domenica 23 maggio 2021

Ancona, visite guidate alla guerra dei droni

Tra il 2016 e il 2017 un’associazione, pare su incarico del comune di Ancona, ha distribuito ai gitanti che si recavano sul monte Conero un opuscolo eloquente: state per visitare una zona militare ancora attiva, il cui scopo è la guerra elettronica. Ce lo segnala un lettore del nostro blog. Stiamo diventando ormai una specie di “telefono giallo” online. Come si può evincere dal testo dattiloscritto che vi mostriamo nelle foto (sotto), compariva per la prima volta una descrizione dettagliata della base militare, con tanto di immagini e planimetria. Desta innanzitutto stupore l’imponenza della struttura, che era assai articolata, dotata di uscite di sicurezza, e predisposta per ospitare centinaia di militari, anche più di quello che ci veniva dichiarato dai reduci di questa guerra segreta. Sono dimensioni e mansioni paragonabili a quelle della base West Star di Affi. Ed è imbarazzante, soprattutto, che si sia costruito un business turistico (ci riferiamo ovviamente all'opuscolo) sulla guerra elettronica, quella che oggi si combatte a distanza, in Afghanistan, in Irak, in Siria, magari con i droni, per garantire copertura agli agenti italiani all’estero (l’Aise). Ci viene tuttavia spiegato dall’amico lettore, proprio perché non si tratta di un museo storico, bensì di un sito militare in piena attività, che le foto degli ambienti interni non corrispondono alla base del Conero, servono, probabilmente, soltanto a dare un’idea di ciò che la base è stata nella storia, e cioè un centro di intercettazione di messaggi cifrati. Solo le immagini in bianco e nero corrispondono alle vere uscite dei tunnel. Anche il reale lavoro svolto da questi militari resta avvolto nel più fitto mistero. Il signore che ci ha inviato l’opuscolo, un esperto di telecomunicazioni con un curriculum di alto livello, ha una diversa teoria rispetto alle intercettazioni: non un controllo delle comunicazioni civili e militari di potenziali nemici che si avventuravano nel mar Adriatico, bensì qualcosa di più subdolo e sinistro. Scrive lui stesso: “tutte queste intercettazioni per me lì non si facevano, per me c'era un centro di ricezione e trasmissione dei messaggi della nostra marina. MA i messaggi venivano decriptati e ricriptati prima di rimandarli via, per questo la zona era ad accesso super limitato, ma ci sono altri che confermano quella descrizione.” In sostanza, nel Conero avrebbe operato, e starebbe operando tuttora, un gruppo di controllori dei controllori, un comando supremo al di sopra di altri comandi militari, in piena sintonia con la logica della guerra elettronica (si legga nella fattispecie il libro “La guerra elettronica” di Mario De Arcangelis, del 1981). Un collega giornalista ci ha consigliato di verificare se la zona del Conero sia sorvolabile in aereo. Abbiamo contattato chi detiene un brevetto di volo e ci è stato confermato che il Conero si può sorvolare tranquillamente, così come è possibile effettuare gite turistiche a piedi per i boschi. Il Conero è sempre stato questo, e pure i militari hanno voluto sempre vivere mimetizzati nella natura. Non ce ne stupiamo. Ci meraviglia, casomai, che da alcuni anni a questa parte si cerchi da più parti, dal settore politico a quello militare, di costruire una convivenza di facciata tra le esigenze militari e quelle civili riguardanti l’ambiente naturale del Conero. Ci riferiamo anche alle dichiarazioni del neo presidente del Parco del Conero, Silvetti, il quale ha affermato pubblicamente di essere stato uno dei militari della caserma che c’è sulla cima: tutore dell’ambiente, dunque, ma anche del segreto militare. Questa linea politica non è nuova. Fu dettata nel 1985 dall’allora ministro dell’interno Oscar Luigi Scalfaro, che dopo il caso Guanti definì “di limitata estensione” la zona militare del Conero, compatibile quindi con le gite e la protezione dell’ambiente. Ma questa foglia di fico è già caduta con la divulgazione stessa dell’opuscolo del Comune. La base non è affatto di limitata estensione e alcuni tunnel, ad esempio quello che fu percorso dal videomaker Matteo Montesi nel 2014, restano ancora coperti dal segreto più profondo. Può un cittadino sentirsi immerso nella natura incontaminata vicino a caserme militari, tunnel, parabole satellitari? E soprattutto quali possibilità abbiamo noi tutti comuni mortali, attraverso i rappresentanti parlamentari, di verificare la reale consistenza di questa caserma e delle sue intercettazioni? Il Copasir non basta, è un’altra foglia di fico che non copre più l’estensione reale di questa industria dello spionaggio. A chi vengono assegnati i nullaosta di segretezza? A quali aziende, a quali civili? Per quali scopi? Da quando nel 1977 l’ex premier Giulio Andreotti ridisegnò il sistema dei servizi segreti, con suddivisione delle mansioni interne ed estere, controllo da parte del presidente del consiglio al posto del capo dello Stato, e costituzione del Copasis o Copasir, organo parlamentare di controllo dei Servizi, poco è cambiato, a parte alcuni aggiornamenti. E’ il terrorismo, il nemico, a non essere più quello del 1977. Se all’epoca potevamo accettare una segretezza parziale, in cambio della nostra sicurezza per le strade, sotto casa, dove le rapine e gli espropri proletari erano all’ordine del giorno, adesso questa segretezza è solo un liberi tutti: liberi di agire fuori dai nostri confini in azioni (di pace?) più torbide e violente. Quindi se la domanda dei lettori è: cosa c’è oggi sul Conero? C’è per caso la NATO? La risposta può essere: sì, c’è la NATO, ma una NATO spogliata ormai di tutti quei principi caratteristici del mondo occidentale che aveva in guerra fredda: libertà, trasparenza, sicurezza. Curdi, turchi, egiziani, qatarioti, sauditi, libici: i nostri alleati sfuggono a ogni logica, e insieme agli alleati atlantici sfuggono anche le nostre ultime certezze. Cosa c’è e chi c’è stato sul Conero? Bin Laden? Oggi vi risponderei candidamente: che ne so? può darsi.