mercoledì 15 marzo 2017

La folle corsa di Antonio Di Pietro che devastò un intero paese

L'articolo che comparve il 25 novembre 1968 sul quotidiano La Stampa
Le notevoli somiglianze tra il Di Pietro giovane (a sx, dal sito Dagospia) e il ladro di Torino (a dx sulla Stampa)
Anche il Di Pietro adulto (a sx da internet) e il ladro di Torino (a dx sulla Stampa) mostrano tantissimi punti somatici in comune.

C’è un’auto che corre per una strada della periferia di Torino. Sono le 11 del mattino del 24 novembre del 1968. Il ladro che la guida avrebbe dovuto fermarsi a un posto di blocco della polizia, ma non lo ha fatto. Ha forzato il posto di blocco e ha cercato di superare una Fiat 600, ma si è trovato davanti un altro veicolo. Non riesce più a fermarsi. Urta un marito e una moglie e li butta a terra, poi finisce in un fosso e urta contro un albero con violenza, fratturandosi la gamba. Fuori intanto i poliziotti sono accorsi sul luogo dell’incidente, e stanno cercando di allontanare gli abitanti della zona, che sono furiosi. Saranno circa duecento persone. Vogliono linciare quel ladro senza cervello che ha scaraventato uomini e automobili fuori dalla strada. La polizia estrae il ladro e sta per portarlo via, quando un giornalista scende dalla sua Ford e tenta di farsi consegnare il ladro. I poliziotti pensano a un complice e decidono di portare loro stessi il delinquente all’ospedale, piantonandolo sul letto dove sarà ricoverato. Si chiama Antonio Di Pietro e ha 18 anni. La notizia ormai si diffonde ed esce il giorno successivo sul quotidiano La Stampa, senza il nome dell’articolista. La ritroviamo lì dov’era stata lasciata quasi 50 anni fa con una ricerca nata con una curiosità: sapere se fosse stato scritto qualcosa sul giudice Antonio Di Pietro negli anni della contestazione giovanile del 1968. In quel periodo l’ex magistrato, poi divenuto un esponente della politica del centro-sinistra, avrebbe avuto 18 anni come il giovane ladro di Torino. C’è una foto molto grande che incornicia quell’articolo, nella quale il ladro viene ritratto in primo piano accanto a un fotogramma dello spettacolare incidente. Antonio Di Pietro, il ladro d’auto che fuggiva dalla polizia, è giovanissimo, sembra più giovane di un diciottenne. Ha i capelli folti, scuri, il viso da bambino. C'è una forte somiglianza con il giudice. Sarà davvero lui?

domenica 12 marzo 2017

Antonio Di Pietro? E’ morto nel 1983


Antonio Di Pietro è morto? Ma no, è una bufala del web! E’ solo la risposta generica che, a una nostra ricerca sul nome di Antonio Di Pietro, ci ha fornito l’archivio del quotidiano La Stampa. Abbiamo provato cioè a capire se del famoso giudice di Mani Pulite si parlò soltanto a partire da quel noto arresto di Mario Chiesa nel febbraio del 1992, oppure vi sono tracce anche precedenti a quella fatidica data, con altre inchieste, altre storie, altri indagati. Le tracce ci sono. Selezionando un range di ricerca dall’anno 1970 al 16 febbraio 1992, giorno prima dell’arresto di Mario Chiesa, tre sono gli articoli che ci hanno colpito. Il primo è quello più curioso, che proprio fuori strada non porta: un Antonio Di Pietro risulta morto sempre nel milanese nei primi anni ‘80 del secolo scorso. Una “breve” del 17 maggio 1983 riportava la notizia che un Antonio Di Pietro di 28 anni, pregiudicato per furto e nel giro della prostituzione, era stato ucciso in un agguato a Muggiò, in provincia di Milano. Era stato ferito a una spalla ed era morto dissanguato all’ospedale di Monza. Si tratta di un’omonimia? Evidentemente è così. Il giudice di Mani Pulite risulta nato, secondo Wikipedia, nel 1950 e avrebbe avuto quindi, nel 1983, già 33 anni, e non 28.

sabato 11 marzo 2017

La drammatica attualità delle inchieste farsa


“All’improvviso uno sconosciuto”, ironizzava il titolo di una rubrica della Gialappas band ai tempi di Mai dire gol. Ma è ciò che avviene ogni giorno sulle televisioni italiane quando inizia il telegiornale. Siamo invasi da notizie di cronaca giudiziaria che pretendono di fare scandalo come ai tempi dell’ormai remota Mani Pulite. Assistiamo passivi a cronache prive delle più elementari norme del buon giornalismo, prive dell’emotività di un testimone qual è il cronista, con nomi di illustri sconosciuti assurti a protagonisti (non si sa se positivi o negativi), che nessuno fino a poche ore prima aveva letto nelle stesse prime pagine e con lo stesso risalto. Mi sono chiesto allora che senso abbia tutto questo, che valore abbiano le notizie per la gente, e soprattutto chi siano questi protagonisti dell’ultima storia, quella della Consip. Cos'è la Consip? Un organo di Stato che accentrava in un unico ente tutti gli acquisti della pupblica amministrazione. Tutta una serie di appalti, insomma. Gli articoli nei quali se ne parlava sono del 2003, al tempo del Governo Berlusconi due, ma questa Consip era nata nel 1997 con il governo Prodi. Un sistema molto criticato. Si diceva fosse simile a quello dell'ex URSS. Sembra evidente che in un’economia proiettata verso il mercato libero, c’era nel 2003 uno zoccolo duro che guardava con nostalgia al comunismo di Stalin. Per voler controllare l’economia il sistema sovietico implose, per colpe esclusivamente sue, ben prima che i cittadini abbattessero il muro di Berlino Est.

La vittoria della Juve va annullata


L'attesa gara di serie A tra la Juventus e il Milan doveva finire con un pareggio? Secondo la nostra analisi si', perché due giocatori della Juventus erano in area di rigore al momento del tiro decisivo dal dischetto. Il libro degli anni '50 del secolo scorso intitolato "L'arbitro perfetto" era molto chiaro su certi dettagli paradossali del calcio. La partita come saprete e' terminata 2-1 con rigore segnato dai bianconeri all'ultimo minuto di recupero. Nel fotogramma preso da Youtube appare chiaro che vi sono due calciatori della Juve dentro l'area già durante l'esecuzione del penalty, e uno entra prima ancora che Dybala calci la palla. Ma non è finita qui, perché la regola dice che se entrano i giocatori della squadra che il rigore lo subisce il rigore andrebbe ripetuto. Il libro non contempla neppure l'eventualità che entrino i giocatori di entrambe le squadre, perché è totalmente inutile: la gara si conclude con il tiro e non ci sarebbe tempo per eventuali ribattute. La vittoria della Juve va dunque annullata? Sarebbe giusto così, ma fare un passo indietro ora significherebbe mettere in discussione tanti altri punti oscuri che avevamo segnalato tempo fa, come ad esempio i recuperi delle gare sospese che non ripartono più dal primo minuto.