martedì 28 luglio 2020

Anno 2003, prove generali di pandemia


“Bisogna distinguere due casi: l’isolamento è una misura preventiva utile nei paesi che hanno un numero di casi limitato, dove il virus non si è trasmesso attraverso gli esseri umani. E’ il caso della Francia. Ma oltre un certo livello di infezione e di contaminazione la quarantena è inutile. Era stato dimostrato ai tempi dell’influenza spagnola, all’inizio del secolo scorso.”

Queste parole vennero pronunciate dal virologo Jean Claude Manuguerra, dell’Istituto Pasteur di Parigi, durante un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa e pubblicata il 22 aprile 2003. Rilette nell’estate 2020 diventano accuse durissime verso tutti gli Stati mondiali, che hanno deciso di imitare la Cina nelle misure drastiche anti-Covid.

Tra il novembre 2002 e l’agosto 2003 una nuova malattia mise in allarme la sanità mondiale: si chiamava Coronavirus Sars CoV, ossia: sindrome respiratoria acuta. Era la versione uno del Covid-19 sviluppatosi, appunto, nell’autunno del 2019. Luogo di origine sempre lo stesso, la Cina. Dunque, quello che abbiamo vissuto nel 2020 in realtà è già accaduto, anche se non nelle proporzioni che stiamo sperimentando. All’epoca stavo diventando pubblicista al Resto del Carlino. Ricordo veramente poco della Sars, se non che ne leggevo gli articoli sui quotidiani nazionali, gli stessi che ora sono andato a scartabellare, scoprendo queste frasi incredibili.

L’informazione nel 2003 esercitò molto di più il senso critico, rispetto a oggi, e l’ipotesi di provvedimenti draconiani come la misurazione della febbre agli aeroporti, pur paventata dal ministro di allora del governo Berlusconi, Sirchia, non trovò unanime consenso nell’opinione pubblica, anzi. La giornalista Eugenia Tognotti, il 9 aprile 2003 scriveva sulla Stampa. “Ricompaiono termini obsoleti e dimenticati come quarantena, contumacia, cordone sanitario; si riaffacciano antiche strategie come il sigillamento delle case colpite; della fuga, dell’isolamento in moderni ‘lazzaretti’, di punizioni da comminare a coloro che violano le leggi sanitarie. Riaffiorano il timore, la diffidenza, il sospetto nei confronti dell’altro, del diverso, che in tempo di peste e di colera portava a diffidare degli ebrei dei ghetti che maneggiavano stracci e materassi.” Termini che, tuttavia, gli stessi giornalisti del quotidiano La Stampa hanno rispolverato dalla sera alla mattina nel 2020, come se li avessimo usati fino a ieri.

Importanti, dicevamo, le parole del virologo Manuguerra, il quale, oltre ad escludere la quarantena come strumento di difesa dal diffondersi del contagio, spiegava che il rischio di contaminazione dipendeva dal comportamento della Cina. “Tutto dipende dall’evoluzione del virus in Cina - disse al giornalista della Stampa, Jean Yves Nau - In quel paese i primi casi si sono avuti, lo sappiamo ora, alla fine del 2002. Ma le autorità hanno deciso di nascondere il fenomeno proprio nel momento in cui sarebbe stato possibile circoscriverlo. Ormai siamo in fase di epidemia ascendente, difficile da controllare e possiamo temere che, man mano che si estende nella popolazione, il virus del Sars trovi il modo di migliorare il suo modo di diffondersi, dando un carattere sempre più contagioso alla malattia respiratoria.”

Parole che ci fanno rabbrividire: sapevamo tutto della versione 1 del Covid e avevamo 17 anni di tempo per prepararci. Quella volta il numero di casi fu assai ridotto. Wikipedia scrive che furono 8096 in tutto il mondo, di cui 7322 guariti e 774 morti. Forse fu questo dato, davvero inconsistente rispetto ad altre malattie, a far sottovalutare le epidemie cinesi. Basti pensare che ogni giorno muoiono in Italia circa 400 persone per tumore, e si parlò anche di 500 morti al giorno per ictus. Questo per dire che tutto è relativo. Le malattie generalmente non fanno notizia, nemmeno quando colpiscono tante persone. A meno che non vi sia un fatto violento alla base della sua diffusione, non vi sia una catastrofe naturale, o comunque un evento inusuale che giustifichi il titolone sui giornali. Ebbene, nel 2003 l’elemento insolito era la nascita di un virus sconosciuto in un paese tutt’altro che democratico come la Cina. Rileggendo quelle pagine di giornale ricompare Antony Fauci, l’esperto della Casa Bianca in lite con Trump, che all’epoca, però, non escludeva affatto che il virus Sars fosse stato generato nei laboratori cinesi.

Come diceva il professor Manuguerra, tutto dipende dalla Cina. Purtroppo la politica italiana ha fatto l’impossibile in questi anni per avvicinarsi politicamente ed economicamente alla dittatura comunista di Pechino. E uno degli artefici dell’accordo fu quel personaggio di cui già ci siamo occupati, perché la sua figurina compariva, nel 1976, nell’album del terrorismo internazionale del KGB: Claudio Mutti. Un particolare che torniamo a sottolineare.

Nel 2003 i casi italiani di Sars furono soltanto 4, senza vittime, contro i 5327 e 349 morti della Cina, ma l’allarme scattò ugualmente. Nelle scuole del Piemonte era stato attivato un protocollo di comportamento legato al rischio Sars. I ragazzi provenienti da zone a rischio sarebbero stati monitorati per un certo numero di giorni, un provvedimento che nel 2020 non è stato ipotizzato nemmeno quando i casi erano scarsissimi, preferendo i governatori regionali e il governo Conte passare subito al più drastico lockdown.

Il 6 maggio del 2003 il quotidiano La Stampa riferiva di proteste violente e saccheggi in Cina. Motivo? Contro la quarantena. Tra il 25 e il 28 aprile a Linzhou vi furono giorni di scontri con la polizia. “Nelle campagne la gente ha paura di essere messa in quarantena - spiegava Gong Wei un giornalista cinese al suo collega Francesco Sisci della Stampa - molti credono che la possibilità di avere la Sars sia una diagnosi senza speranza e vorrebbero morire a casa loro. Altri pensano che stare in quarantena con chi forse è contagiato, moltiplica le possibilità di infezione.”

Ma ai diplomatici stranieri andava bene così. Meglio una Cina in stato d’assedio piuttosto che vedere l’epidemia espandersi alla Corea e poi all’Europa. Qualche anno prima, nel 1997, durante un’altra epidemia cinese che colpiva i polli, il giornalista della Stampa Luigi Grassia pose al suo intervistato, il professor Walter Grillone, primario dell’ospedale Savoia di Torino, una domanda che oggi nessuno si sognerebbe nemmeno di pensare. Affermò: “viste le tante violazioni dei diritti umani in Cina chissà che qualcuno non proponga di eliminare i portatori umani del virus?” Risposta di Grillone: “In Europa a volte si faceva, al tempo delle grandi pestilenze. Anche a Torino, all’epoca dell’epidemia descritta dal Manzoni, furono impiccati alcuni ammalati. Ma più che profilassi fu fatto a scopo propiziatorio, come rito pagano per ingraziarsi qualche divinità oscura. Ma il mondo attuale dovrebbe essere vaccinato, se non dalle influenze, almeno da questo.”

Eppure anche il governo Conte ha deciso di eliminare i portatori di Covid-19, li ha fatti cremare contro la loro volontà. Un mio vicino di casa di Ancona ha fatto questa fine e devo dire sinceramente che fatico ad accettare che di quella persona, a cui spesso avevo stretto la mano, non esista più nulla. Mi ha condotto a una riflessione profonda e non certo gradevole sul senso della vita. E’ vero che siamo cenere e torneremo cenere, come ci spiegano in chiesa durante le Messe, ma mi sembra sia diventato un po’ troppo veloce questo passaggio terreno.

Il 30 marzo del 2020 l’Italia fu criticata persino dai virologi cinesi, i quali attraverso il sito-filo-russo Sputnik News denunciarono che “l’isolamento in casa è inutile”. “Ad avviso del gruppo di esperti cinesi - scriveva Sputnik News - l'Italia commette gli stessi errori di specialisti e autorità cinesi all'inizio dell'epidemia. Liang Zong’An, il capo del dipartimento di malattie respiratorie dell'ospedale della Cina occidentale dell'Università di Sichuan, ha osservato che la quarantena è inutile se tutti i pazienti a cui è stato diagnosticato il coronavirus non sono ricoverati in ospedale.” E precisava: “Le famiglie italiane abitano in appartamenti più spaziosi in confronto alle famiglie cinesi, ha fatto notare Liang. Tuttavia, ci sono stati numerosi casi, in cui una persona con sintomi lievi ha trasmesso la malattia ad altri membri della famiglia, nonostante i tentativi di isolarlo in una stanza separata, ha aggiunto il dottore.”

Parole che non hanno alcun bisogno di commento.

domenica 26 luglio 2020

I rapporti tra il giornalista Sansone e le spie di Praga

(Dossier dei servizi segreti cecoslovacchi, numero 334_2_3, pagine da 9 a 15. Faldone 10443)

9 gennaio 1961 - VALUTAZIONE

DRIL - nome reale: Sansone Vito

Biografia:

Nato a Castelvetrano-Italia, in una piccola città. Si laureò al liceo di Palermo, laureandosi nel 1945 all'università lì.

Attività politica:

SANSONE è un democratico. Nel 1945 entra a far parte della IKS di Palermo e, in breve, entra a far parte della redazione del quotidiano "Voce della Sicilia" IKS (il PCI, ndr). A causa del fatto che questa rivista ha smesso di essere pubblicata, ha lavorato per qualche tempo nel dipartimento legale dell'Unione delle Cooperative Siciliane, dove ha lavorato fino al 1947, quando è entrato a far parte della redazione di Unità, dove è rimasto continuamente fino al 1958. Quest'anno si è trasferito al quotidiano Il Paese come direttore della politica estera, in seguito come capo dei servizi esteri. Dal 1953 al 1956 ha lavorato come corrispondente per Unità a Varsavia. Collabora con la rivista teorica IKS Rinascita.

Contatti:

SANSONE nella lista dei contatti tra giornalisti borghesi, in particolare nell'agenzia italiana Il Punto, Espresso, nell'organizzazione giornalistica romana. Il suo contatto AIELLO Giuseppe lavora presso il Ministero degli Affari Esteri italiano, elaborando gli scioperi della Somalia. Secondo l'ispezione, si tratta di un carabiniere italiano presso il Ministero degli Affari Esteri, una guardia di alto livello in Giappone. Ulteriore contatto - parente DRIL, senatore DC Messeri Girolamo, data di nascita 14.11.1914. È una delle persone più importanti di Fanfani presso il Ministero degli Affari Esteri italiano. Secondo l'ispezione, ha superato diverse posizioni in italiano. MFA. Tra l'altro, nel 1944-45 fu in URSS come segretario dell'ambasciata italiana. Lo afferma Sergio MILANI, direttore dell'Agenzia Italia. Un controllo ha rivelato che c'era Sergio Milani, editore, che viveva a Roma via Dandini 15. Cita il capo dell'Ufficio Stampa del Viminale LEPRI come ulteriore contatto. Un controllo ha rivelato che ci sono molti nomi simili. Non esiste sotto "del Viminale". [C']è anche il dott. IVELLA, funzionario del Ministero degli Affari Esteri italiano, con la società "Punto" con lo pseudonimo di FONTANESI. Il controllo trovato nell'elenco non è da nessuna parte. Riceve ulteriori notizie da COLOMBA, che sarà rappresentato dalla società italiana ENI, Di Stefano. (Non stabilito)

La cooperazione è iniziata:

Il 24.1.1959. Non è indicato da nessuna parte come è avvenuto il primo contatto. Gestito da s.Lesnik; s.Melka ha partecipato a 1 x riunione.

Notizie tratte:

DRIL afferma inoltre che la fonte di notizie viene da FANTY, che talvolta rappresenta sul posto di lavoro, e Giuseppe PIRRONE, direttore del Domani italiano, dal direttore dell'agenzia AISA, AMBRA Antonio, ing. direttore. Trae anche notizie da Bianchi, che è presso il Ministero degli Affari Esteri italiano. Un controllo ha rivelato che Bianchi al Ministero degli Affari Esteri è lo stesso?

Opzioni di Intelligence:

Secondo la dichiarazione di DRILL e lo stesso Lisnik, la DRIL, a parte una fonte di carattere giornalistico, non ha possibilità speciali. DRIL può essere utilizzato per varie ispezioni di persone a Roma e nei dintorni. Un ulteriore utilizzo è possibile tramite DRIL per pubblicare vari nostri articoli, finalizzati all'implementazione di misure attive, sia in Paese Sera che nel Paese. 

Corso di cooperazione: 

Il DRIL è stato utilizzato per vari compiti, come ottenere notizie sull'agenzia continentale, notizie sul nuovo governo italiano, sviluppi in Somalia, domande da Berlino, incontri con i giornalisti jugoslavi, risposta alla conferenza stampa del governo, viaggio di Segni a Bonn, incontri con Delegazione parlamentare greca, viaggio di Gronchi in URSS, problemi del NSR, problemi delle Nazioni Unite. Il DRIL era ancora incaricato di porre domande specifiche al Dr. Brandt durante la sua visita a Roma. Sono state inoltre incaricate di controllare le seguenti persone: MESSINI, ZERKOV, FALCONI, AZZIMONTI, RI[C]CHIUTI, SANTINI, LISI, MINUTI, ARTISSI. Il DRIL è stato anche incaricato di pubblicare alcuni articoli, come le basi in Italia e i loro pericoli, le attività amichevoli di SE a Roma durante le Olimpiadi, ecc. Tra l'altro, al DRIL è stato chiesto più volte di incontrare Mr. Lesnik per i suoi contatti. Tuttavia, ciò non è avvenuto ad eccezione di PARRONE. Al DRIL è stato anche detto più volte che siamo interessati alle notizie, ma non di natura giornalistica.

Compimento di compiti:

DRIL ha completato tutte le attività. Tuttavia, le notizie a volte hanno superato la portata del giornalismo.

Premi:

DRIL non ha dimenticato di ricordare che non ha soldi, che è in difficoltà finanziarie, ecc. È stato regolarmente premiato finanziariamente dal valore per i rapporti. Finora, 225.600 lire sono state vendute a DRIL. Le spese relative alle riunioni ammontano a 16.800 lire.

A seguire:

Non trovato. Inoltre, il FRIL (DRIL? ndr) non è stato monitorato dalla sorveglianza.

Dai un'occhiata:

Non è stato ancora fatto. Il 1 ° ottobre 1960, un controllo sul DRIL assegnato a SANTINI e MATEO (MATTEO? ndr).

Luoghi di incontro:

Secondo la cronaca: 12 x non elencati 1 x ristorante ROMOLO, 2 x in Piazza del Popolo, 2 x ristorante bolognese, 1 x ristorante Di Renzo, 14 incontri nel reparto capelli dell'Ambasciata.

Conclusione:

Dalla cooperazione si può vedere fino ad ora che il DRIL ha sempre adempiuto ai suoi compiti. Tuttavia, la notizia era talvolta presumibilmente un quadro di natura giornalistica. Sebbene le istruzioni fossero tenute per tenere riunioni esclusivamente presso l'ambasciata, non furono seguite. L'incontro si è tenuto più volte all'esterno e, inoltre, nelle immediate vicinanze dell'Ambasciata. I premi corrispondono ai messaggi venduti. Rilasciato anche durante le riunioni. Lo svantaggio è il fatto che il DRIL non è stato verificato finora. Di DRIL si sa molto poco, eppure era ed è assegnato a cose che gli devono essere chiare che il giusto Lesnik (c'è una parola con una lettera cancellata, riscritta in modo poco chiaro, ndr) è un organo di sicurezza. Dal contatto attuale non è chiaro che si tratti di un provocatore. 

Suggerisco:

Dopo un controllo approfondito, effettuare un reclutamento, quindi svolgere attività specifiche. DRIL può essere utilizzato come motore di ricerca e per pubblicare un articolo.

Fukan Jaroslav 


venerdì 24 luglio 2020

I contatti italiani dell'STB negli anni '50

Italiani che negli anni '50 erano in contatto, per motivi commerciali, con i paesi socialisti. In quanto tali erano potenziali contatti dei servizi segreti cecoslovacchi, anche se probabilmente non tutti erano consapevoli di essere oggetto delle attenzioni dei comunisti.


G. Aziz AHMAD, residente in via Politecnico 3, Milano
Guido ARANGI
Clemente AZZINI
Edo AZZOLINI, nato a Piombino nel 1925, residente in via Monte Zelio 19, Roma
Sarda BAJPAI, residente in via Fr.Denza 36, Roma
Berardi ALVACO (Alvaro BERARDI?), nato nel 1914, residente in via Flaminia, Roma
Bonumil BARTOS, residente in via Valdirivo 21/2, Trieste
Giovanni BELELLI, residente in via Po 36
Lodovico BENVENUTI, nato a Verona il 10-4-1899
Lorenzo BERLINGERI, residente in Mincomes Budova, Reggio Calabria
P.BERTOLONE, residente in RIV, Torino
Domenico BEVILACQUA, residente in via della Stelletta 2, Roma
Enrico BOCCIARDO, residente in via San Giovanni Battista, Genova-Sestri
Eraldo BODO, residente in via degli Amadei 8, Milano
Sandro BONASSI, residente in via Borgo Palazzo 50, Bergamo
Ernesto BONGIOVANNI, residente presso la ditta Angelo Turani, Bergamo
Silvio BORTOLUZZI, residente in via Bissolati 57, Roma 
Umberto BRAVNA
Turoni-BRESCIANI
Giulio BRIOSCHI, residente in via Mario Pagano 39, Milano
Franco BUZZAO, residente in Mincomes, via Gobetti 2
Dott. CAMPANELLI, residente in piazza Belli 2, Roma
Cardinal CANALI, residente in Vaticano
Giulio CERRETI, nato a Sesto Fiorentino l'1-10-1903, residente in Roma, presso la Lega delle Cooperative, Viale del Policlinico 137
Egisto CA(P)PELLINI, nato a Urbino, il 31-10-1896
Mario D’ALFONSO, residente in via Bogogna 1, Milano
Giuseppe DALL’OGLIO
Mario GIULIANO, residente in via Pier Lombardo 15, Milano
Frant GREGIRI, residente a Trieste
Bruno GREGIRI, residente a Trieste
Ladislav KELMAR
Boris KOVACIC, residente a Trieste
Luigi LOCATELLI
Clara MINARINI 
Anna MINESCI
Stanko PELCHSN, residente a Trieste
Piero PERUZZI, residente a Trieste
Danilo PERIC, residente a Trieste
Antonio PESENTI, nato a Verona il 15-10-1910, residente a via Nomentana 372, Roma
Karol PETRAS, residente a San Sabba, Via principale, Rio Primario 1 Trieste
Pasquale PIGNATELLI, residente a Milano 
Alfredo RICCI, residente a Trieste
Mario Vincenzo RONCONI, residente in via T.Grossi 1, Milano 
Ivo SAPLA, residente a Trieste
Jozef SIKELA, residente in IRO Bernoly, Napoli
Renato SASSOLI, residente in via S.Nicolò di Tolentino, Roma
Daniele TURANI, nato a Bergamo l'8-2-1907, residente in via Veneto 81, Roma
Gustav VERBOVKA

giovedì 23 luglio 2020

Chi era Matricardi, la spia del Conero?

MEMORANDUM - dossier dei servizi segreti cecoslovacchi, numero 328_1_4, pagine 27-39


DUMAS, nome reale: RICCHIUTI ERMETE

nato il 12.7.1922 a PALOMBARO provincia CHIETI

Libero professionista presso il Ministero italiano

appartamento Roma VIA POLESINE 8


Viene da una famosa famiglia antifascista. Suo padre era il direttore dell'orchestra. Come tale, ha composto diverse canzoni. Andava spesso all'estero. Durante il fascismo è stato perseguitato per la sua affiliazione e attività nel Partito socialista italiano. Soprattutto in relazione allo zio di DUMAS NITTI, è stato arrestato e indagato più volte. Morì nel 1942 a causa della persecuzione. La madre di DUMAS era un'insegnante. È in pensione dal 1950. Ha 60.000 lire di pensioni mensili. Vivevano in una casa con DUMAS a Roma. Il fratello di DUMAS, Aldo, nato nel 1928, sta morendo e lavora come tecnico alla PIRELLI di Roma. Vivevano in via MEDAGLIE D'ORO, dove lo acquistò. Lo zio di DUMAS Francesco Fausto Nitti, un funzionario del Partito socialista italiano, fu imprigionato nelle Isole Eolie dopo che Mussolini salì al potere nel 1926-27, da dove riuscì a fuggire e Rossellini e Lussa fuggirono e andarono in Francia attraverso la Svizzera. Lì, nel 1928, con l'aiuto di suo padre DUMAS, fuggì sua zia DUMAS Ada, che poi sposò NITTI al confine. Come risultato di questa connessione con NITTI e la futura donna, la famiglia di DUMAS è stata monitorata. La sezione DUMAS ha dovuto riferire regolarmente alla polizia. NITTI ha quindi preso parte alla guerra civile in Spagna. Dopo la sconfitta delle truppe repubblicane, si rifugiò in Francia, dove fu successivamente assegnato dai tedeschi. Durante il trasporto al campo di concentramento, riuscì a fuggire dal treno insieme ad altri. Dopo la fuga, si unì al movimento di resistenza francese. Dopo la guerra gli fu assegnato DE Gaulle. È tornato con moglie e figli in Italia nel 1946. È il segretario dell'organizzazione nazionale di resistenza italiana, un funzionario della corrente di sinistra di PSI e un membro del consiglio comunale della città di Roma. Nelle attuali elezioni amministrative, è stato rieletto PSI. Sua moglie e sua zia DUMAS lavorano nel dipartimento consolare del Ministero degli Affari Esteri italiano. DUMAS frequentò un liceo classico e dopo la laurea iniziò a studiare alla Facoltà di Scienze Politiche, ma nel 1942 fu chiamato a un corso per ufficiali di artiglieria, a Bolzano. Poco dopo, fu chiamato con l'intera unità e schierato per combattere. Nel 1943, riuscì a fuggire da Bolzano da un accerchiamento tedesco e dopo pochi giorni raggiunse la sua città natale. Insieme a suo fratello e altri conoscenti, organizzò un gruppo di resistenza, che svolgeva attività contro le truppe tedesche nell'area di Chieti dal settembre 1943 al gennaio 1944. Dopo la repressione del partito tedesco contro la popolazione, il gruppo tedesco fu disperso, uccidendo un certo numero di lavoratori della resistenza. DUMAS in seguito si unì alla Brigata "Maiella", che in collaborazione con l'VIII esercito inglese operò in Italia dal gennaio 1944 all'agosto 1945. Dopo la guerra, DUMAS lavorò dal marzo 1946 al Ministero della Cura pubblica, dove suo zio NITTI era direttore dipartimento devastato dalla guerra. Poiché questo ministero era nelle mani delle forze di sinistra, fu abolito e incorporato nel Ministero degli Interni italiano nel 1947 dopo che il comunista e il socialista furono espulsi dal governo. Attraverso questa misura, DUMAS passò al servizio del Ministero degli Interni, dove lavorò fino al marzo 1951 nel dipartimento personale per l'amministrazione politica. Dall'invio dei parenti, avrebbe informato le parti di sinistra delle varie misure preparate dal Ministero dell'Interno. Avrebbe anche dovuto essere sospettato di questa attività. Dal marzo del 1951, ha inviato su sua richiesta alla condizione minima, dove ha lavorato nel dipartimento stampa. Allo stato attuale, quando deve essere promosso a una categoria superiore, passa attraverso il dipartimento provinciale dell'assunzione minima su via LOVANIO, che impone vari crediti che ha almeno presso varie società locali. Si dice che deve andare di nuovo al dipartimento stampa almeno. Di recente, ha pensato di tornare al ministero dell'Interno italiano con l'aiuto di conoscenti. Secondo la dichiarazione, è di sinistra. Nelle elezioni politiche o amministrative, ha sempre avuto il voto dei candidati socialisti. Secondo lui, se il PSI fosse d'accordo e attuasse la politica in collaborazione con la parte DC, avrebbe sostenuto il PCI. Il suo orientamento politico è determinato dall'ambiente in cui è cresciuto. Non è membro di alcun partito politico. Tende al lato PSI. Dall'intervista si può vedere che armonizza le politiche interne ed estere del paese. Può orientarsi bene nella situazione politica interna. Ha dei dubbi sul fatto che uno sviluppo parlamentare pacifico possa determinare un cambiamento nella situazione in Italia. Secondo lui, nell'interesse di questa inversione, sarà necessario ricorrere alla rivoluzione. DUMAS è single. Secondo quanto riferito, è fidanzato. Il nome della sua fidanzata è sconosciuto. Suo padre doveva essere fucilato dai tedeschi. Il suo hobby è suonare il violino. Nel complesso, ha condiviso il suo amore per la musica dopo suo padre. Inoltre, guarda gli sport, in particolare il calcio. Come minimo, non è soddisfatto, sia in termini di posizione che di ambiente. Il suo stipendio è di 60.000 lire al mese. Presumibilmente paga £ 30.000 al mese per affittare un appartamento. Hanno una casa di famiglia a Palombare. Sua madre vi trascorre i mesi estivi. Durante i mesi estivi di quest'anno, la casa è stata notevolmente danneggiata durante la frana. Tra i premi concessi a DUMAS, gli è stato permesso di acquistare una Fiat 600 a rate, ma non è stato pagato. Ora che la notizia è stata respinta, è stato sulla stampa finanziaria. Non ha bisogno delle 20.000 lire che deve pagare sul debito dell'auto ogni mese. Nell'ultima riunione, ha stipulato un prestito in questa direzione, che è stato respinto in modo adeguato. DUMAS è stato verificato da diverse angolazioni. Le ispezioni, che non erano perfette ed esaustive, hanno dimostrato che ha lavorato presso il Ministero del Tesoro, dove è un funzionario di mezzo. In passato, ha dovuto lavorare come minimo per la segreteria, secondo il secondo controllo, doveva essere incluso nel dipartimento stampa. Secondo un'altra ispezione e secondo la sua spiegazione, ora lavora nel dipartimento provinciale della tesoreria minima in Via LOVANIO, che raccoglie crediti da società locali italiane. L'ispezione conferma che non ha opzioni di intelligence speciali dalla sua posizione attuale. I controlli confermano la sua reputazione. Deve essere d'accordo con la politica del governo.

Corso di contatto:

DUMAS venne da noi nel settembre del 1959 e in un'intervista con Berger offrì notizie e informazioni dall'ambiente del ministero del Tesoro e delle finanze, e nel nostro interesse anche dall'ambiente del Ministero degli Interni italiano. Ha fatto riferimento alla sua parentela con NITTI. A Berger è stato detto che aveva chiesto al nostro dipartimento di partenza se in alcuni casi poteva servire come consulente finanziario. DUMAS è giunto alla domanda della nostra opinione ancora due volte. Poiché ha anche cambiato il fatto di avere contatti e opportunità per alcuni redattori del giornale, era in diretto contatto con lui il 17 ottobre 1959, a condizione che alcuni dei nostri articoli sarebbero stati pubblicati attraverso di lui sulla stampa italiana. Durante diversi incontri, gli fu venduta una serie di articoli, alcuni dei quali riuscì a pubblicare in "Paese Sera" o "Paese". Gli fu data la stampa dal fondo per la pubblicazione dell'articolo. Separare la remunerazione pertinente. Ha sempre firmato l'accettazione del premio. Durante l'incontro del 14 novembre 1959, mostrò, tra l'altro, copie dei rapporti di mini-tesoreria, che trattavano questioni economiche in Italia, investimenti esteri, prestiti, ecc. Ci ha chiesto se saremmo interessati alle informazioni. Fu deciso che avrebbe portato qualcosa la prossima volta. Da allora, ha portato dati statistici, dati su prestiti e investimenti esteri nell'economia italiana, programmi di selezione per aziende di armamenti, ecc., A singoli incontri. Nel febbraio 1960, i materiali furono valutati dal quartier generale e si concluse che non avevano alcun valore di intelligence per noi. Di conseguenza, questo tipo di materiale è stato gradualmente respinto. È stata data priorità ai rapporti sulla situazione finanziaria, economica e produttiva dell'impianto, in cui venivano anche prodotte armi, tra le altre cose, ed erano stati immessi materiali da cui sarebbero emerse discrepanze tra gli interessi americani e italiani. Di questi materiali richiesti, DUMAS non ha portato molto. A poco a poco, iniziò a portare rapporti di natura politica, presumibilmente descrizioni di varie lettere tra singoli membri del governo italiano o le realtà degli ambasciatori italiani indirizzate al Primo Ministro italiano. Inoltre, nel marzo 1960, ha offerto che il suo amico MATRICARDI, un ufficiale della Marina italiana, avesse una situazione finanziaria favorevole e sarebbe disposto a redigere rapporti sull'armamento delle navi da guerra italiane e, in generale, sulla marina militare italiana sotto la NATO. Oltre a questi rapporti politici, DUMAS ha iniziato a fornire rapporti militari. A marzo è stata effettuata un'ulteriore valutazione del materiale ed è stato definitivamente stabilito che le relazioni di natura economica non avevano valore divisivo. Sono stati pertanto richiesti rapporti politici e militari. Allo stesso tempo, sono stati richiesti rapporti sui servizi di controspionaggio e sui metodi di lavoro italiani. Presumibilmente ha ottenuto queste informazioni da SCIUBBI dall'interno italiano. Nei rapporti politici consegnati da DUMAS, che dovevano essere ottenuti sia da soli che poi attraverso il noto BUCCIAGROSSI, un dipendente della presidenza italiana del governo, hanno iniziato a scoprire carenze. Il contenuto dei messaggi non corrispondeva alle designazioni e alle firme con cui i materiali erano intitolati. È stata esercitata una pressione affinché DUMAS portasse gli originali. Presumibilmente portò una fotocopia di una lettera del delegato apostolico negli Stati Uniti, VAGNOZZI, indirizzata a TAMBRONI come allora primo ministro. Quindi ha portato "originali" firmati dal ministero degli Affari esteri SEGNI. Sulla base di questi materiali, si è riscontrato che erano contraffazioni. Le lettere di SEGNI sono state restituite a DUMAS senza alcuna ricompensa. Nel luglio 1960 fu effettuata una valutazione dei messaggi politici presentati. Si è riscontrato che in molti casi si trattava di copie dei rapporti pubblicati sulla stampa, che DUMAS ha riscritto con slogan bobastici. D'altra parte, i rapporti di natura militare sono risultati interessanti nella valutazione preliminare della nostra ONG. Le informazioni ottenute tramite DUMAS sull'invio di materiale bellico alla RFT sono risultate altrettanto interessanti per gli amici. Sulla base di questa valutazione, nel settembre 1960 è stata condotta un'intervista con DUMAS, in cui è stato sottolineato che nel caso di relazioni politiche si trattava di una descrizione dei materiali stampati e che nel caso del cosiddetto originale era un falso. DUMAS ha cercato in modo poco convincente di confutare le nostre affermazioni. Tuttavia, non ha fornito una spiegazione di base. In effetti, i rapporti politici furono respinti per il prossimo rapporto e furono ottenuti da lui rapporti di natura militare, così come rapporti sui programmi di produzione della fabbrica di armi, che erano richiesti negli originali. Quando fu scoperto che uno dei messaggi che ci erano già stati venduti nella regione e che anche questi "originali" erano falsi, i materiali gli furono restituiti e respinti per il momento. Nel 1960, quando un esperto militare ricevette una valutazione negativa di tali rapporti militari, dopo un'intervista a DUMAS, la ricezione di qualsiasi informazione fu interrotta. Al fine di chiarire l'esistenza di MATRICARDI, DUMAS era tenuto a fornire il proprio indirizzo oltre alla fornitura degli elenchi telefonici del Ministero italiano della Difesa. DUMAS, sebbene avesse parlato di MATRICARDI come un buon amico, non gli aveva dato il suo indirizzo. Inoltre, MATRICARDI non ha ancora fornito elenchi telefonici, sebbene secondo DUMAS MATRICARDI sia interessato a vendere informazioni militari da un punto di vista finanziario. Oltre alle relazioni e alle informazioni sopra menzionate, DUMAS ha fornito informazioni sulla persona del collaboratore del mandato di MARIANI, che doveva recarsi in Romania come corriere diplomatico, da dove doveva trasportare vari gioielli di famiglia dalla madre di sua moglie. Amici rumeni hanno confermato queste informazioni come vere. Anche la conoscenza della persona di PLACHE corrispondeva sostanzialmente alla conoscenza dei nostri conoscenti. Dal contatto realizzato da DUMAS, è stata verificata l'esistenza di SCIUBBY ed è stato verificato che DUMAS era in contatto con questo contatto. È stato inoltre verificato che DUMAS ha effettivamente lavorato presso il Ministero degli Interni italiano durante il periodo in questioneFin dall'inizio della collaborazione, DUMAS ha richiesto ingenti somme per le notizie e i materiali venduti. In quasi ogni incontro si è svolto un dibattito sulla remunerazione più elevata. Per diverse ragioni, c'era il rischio che la cooperazione e ulteriori contatti con lui sarebbero stati interrotti. Durante il contatto, ha ricevuto una somma molto elevata da noi. Ha firmato la ricevuta di premi individuali. Dichiarò che parte del denaro era per lui e una parte più grande per i suoi conoscenti, dai quali avrebbe ricevuto notizie. Doveva beneficiare delle notizie dalla sua posizione al livello minimo. Affermò che si stava trasferendo alla segreteria del ministro e che aveva una visione d'insieme della corrispondenza indirizzata a lui. Ulteriori informazioni di natura politica sarebbero state ottenute attraverso il noto BUCCIGROSSI dalla presidenza del governo, ulteriori rapporti in Vaticano da parte di un certo BUZZAO, segretario di stato sottosegretario al Ministero della Giustizia, rapporti militari da MATRICARDI, ufficiale della Marina italiana, e SCIUBBY nel ministero dell'interno e la Commissione di pubblica sicurezza. I messaggi che DUMAS avrebbe dovuto ottenere dall'ambiente del tesoro ministeriale sono stati copiati o effettuati al di fuori del Ministero, dove ha poi avuto la sua fidanzata, che non sapeva a chi erano indirizzate le copie. Fu quindi a elaborare rapporti di natura militare insieme a MATRICARDI, che gliel'ha dettati dalle note.

Contatti di DUMAS:

Durante il contatto, DUMAS ha dichiarato di essere conosciuto in vari luoghi politici e / o economici, a cui poteva rivolgersi in vari casi e richiedere informazioni e relazioni da loro. Delle persone elencate, l'esistenza è stata verificata solo in: 

SCIUBBA VINCENZO: Commissario per la Pubblica Sicurezza, organo di collegamento tra il Ministero degli Interni e il Ministero degli Affari Esteri italiano, dove si trova al III Dipartimento del Dipartimento Alieni. E' responsabile dei rifugiati. Indirizzo: Roma-VIA CIVININI 46. Ex operaio della resistenza, vice comandante della brigata "Maiella". Dovrebbe essere di sinistra. DUMAS lo conosce dal tempo della resistenza. Entrambi si incontrano. È stato verificato che DUMAS lo sta visitando presso il Ministero degli Affari esteri.

Oltre alle personalità menzionate nel memorandum, DUMAS dovrebbe avere una serie di conoscenze all'interno e nell'ambiente di polizia. Attualmente è sfruttato in questa direzione.

Valutazione e ulteriore focus dell'elaborazione:

L'analisi del caso e gli esami dimostrano che DUMAS è l'impiegato del ministero del tesoro e che in passato ha lavorato presso il ministero italiano nel campo dell'amministrazione politica. Dalla sua attuale posizione, non ha una tale funzione, in quanto potrebbe fornire sul posto di lavoro materiali che ci interessano dal punto di vista dell'intelligence. Le sue possibilità per l'interno non sono ancora completamente comprese. Durante il rapporto, DUMAS ha esagerato le sue possibilità di intelligenza al fine di dare maggiore importanza ai messaggi che ha portato e ai quali ha dato nomi bombosi, in modo da poter richiedere maggiori ricompense da noi. Ad eccezione di SCIUBBY, i suoi contatti elencati sull'unità con persone non sono stati verificati. Durante il contatto, non è stato riscontrato che DUMAS fosse diretto a identificare cose che potrebbero interessare le autorità di controspionaggio. Si può ragionevolmente ritenere che sia comparso e abbia offerto rapporti di propria iniziativa / o su iniziativa del partner con cui ha compilato i rapporti / purché il denaro sia stato facilmente ottenuto. Quando vide che le copie del materiale dal presupposto minimo non ci interessavano, si orientò in base alle nostre esigenze e quindi produsse i rapporti in questa linea. Molto probabilmente, ha anche inventato l'esistenza di MATRICARDI al fine di fornire "rapporti" di natura militare. Fino a quando non verrà chiarita l'esistenza di MATRICARDI e la fornitura di elenchi telefonici del ministero della difesa italiano, DUMAS non richiederà alcun rapporto militare. Allo stesso tempo, non riceverà alcun premio. Tenendo conto del fatto che il suo contatto con SCIUBBA è stato verificato e che ha effettivamente lavorato presso il Ministero degli Interni, si concentrerà in particolare sulla questione secondo le linee del ministero italiano degli Interni. Saranno determinati i suoi contatti in questo ambiente, alcuni dei quali saranno identificati e verrà preso in considerazione il metodo di estrazione o connessione. In base ai risultati ottenuti, gli sarebbe stata fornita una remunerazione adeguata. Durante il contatto, sarà costretto a spiegare da dove ha preso le notizie che ci sono state vendute, possibilmente con le quali ha partecipato a questa collaborazione. Nel caso in cui ciò non fosse chiarito e che le sue possibilità per il Ministero degli interni risultassero anche limitate o false, il contatto con DUMAS verrà interrotto.

23.11.1960 KOTVA


giovedì 9 luglio 2020

Semplici coincidenze o c’era un monte Conero in Jugoslavia?


“Nella parte nord del porto di Kardeljevo (Ploce) c’è un’area chiusa da filo spinato e sorvegliata da sentinelle. L’accesso all’area è severamente proibito. Una base sottomarina, più grande in proporzione rispetto a quella di Divulje, vicino Split, viene frettolosamente costruita. La base sottomarina sarà provvista di due sale sotterranee equipaggiate con tutti i macchinari necessari per la costruzione di navi. Queste sale, a forma di tunnel, sono scavate nella stessa roccia. L’entrata sottomarina è collocata sott’acqua, in modo tale che nulla sia visibile dalla superficie. Stando al progetto, i tunnel devono essere ultimati entro la fine di Aprile 1952. I piani delle stanze sono orizzontali per due terzi della loro lunghezza e situati sopra il livello del mare; il terzo rimanente è inclinato, proseguendo nel mare. Gli uffici, i negozi, il comando centrale, i dispositivi di aerazione, l’elevatore, l’equipaggio e le stanze del personale sono tutti collocati nel piano orizzontale dell’area. La parte inclinata della pavimentazione servirà per l’approdo dei sottomarini, dopo che saranno penetrati nell’entrata sottomarina. Una delle stanze avrà la capacità di far attraccare 5 sottomarini e l’altra 3 sottomarini. Le dimensioni della stanza più piccola sono: lunghezza 38 metri, larghezza 15 metri, sul lato dell’entrata sottomarina misurata durante il flusso e sopra il livello del mare, 5 metri; 9 metri nel lato opposto, dove sono collocati negozi, elevatore, eccetera. Sulla superficie del terreno dove sono condotti gli scavi, è stata costruita una palazzina; le scale e l’elevatore di questa palazzina scendono nella stanza. La costruzione è sorvegliata da sentinelle. L’ascensore è già installato e serve ora per il sollevamento del materiale dell’escavazione, che viene trasportato in un bacino nelle vicinanze del mare, anch’esso in costruzione. Commento: un tentativo sarà (parola censurata) per ottenere più dettagli specifici su questa base. Commento: la tua attenzione è richiamata su (parola censurata) che si riferisce a Ploce come una base navale sottomarina ausiliaria per riparazioni limitate.”

Questo documento confidenziale è della CIA, fu scritto il 29 agosto del 1951, e dimostra che in quel periodo in Jugoslavia venivano costruite basi navali con caratteristiche tecniche incredibilmente simili rispetto al bunker filmato dai videomaker sul monte Conero. Chi ha visto e salvato quel filmato sa che questa descrizione della CIA poteva essere tranquillamente accostata alla base italiana costruita negli stessi anni vicino Ancona. Come se non bastasse è emerso, a una nostra ricerca online, che una prima versione di questa vecchia base jugoslava di Ploce, nel sud della Dalmazia, fu costruita proprio dai nostri soldati italiani durante l’occupazione della seconda guerra mondiale. Esattamente come si dice che avvenne nel Conero. Dunque, è questa la storia del monte Conero? La storia di un patto militare tra italiani e comunisti di Tito? Ma se così fosse, perché, con la caduta del regime comunista, e dopo la sanguinosa guerra tra croati e serbi durata quasi 10 anni, il Conero resta ancora top secret, mentre dall’altra parte dell’Adriatico si è sviluppato addirittura un “turismo militare” alla scoperta dei residuati bellici della guerra fredda? Le domande, come si vede, restano tante. Ad esempio irrisolto è ancora il mistero del missile con la sigla scritta in cirillico che fu abbandonato nel porto di Ancona nell’agosto del 1984. I giornali locali riportarono la notizia dedicando ampio spazio a quel residuato bellico che sembrava provenire dai paesi oltrecortina. A quanto pare, era stato ritrovato da qualche pescatore e lasciato sulla banchina del molo dorico per sfuggire alle domande degli inquirenti. Missile probabilmente risalente agli anni Sessanta, affermò Il Messaggero. Poteva essere russo? Oppure bulgaro, come sosteneva il quotidiano torinese La Stampa? Oppure jugoslavo, visto che nel territorio dell’ex federazione comunista era proprio scritta in cirillico la lingua più diffusa? La risposta potrebbe essere quest’ultima, se è vero che un altro grande mistero irrisolto del nostro Paese sembra condurre verso Belgrado. Stiamo parlando del caso Ustica, la caduta dell’aereo di linea DC-9 il 27 giugno del 1980 mentre si accingeva ad atterrare in Sicilia. Nei programmi televisivi spesso abbiamo sentito parlare di un’esercitazione militare, che, essendo in pieno svolgimento, aveva oscurato i radar delle torri di controllo delle basi militari. Ebbene, abbiamo già scritto e dimostrato che non poteva trattarsi di un’esercitazione della NATO, in quanto questa era già terminata come da programma. Era invece in corso qualcosa di più misterioso: la mobilitazione generale della popolazione jugoslava, a cui la NATO partecipava come spettatrice interessata. Lo affermava un trafiletto della Stampa il 18 giugno 1980. Si sarebbe protratta per altre settimane, con gli osservatori della NATO curiosi di capire se, dopo la morte di Tito, la Jugoslavia era pronta a fronteggiare un’invasione militare proveniente dai paesi sovietici. Cosa accadde durante quell’esercitazione? Qualcosa andò storto e portò alla caduta del DC-9? Qualcosa di troppo compromettente per essere raccontato? Abbiamo provato a mettere insieme tutte le informazioni che abbiamo trovato fino ad oggi, buttando giù un possibile scenario di quel 27 giugno 1980. La Nato in quei giorni assisteva alle esercitazioni in Jugoslavia, ma qualcuno si accorse che sull’Italia volavano liberamente aerei mig diretti a Belgrado. Erano libici. Francesi e americani non gradirono l’affronto e decisero di abbattere il mig, che cadde sulla Sila. Dannazione! Era solo un ricognitore. Decollò allora un Phantom americano che si appostò sotto al DC-9, con il benestare dell’aeronautica italiana, ma gli altri Mig23 gli sfuggirono. Il colpo andò a vuoto, mentre un missile libico diretto al Phantom colpì il DC-9. Della vicenda non si poté tuttavia parlare perché l’Italia collaborava con Gheddafi, che aveva provocato la strage. Dal canto suo, la Nato poteva spiegare ai parenti delle vittime che i loro cari erano morti per un errore di strategia militare?

domenica 5 luglio 2020

I dollari falsi della finanza piduista


“Erano le 23,40 di domenica sera quando il conducente dell’omnibus per Chiasso poco dopo il ponte di Loreto, si è improvvisamente trovato davanti la sagoma di un uomo. Inutile la pronta frenata: l’uomo è rimasto schiacciato ed è morto sul colpo. E’ stato poi identificato per Mario Tronconi, un milanese di 43 anni dimorante a Viganello dov’era impiegato presso una ditta. Pare che da tempo fosse in preda a crisi depressive.”
In realtà, le cose non andarono proprio così. Tronconi era un dirigente di banca. Se era in crisi, ciò era avvenuto da poco e per problemi che certamente non riguardavano solo lui, bensì l’intera élite della finanza italiana e Vaticana. 
L’articolo fu pubblicato il 10 settembre 1974 in Svizzera, sul Giornale del Popolo. Questo tragico epilogo era solo l’inizio di uno degli scandali giudiziari più importanti degli anni di piombo, che correva su un binario parallelo rispetto al crac Sindona, e che forse poteva svelare, e invece lo fece solo in parte, tutte le trame piduistiche che si celavano dietro la nota figura dello spregiudicato finanziere siciliano, Michele Sindona.
E’ una storia che ho letto per caso sfogliando vecchi numeri del quotidiano OP. Il caso Tronconi fu infatti uno degli argomenti preferiti dal giornalista molisano Mino Pecorelli, ucciso come ben sapete nel marzo 1979 in un altro caso giudiziario infinito, tuttora senza soluzione.
Vi voglio narrare questa storia per come l’ho capita io, essendo ormai abbastanza esperto anche su questioni bancarie. Mario Tronconi era il vicedirettore della Svirobank, ossia la filiale di Lugano, in Canton Ticino, del Banco di Roma. Si discusse a lungo anche se il suo fosse stato un vero suicidio, oppure una messinscena ben orchestrata. In pratica, le cose stavano così: Tronconi aveva permesso a un finanziere d’assalto napoletano, Francesco Ambrosio, una serie di operazioni spregiudicate e illegali. Il bancario prelevava soldi da conti correnti di clienti distratti, che controllavano solo sporadicamente i propri soldi in banca, e li girava su conti cifrati di Ambrosio, che millantando affari inesistenti pare che avesse in tal modo convinto Tronconi che quei soldi sarebbero in qualche modo tornati indietro con gli interessi. Ma non fu così, o, almeno, non ve ne fu il tempo, perché il trucco venne scoperto. Da chi? Dalla banca? Non è molto chiaro questo punto. Tronconi si sarebbe suicidato perché assalito da sensi di colpa. Avrebbe scritto di suo pugno una lettera d’addio alla moglie e un memoriale per la banca, e poi si sarebbe gettato sotto quell’omnibus. Successivi accertamenti avrebbero confermato la tesi del suicidio. 
Ma la questione non cambia. Perché il giorno dopo la morte del povero dirigente, la banca, ricevuto il memoriale, ne approfittò per chiudere subito la falla apertasi nei bilanci dell’istituto di credito, senza rendere pubblici i fatti, cercando in tal modo di salvare l’onorabilità di fronte alla clientela. Successivamente, la figura di questo vicedirettore fu dipinta, in Svizzera, come quella di una persona debole, che non sapeva dir di no a nessuno, specialmente di fronte a una persona spregiudicata come Ambrosio.
Ma era veramente spregiudicato questo finanziere? Anche Francesco Ambrosio, detto Franco, è un gran bel personaggio, su cui furono scritti fiumi di parole, finché la figura di un omonimo, il re del grano Francesco Vittorio Ambrosio, anche lui detto Franco, non eclissò il finanziere d'assalto dietro i nuovi e assai più dirompenti processi di Mani Pulite, nei quali lui, il secondo Ambrosio, divenne uno degli indagati più discussi insieme al suo amico Paolo Cirino Pomicino.
Ma a noi quest'ultimo caso adesso non interessa. Torniamo agli anni Settanta. Pecorelli scrisse nel numero di OP del 14 novembre 1978 che i guai del finanziere d'assalto erano cominciati un paio di mesi prima della tragica fine di Tronconi. A luglio del 1974, Ambrosio, trentenne di belle speranze amante della vita mondana, aveva organizzato una sontuosa festa nella sua villa tra Paraggi e Portofino. Si narra che quel giorno lo champagne scorse a fiumi. Erano suoi ospiti i vertici della finanza europea. In poco tempo, Ambrosio aveva iniziato a far parlare di sé per la vita da nababbo che conduceva, avendo acquistato in pochi giorni ville, panfili, palazzi, aerei privati, gioielli. Proprio cercando di ottenere il brevetto di pilota, falsificando la propria fedina penale, che già era piena zeppa di precedenti, finì dritto dritto nella tagliola degli inquirenti italiani. L'avvocato difensore, Franco De Cataldo, fornirà poi, a processo di primo grado concluso, una visione dei fatti diversa, parlando di gelosie dei giudici. Fatto sta che già dall'ottobre del 1975 erano partiti gli accertamenti di Carabinieri e Guardia di Finanza, dai quali era emersa l'ipotesi che Ambrosio con la complicità di Tronconi avesse trafficato nel riciclaggio di dollari falsi. Una tesi sicuramente interessante. Vedremo poi perché e a cosa porterebbe.
Durante tutto questo tempo, tra il 1974 e il 1975, in Svizzera non era successo assolutamente nulla, perché i dirigenti della Svirobank, come detto, erano corsi dai soci di maggioranza, che figurati un po' erano i prelati dello IOR, e avevano ottenuto la somma che serviva per coprire il furto di denaro dai conti correnti degli ignari clienti: 102 milioni di franchi svizzeri. Stando a quanto riportato sulla Gazzetta Ticinese del 16 settembre 1981, la dirigenza della banca si era accorta dell'ammanco grazie alla segnalazione di un cliente, che nel vendere una palazzina proprio ad Ambrosio non si era fidato di quel tipo strano. Un certo Arrigoni, vice-presidente della Svirobank, ne aveva chiesto spiegazioni al Tronconi, il quale non aveva trovato migliore soluzione del suicidio. Fine della storia. Invece no, perché in Italia intanto le indagini avevano portato all'arresto di Franco Ambrosio, con un terremoto non indifferente, non tanto per il giornalista Pecorelli, che nel suo racconto passava veloce sul 1976, quanto per il Guerin Sportivo, cui non era sfuggito un particolare non da poco. Mentre i giudici cercavano prove per spiccare i primi mandati di cattura, il nostro finanziere amante della bella vita aveva avuto il tempo di incontrare alle sue festicciole anche il Golden Boy, eroe dei mondiali di calcio di Messico 70, Gianni Rivera, e a farsi coinvolgere nell'acquisto del Milan. Nella cordata compariva un altro frequentatore di quelle notti brave: un certo Padre Eligio, noto poi come confessore di Rivera, ma anche come fratello di quel don Pierino Gelmini, che fu sempre al centro delle cronache negli anni Duemila. Prete impegnato nel sociale, amico del cavaliere Silvio Berlusconi, condivise con l'ex premier anche qualche infamante inchiesta giudiziaria. 
Ma andiamo con ordine. E' il marzo del 1976. Stando al racconto di Pecorelli, il giudice istruttore Antonio Pizzi della magistratura milanese sta ricostruendo tutte le trame finanziarie occulte di Ambrosio, e ciò avviene mentre di lui si è già occupata la stampa sportiva. Ed è un putiferio. Al momento dell'arresto, Italo Cucci, direttore del Guerin Sportivo, insorge. Lancia parole di fuoco, dalle sue colonne, contro la dirigenza milanista. “Adesso Rivera fa rima con galera”, titola nel numero 11 del 10-16 marzo 1976. Nella foto ecco il gruppo al completo: Ambrosio, la sua bella moglie, Frate Eligio, con indosso il suo saio, e poi Rivera. Anche Cucci nel suo pezzo descrive Ambrosio come un trafficante di dollari falsi, che a Lugano diventavano magicamente franchi svizzeri autentici. In più, avrebbe lucrato nell'esportazione di valuta, dapprima per gli altri, poi mettendosi in proprio. E per colpa sua, un vicedirettore di banca ci aveva rimesso la vita. Finito già due volte al fresco, Ambrosio in quel 1976 doveva difendersi da accuse pesanti, come la falsificazione di documenti, tentata truffa ai danni dello Stato e associazione per delinquere. 
Per fortuna dei tifosi rossoneri i tempi della giustizia italiana sono lunghi e bastarono poche domeniche di calcio giocato per dimenticare queste filippiche. Ma prima che Rivera potesse festeggiare persino lo scudetto della stella, nel 1979, era già accaduto un altro incontro significativo: l'inserimento di Silvio Berlusconi nell'affare Milan. La storia ufficiale dice che il Berlusca sarebbe salito al timone della squadra rossonera nel 1985, in realtà sempre Mino Pecorelli aggiungeva un dettaglio sfuggito a molti. Su OP del 18 dicembre 1978 annunciava che il Cavaliere stava rastrellando azioni su azioni del Milan, puntando alla maggioranza. “Se Colombo sarà messo in minoranza – chiosava nelle sue notizie in pillole - presidente della società sportiva diventerà padre Eligio. Sarà il presidente del decimo scudetto?” Non fu così, ma l'articolo lascia supporre che tra il Berlusca di Canale 5 e il fratello di don Pierino Gelmini vi fosse una conoscenza abbastanza approfondita. E Ambrosio? Di un eventuale contatto Ambrosio-Berlusconi non siamo riusciti a sapere molto, se non che avevano acquistato entrambi una villa a Portofino. Destini che si incrociavano pericolosamente.
Ambrosio finì davanti ai giudici proprio in quel 1978. Era gennaio. La magistratura per vederci più chiaro aveva chiamato a testimoniare due dirigenti del Banco di Roma, Barone e Ventriglia, che ebbero la brillante idea di accusarsi a vicenda. Non solo. Cosa ti inventa Barone per mettere una bella pietra sopra la vicenda? Tira fuori la lettera di Tronconi e racconta la storiella che Ambrosio e Tronconi, appunto, si erano messi d'accordo per truffare la banca, sottraendo ben 18 miliardi di vecchie lire. Eh già, ma come potevano, i due presunti malfattori, pensare di rubare tutti quei soldi dai conti correnti senza che nessuno nella dirigenza se ne accorgesse? Domanda che fu posta, a quanto pare, a Barone e Ventriglia, ricevendo in cambio una serie di risposte poco convincenti. 
Dunque, chi si nascondeva dietro questi finanzieri d'assalto? Aveva fatto tutto da solo Franco Ambrosio, oppure era nient'altro che la “testa di legno” di un'organizzazione più vasta? E' qui che si innesta il discorso di Michele Sindona. Ed è anche su quest'altra storia, che ora vedremo brevemente, che aleggia lo spettro di un legame, sebbene legato ad altri fatti, con il cavaliere Silvio Berlusconi. Ci riferiamo alla famosa lista dei 500 esportatori di valuta amici di Sindona, che avevano investito soldi nelle banche del finanziere italo-americano, in odore di mafia, ed erano finiti a gambe all'aria. Chi erano, si chiedevano i magistrati italiani. Mistero fittissimo. Su quella lista, Mario Barone non era in grado di fornire alcunché, preferendo spostare il discorso sul caso Tronconi. Dalla padella finiva alla brace, poiché i giudici non credevano affatto alla favola dei due ladruncoli, bensì cercavano di capire se dietro Ambrosio non si nascondesse lo stesso Banco di Roma, che muoveva così sotto copertura denaro proveniente addirittura dai fondi neri delle Partecipazioni Statali. 
Il problema della magistratura ordinaria, e su questo concordo col pm Giuliano Turone che lo ha scritto nel suo libro, è che non può scrivere la storia come le pare e piace, deve limitarsi ad accertare le responsabilità individuali legate a un delitto, “oltre ogni ragionevole dubbio”. Questo per dire che, alla fine, da tutta questa mega storia Franco Ambrosio uscì assolto, almeno in quel famoso processo di primo grado del 1978. Che certamente non fu l'unico. Il quotidiano svizzero Libera Stampa il 4 luglio del 1987 riassumeva così le vicende giudiziarie dell'ex finanziere d'assalto: “Assolto dal tribunale di Milano il 7 settembre 1978, Franco Ambrosio sarà poi riconosciuto responsabile di truffa dalla Corte d'Appello di Milano nel novembre dell'84.” La Cassazione poi nel 1986 rimanderà il tutto a un nuovo processo di secondo grado a Milano. “Sempre nel '78, - narra ancora Libera Stampa - Ambrosio fu coinvolto in un'inchiesta per ricettazione aperta in Svizzera parallelamente a quella relativa al 'Banco di Roma per la Svizzera': fu condannato nel 1981 a cinque anni e mezzo e incarcerato nella prigione 'La Stampa' a Lugano.” Qui inizia praticamente un'altra storia, con tentativi di evasione, una volta riuscendo a corrompere un secondino e a nascondersi in un bidone della spazzatura, nuovi arresti anche in Italia per peculato, corruzione e falso, nuove condanne, altre assoluzioni e via dicendo. Se dovessimo ripercorrere tutte le sue avventure giudiziarie staremmo qui fino a domani, senza poter sapere, poi, dove sia oggi, che è ciò che ci domandavamo principalmente. Wikipedia si occupa solo del suo omonimo, l'amico di Paolo Cirino Pomicino, cui accennavamo prima.
Il nocciolo della questione è che tutte queste avventure picaresche del nostro Ambrosio non fanno altro che confermare la tesi sostenuta dai giudici e, per esempio, dallo scrittore David Yallop che il finanziere napoletano fosse la testa di legno ideale per una vasta organizzazione. Secondo Yallop questa organizzazione nella fattispecie sarebbe stata lo IOR, la Banca Vaticana, che speculava in questo modo sull'esportazione di capitali. Si trattava di denaro falso? Se così fosse ci troveremmo di fronte a un caso analogo a quello letto nella Vatikan Connection di Richard Hammer, in cui lo IOR aveva l'arduo compito di tappare le falle di bilancio con denaro e titoli obbligazionari falsi procacciati dalla mafia italo-americana. E non andremmo lontano nemmeno dall'altra storia che abbiamo lasciato in sospeso, la lista dei 500 amici di Sindona, che i giudici non portarono alla luce nella sua interezza. Tuttavia, un bell'articolo di Fabrizio Ravelli di Repubblica cercò di lasciare ai posteri una lista di nomi che emergeva dalla sentenza del processo. Era il 18 dicembre 1985. Si noti: Michele Sindona era ancora vivo. Nelle poche righe di Ravelli spiccavano nomi eccellenti di imprenditori, politici, editori, che si erano affidati a Sindona ed erano stati frettolosamente rimborsati prima del crac. Riportiamo questi nomi col beneficio di inventario: “Angelo Moratti, il petroliere; l'onorevole Filippo Micheli, ex segretario amministrativo della Dc, e l'avvocato Raffaele Scarpitti, suo consulente finanziario.” “Ecco i fratelli Caltagirone, e i fratelli Marchini; poi Arcangelo Belli e Alberico Lalatta, Ulrico Hoepli, Mario Rusconi, Mario Crespi; l'ex vicedirettore generale della Rai Italo De Feo, la signora Anna Bonomi. E ancora numerose società sindoniane: come la Edilcentro Sviluppo che sul suo conto faceva affluire gli utili delle operazioni finanziarie di molti clienti come Bruno Tassan Din, Angelo Rizzoli, Giovanni Fabbri. Fra quelli che "con una certa probabilità erano titolari di conto estero" il giudice mette l' ex procuratore generale di Roma Carmelo Spagnuolo, il conte Agusta, l'onorevole Flavio Orlandi del Psdi, Nino Trapani della Hèlène Curtis. E ancora fra i "certi", Raimondo D' Inzeo.”
Dunque, piduisti ma non solo loro in questa ipotetica lista dei “sindoniani”. Bruno Tassan Din, Angelo Rizzoli, ma anche i fratelli Marchini: l'ex presidente della Roma e padre della moglie del centrocampista Cordova, e il nonno di Alfio Marchini, vecchia conoscenza di Berlusconi e delle cronache giudiziarie più recenti. E questa è una storia che a nostro giudizio non si è ancora conclusa.