sabato 6 agosto 2016

“Prodi del KGB? Serviva a Berlusconi”


Mario Scaramella avrebbe cercato notizie per screditare Romano Prodi, “per permettere a Berlusconi di vincere le elezioni”. Queste ultime parole sono di Maxim Litvinenko e furono pronunciate durante l’interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Ancona del 18-19 settembre 2012. Scaramella e Maxim si incontrarono al McDonalds della stazione di Bologna, senza Alexander. Pare che le informazioni su Prodi passarono da Mario Scaramella all’ex spia russa, e non viceversa. “Poi vidi come avvenne la registrazione di mio fratello” - affermò Maxim Litvinenko ai magistrati russi -. Parliamo del famoso video in cui Alexander Litvinenko accusò Prodi di essere una spia del KGB. La registrazione avvenne in un hotel di Roma, “nel periodo delle elezioni”. C’era anche Maxim, il fratello che vive a Senigallia, quel giorno. “Mio fratello non aveva alcuna prova di quello che diceva, c’era solo quella registrazione”. Poi le elezioni arrivarono e Berlusconi le perse. La moglie di Alexander, Marina, chiese a Maxim di fare conoscenza con Mario Scaramella. Così si incontrarono alla stazione Termini verso l’autunno del 2006, poi telefonarono a Londra da una cabina per tranquillizzare Alexander, che era arrabbiato. Ma non ne è chiaro il motivo. Pare che proprio in quel periodo Berezovskij gli avesse tagliato lo stipendio, e poco dopo lo licenziò. Quando fu avvelenato, quindi, Alexander Litvinenko stava cercando di avviare una nuova attività commerciale in Italia: importare ed esportare petrolio e gas. A quel punto qualcuno lo contaminò con il polonio 210.

Scaramella collaborava con i servizi segreti?


Mario Scaramella, collaboratore della commissione Mitrokhin, era a capo di un’organizzazione spionistica? Lo si evincerebbe dalle dichiarazioni del fratello di Alexander Litvinenko rilasciate ai magistrati russi ad Ancona nel 2012. Tra Maxim e Alexander vi fu un secondo incontro, dopo quello di Napoli, stavolta a Senigallia. Era il 2005. Maxim telefonò a Scaramella dicendogli che suo fratello era a casa sua. E qui iniziò la storia di Talik, quella di cui parlò prima di morire nel video l’ex spia del KGB. Scaramella disse a Maxim più o meno queste parole: “Hai fatto bene a chiamarmi, stiamo aspettando un autobus che arriva dall’Ucraina pieno di armi. Dobbiamo incontrarci”. Iniziò una vera spy story. Si incontrarono alla stazione Termini. Scaramella era armato, accompagnato dai carabinieri, che perquisirono sia Maxim, sia Alexander Litvinenko. Poi i carabinieri se ne andarono e, dopo che i tre si furono seduti al tavolo di un bar della stazione, Scaramella disse: “L’autobus con le armi è indirizzato a criminali che vogliono uccidere me, tuo fratello, Guzzanti, e forse te.” Glielo avevano detto le sue conoscenze, tra cui il suo interprete. Tra questi presunti terroristi c’era anche Talik, che secondo Alexander Litvinenko era un agente segreto dell’ex KGB in grado di influenzare sia i ribelli ceceni, sia Al Qaeda. E’ per questo che i due fratelli Litvinenko andarono a sporgere denuncia a Senigallia e vennero richiamati dai poliziotti di Ancona. Volevano che qualcuno indagasse e li proteggesse. Alcuni giorni più tardi - aggiunse Maxim nell’interogatorio - lessi la notizia che due ucraini erano stati arrestati e giudicati a Teramo. Gli inquirenti avevano trovato granate e armi nascoste nei libri in un bus bianco. Talik, secondo il sito Wikispooks, nel 2008 viveva a Napoli e negò ai giudici ogni accusa. Avrebbe detto che in realtà Scaramella e Alexander Litvinenko cercavano notizie su Semion Mogilevich e i criminali ucraini in Italia.

Berlusconi aiutò il fratello di Litvinenko?


La raccomandazione di Silvio Berlusconi aiutò il fratello dell’ex spia russa Alexander Litvinenko a ottenere l’asilo politico in Italia? E’ quanto si può sospettare dal verbale dell’interrogatorio di Maxim Litvinenko, che avvenne nella caserma dei carabinieri di Ancona tra le 15 e 40 del 18 e le 20 e 36 del 19 settembre del 2012. Il processo vide come già scritto la presenza ad Ancona dei magistrati russi. Pare che le domande furono poste dagli inquirenti in italiano, perché era l’unica lingua nella quale Maxim, il fratello dell’ex spia russa, poteva esprimersi all’estero. Colpisce soprattutto il racconto dell’incontro tra Maxim e il fratello Alexander a Napoli. Si dovevano vedere tra il 2003 e il 2004 al Britannic hotel. Maxim vi andò ma non trovò nessuno. Poi si presentò un uomo vestito da carabiniere - fu la sua testimonianza - il quale gli chiese di seguirlo in macchina e lo portò in un appartamento privato, dove c’erano Alexander Litvinenko e Mario Scaramella. Ma vi erano anche altri militari e un uomo in uniforme. Alla fine dell’interrogatorio Maxim aggiunse un particolare importante. Pur se in presenza dei carabinieri, Alexander Litvinenko era a Napoli con un passaporto falso, a nome di Edvin Carter. Alexander disse a Maxim che Scaramella era in contatto con uomini potenti, tra cui Berlusconi. Quando Maxim Litvinenko, che vive a Senigallia, ebbe problemi nel rinnovo del permesso di soggiorno, Alexander lo invitò a chiedere l’asilo politico. Gli disse anche che Scaramella avrebbe incontrato Berlusconi per fargli ottenere un passaporto. Pare che però questo passaporto non arrivò. Solo dopo la morte del fratello, Maxim ottenne dalla questura di Ancona un permesso di residenza, con l’autorizzazione per andare in Inghilterra alle esequie di Alexander.

Giudici militari fannulloni sotto accusa


I tribunali militari sono senza lavoro. Eppure i giudici che operano in questo settore, parallelo alla giustizia civile e che si occupa solo di reati commessi da militari o in luoghi militari, restano molto numerosi. E’ il contrario di quanto accade nella magistratura ordinaria, dove le cause restano negli armadi delle procure per mancanza di personale. Eccovi i dati più recenti. In tre tribunali militari, Napoli, Roma e Verona, risultano pendenti 81 processi a Napoli, 56 a Roma, 82 a Verona. Se si contano anche i processi in carico al Gip, annotiamo 55 processi a Napoli, 129 a Roma, 87 a Verona, mentre sono solo 61 i procedimenti finiti in corte di Appello a Roma. Nemmeno pervenuto il dato del tribunale militare di sorveglianza, per assenza di carico di lavoro. Altri numeri sono eloquenti. Se nel tribunale ordinario di Caltanissetta, il meno oberato di lavoro, erano aperti nel 2012 11 mila 110 processi, in tutti e tre i tribunali militari messi insieme i processi, compresi quelli contro ignoti, erano appena 2 mila 200. Se poi si approfondisce il contenuto di questi processi militari, si scopre che il 70% di essi viene archiviato, cioè non giunge al dibattimento. Nel 2015 furono 1095 su 1569. E c’è di più. Secondo voci di corridoio questi giudici militari, che sono dei civili senza alcun grado, vesserebbero i militari iscrivendoli nel registro dei reati per un nonnulla e poi rinviandoli a giudizio per far brodo, per cercare di tenere vive statistiche giudiziarie comunque in ogni caso infime. Si parla anche di dipendenti civili vessati e discriminati nei tribunali militari. I magistrati sapendo di essere pochi si aiuterebbero tra di loro per evitare qualsiasi procedimento disciplinare. I cittadini chiedono al Parlamento di sopprimere del tutto la giustizia militare inglobandola in quella ordinaria. Fino od oggi però non si è mosso nessuno.

venerdì 5 agosto 2016

"Mio figlio Litvinenko fu ucciso da Berezovskij"


“Mio figlio Alexander Litvinenko fu ucciso da Boris Berezovskij. Solo Goldfarb, un partner tecnico di Berezovskij, sapeva lavorare sul polonio 210”. Queste accuse furono lanciate da Walter Litvinenko, padre dell’ex spia russa morta nel 2006, durante un interrogatorio a cui fu sottoposto alle 17.27 del 18 settembre del 2012 ad Ancona, negli uffici dei carabinieri italiani. Il verbale è disponibile sul sito intitolato: “The Litvinenko inquiry”. E’ in lingua inglese. Pare che l’inchiesta nacque su richiesta della federazione russa, che stava indagando, sia sulla morte di Litvinenko avvenuta in Inghilterra, sia sul tentato omicidio di Kovtun e Lugovoy. In questa ricostruzione dei fatti Walter Litvinenko scagiona sia Putin, sia Mario Scaramella, il collaboratore della commissione Guzzanti. Dopo quel pranzo con Scaramella al Sushi bar di Londra, Alexander Litvinenko andò negli uffici di Berezovskij. E fu solo quando ne uscì, insieme con un certo Akhmed (Akhmed Zakaev, capo del governo ceceno in esilio), che l’ex spia russa fu vista da questo suo amico completamente coperta di polonio. Come mai, tuttavia, questo interrogatorio si tenne in Italia? In un video Alexander Litvinenko affermò prima di morire di aver sporto denuncia a Senigallia insieme al fratello Maxim in seguito all’arresto di un certo Talik, mafioso russo in contatto con l’ex KGB e con Al Qaeda. Disse che un poliziotto di Ancona lo aveva chiamato dal telefono del fratello e gli aveva chiesto di incontrarlo. Tre poliziotti quindi gli avevano fatto molte domande su Mario Scaramella, su Talik e altri gruppi criminali. Probabilmente scattò un’inchiesta italiana. Nel verbale del 2012 compare il nome di un certo dottor C. Cimini, giudice delle indagini preliminari. Eppure negli uffici dei carabinieri di Ancona erano attivi quel giorno del 2012 anche i magistrati russi, un fatto piuttosto inconsueto.

giovedì 4 agosto 2016

C'è un missile sul monte Conero?


Una nuova sensazionale foto scattata via satellite dal sito gosur.com mostra forse un missile in fase di collaudo. Siamo sulla vetta del monte Conero, vicino Ancona, nel pieno della zona militare. Come si vede nella foto di sinistra, dove prima (foto a destra di qualche anno fa) c'erano delle specie di rampe, ora si nota un telone bianco, o forse una copertura fotografica imposta dai servizi segreti. E' trasparente al punto che si intravedono le linee del finto campo di calcetto. Finto perché in realtà su quel campetto non si gioca. Probabilmente il terreno non è pianeggiante, ma in pendenza e non ci sono le porte. Il telone ha una forma che tradisce la natura dell'oggetto che vi è nascosto. Si tratta forse di un missile in fase di collaudo? Su quel campo si sta certamente lavorando. I due rettangoli, che sembravano altre rampe di lancio pronte ad aprirsi, per far salire magari dei missili dal sottosuolo, in realtà si sono mossi. Uno in particolare ha cambiato posizione e si è avvicinato alle presunte rampe. La base è attiva anche nel 2016. Lo si nota da alcune macchine parcheggiate, due nella parte a ovest, più il famoso pick-up, che è sempre nella zona sud della base, ma in un'area diversa. L'asfalto stradale sembra sia stato rifatto e la segnaletica è stata ridisegnata da poco. Il verde è aumentato sensibilmente, rispetto al paesaggio brullo che si vedeva prima. E la base torna a far paura.

lunedì 1 agosto 2016

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“L’ultima piovra” è un’analisi del berlusconismo in tutte le vicende che lo hanno contraddistinto in questi ultimi ventidue anni. E’ una mia storia d’Italia narrata attraverso notizie e documenti ritrovati in giro per il web, o nei nuovi archivi dei giornali.

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“L’ultima piovra” è un’analisi del berlusconismo in tutte le vicende che lo hanno contraddistinto in questi ultimi ventidue anni. E’ una mia storia d’Italia narrata attraverso notizie e documenti ritrovati in giro per il web, o nei nuovi archivi dei giornali.
Sappiamo davvero tutto sui processi di Berlusconi? Senza entrare nel labirinto dei cavilli giuridici, gli effetti praticamente inesistenti che producono questi tribunali politici, e le cause che li muovono, risalenti all’epoca dei nostri nonni, ci dicono di no. I processi di Berlusconi e dei suoi colleghi sono questioni private, completamente avulse dall’attualità italiana, che gli scandali a orologeria, come li chiamò il laziale Massimo Cacciatori, ricordando il suo arresto per il calcioscommesse del 1980, gli uffici stampa e le dichiarazioni programmate non hanno per niente cambiato.
Lo dicono i documenti sfuggiti ai servizi di sicurezza. Lo Stato italiano resta quello di Ustica, ostaggio perenne del segreto di Stato, dei militari, e delle torbide trame extraparlamentari. Chi è allora Silvio Berlusconi? Negli anni ‘80 studiava il comunismo cinquecentesco di Thomas More e giurava di fuggire all’estero qualora i comunisti gli avessero impedito di fare l’imprenditore. E’ ancora qui, e quando nel 1994 iniziò il suo primo governo di centrodestra non disdegnò le alleanze con i palazzinari rossi, gli ex leader di Lotta Continua della Lega e le avances ai togati di Mani Pulite. Amici e nemici insieme, odiati e amati.
Berlusconi è forse questo: uno che è rimasto a galla nonostante tutto, perché nonostante tutto non è successo niente. Berlusconi è nero come i fascisti di Vezzalini, ma anche “rosso” per quanto possa esserlo il centralismo democratico dei governi sovietici. Della Democrazia cristiana, di cui si disse che l’ex cavaliere era sostenitore nel 1978, ha ereditato l’illusione funesta che l’est e l’ovest del mondo potessero convivere.
Bisogna però scavare nei documenti per superare le semplificazioni di questa politica giolittiana e più che mai clientelare nota come “berlusconismo” o adesso “renzismo”. Riaffiorano dai giornali la mafia del nord Italia, che sembra non essere mai stata scalfita dalle indagini, né ieri, né oggi. Riscopriamo con amarezza lo statalismo socialista con cui vengono gestite le aziende di Stato, e i fondi pubblici di cui gode il micragnoso ambiente dell’editoria, incapace di costruire realtà commerciali, restio agli investimenti, timoroso della concorrenza e più che mai attaccato alle mammelle dello Stato per tirare a campare.
Apprendiamo, infine, da notizie in inglese che l’Isis, il nuovo nemico di Berlusconi, gode di appoggi inconfessabili: Israele? I servizi segreti occidentali? I ceceni e il KGB? Forse. A tutto questo affibbierei un nome: Piovra. E’ stato un celebre film televisivo premonitore dei nostri guai. O forse no. A giudicare da certi articoli dimenticati, potrebbe essere una storia vera che, semplicemente, le indagini giudiziarie e la morte di Giovanni Falcone non ci hanno fatto conoscere appieno.
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