mercoledì 22 febbraio 2012

SCANDALO: il Parlamento Italiano invischiato nell'Affare IMI-SIR


Lo Stato, che da vocabolario è “un’istituzione che rappresenta tutti i cittadini governati da uno stesso governo”, in passato pare si sia interessato solo di una persona e l’abbia salvata dal fallimento finanziando la sua azienda. Parlo di Nino Rovelli e la sua Sir sui quali online è stato lasciato in visione un documento molto scottante proveniente dal sito della camera dei deputati. Emerge da questo lungo dossier parlamentare che sulla vicenda del salvataggio Sir è stata nascosta agli italiani la notizia della costituzione nel 1982 di un Consorzio di Stato che sarebbe stato gestito direttamente dal Ministero del Tesoro. Questo organo aveva il compito, dapprima, di coprire le perdite della Sir con fondi statali, successivamente di gestire il fallimento del colosso del petrolchimico guidando questo "Nuovo Consorzio". Ne facevano parte anche diverse banche ma vi si allontanò il Sanpaolo Imi interessato soprattutto alla restituzione dei soldi “scippati” da Rovelli all’ex ente di Stato, ma impegnato pure nella causa con la famiglia Rovelli per il mancato salvataggio della Sir da parte dell’Imi. Colpiscono questi fatti: che il Consorzio di Stato abbia portato avanti dal 1982 almeno al 2008 trattative private con il Sanpaolo Imi e con la famiglia Rovelli. Come una famigliola il Consorzio e questi altri soggetti hanno trattato la sistemazione della vicenda che tuttavia al 2011 non si era ancora risolta. E che poi il Consorzio di Stato sia stato trasformato in una azienda, di cui il Comitato del ministero del Tesoro è l'azionista di maggioranza con il 60%, con un suo bilancio fondato sui seguenti introiti: liquidazioni di varie società, liquidazioni del gruppo Rel e con i maggiori introiti ottenuti dalla Mei srl, la quale era solo il contenitore della redditizia azienda STMicroelectronics, ditta che fabbricherebbe microchip di tipo militare.

domenica 19 febbraio 2012

Le radici del male: chi c'è dietro lo scandalo IMI-SIR


Alla base del processo Imi-Sir c’è una verità che viene taciuta: il fatto che Nino Rovelli ex padrone della Sir fu favorito dallo Stato Italiano attraverso finanziamenti illeciti forniti proprio dall’Imi e per i quali non fu mai processato. E’ un antefatto che i media cercano di nascondere nel raccontare una vicenda che oggi viene fatta passare come causa civile infinita per una questione di soldi. Quei 1000 miliardi che la Sir pretese dall’Imi nel 1990 e ottenne, pare, attraverso il corruttore dei giudici Cesare Previti, ma che poi l’Imi riottenne con una sentenza del 2003, alla luce degli articoli de L’Unità e La Stampa sono soldi che Rovelli non avrebbe potuto pretendere. Stando ai precedenti analoghi, la Sir con il buco che le veniva attribuito nel 1977 sarebbe dovuta fallire e Rovelli stesso avrebbe dovuto essere processato. Il giudice romano Infelisi più volte incriminò Rovelli alla fine degli anni ’70 ma l’industriale varesino riuscì a farla franca. Nessuno risarcì gli italiani del furto di Rovelli di quei finanziamenti illeciti di Stato e il processo Imi-Sir è servito almeno a evitare che i politici legati a Rovelli potessero chiedere soldi agli italiani. E’ quello che sta accadendo oggi con le impopolari tasse del governo Monti?
                        
  Questo uno dei miei servizi tv sulla Acetati di Verbania, che in passato era una delle aziende del gruppo della Montedison di Gardini e Ferruzzi. 

giovedì 9 febbraio 2012

Joe Adonis, il Padrino che morì ad Ancona


Il 26 novembre 1971 si spegneva ad Ancona uno dei più pericolosi gangster della storia della Mafia americana, Joe Adonis. La notizia era su tutti i quotidiani, i quali ricordavano la figura del criminale e la sua storia, partita dall'Irpinia e continuata negli Stati Uniti dove l’uomo divenne un pericoloso boss a capo di un giro d’affari che spaziava tra droga e bische clandestine. Cosa ci facesse ad Ancona è stato già chiarito: il tribunale di Milano lo aveva condannato al confino nella zona di Ancona, ma gli aveva lasciato ampie libertà come l’uso del telefono e Joe Adonis pare che quando morì nella clinica privata Lancisi era ancora in grado di impartire ordini. Quale fu il ruolo del capoluogo marchigiano anche alla luce delle indagini degli anni successivi legate alla morte, nel 1974, di don Vito Gallina, boss mafioso assassinato nell'anconetano?






lunedì 6 febbraio 2012

1968: Ho visto morire me stesso


Il dottor Giocondo Protti nel 1968 si avviava alla pensione mentre scriveva forse l’ultimo suo libro sconcertante: “Ho visto morire me stesso”. Il professore stavolta descrisse se stesso cercando di convincere l’opinione pubblica che nella sua vita era riuscito varie volte ad evitare la morte per infarto e per edema polmonare. Lo avrebbe fatto grazie ad alcuni accorgimenti come l’essersi portato dietro delle siringhe di morfina e tramite anche la nitroglicerina, che però è un reagente chimico delle detonazioni. 
E’ un libro che ancora una volta manifesta la personalità sicuramente affabile, ma pure inquieta e poco professionale del medico di origine veneta, il quale nel raccontarsi descriveva la sua infanzia a Longarone, il paese sommerso dal crollo della diga del Vajont, intervallando queste immagini alle peripezie, anche a volte poco nobili, del suo organismo per scampare alla morte.



Abolizione del valore legale della laurea: bocciatura in Senato?


E’ tramontata il primo febbraio 2012 la trovata del governo Monti dell’Abolizione del valore legale della laurea, che in fin dei conti è l’abolizione stessa della certificazione di Stato del laureato. A salvarci sembra siano stati i tanti pareri negativi che sono stati registrati dal Senato nel corso dell’indagine conoscitiva tra tutte le categorie interessate. Un primo disegno di riforma era stato lanciato nel 2010 dal centro-destra con l’idea di un organo statale accentrato di controllo e rating delle università. Seguendo questa strada l’abolizione del valore legale della laurea pare sarebbe servito a favorire l’ingresso nel marcato della formazione universitaria di nuovi soggetti privati e anche esteri. Stupore è stato quindi espresso dagli ordini professionali e i sindacati per l’iniziativa. Tra le conclusioni dell’indagine conoscitiva parlamentare desta sospetto il fatto che il provvedimento, per attuarsi, avrebbe necessitato della cancellazione di numerose leggi e regolamenti, di qui la decisione di non procedere oltre.





giovedì 2 febbraio 2012

Con chi protestare per il precariato?


Il responsabile del precariato in Italia sarebbe secondo Wikipedia Tiziano Treu. L’uomo politico, prima del governo Prodi, poi di quello di D’Alema, è legato al cosiddetto "Pacchetto Treu" – scrive l’enciclopedia online - da cui trae origine la legge 196/97 ("Norme in materia di promozione dell'occupazione"). Con questa legge il lavoro interinale e altre forme contrattuali di lavoro atipico entrano a far parte dell'ordinamento italiano del lavoro. Il "Pacchetto Treu" viene considerato come uno dei principali atti legislativi che hanno permesso la nascita del precariato." Inutile quindi protestare in piazza se è stata una legge a permettere ai “padroni”, come li chiama Il fatto quotidiano, di distruggere le tutele dei propri lavoratori e inutile far causa, visto che il problema secondo il quotidiano di Travaglio è così grave da coinvolgere tanti cittadini. L’impegno dovrebbe essere quello di bocciare in referendum questa legge sul precariato ripristinando la legalità sul posto di lavoro evitando la condanna a morte del lavoratore.