sabato 11 novembre 2023

Il colpo di Stato del 1969

 


Secondo un documento dei Servizi Segreti cecoslovacchi, tra il 10 e il 25 agosto del 1969 i militari italiani avrebbero dovuto compiere un colpo di Stato: occupare le zone strategiche del Paese con lo scopo di proteggere le basi della NATO. 

La fonte dell'informazione fu il ministro degli Interni della Bulgaria, Solakov, il quale a sua volta fu avvisato da un "alto" esponente della questura di Milano. Di qui la decisione, a inizio agosto 1969, di girare l'informazione ai colleghi di Praga, nell'ambito di un consueto scambio di favori tra comunisti.

Dietro a questi militari c'era a quanto pare il sostegno politico della destra Democristiana (si fa il nome di Andreotti)  e dei Missini. Addirittura vi sarebbero state delle riunioni allargate ad altri partiti politici per informarli dell'imminente operazione e ciò avrebbe destato perplessità e proteste dalla sinistra.

A posteriori sembra di poter identificare in questa descrizione l'organizzazione di quel mancato golpe che fu tentato ufficialmente da Junio Valerio Borghese ai primi di dicembre del 1970.
Dunque il caso Borghese non fu un tentativo isolato e disperato? Probabilmente no, fu la punta dell'iceberg di una vasta operazione gestita dalla NATO. Nel documento tuttavia non si parla di bombe o di una strategia della tensione predisposta per agevolare questo colpo di Stato. Può essere vero il contrario: i militari della NATO, percepita la pericolosità dei movimenti filocinesi, potrebbero aver deciso che la miglior difesa del territorio fosse un giro di vite nel governo del Paese.

Lo stesso Giangiacomo Feltrinelli in un suo volumetto, intitolato Estate 1969, esternava, in contemporanea al documento cecoslovacco, le sue preoccupazioni per l'escalation che, a suo dire, avrebbe portato entro l'anno a un colpo di Stato in Italia. Fu questo l'inizio del terrorismo italiano?

E' interessante, a questo punto, dare un'occhiata alla versione che l'ex Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, lasciò nel suo libro di memorie politiche, intitolato "Governare con la crisi", sul mancato golpe Borghese. A suo dire, non soltanto si trattò di un tentativo velleitario di colpo di Stato, ma fu proprio la destra, ossia l'onorevole Almirante del Movimento Sociale Italiano, a dare l'allarme avvertendo il Ministro dell'Interno.

Ecco Andreotti: "A dare il segno di un nervosismo diffuso vi fu anche il tentativo di marcia su Roma, in sessantaquattresimo, la notte dell'8 dicembre (1970 ndr) (giorno festivo e quindi con minori vigilanze). Un piccolo gruppo di estrema Destra facente capo al principe Valerio Borghese aveva organizzato clandestinamente una occupazione di punti strategici della capitale, sperando forse di suscitare una adesione di massa. Fu sicuramente un insieme più che velleitario, e anche se si fossero impadroniti per qualche ora della Rai-Tv non avrebbero ottenuto che di far parlare nel mondo dell'Italia in chiave negativa. Sta di fatto però - proseguiva Andreotti nel suo libro - che alcune armi erano state sottratte alla Polizia e che una colonna armata di forestali era arrivata alla periferia di Roma. Il comandante della colonna sostenne che si era trattato di una normale esercitazione ma, richiesto quando fosse avvenuta la precedente, risposte: "Nel 1943".

"Ad ogni modo - concluse Andreotti - lo si vide nel processo - all'ultimo momento era stato revocato l'ordine di agire. E non è immaginario attribuirne una parte del merito all'onorevole Almirante che - estraneo alla vicenda, conosciuta per caso in extremis - aveva avvertito il ministro dell'Interno."

Quale fu la verità? Avevano ragione le spie comuniste? In tal caso tra il 1969 e il 1970 vi sarebbe stato un tentativo reiterato di rispondere all'ondata di scioperi e di proteste popolari dell'autunno caldo con un colpo di Stato. Oppure aveva ragione Andreotti? In questa seconda versione dei fatti l'azione di Borghese andrebbe archiviata senz'altro come golpe da Operetta. 



Ecco i giornalisti del SID

 




Dopo le tante speculazioni giornalistiche ecco finalmente un documento ufficiale dei Servizi Segreti di Praga che svela i giornalisti italiani che collaboravano con il SIFAR e poi con il SID. 

Premesso che dal punto di vista deontologico non dovrebbero mai esserci rapporti tra chi divulga e chi spia, dobbiamo ammettere che non ci stupisce più di tanto scoprire certi nomi in questo elenco. 

È un rapporto che si riferisce al 1962, agli anni più bui della guerra fredda, alla crisi con Cuba e al rischio nucleare. In quel periodo l'Alto Adige cominciava a conoscere il terrorismo e Vittorio Lojacono, che figura tra i giornalisti-spia, ne raccontò l'origine e lo sviluppo con informazioni chiaramente provenienti dal mondo dei Servizi. 

Dall'altra parte c'erano del resto i giornalisti spie del Kgb e dello stesso Stb di Praga. Era un mondo diviso a metà che costringeva i professionisti a delle scelte dolorose e rischiose. Un mondo che indubbiamente lasciava poco spazio alla stampa libera e ai giornalisti non raccomandati.