sabato 26 marzo 2016

Dalla P2 al KGB, doppio gioco nella Rai TV


Nell'archivio Mitrokhin ho trovato due doppiogiochisti di una certa importanza che erano iscritti alla loggia massonica di Gelli, ma lavoravano in segreto per il Patto di Varsavia: Enrico Aillaud ed Enrico Manca. Aillaud, fascicolo P2 numero 560 (fonte www.strano.net), e' un nome noto agli storici della guerra fredda. Mitrokhin racconta che fu reclutato dal KGB con il ricatto sessuale: fu raccolto del materiale compromettente su una sua relazione amorosa e anche su delle speculazioni monetarie. Aillaud fu dal 1940 un diplomatico al servizio della presidenza del consiglio italiana, e un ambasciatore italiano nell'est europeo. I russi riuscirono a farsi dare da lui informazioni sulla Nato, sulla Cina, sulla CEE e sui diplomatici di Mosca. Il KGB lo ricompenso' con "preziosi regali" - ha scritto Mitrokhin - e se ne ando' in pensione serenamente nel 1980. Enrico Manca, ex vicesegretario del PSI ed ex presidente della Rai, era nel fascicolo P2 numero 860, ma tramite il suo segretario, che nell'archivio Mitrokhin compare come "N Cona" e il nome in codice Bauer, si rivolse agli ungheresi per fare affari con loro. Chiese aiuto per il suo "gruppo Manca" in cambio di informazioni sulla politica estera italiana, aiutando cosi' l'Ungheria a fare affari nel commercio con l'estero. Cio' avvenne nel 1978.

venerdì 25 marzo 2016

Scalfari: Aldo Moro punto di riferimento della P2


Aldo Moro fu ucciso per i suoi contatti con la P2? Leggendo un articolo di Eugenio Scalfari intitolato "Da Sindona a Gelli" e uscito nel 1981 nel libro "L'Italia della P2" questo sembra il movente di uno dei piu' gravi delitti del secondo dopoguerra. La P2, quel sistema parallelo nato dallo scandalo Sifar e impegnato a raccogliere tangenti sugli appalti pubblici, secondo il giornalista di Repubblica e L'Espresso aveva quali referenti politici del suo sistema, Andreotti e Moro. "Per anni i due clan si combatterono sordamente ma duramente, al coperto degli occhi del pubblico. Poi - scrisse il giornalista - scomparso Moro, e' stato Bettino Craxi a diventare in sua vece il punto di riferimento di quella parte dei Poteri occulti che non si riconosce in Andreotti." Parole terribili, ma che sono state confermate dalla storia dei processi successivi. Se Moro era nel sistema P2 e' a questo punto possibile che fu rapito e lasciato morire anche per gli omissis su Ancona. Il punto di vista di Scalfari per certi versi ricalca le parole di Jannuzzi su Tempo, ma se ne discosta sul ruolo di Andreotti, garante dei servizi segreti onesti per il giornalista di Tempo, antagonista di Moro nel regolamento di conti tra poteri occulti per Scalfari.

domenica 20 marzo 2016

Montevergine, processo farsa per non svelare Gladio?


Francesco Caruso, il portavoce dei No Global che protestò contro la Nato a Montevergine, fu assolto dalle accuse per non svelare le trame di Gladio? E' l'ipotesi che emerge da un'analisi attenta di alcuni dettagli di questa storia, che sembra mutare volto col passare del tempo. L'elemento chiave di questa mia interpretazione è un passaggio dell'articolo del quotidiano L'Unità del 21 agosto 2001. Cosa poteva esserci sul Montevergine nel 2001 e poi nel 2002, al momento dell'effettiva occupazione da parte dei No Global? Lo disse il quotidiano di sinistra alla prima protesta dell'agosto 2001: la base era «poco presidiata» dalla Nato, ma «una zona cuscinetto» era sorvegliata «dai nostrani carabinieri». Quindi è per questo che Caruso fu fermato subito e identificato? C'era un rapporto diretto tra Nato e carabinieri? Sarebbe stato inaccettabile per la nostra legge e la libertà del nostro paese. Caruso questo avrebbe dovuto denunciarlo. E magari c'era pure un legame tra Nato e antiterrorismo, come ipotizzò nel 1992 la commissione parlamentare presieduta da Libero Gualtieri su Gladio? Il processo contro Caruso, se avesse analizzato i fatti con accuratezza, lo avrebbe potuto scoprire, ma le cose andarono diversamente.

Spionaggio al Montevergine, ma era la protesta di un prete


Anche il Montevergine ebbe il suo caso di spionaggio, che trattandosi di una zona lontana dalla tranquilla Ancona ebbe ben altro risalto. Tutti i giornali dopo la metà di agosto del 2001 parlarono di quanto era avvenuto sulla cima del Montevergine. La storia letta su L'Unità narra che un gruppo di No Global era salito in quei giorni fino ai 1500 metri di altezza a protestare contro la base Nato. Si mise in luce in quella prima protesta un prete, Don Vitaliano, parroco della zona di Mercogliano. Il sit-in contro la base di Montevergine era un no alle guerre globali degli Stati Uniti. Il 5 ottobre del 2002 vi fu un bis delle manifestazioni, con qualche modifica alle cronache. Sia L'Unità, sia l'agenzia Adnkronos omisero un particolare della storia. La base di Montevergine non era più sulla vetta di una delle montagne più alte dell'avellinese, bensì su una collina. Il 20 luglio del 2003 La Stampa pubblicò in un trafiletto la terribile notizia che Francesco Caruso e altri tre giovani dei No Global erano indagati per spionaggio militare e danneggiamento. Quando la vicenda si concluse, il 25 febbraio del 2008, la sentenza fu di assoluzione per tutti e per tutte le accuse. Questa vicenda non fu che una ripetizione del caso G., l'ambientalista dei Verdi che nel 1984 fu condannato e poi assolto per spionaggio ai danni della base del Conero. Nessuno però se n'è ricordato.

sabato 19 marzo 2016

Lo “zaratino” Gelli sognava le riforme di Renzi


Licio Gelli, il capo della Loggia P2, sognava riforme rivoluzionarie e reazionarie, simili a quelle della politica attuale di Renzi. Da giovane era stato ispettore per l'organizzazione dei fasci in Jugoslavia e specialmente a Zara, l'ex città italiana situata di fronte ad Ancona. Fu quindi un fascista convinto, che operò come gerarca nei luoghi delle foibe e dell'esodo, ma teatro anche di crimini di guerra italiani. Sono notizie molto importanti, che ho estrapolato dal libro autobiografico dello stesso Gelli scritto nel 1989 e pubblicato in Svizzera. Gelli e la P2 furono anticomunisti, di un anticomunismo filo fascista, che non coincide con le relazioni che la Cia inviava a Washington. Se quest'ultima infatti sposò la politica berlingueriana del compromesso storico per le riforme economiche, negli stessi anni il Venerabile inviava al presidente Leone il suo particolare «Schema R», con cui proponeva la creazione in Italia di un regime reazionario contro l'ascesa del comunismo. A chi si ispirava? Sicuramente non all’URSS, visto che gli storici sono scettici sul rapporto Cominform dei servizi. Gelli emerge quindi come il capo di un'organizzazione parallela alla Massoneria, che non avrebbe dovuto far politica ma la faceva, e che non doveva essere illegale ma lo era, poiché tramava nell’ombra contro la Costituzione. Nel suo “Schema R” propose riforme che oggi formano la nostra politica, tra cui l’abolizione del bicameralismo, il ripristino dell’autorità dei prefetti come nel fascismo, lo smembramento delle Partecipazioni Statali, il rafforzamento del potere dei carabinieri, la riduzione del numero dei quotidiani, la sostituzione della leva obbligatoria con quella volontaria e l’inasprimento delle pene per chi consuma droga.



giovedì 17 marzo 2016

Scoop: è stato filmato un bunker simile al Conero


Un tunnel con caratteristiche militari simili al bunker del monte Conero è stato ripreso e pubblicato su Youtube. Si tratta della base Nato costruita in guerra fredda sul Montevergine, una vetta alta quasi 1500 metri che sovrasta Avellino. Confrontando il video censurato (che avevo salvato nel pc) dei tre ragazzi dell'anconetano poi denunciati dai carabinieri con quelli più recenti di Montevergine, colpisce la presenza anche ad Avellino di quei pannelli bianchi rettangolari, disposti ai lati della galleria, che erano ben visibili nel video del Conero. L'architettura della galleria di Montevergine è identica a quella del Conero. L'arcata è molto stretta e sembra di riconoscere lo stesso materiale edilizio utilizzato come rinforzo: forse calcestruzzo. C'è chi ha già analizzato tecnicamente quella base avellinese. Si tratta di un bunker che fu utilizzato dalla Nato per creare un ponte radio con altre basi europee.

mercoledì 2 marzo 2016

Il mercato delle armi è in crisi, ma lo Stato guadagna


Raf si chiedeva "cosa resterà degli anni '80", del periodo cioè della guerra fredda, quando lo Stato italiano si occupava soprattutto di vendere armi ai signori della guerra. Secondo me restano debiti, che per miracolo, e grazie a una legge fascista sulle liquidazioni coatte, Fintecna trasforma oggi in guadagni. La sua controllata Ligestra dalla crisi di svariate aziende ha già prodotto i suoi bei profitti, che secondo il bilancio 2014 verranno girati per un 70% al Ministero dell'Economia e delle Finanze. Il restante 30% rimarrà invece nelle tasche di Ligestra. Parliamo di un giro d'affari consistente, ossia 25 milioni di euro di debito da restituire allo stesso Ministero dell'Economia e delle Finanze, più altri 13 milioni di aiuti pubblici concessi da Fintecna appunto a Ligestra. Il tutto non soltanto è stato restituito, ma c'è rimasto anche del "surplus"! Il bilancio di Fintecna spiega questa maxioperazione con uno storno tra debiti e crediti, ma è stupefacente che ciò accada in ditte accomunate da una disperata situazione finanziaria, che quindi finiscono nel lazzaretto statale di Fintecna senza un quattrino. Le armi comunque dovrebbero essere ancora in mano a Ligestra. Ad esempio le Officine Meccaniche Reggiane, che producevano aerei, la Finanziaria Ernesto Breda con la sua Breda Fucine, nota per le armi e la costruzione di aerei, e la Otobreda Finanziaria, il cui nome porta ai cannoni della fregata Scirocco.

Le singolari proteste dei lavoratori siciliani


Scioperare contro i concorrenti della propria azienda. E' la singolare protesta che va in scena in questi mesi in Sicilia, a Palermo. I protagonisti sono i miei ex colleghi, che lavorano cioè in quell'azienda che gestisce, tra le altre cose, i contratti di Edison e di certi enti pubblici, anche del nord Italia. Seguo con un certo interesse le loro vicende soprattutto perché è ormai chiaro che quel percorso professionale porta dritto verso la logica delle holding pubbliche costruite sui fallimenti. Oggi 2 marzo 2016 ci sarà l'ennesimo sit-in dei lavoratori davanti alla Regione Sicilia per scongiurare 1500 licenziamenti. Ma ecco la stranezza. Se una volta si scioperava contro il datore di lavoro, adesso lo sciopero è diventato politica economica. I lavoratori si sostituiscono alle istituzioni e consigliano ai politici di contrastare il sistema delle delocalizzazioni, evitando in questo modo il gioco al ribasso nella vendita delle commesse alle aziende di outsourcing, ditte cioè che gestiscono per conto di altri alcuni servizi, come le telefonate dei clienti, l'archiviazione dei contratti e persino l'ufficio reclami. In questo modo la protesta dei sindacati si trasforma in uno sciopero per i mancati affari dell'azienda, come se fossimo nel fascismo, durante il quale le corporazioni univano lavoratori e imprenditori nel segno del supremo bene nazionale.