sabato 12 marzo 2011

Il Micoren, una sostanza dopante sottovalutata?


Il Micoren lo hanno usato tanti calciatori, lo si sapeva dagli anni ’60 con l’inchiesta della Lega Calcio, ma in seguito all’inchiesta del PM Guariniello la confusione paradossalmente è aumentata. I calciatori nelle interviste hanno dato l’impressione di sottovalutare questo farmaco e soprattutto il suo effetto dopante. Spuri, ex portiere di riserva del Verona, in una mia intervista disse: “Il Micoren ce lo davano come fosse cioccolata” Facevano male perché dall’archivio è emerso che fin dagli anni ’80 in campo internazionale il Micoren era doping e lo sapeva bene Silvano Fontolan squalificato in Coppa Uefa con lo stesso Verona di quel periodo, nel 1988.



lunedì 7 marzo 2011

Vendita di armi italiane a Gheddafi nel 1984: Rutelli sapeva tutto?


Francesco Rutelli aveva le prove della fornitura di armi alla Libia. Il politico romano esordì nel 1984 combattendo una personale battaglia contro le mine nel mar Rosso. Di chi erano e da quale azienda venivano? Secondo il leader dei Verdi, se non era sicuro che fossero italiane lo erano certamente quelle vendute alla Libia e ad altri due paesi allora irrequieti come Iran e Iraq. Non c’era da fidarsi insomma del nostro governo che metteva a rischio i propri militari mandandoli proprio laddove pochi giorni o mesi prima si sapeva fossero state installate mine made in Italy. I due bersagli politici di questi attacchi, Spadolini e Craxi, chiesero prove e smentirono, eppure per Rutelli ogni anno in quel periodo giravano in Italia tangenti sulle armi per 250-300 miliardi di vecchie lire. Ma, allora, perché Rutelli recentemente non ha chiesto conto al parlamento italiano della guerra in Iraq?


 

sabato 5 marzo 2011

Patto per la fornitura di armi italiane a Gheddafi: prove di un rapporto ambiguo Italia-Libia


L’Italia ha venduto armi alla Libia per diversi anni? E’ quanto emergerebbe leggendo gli articoli di Repubblica del 1984 nei quali l’elemento più evidente appare un doppio canale attraverso cui si sarebbero sviluppati gli accordi tra i due paesi. Da un lato il nostro Stato Maggiore della Difesa impegnato a vendere svariati tipi di armamento a un paese al di fuori degli accordi militari del Patto Atlantico, dall’altro i ricatti del Raìs Gheddafi ad Andreotti sui danni di guerra da pagare. Sembra quasi, a leggere le righe del quotidiano di Scalfari, che le due vicende non si tocchino e l’uno ignori l’esistenza dell’altro. Il tema finì poi per diverso tempo nel dimenticatoio per delle frizioni internazionali tra il Raìs gli Usa e la stessa Italia, fino alla recente rivolta libica e alla conseguente dura repressione di Gheddafi. Le armi che hanno ucciso i ribelli forse sono italiane. Un sito chiamato Unimondo.org ha riportato nel febbraio 2011 tutte le inquietanti cifre di questo nuovo smercio di armi al Raìs: tra il 2008 e il 2009 sono stati incassati dal nostro paese ben 205 milioni di euro. Ma la fornitura militare dall’Italia alla Libia potrebbe non essersi mai interrotta del tutto.




venerdì 4 marzo 2011

Ecco perché Berlusconi vince i processi...


Silvio Berlusconi è riuscito a vincere diversi processi approfittando forse della riforma del sistema giudiziario del 1989. E’ quanto emerge leggendo il libro di Montanelli e Cervi: “L’Italia degli anni di fango” in cui il grande scrittore-giornalista spiegava questo capovolgimento della prassi. Si passò quella volta da un sistema inquisitorio a quello accusatorio, in cui accusa e difesa sarebbero state sullo stesso piano, con inevitabili allungamenti processuali e assoluzioni di mafiosi. Pochi anni dopo nasceva anche la valanga “Tangentopoli” e al suo interno, con “All Iberian”, emergeva quel filone dei processi su Berlusconi che arriva fino a oggi. Leggendo gli articoli si intuisce che i giudici non riuscirono a dare una spiegazione convincente a quei 10 miliardi che Berlusconi inviò a Craxi attraverso la Svizzera. La sentenza disse che si trattò di corruzione, ma se le indagini avessero dimostrato che Craxi aveva estorto con minacce o lusinghe quei soldi al cavaliere si sarebbero ripetuti gli scandali della Campania del dopoterremoto, quando i politici della DC e PSI, attraverso la malavita locale, estorcevano denaro agli imprenditori. Craxi divenne invece con Tangentopoli il ladro per antonomasia del “Finanziamento pubblico ai partiti”, un reato che non è presente nei codici ma solo in un Decreto Legge ripetutamente aggiornato e stravolto. All’epoca del Maxiprocesso Enimont questo decreto vietava il finanziamento ai partiti da parte delle aziende pubbliche e Enimont (Eni più Montedison) lo era. Dunque il reato c’era ma non portò alla luce il mondo mafioso sommerso sotto il grande marchio della chimica. In quel mondo mafioso c’era Rovelli, proprietario della Banca Rasini, e, chissà, forse anche il figlio di uno dei suoi dirigenti: Silvio Berlusconi. Lo stesso Berlusconi era comunque colpevole perché, contrariamente alla legge sul finanziamento ai partiti, aveva occultato in società estere extra-bilancio i fondi da destinare ai partiti. E chissà a cos'altro. Non lo sapremo mai, perché il Berlusca è uscito indenne dai processi grazie proprio alla riforma del sistema giudiziario del 1989, che comunque avrebbe mandato tutto in prescrizione.