lunedì 4 agosto 2014

"Uscita a ovest", via ai lavori da gennaio 2015


La notizia era attesa da almeno dieci anni. I lavori per l'uscita dal porto di Ancona si faranno, come prevedono i recenti accordi pubblicati da tutti i quotidiani. E il via è imminente: si partirà il prossimo inverno. Infatti basta andare sul sito della ditta Impregilo per trovare un'ampia scheda di questo appalto, con tutti i dati. L'unica nota stonata è che i lavori, previsti da gennaio 2015, si protrarranno per ben 72 mesi, il che vuol dire fino a gennaio 2021. Cioè per ben sei anni, che non sono pochi. Chi vive ad Ancona sa che le grandi opere in quelle zone vengono completate con lentezza avvilente. L'Asse nord-sud di Longarini restò per tanto tempo con i piloni della sopraelevata costruiti a metà. La galleria San Martino tra il progetto e la consegna ha impiegato vent'anni a vedere la luce. I soldi pubblici nelle Marche non arrivano mai. La speranza è che questa volta l'appalto statale dell'Anas vinto dalle ditte Impregilo, Astaldi e Pizzarotti almeno venga rispettato. Del resto anche la ditta Pizzarotti nomina sul suo sito la realizzazione dell'uscita a ovest da Ancona. Ma sappiamo bene la storia di quest'ultima azienda parmense, condannata durante Tangentopoli per le mazzette di Malpensa 2000. Comunque, se tutto andrà come il sito di Impregilo annuncia, questi saranno i dati tecnici dell'"Uscita a Ovest" di Ancona: 7 chilometri e mezzo di lunghezza, di cui 3 di distanza dalla statale Adriatica, due viadotti principali per un chilometro e 200 metri di lunghezza, uno svincolo con pedaggio, due svincoli "aperti", due gallerie naturali di quattro chilometri e 200 metri, un centro di manutenzione e un centro servizi; e infine è previsto anche un parcheggio scambiatore multipiano. Il costo totale sarà di 480 milioni di euro.

venerdì 1 agosto 2014

Dalla crisi del sistema alla caduta del Muro di Berlino


La crisi delle nostre aziende pubbliche, che ha portato alla scelta di privatizzare gran parte di esse, è stato un problema soprattutto economico. Ma quanto ha pesato la fine della dittatura sovietica sulla scelta di abbandonare il sistema delle Partecipazioni Statali? Quando l’ex Ministro del Tesoro Carli annunciò nel 1991 questo cambio di rotta, i paesi dell’Est stavano già passando dal dirigismo statale al libero mercato e questa, leggendo i giornali, sembrava la strada del futuro: il mercato unico europeo. Eppure in Italia sono mancate un’analisi della guerra fredda, un’analisi critica sul Partito Comunista, e una verifica sull’operato dei nostri servizi segreti. Non ce n’è stato il tempo, perché i cambiamenti sono stati accelerati a partire dal 1992 dai processi di Mani Pulite a Tangentopoli. Il pm Di Pietro ha indagato anche sulla Montedison, senza tuttavia far luce fino in fondo sul suo passato. Così è nata, in Italia, una nuova improbabile politica bipolare all’americana, che si è posta l’obiettivo di sanare i conti pubblici puntando sul settore privato, ma senza crederci fino in fondo e senza un progetto definito. La sinistra del PD, nata sulle ceneri del PCI, è riuscita nel 2002 a centrare l’obiettivo di entrare nell’euro e abbandonare la svalutata lira. Ma i problemi del deficit pubblico non sono mai stati risolti del tutto. Non solo. Si è fatta strada una strenua difesa del posto di lavoro pubblico e le aziende di Stato sono tornate ad aumentare di numero, senza un ministero adeguato e senza progetti politici. L’inflazione, spesso manovrata in passato sia da Mussolini, sia dai governi della Prima Repubblica, per favorire lo Stato e le aziende private ma a danno degli investitori, dal 2002 resta in costante aumento, senza che l’euro, la nostra nuova moneta, sia considerata debole sui mercati mondiali. Chi salverà gli italiani dall’aumento del costo della vita in un’Europa che si è avviata verso la deflazione?