venerdì 30 settembre 2016

Quel Di Pietro che spiava in Egitto


Le recenti vicende della guerra in Siria, che vedono ufficialmente alleati Israele e noi italiani contro l'Isis, offrono lo spunto per ricordare un episodio di tanti anni fa. Lo scenario politico è quello dell'Egitto e siamo nell'ottobre del 1960. Ben diciassette persone vengono accusate dalla polizia di spionaggio in favore di Israele, al quale avevano trasmesso "con inchiostri simpatici e radio clandestine informazioni di natura militare, economica e sociale". Lo scrisse nel 1969 il giornalista e politico Vinicio Araldi nel suo libro dimenticato "Guerra segreta in tempo di pace". Tra le persone arrestate figurano il pilota delle linee egiziane, Fuad Moharran, il capo di una compagnia commerciale egiziana, Rachad Rizk, e l'agente segreto Sami Nafeh. Questi tre signori, scrisse Araldi, avevano costruito una rete di spie in Egitto che comprendeva anche gli italiani Raimondo Di Pietro e Ferdinando Paciolla. Viene istruito un processo presso la corte della Rau, le Repubbliche Arabe Unite, durante il quale gli accusati, e tra questi i due nostri connazionali, si difendono dicendo di non essere al corrente dell'uso improprio delle informazioni che fornivano, per di più per compensi di poco conto. Ma le condanne sono durissime: morte per le tre spie principali, 15 anni per Paciolla e 10 per Di Pietro. Da quel giorno molti fatti si sono succeduti, ma non è mutato lo scenario geopolitico del Medio Oriente, a parte il devastante intervento degli Usa. Eppure noi italiani abbiamo vissuto la politica più come un gioco che come un affare serio, dove sono in ballo le vite delle persone. E' il caso della morte sempre in Egitto di Giulio Regeni, che non si è ancora capito se era più giornalista senza stipendio o più ricercatore bistrattato dagli inglesi. E' il caso dei soldati italiani che muoiono nelle missioni all'estero, mentre lo Stato vende aerei da guerra allo stesso Israele, fortemente interessato al conflitto siriano. La nostra politica da talk show non sembra all'altezza della situazione.

Intervista rivela legame tra Usa e Isis


Sono sempre più numerose le notizie secondo cui gli Stati Uniti e Israele starebbero aiutando i miliziani dell'Isis. Alcuni mesi fa si parlava su Yournewswire.com di una vecchia e-mail della Clinton intercettata da Wikileaks. Vi veniva rivelata la necessità per gli Usa di proteggere Israele con una guerra in Siria. Ieri è invece comparsa un'intervista sconvolgente su Trunews, firmata dal giornalista Jurgen Todenhofer del tedesco Koelner Stadt-Anzeiger. In questo lavoro eccezionale il capo di Al Nusra, Abu Al Ezz, rivelerebbe un legame diretto tra l'Isis e gli Usa, attraverso l'invio di armi sofisticate delle quali gli esperti statunitensi starebbero anche spiegando ai miliziani le modalità di utilizzo. «Gli americani sono al nostro fianco», avrebbe detto il leader del gruppo che "è parte di Al Qaeda". Ma Abu Al Ezz afferma altre cose sensazionali: ad esempio che quando Al Nusra fu assediata ottenne supporto dagli Usa, Israele, Arabia Saudita, Qatar e Turchia. «Ci aiutarono con i satelliti, razzi e telecamere di sicurezza termici». Ad Al Nusra verrebbero anche inviati premi in denaro dall'Arabia Saudita per le conquiste. Il gruppo godrebbe del sostegno di Israele, che è in lotta con l'Iran e gli Hezbollah libanesi, nonché del supporto degli 007 occidentali. A queste accuse ha risposto alcuni giorni fa il sito Jerusalem Post, affermando che l'accostamento tra Isis e Israele è propaganda nazista. «Ci stanno accusando di essere il diavolo», hanno scritto gli israeliani, «ma queste calunnie vengono dal mondo islamico, dell'estrema destra ed estrema sinistra».

Abu  rivelerebbe

mercoledì 28 settembre 2016

L'imprenditore Impregilo incorona Renzi


Grandi manovre alla sfarzosa corte del premier del PD. Il Renzi ospite di Impregilo fa già capire che, se ci sarà un appalto pubblico per costruire il ponte sullo stretto di Messina, e non vedo cosa altro possano avere nella loro mente limitata, Impregilo sarà quello che lo vincerà. Grillo recita la parte del difensore dei soldi dei cittadini, ma continua a non riuscire a proporre qualcosa di concreto. Del resto quando parli di infrastrutture non c'è mercato, come da altre parti. La caduta del muro di Berlino ha portato al passaggio dal monopolio di stato a quello di un amico di stato, come nella Russia di Eltsin. Non ci sono concorrenti ne' sui treni, perché la rete ferroviaria resta nelle mani di un solo proprietario, ne' sulle autostrade, e lo si vede dai pedaggi dell’unica società privata monopolista che aumentano senza inflazione. In questo scenario molto semplice si può costruire solo con i fondi pubblici, perché al privato che vorrà proporre progetti come sogna Impregilo sarà impossibile vendere pedaggi. Basta vedere il teatrino che lo stesso Impregilo ha messo in scena ad Ancona per l'uscita dal porto, che poi non si fa mai ovviamente, perché un'autostrada di 10 chilometri gestita da Impregilo sarebbe come la ferrovia Napoli-Portici del 1839, una cosa modernissima e mai vista. Nonostante queste facili argomentazioni, ad Ancona la polemica, alimentata dal movimento di Grillo, continua ad arroventarsi, producendo l’ennesima incompiuta del dopoguerra. Impregilo secondo un articolo del Messaggero di Ancona aveva proposto l’opera all'Anas a costo zero, contando sui pedaggi, ma poi ha voluto rivedere l’accordo chiedendo milioni di finanziamento statale. Grillo, giustamente, grida al complotto contro gli altri concorrenti dell’appalto: quanto avevano chiesto per l’uscita a ovest? Nessuno pensa ad aprire il mercato delle autostrade. E finché sarà così, gli imprenditori amici del PD continueranno a prenderci in giro.

martedì 27 settembre 2016

I campi di concentramento del 2016


Lo Stato italiano sta creando dei veri campi di concentramento. Netta è infatti la similitudine tra l'aspetto architettonico dei lager nazisti e quello dei centri di accoglienza. Ma è anche ingiusta la detenzione che subiscono questi stranieri, che vengono privati persino di un avvocato. Lo sottolineava nel marzo del 2014 il senatore marchigiano Luigi Manconi, che con la sua commissione aveva fatto visita ai Cie, i centri per l'identificazione e l'espulsione. Scriveva: "Si è riscontrata la presenza di persone private della libertà personale per prolungati e periodi di tempo, impossibilitate a svolgere alcun tipo di attività ricreativa o formativa." Manconi era rimasto colpito dalla depressione di questi stranieri, costretti a prendere psicofarmaci. Le regole adottate da ogni singola prefettura erano durissime. "Alcuni dei divieti previsti nei singoli centri dalle prefetture sono incomprensibili - lamentava il senatore nella relazione - non sono permessi gli accendini, e solo in alcuni casi si possono usare i fiammiferi; i lacci delle scarpe vengono requisiti all’ingresso nel centro; non sono ammessi telefonini con la fotocamera". La vera organizzazione di questi centri la si trova sul sito del Ministero dell'Interno. Esistono tre categorie: la prima riguarda chi arriva dall'estero. Per loro esistono i centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa). Lo Stato però sta cercando anche tutti gli stranieri già presenti in Italia, che finiscono nei famigerati Cara, se chiedono protezione internazionale, e nei centri di accoglienza. Su questi ultimi c'è una frase terribile: Essi - dice il sito del Ministero - "garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione e all'accertamento sulla regolarità della sua permanenza in Italia." Si tratta a nostro avviso di una vera discriminazione razziale, se non di un rastrellamento nazista. Solo chi non chiede protezione internazionale finisce nei Cie, la terza categoria, e ciò spiega perché il senatore Manconi li trovò semivuoti. Inutile aggiungere che il Ministero non cita alcuna legge dello Stato, se non per i già noti Cie.

 

Il cinegiornale della polizia italiana


Non ha avuto alcun effetto in Italia lo scandalo che travolse mesi fa la polizia italiana in Svizzera. Nel marzo del 2016 si diffuse in Ticino, attraverso i quotidiani, la notizia che la polizia italiana stava arrestando dei criminali della mafia calabrese. La legge tuttavia non consente a un sistema giudiziario di sconfinare "sua sponte" in un paese che, per giunta, non è nemmeno europeo. Nel volgere di poco tempo i giornalisti rossocrociati scoprirono la verità. La Polizia Italiana aveva girato un video falso assumendosi dei meriti che non aveva. Infatti l'arresto c'era stato. Si trattava dell'operazione denominata "Helvetia", ma era stato portato a termine dai gendarmi del Canton Ticino. In Svizzera la notizia è morta nel volgere di poco tempo, da noi poteva suscitare ben altri sospetti. Si tratta di un fatto gravissimo e senza precedenti ufficiali. Cosa pensare di tutti quei video che ogni giorno occupano spazi enormi nelle televisioni nazionali, di tg e trasmissioni di attualità? Si tratta pur sempre di prove di reati che dovrebbero rimanere nei faldoni della procura fino al processo, e invece fanno parte spesso della videoteca di siti internet e canali Youtube. Avevo posto questi quesiti al magistrato Antonio Di Pietro, senza ottenere stavolta alcuna risposta. E mi ero lamentato con la Guardia di Finanza, artefice di arresti di falsi ciechi ripresi e derisi mentre corrono in moto o in bici, ma senza prove mediche della totale cecità. Le fiamme gialle si giustificarono spiegando che applicavano la legge 150 del 2000, quella che regola la pubblicità della pubblica amministrazione sui mass media. Una pubblicità, peraltro, pianificata anno per anno. L'impressione complessiva è che la realtà mandata in onda, visto anche quanto avviene nel campo vastissimo dei ghostwriter, sia una storia ben costruita, verosimile, ma aggiustata come piace ai gruppi di potere del centro-sinistra.

La base del Conero è davvero della Nato?


Continuano a sorgere dei dubbi circa il fatto che il monte Conero sia tuttora una base della Nato. Negli elenchi delle oltre cento basi definite Usa e Nato, cioè controllate dalla coalizione atlantica o direttamente dagli Stati Uniti, il Conero non compare. Abbiamo visionato i siti kelebekler.com, disarmiamoli.org, disinformazione.it e anche byebyeunclesam.files.wordpress.com, nei quali viene segnalata nelle Marche la sola base di Potenza Picena, dotata di un "Centro radar Usa con copertura Nato." Come mai pertanto a così breve distanza, visiva e chilometrica, la Nato avrebbe installato un'altra stazione di controllo radar? In realtà in qualche sito come nogeoingegneria.com il monte Conero viene segnalato e ne viene indicato lo stesso scopo che si può leggere su Wikipedia. Il Conero avrebbe orientato i suoi radar, "forse", precisa il compilatore dell'elenco, sul Medio Oriente. Cosa impedisce ai radar di Potenza Picena di assolvere la stessa funzione? Le colline dell'ascolano? E' un fatto che, durante le recenti guerre degli Stati Uniti, del Conero non si è mai parlato, neanche nelle cronache locali.

domenica 25 settembre 2016

Un suggeritore guida il premier del PD


Il premier del PD e presidente del consiglio, Matteo Renzi, avrebbe avuto un suggeritore per le sue idee politiche. Secondo quanto hanno scritto alcuni importanti giornali di centro-destra, riprendendo le accuse di questo suggeritore pentito, Renzi sarebbe andato in onda a Ballarò, sulla Rai, senza sapere cosa dire, chiedendo che i testi gli venissero forniti da un ghostwriter. Una pratica, quest'ultima, talmente diffusa nel partito democratico da far scrivere ad alcuni blogger che persino personalità illustri come D'Alema e Veltroni avrebbero solo firmato i loro libri, che in realtà sarebbero stati scritti da autentici fantasmi della cultura italiana. La vicenda non è nuova, tuttavia riteniamo di dover sottolineare alcuni punti fondamentali. Non è pensabile che un presidente del consiglio, il quale si è preso in mano un governo tecnico e ha disegnato riforme epocali in pochi mesi, non sappia cosa dire di fronte alle telecamere della Rai. Perché ciò vuol dire che forse questo accade anche in Parlamento, e milioni di italiani pendono dalle decisioni di uno sprovveduto, aiutato da un giovane ghostwriter che si sta lamentando di non essere stato pagato. Ma è ancora meno accettabile che queste notizie escano su giornali importanti senza che altri mass media, come vorrebbe il manuale del buon giornalismo, le abbiano riprese e sottolineate. Soprattutto è grave che non vi sia stata alcuna crisi di governo, ammesso che ancora queste possano esistere con il PD. Come si può accettare che a capo della maggioranza sia stata messa una controfigura, ma diciamo anche un manichino, manovrato dietro le quinte da un'oscura organizzazione segreta, oltretutto vietata dalla Costituzione? Bisognerebbe tornare ad arrossire dalla vergogna e riscoprire i veri valori della vita.

sabato 24 settembre 2016

Dal 2002 a oggi un’inflazione virtuale?


Rapportando i debiti pubblici dei tempi della Lira all'agosto 2016 si può veramente sapere se i governi recenti, con l'Euro, hanno ridotto il deficit? Me lo sono chiesto dopo aver scoperto che Berlusconi nel 2003, secondo quei calcoli, avrebbe abbassato il debito pubblico rispetto ai tempi di D’Alema (con le Lire). Mi è sembrato strano e così mi sono ricordato che in Italia, come avevo sostenuto più volte, dal 2002 non si è più tenuto conto dell'andamento della moneta, gestita ormai a Berlino, bensì il calcolo del costo della vita si è basato solo sui rincari arbitrari dei beni. Ce li ricordiamo i costi raddoppiati dagli esercenti il giorno dopo l’introduzione della moneta unica? Questi mi fanno pensare che il confronto potrebbe essere alterato. Allora ho deciso di rifare i calcoli confrontando le cifre in Lire con l'ultimo cambio disponibile, del gennaio 2002. Le cose andrebbero in modo diverso. Il milione di miliardi di lire di De Mita del settembre 1988 scenderebbe a 864 miliardi (e rotti) di euro, non più 1093. Il milione e 829 mila 658 miliardi di lire del settembre 1994 di Berlusconi scenderebbe a 1.153 miliardi (dai 1466) di euro. La cifra del 1997 di 2.204.903 miliardi di lire scenderebbe a 1.261 miliardi di euro circa (dai 1596 del precedente calcolo), mentre il debito del governo D'Alema, che sembrava mostruoso nel 2000, con 2.478.762 miliardi di lire, scenderebbe se rapportato con il 2002 a 1.340 miliardi e non sarebbe più di quasi 1700 miliardi. Resterebbero quasi inalterate solo le differenze tra le varie somme. A questo punto la discesa del governo Berlusconi due e tre, con l'euro, rimarrebbe confinata a 30 miliardi di euro, quando scese dai 1410 miliardi della sua stessa gestione nel settembre 2003 ai 1380 del dicembre 2003 (il debito del governo D'Alema rapportato al 2003 sarebbe sempre un po’ più alto, ma non superiore ai 1400 miliardi). Il debito statale risalirebbe quindi ai 1580 del 2005-06, sempre con il berlusca in sella. Anche i debiti dei tempi più remoti verrebbero rivisti al ribasso. I 4451 miliardi di lire del 1956 equivarrebbero a 53 miliardi di euro del 2002 e non a 67 miliardi del 2016, mentre i 26 mila miliardi di lire del 1972 scalerebbero a 163 miliardi di euro del 2002 anziché 206 di oggi.

venerdì 23 settembre 2016

"Schiavi negri" nella cultura italiana?


Sentiamo parlare sempre di più in Piemonte di scrittori fantasma: i ghostwriter. Potremmo presentarla come la nuova moda della cultura italiana, se non fosse che già la definizione che si trova facilmente su Google mette in allarme. Lo scrittore fantasma è detto anche "negro". Vogliono dire per caso: schiavo negro? Il "ghostwriter" - scrive il sito - è "chi scrive libri, articoli o discorsi per conto di un'altra persona, che poi li firma assumendone così la paternità e il merito; usato anche il termine it. negro." Si tratta in pratica di un giro d'affari al quale l'aspirante letterato si può iscrivere su internet, proponendosi quale scrittore di libri. Non siamo in grado di dire come funziona, ma voci di corridoio parlano di sfruttamento, di libri scritti a ritmi vertiginosi e di diritti d'autore spesso volontariamente violati. Rinunciare a questi diritti non è segno di furbizia. La definizione stessa di ghostwriter afferma che i meriti, alla fin fine, saranno del prestanome, che non sarà un uomo di paglia, ma qualcuno in grado di andare in televisione, alle presentazioni importanti, e a firmare autografi. Nomi per ora non ne possiamo fare. Ma cosa accadrebbe se scoprissimo che quel grande calciatore, o quel grande giudice, quel grande attore non erano in grado di scrivere correttamente in italiano e che c'era un ghostwriter "negro" a sgobbare per loro? E' altrettanto scontato che, se questo giro d'affari fosse molto esteso, sarebbe possibile immaginare questa prassi anche in settori diversi, generando effetti ancora più sensazionali. Cosa accadrebbe se un premier politico ritenesse troppo rischioso andare alla manifestazione e decidesse di affidarsi a un "negro" che gli facesse da controfigura, magari come nel film "Prospettive di un delitto"?

"Condizioni inumane per i migranti"


Nel 2014 una risoluzione del senatore marchigiano del PD Luigi Manconi denunciò l'aggravarsi della condizione dei migranti nei centri di accoglienza. Citando dati della Polizia relativi al 2013 parlava di 6016 migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione operativi in Italia. Di questi meno della metà, ossia 2749, venne rimpatriata. Ma il numero delle persone respinte nel 2013 scendeva nettamente se calcolato tra le pratiche gestite dai CIE (centri di identificazione ed espulsione), cioè fu dello 0,9% su un totale di 294mila irregolari stimati dall'Ismu (istituto per lo studio della multietnicità). Ci pare di capire che il senatore Manconi si lamenti dell'inefficacia della normativa del 2010 sui rimpatri: non serve, perché i migranti restano nei centri italiani per un tempo prolungato ormai a 18 mesi, e in condizioni "inumane". Così infatti le avrebbero definite secondo Manconi i migranti stessi. Il motivo del malcontento andrebbe cercato nella gestione dei centri di accoglienza, che vengono appaltati per l'offerta economica minima, "determinando un ulteriore e insostenibile scadimento delle strutture e dei servizi". Nel 2014 erano attivi solo cinque CIE: Bari, Caltanissetta, Roma, Torino, Trapani, su undici totali. Stupisce che la commissione di cui faceva parte Manconi affermasse che molti di questi centri accolgano meno migranti, il 50% circa, della loro capienza. Dove sono finiti gli altri? Si legge ormai spesso, e lo abbiamo detto, di basi militari e ex basi Nato dismesse scelte quali sedi temporanee per gli immigrati. Accade soprattutto in Veneto, tra proteste spiccatamente razziste. Una delle ultime trovate dei prefetti è il trasferimento di alcune persone alla base del monte Venda, dove dei militari in passato morirono contaminati dal Radon. C'è una cattiveria inaudita che va aumentando. L'Italia, denunciano all'estero, è l'unica nazione che non apre inchieste dopo la morte dei migranti in mare per scoprire la loro identità.

martedì 20 settembre 2016

La pessima figura della seconda repubblica


Aveva promesso un milione di posti lavoro, il Cavaliere, e di mettere sul campo la sua esperienza di imprenditore. L'impegno ce l'ha messo, ma i risultati sono stati scarsi. Non solo per lui, bensì pure per il centro-sinistra. Dal primo governo del berlusca fino alla fine del Berlusconi tre, nel 2006, il debito pubblico non fece altro che aumentare, seppur progressivamente e con qualche altalena. Durante il periodo del centro-sinistra dal 1995 al 2001, al di là dei commenti positivi dell’Unità per dei piccoli segnali di miglioramento, le cose continuarono a peggiorare. Nel 1997 il debito salì a 2.204.903 miliardi di lire, pari a 1596 miliardi di euro attuali. Dunque se nel 1994 l’indebitamento statale rallentava a 1466 miliardi di euro, ci fu una salita rapida fino ai ben 1700 miliardi di euro del 2000, e poi una discesa fino ai 1669 miliardi del dicembre 2003 (euro più euro meno, seguendo i dati della Stampa e adeguandoli ai costi di oggi). Nell’aprile del 2004 si saliva però di nuovo ai 1.744 miliardi di euro di oggi. A quel punto fu un nuovo crescendo che raggiunse nel marzo 2005 il tetto di 1.775 miliardi di euro di debito. Confrontando questi dati con gli articoli del passato remoto scopriamo che i primi debiti risalgono al 1956, allorché fu denunciato un disavanzo di 4451 miliardi di lire, equivalente di 67 miliardi di euro. Differenze? Intanto la distinzione nel ‘56 tra debito patrimoniale e debito fluttuante, con un monitoraggio più dettagliato delle singole voci passive di bilancio, e poi l’attenzione alla credibilità dello Stato che oggi non c’è più. Le banche non dovrebbero vendere obbligazioni statali di fronte a una situazione di dissesto, scriveva Renato Cantoni nel 1972. E invece ancora le vediamo nei listini.

lunedì 19 settembre 2016

Mani Pulite non azzerò il debito pubblico


La stagione di Mani Pulite a leggere i dati sul debito pubblico sembra che non sia servita a niente. Se infatti è vero che Di Pietro e compagni misero sotto assedio partiti e aziende per aver rubato negli appalti pubblici, e quindi sui pagamenti dello Stato che risultavano sempre ingigantiti dalla corruzione, è anche vero che il debito pubblico complessivo della nazione in quegli anni continuò ad aumentare vertiginosamente. Si cominciò a parlare di grave deficit nei primi anni ‘80, ma le cifre divennero spaventose soprattutto verso la fine di quel decennio. Secondo La Stampa raggiungemmo rapidamente il milione di miliardi di lire (pari a 1093 miliardi di euro di oggi) di debito nel settembre del 1988, durante il governo De Mita e dopo il governo Goria. Questo debito nel periodo di Mani Pulite, tra il 1992 e il 1993, quasi raddoppiò, attestandosi su un milione e mezzo barra un milione e 700 mila miliardi di lire, con tendenza all'aumento. Dati sempre dell'archivio della Stampa. Venne registrata appena una frenata durante il primo governo Berlusconi nel settembre 1994, quando eravamo a un milione e 829 mila 658 miliardi di lire, pari a oltre 1458 miliardi di euro attuali. Da alcuni anni abbiamo superato i duemila miliardi di euro. Il debito considerato mostruoso nel 1988 è raddoppiato, secondo i calcoli Istat. E soprattutto ci siamo dimenticati che da questi debiti bisogna rientrare, anche se, come scrisse Renato Cantoni su La Stampa nel 1972, scaricandoli sulla collettività si corre il rischio di impoverire le classi meno abbienti.

martedì 13 settembre 2016

Frana di Ancona, il governo cadde dalle nuvole


Il Governo democristiano cadde dalle nuvole all’indomani della frana di Ancona del 13 dicembre 1982. Il 16 dicembre la macchina statale si mise in moto. Il quotidiano torinese La Stampa pubblicò il giorno dopo un articolo nel quale il ministro per la ricerca scientifica, Romita, annunciava di voler studiare la frana, dimenticando però, in questo modo, gli studi che proprio a Roma erano stati pubblicati nel 1969 da Silvio Zavatti. La cronista Liliana Madeo della Stampa fu comunque molto netta: “In concreto - scrisse quel giorno - gli specialisti convocati dal Ministro non hanno saputo dare un’unica e convincente spiegazione della terribile frana che ad Ancona ha sconvolto una superficie di 3 milioni di metri quadri, su una collina del peso di 140 milioni di tonnellate.”. La minoranza di governo dei liberali innescò delle polemiche. Accusò gli amministratori locali di Ancona di aver approvato piani regolatori e licenze edilizie, pubbliche e private, in un’area che si sapeva essere instabile. Ma a mio parere, più che evitare di costruire, bisognava progettare a livello nazionale un rinnovamento dei centri urbani, cercando di far abbandonare progressivamente le strutture più a rischio. Non va dimenticato che nella prima repubblica il decentramento amministrativo non esisteva. Se infatti andiamo a cercare notizie dal passato, scopriamo che negli anni ‘60 era avvenuto proprio il contrario, cioè era stato il comune dorico a denunciare il ministro di Roma per l’inadeguatezza dei lavori nell’area in frana. Il 24 novembre del 1963 l’Unità pubblicò un articolo con il quale Walter Montanari raccontava di una denuncia sporta dal Consiglio Comunale di Ancona contro il Ministro Sullo, a causa dei danni provocati dalla frana Barducci. “Nella motivazione della delibera - scrisse Montanari - si parla di lavori incauti e di <negligenza ed imperizia> che per l’occasione l’Anas avrebbe mostrato”.

La frana di Ancona era stata prevista


La frana di Ancona era stata prevista e uno studio geologico del 1969, riscoperto nella Biblioteca Civica "Romolo Spezioli" di Fermo, ne offre la prova. Ben tredici anni prima che si verificasse il disastro nella zona del Borghetto un esperto come Silvio Zavatti aveva avvertito: la situazione non potrà che peggiorare. Il 13 dicembre del 1982 gli anconetani lo ricordano come un giorno di lutto, anche se per puro miracolo non vi furono vittime. La collina nota con il nome del Montagnolo, quella che svetta sulla costa a nord del capoluogo marchigiano, franò verso la statale portandosi dietro case, mobili, auto e persino le strade. Nell’opuscolo, composto di sei pagine e intitolato “La frana 'Barducci' nel territorio di Ancona”, pubblicato a Roma dalla Società Geografica Italiana, il geologo scrisse: “si può giungere alla conclusione che la frana sia la risultante di tutta una serie di slittamenti progressivi che quasi certamente non si esauriranno, ma probabilmente tenderanno ad aumentare, interessando zone sempre più profonde.” I sondaggi effettuati dai tecnici delle ferrovie affermavano, secondo Zavatti, che la frana si muoveva trasversalmente per 10 centimetri all’anno e interessava una zona profonda 20 metri, la cui lingua terminale passava sotto il manto stradale, giustificando il rigonfiamento che gli automobilisti dovevano affrontare in quel tratto. Le stavano tentando tutte per arginare il problema, ma senza risultati confortanti. “La mancanza di rilevamenti - era la conclusione dello studio - fin dall’epoca in cui il fenomeno franoso si verificò impedisce di avere un quadro completo del suo comportamento e, quindi, di fare sicure previsioni per il futuro.”




giovedì 8 settembre 2016

Varano, stazione maledetta o stazione fascista?



A una manciata di chilometri da Ancona esiste un posto in cui ai treni, nel passato, è sempre capitato qualcosa di misterioso. Il 31 agosto del 1945, per esempio, avvenne un terribile incendio su di un treno merci. I morti sarebbero stati cento, secondo i giornali, ma per gli storici si tratterebbe di una falsa notizia. Poco chiara fu anche un’altra esplosione, causata la mattina del 20 ottobre del 1943 da un mitragliamento alleato. Il Corriere Adriatico che fu in edicola la sera di quel giorno non riportò la cronaca dell’avvenimento. Allora sono andato a fare una ricerca nell'archivio digitale del Corriere della Sera. Ho inserito le parole "ancona varano treno", che forniscono come risultato molti incidenti ferroviari avvenuti nello scorso secolo, sempre a Varano o tra Varano e l'Aspio. E' un po' un posto maledetto, dove i treni o deragliano o si staccano e provocano incidenti. Ma c'è un fatto che va messo in evidenza: il primo agosto del 1922, nel corso di alcuni scioperi, i socialisti provocarono un attentato, in cui morì il ferroviere fascista Attilio Forlani. Vi fu un processo per questo delitto e i fascisti lo trasformarono nel simbolo della loro rivoluzione. In ricordo di Forlani apposero una lapide, a Varano, con una cerimonia che fu seguita dal Corriere della Sera. Di questa lapide mi aveva parlato recentemente uno storico delle ferrovie, a cui avevo chiesto se ricordasse incidenti a Varano con molti morti. Mi disse che dovrebbe ancora esserci un cippo, ma non ne conosceva la storia. Di incidenti o bombardamenti su Varano nell'ottobre del 1943 invece non c’è traccia, né sul Corriere, né sul New York Times, peraltro sempre informatissimo. E il mistero purtroppo resta.