché ritenevo giusto divulgare qualcosa mi sono trovato la porta chiusa. E questo non ieri, ma in quindici anni di attività da blogger. Il sistema evidentemente non funziona quando bisogna informare correttamente i cittadini. E allora mi chiedo: è giusto che apra quella piattaforma parauniversitaria dell’Ordine, per di più hackerata, nella quale ogni attività che svolgo, ogni mio movimento, ogni iscrizione a un corso, vengono condivisi con i dirigenti dell’Ordine, e mi metta a studiare? Per mantenere cosa? Una porta sbattuta in faccia? E’ come se all’improvviso ti dicessero: se vuoi mantenere la laurea devi iscriverti di nuovo ai corsi e racimolare crediti formativi in eterno. Magari arriveremo anche a questo. Ma soprattutto vi chiedo se sia giusto che un giornalista che non si piega a delle imposizioni sia equiparabile a uno che viene condannato dalla Giustizia per aver diffamato o insultato qualcuno. Sono veramente sconfortato.
Cordiali saluti
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