sabato 23 febbraio 2019

Esperimenti di Stato con steroidi anabolizzanti


Il caso degli steroidi anabolizzanti esplode il 29 agosto del 1984, a pochi giorni dalla fine delle olimpiadi di Los Angeles. I quotidiani italiani informano i loro lettori che, secondo il giornale tedesco Bild Zeitung, 50 atleti sovietici di alto livello, e in certi casi vincitori di medaglie olimpiche, sarebbero morti per l’uso di steroidi anabolizzanti. Morti non di vecchiaia, bensì giovanissimi, per terribili malattie che erano la diretta conseguenza dell’uso di sostanze dopanti.
Lo stavano scoprendo i servizi segreti occidentali, i quali raccoglievano testimonianze provenienti dall’impermeabile mondo medico comunista. Tra gli atleti tirati in ballo dal Bild Zeitung c’erano il cestista Alexander Belov, il ciclista Gennadi Komnatov, il giocatore della nazionale russa di hockey su ghiaccio, Valerij Charlamov, il celebre fondista Vladimir Kutz, la canottatrice Julia Rjabeinskaja e il pugile Valeij Popencenko. Il titolo del quotidiano La Stampa il 3 settembre del 1984 era molto chiaro sulla matrice politica di quei decessi sospetti: “Il campione muore giovane, ma c’è la cortina di silenzio”.
Cosa c’era di vero in quelle indiscrezioni che emergevano con la guerra fredda ancora in corso? Intanto bisogna capire che cosa sono gli steroidi anabolizzanti. E per questo oggi è sufficiente un’antologia per le scuole medie. Alla voce anabolizzanti, si legge:
“Si tratta di sostanze che aumentano la massa e la forza muscolare. Nello sport sono talvolta assunte da atleti che praticano discipline in cui è richiesta una notevole potenza muscolare, come il sollevamento pesi, i lanci, ecc.”. “Gli effetti collaterali - prosegue l’antologia “Il narratore 2” della Fabbri editori - sono estremamente gravi: aumento del rischio di malattie cardiovascolari, danni a carico del fegato e dei reni, pelle grassa e acne, probabili effetti cancerogeni, effetti femminilizzanti nell’uomo, effetti mascolinizzanti nella donna.”
Alexander Belov era un pivot del basket sovietico. Divenne famoso alle olimpiadi di Monaco del 1972, allorché fu l’autore del contestatissimo canestro decisivo nella finale interminabile contro gli Stati Uniti. Ma da eroe nazionale, non si sa perché, Belov quando tornò in patria divenne secondo le cronache dell’epoca un pericoloso criminale. Il 5 ottobre del 1978 il quotidiano La Stampa, nell’annunciare la prematura morte del cestista, riferiva che Belov si era “buscato” pene detentive per contrabbando di oro e argento e, sposatosi con una sua collega cestista, aveva iniziato a bere e a litigare anche con lei, perdendo il posto in nazionale. Poi la rapida malattia, che in due mesi lo aveva ucciso a soli 27 anni.
Un altro atleta molto famoso nell’ex Unione Sovietica era Vladimir Kutz, che fu immortalato dalle figurine Panini nell’album sui vincitori olimpici. Fu un grande dell’atletica leggera, che vinse titoli olimpici a Melbourne 1956 nei 5000 e nei 10000 metri. Si parlò di lui come dell’erede di Zatopek. Si dovette però ritirare sul più bello, quando tutti speravano di ammirarlo alle olimpiadi di Roma 1960. La causa - secondo l’articolo di Giorgio Barberis de La Stampa, che il 18 agosto 1975 ne annunciava la scomparsa - fu un’ulcera allo stomaco. Quando un suo avversario, Gordon Piris, lo aveva accusato nel 1962 di essersi dopato, Kutz c’era rimasto male, aveva respinto sdegnato le accuse. Ma era sparito dal mondo sportivo, morendo a soli 48 anni per un attacco cardiaco.


Un altro atleta molto discusso, a prescindere dalle accuse del Bild Zeitung, era Valerij Charlamov. Anche di lui esiste una figurina Panini pubblicata nell’unico album sull’hockey su ghiaccio uscito in Italia. Era il 1979. Fu due volte campione olimpico negli anni Settanta. Ma dal 1976 iniziò, secondo Wikipedia, il suo declino, che coincise con un incidente d’auto che gli procurò le fratture di gambe e braccia. Riuscì a rientrare nella nazionale sovietica di hockey, ma nel 1981, scoprendo di essere stato escluso dalla Canada Cup, cadde in depressione e cominciò a bere. Morì ufficialmente per un altro incidente d’auto. Pare che non ci fosse lui alla guida al momento della sciagura.
Il documento che i servizi segreti occidentali avevano redatto nel 1984 lanciava accuse terribili. Parlava di esperimenti “medici e biofisici” all’origine delle morti di questi grandi atleti. Si trattava in pratica non tanto di steroidi anabolizzanti, quanto di sostanze nuove che gli esperti russi avrebbero cercato di sperimentare su cavie umane, e che avrebbero portato a un’impennata delle morti premature degli atleti in Russia. Una cosa bestiale. I sovietici in quel momento non potevano ammettere una cosa del genere. Avrebbe significato essere svergognati di fronte all’opinione pubblica. E loro avevano fatto di tutto per apparire puliti.
Il 4 gennaio del 1978 il giornale svizzero Gazzetta Ticinese annunciava che l’URSS avrebbe ufficializzato la sua lotta contro gli anabolizzanti.
“Il vice presidente del Comitato Anatoli Kolessov - scriveva il giornale riportando notizie diffuse dall’agenzia Tass - ha precisato in un articolo dedicato alla lotta contro gli anabolizzanti che ‘le organizzazioni sportive sovietiche non solo hanno abolito ogni uso di sostanze anabolizzanti, ma pure instaurato un controllo rigorosissimo per evitare eventuali infrazioni da parte di atleti al divieto imposto’. Secondo il vice presidente del Comitato per la cultura fisica, i controlli sono già stati introdotti in tutti i vari campionati che si disputano in URSS e vengono pure effettuati durante le competizioni minori. Sempre secondo Kolessov, la lotta contro gli anabolizzanti è prioritaria per mantenere la purezza dei risultati raggiunti nello sport. Naturalmente essa deve essere svolta in cooperazione con le Federazioni sportive di altri paesi.”
Tutte bugie, queste, secondo Gazzetta Ticinese, che concludeva rinfacciando al signor Kolessov l’uso indiscriminato che i sovietici avevano fatto fino ad allora, per non sfigurare di fronte ad altre nazioni, degli anabolizzanti. Quindi bisogna tornare ancora indietro nel tempo per trovare le prime tracce della lotta agli steroidi gonfia-muscoli. Di almeno altri otto anni. Libera Stampa, altro giornale svizzero, annunciò la messa al bando degli anabolizzanti il 30 ottobre del 1970, in un’epoca in cui in Italia la legislazione era totalmente assente su questi temi, e sarebbe stata molto blanda, quando il governo decise di varare una bozza di norme anti-doping, almeno fino al 2000. A muoversi per prima fu la federazione internazionale di atletica.
“Gli anabolizzanti - scriveva Libera Stampa nel 1970 -, come noto, provocano un aumento della massa muscolare del 10 per cento in tempo abbastanza rapido. Di solito questi ormoni steroidi vengono usati in chirurgia per riassestare masse muscolari menomate o lese."
In caso di positività ai test la pena sarebbe stata l’esclusione dalle gare di atletica. Cosa che avvenne in maniera piuttosto clamorosa nel 1983 ai giochi panamericani. Il 25 agosto del 1983 veniva squalificato per uso di anabolizzanti il numero uno dell’inseguimento su pista, Fernando Vera. Il cileno ammise l’uso degli steroidi anabolizzanti, che gli servivano, spiegò candidamente, per dare maggior tono ai suoi muscoli. Ma non era l’unico a dover restituire medaglie quel giorno. Gli fecero compagnia due sollevatori di peso cubani, due canadesi, e poi l’americano Jeff Michels, vincitore di tre medaglie d’oro. In più venivano esclusi:
“il sollevatore di peso venezuelano Jose Adarmes, vincitore di due medaglie di bronzo, il nicaraguense Enrique Montiel, vincitore di due bronzi ed il cileno Jacques Oliger, tre volte
medaglia d’argento nella sua categoria. A rendere più scottante il caso - specificava Gazzetta Ticinese - è stata poi la partenza di dodici esponenti della rappresentativa americana di atletica leggera tra i quali spicca il nome di Randy Williams, olimpionico del salto in lungo nel 1972.”
Insomma un’ecatombe. Ma se le competizioni stavano trasformandosi in una corsa all’ultimo ritrovato della scienza la responsabilità, oggi possiamo affermarlo, era sicuramente dei sovietici, i quali avevano fatto della sperimentazione chimica la loro arma segreta per vincere alle olimpiadi. Con la caduta del muro di Berlino molte prove sono venute a galla. Noi ne abbiamo trovata una abbastanza emblematica nell’archivio online intitolato “Stasi mediatek”. Il 6 luglio del 1970 la Stasi, il servizio segreto dell’ex Germania Est, redigeva un documento con cui faceva il punto delle iniezioni di steroidi fatte ad alcuni nuotatori, in preparazione delle competizioni. Veniva specificato che alcuni atleti erano all’oscuro degli effetti collaterali e pare di capire dalla traduzione di Bing Translator che il trattamento fu interrotto per questo motivo. Gli atleti citati (anche se resi anonimi dall’archivista) sapevano soltanto che queste cure avrebbero migliorato le loro prestazioni.
"Centro di consulenza medica sportiva
- Sport agonistici della squadra -
Berlino, 6.7.1970
promemoria
Accordo con Gen. Capo medico Wuscheck sulla preparazione della squadra O della sezione nuotatori in preparazione per la DDR e il campionato europeo.
Durante la mia assenza in Polonia, il seguente trattamento della O-Squad è stato concordato:
[anonimizzato]: 1000 mg di glucosio + 2 amp. Cocarboxylase
+ Vitamina B12
+ Ascorvit
A seconda dell'intensità dell'allenamento circa 2 volte alla settimana
[Anonimo] 100mg Cocarboxylase/settimana
Totale x 3
[anonimizzato] e [anonimizzato]: 50 mg di Retabolil
[Anonimo]: 100 mg Retabolil
Questi 4 atleti 1 volte a settimana ciascuno.
Totale x 3
La prima iniezione di Retabolil è stata effettuata su 25.6.70 da [anonimizzato].
Lo stesso giorno ho assunto l'ulteriore trattamento dei nuotatori.
La seconda iniezione di Retabolil è stata effettuata da me sul 2.7.70 a [anonimizzato] (5mg), [anonimizzato] (50 mg), [anonimizzato] (100 mg).
Poiché [anonimizzato] aveva un aumento di peso di 3 kg, ho interrotto la 2a iniezione di Retabolil con lei. (Peso su 24.6. 70 kg Il 2.7. 73 kg)
Si sentiva guadagno muscolare, soprattutto nelle braccia, senza alcuna forza di essere presente di conseguenza.
Gli atleti non erano stati precedentemente informati da me o da qualsiasi altro medico sugli effetti e gli effetti collaterali del trattamento con Retabolil. Sapevano solo che sarebbe stato fatto un trattamento per aumentare le prestazioni.
Il 6.7.70 con il Dr. Wuschech, [anonimizzato], [anonimizzato] e [anonimizzato] un accordo. Ho sottolineato al medico capo dell'aumento di peso in [anonimizzato] e che gli atleti erano sconosciuti agli effetti collaterali di Retabolil, soprattutto perché 2 atlete [anonimizzate] e [anonimizzati] sono stati trattati con esso. Abbiamo interrotto il trattamento di Retabolil. Continuiamo a preparare gli atleti con Cocarboxylasi."
Nel documento si fa spesso riferimento a una sostanza vietata, il Retabolil, ossia uno steroide anabolizzante. Cercandola su Google si scopre, grazie al giornale Il Post, che faceva parte di un trattamento che l’URSS aveva predisposto anche in preparazione delle Olimpiadi del 1984 di Los Angeles, dalle quali poi la compagine sovietica si ritirò per ragioni politiche. Lo ha scoperto nel 2016 il New York Times pubblicando la testimonianza di un medico russo di 86 anni.
Un’altra storia molto diffusa nel web è quella di Heidi Krieger, una pesista dell’ex Germania Est che, sottoposta al doping di Stato a base di steroidi, assunse la fisionomia di un uomo, fino a essere costretta nel 1997 a cambiare sesso, diventando Andreas Krieger.
L’impressione è che sia tutto vero e che queste notizie possano avere ripercussioni sullo sport italiano. Anche nel nostro paese, dove era attivo uno dei più importanti partiti comunisti europei, potrebbe essere stata tentata una sperimentazione chimica. I casi accertati di doping, così come quelli indagati dal procuratore Guariniello alla fine degli anni ‘90, potrebbero far parte di un’unica strategia criminale.