domenica 20 novembre 2016

L’anima nazista dei servizi segreti di Bonn


Fu il servizio segreto dell’ex Germania Ovest, il BND, a creare Gladio. Questa struttura militare parallela, che nacque dopo il 1956 in funzione anticomunista, non faceva parte della Nato e, soprattutto, non dipendeva dai servizi segreti delle nazioni occidentali. E’ una notizia troppo a lungo sottovalutata, che oggi dobbiamo ripubblicare e analizzare sotto una luce nuova. Uscì per la prima volta il 31 maggio del 1991 sul Corriere della Sera, nei mesi in cui le rivelazioni sulla struttura segreta divenivano di dominio pubblico nel nostro paese.
Cosa significa che la Gladio tedesca non faceva parte della Nato? Vuol dire che Rauti, Giannettini, Nardi, Freda, Ventura, uomini dell’estrema destra italiana, recandosi nell’ex Germania Ovest per addestrarsi come affermavano fonti di stampa nel 1974, erano entrati a far parte di una struttura segreta filo-nazista. Perché certamente non si può parlare del BND fingendo di non vedere la sua storia controversa. Il leader storico di questo servizio segreto del Patto Atlantico fu un generale nazista, Reinhard Gehlen. Scrisse di lui Vinicio Araldi, un giornalista cresciuto sotto Mussolini, ma nonostante questo estremamente equilibrato e onesto: “Questo generale senza volto” fu “fino al 1968, il personaggio centrale dell’organizzazione spionistica tedesco-occidentale, l’avversario più irriducibile del comunismo, tanto odiato e tanto temuto da avere indotto il governo di Ulbricht a porre sul suo capo una taglia piuttosto consistente.”

venerdì 18 novembre 2016

Ombre tedesche sugli anni di piombo


C’è un filo conduttore nella storia dei nostri anni di piombo, che conduce in quella che una volta si chiamava Germania Ovest, o Repubblica Federale Tedesca. E’ lì che alla fine degli anni ‘60 si svilupparono movimenti di guerriglia capeggiati da alcuni giovani di estrema sinistra, in particolare da due donne: Gudrun Ensslin e la giornalista Ulrike Meinhof; e due uomini: Andrea Baader e Horst Mahler. Il nome che venne dato al gruppo nel maggio 1970 fu Frazione Armata Rossa, o più semplicemente RAF. Questi giovani sciagurati, in nome del comunismo e la guerra a quello che consideravano lo “Stato fascista”, organizzarono rapimenti, barbare uccisioni e rapine per tutti gli anni ‘70 del Novecento e poi anche per buona parte degli ‘80. Uno degli indagati di piazza Fontana, Giannettini, affermò che Brandt, leader del partito Socialdemocratico di Germania, era filocinese e antisovietico. Sarebbe stato pertanto lui il “grande vecchio” della sinistra extraparlamentare e addirittura il mandante della strage di piazza Fontana a Milano il 12 dicembre del 1969, per la quale Brandt si sarebbe servito di Giangiacomo Feltrinelli quale esecutore materiale, cioè un sostenitore della banda Baader-Meinhof.

sabato 12 novembre 2016

Tanti italiani spiati per il delitto Moro


La nostra polizia tra il 1978 e il 1979 effettuò decine e decine di accertamenti sugli italiani per scoprire i responsabili dell'uccisione del presidente democristiano Aldo Moro. Questo la costrinse a violare continuamente la vita privata di famiglie il più delle volte innocenti. E' quanto si può desumere sfogliando le mille pagine di documenti originali di cui si compone uno dei volumi digitali preparati dalla Commissione parlamentare sulla strage di via Fani. Come molti avranno letto nei libri o sui giornali, il Governo in quei drammatici giorni approvò una specie di stato d'assedio. Furono disposti numerosi posti di blocco intorno Roma, mentre la polizia bussava a tutti gli appartamenti in cerca dei terroristi. Il giornale spagnolo La Vanguardia durante il sequestro Moro titolò: "Non è Beirut, ma Roma". Questa invadenza della polizia la ritroviamo nei documenti della Commissione parlamentare. Ad esempio nei controlli che venivano disposti a seguito di messaggi telefonici, telegrafati, o di lettere che in continuazione giungevano ai giornali e alle forze dell'ordine. Spesso questi contatti si rivelavano dei depistaggi. Il Corriere della Sera scrisse che poteva trattarsi di una tattica dei brigatisti: prendersi gioco della polizia facendola brancolare nel buio.
Un posto di blocco a Roma, nella copertina del quotidiano di Barcellona, La Vanguardia, del 15 aprile 1978.

Imposimato era certo del legame BR-Gheddafi


Fu Gheddafi a far arrivare le armi dei palestinesi alle brigate rosse. Un giornalista che si sta battendo per dimostrare qualcosa di simile è Giorgio Guidelli, del Resto del Carlino, autore di libri sulle Brigate Rosse marchigiane e sui contatti tra BR e palestinesi. Entrando in questo argomento la mia indagine partita dalle basi Nato e dalla base del monte Conero si incrocia con il suo lavoro. Mi limiterò quindi a tratteggiare un ritratto dell’uomo che funse da tramite per lo smercio di armi alle BR. Un personaggio dimenticato che mi ha molto colpito: “Corto Maltese”. Lo chiamarono così per quei suoi viaggi spericolati in barca a vela dal Libano a Cipro e poi all’Italia, che organizzò per portare alle Brigate Rosse le potenti armi dei palestinesi. Ma il suo vero nome era Maurizio Folini, ed era considerato un uomo del KGB sovietico. Fu proprio il giudice Ferdinando Imposimato, l’attuale grande accusatore della Cia, a scrivere, nel 1987, nella sua sentenza di rinvio a giudizio riportata dal Corriere della Sera, che “Corto Maltese” era un “agente del KGB collegato a Gheddafi e inoltre massimo esponente di quel traffico d’armi che dal Medio Oriente alimentava il terrorismo italiano.”

La polizia di Bonn nascose i contatti tra RAF e BR


Fu la polizia tedesca occidentale ad allontanare i sospetti di un collegamento tra terrorismo tedesco e brigate rosse. E’ quanto si legge nei documenti della commissione parlamentare sulla morte di Aldo Moro, i quali consentono di leggere ogni dettaglio delle indagini condotte tra il 1978 e il 1979. La polizia di Wiesbaden scrisse il 30 luglio 1979 che dai reperti sequestrati non si potevano desumere dei nessi tra la Von Dyck, Heiszler e il delitto Moro. Lo stesso concetto lo ha ribadito nel gennaio 2016 l’ex questore Ansoino Andreassi alla commissione parlamentare: “Noi credevamo e crediamo ancora in quella pista, ma i tedeschi ci bloccarono”.

venerdì 11 novembre 2016

Due tedeschi tra i cecchini di via Fani


I miei lettori devono ricordare bene questo nome: Rolf Heiszler. Tedesco della Baviera, classe 1948, terrorista del “Movimento 2 giugno”. Attualmente, secondo Wikipedia, si trova in carcere a scontare due ergastoli per l’omicidio di due funzionari doganali olandesi, avvenuto il primo novembre 1978. Fu sospettato di aver partecipato anche al rapimento Schleyer nell’autunno del 1977. Parliamo del terrorismo della Raf, la banda Baader Meinhof. Gli inquirenti italiani questo nome lo hanno voluto dimenticare, e non capiamo perché. Heiszler o Heissler è innanzitutto uno dei probabili partecipanti alla strage di via Fani, il 16 marzo 1978. Si parlò di lui nel gennaio del 1980, quando in carcere ricevette la visita del giudice istruttore Claudio D’Angelo. Sono le conferme che abbiamo trovato riguardo alla pista tedesca della valigia “made in Germany”, che si vede nel video di Youtube, di fianco al cappello da aviatore. Negli articoli del 1978 e poi del gennaio 1980 del Corriere della Sera e della Stampa non si parla di sospetti, ma di forti indizi che in via Fani, il 16 marzo 1978, vi fossero almeno due tedeschi: Rolf Heiszler ed Elizabeth Von Dyck, legati alle BR italiane.

Il terrorista del "Movimento 2 giugno", in una foto del quotidiano La Stampa pubblicata al momento del suo arresto nel giugno 1979.

mercoledì 9 novembre 2016

Quei terroristi rossi con la valigia tedesca


Ci siamo voluti dimenticare completamente di una parte del terrorismo italiano, e ci siamo riusciti: quello dell'Alto Adige. Era di sinistra e voleva la secessione dall'Italia. Provocò attentati e morti per oltre un decennio, tra il 1956 e il 1969. Decine di morti dimenticati, che sembrano appartenere a un'altra nazione. Fu sconfitto a suon di condanne della magistratura nel 1969, poi rinacque negli anni '80, ma a quel punto secondo Wikipedia era guidato da Gladio e dai nostri servizi segreti. Gli obiettivi di quelle bombe erano sovente i tralicci e gli agenti delle forze dell'ordine. Ma è proprio ciò che accadde durante gli anni di piombo! Feltrinelli morì mentre cercava di innescare una bomba su un traliccio, mentre molti agenti di polizia e carabinieri furono uccisi dai brigatisti. E' il dossier cecoslovacco a collegare per la prima volta queste due facce che potrebbero appartenere alla stessa medaglia.

domenica 6 novembre 2016

Gheddafi conosceva i nostri segreti militari


Scorte di petrolio libico di contrabbando in cambio di segreti militari. Questo accordo, stretto tra Gheddafi e membri della loggia P2 intorno al 1975, potrebbe essere alla base di molte stragi di Stato che videro i servizi segreti protagonisti di depistaggi o complicita'. Nulla sarebbe probabilmente venuto a galla se il giornalista Mino Pecorelli non avesse deciso di pubblicare a puntate questa storia sul suo OP. Poco tempo dopo, il 20 marzo 1979, Pecorelli fu assassinato. Gli inquirenti così scoprirono nel suo appartamento il dossier che aveva dato origine allo scandalo. Secondo la ricostruzione che ne offrono Mario Guarino e Fedora Raugei nel loro libro su Licio Gelli, fu Giulio Andreotti, allora ministro dell'industria, a chiedere al direttore del Sid, l'ammiraglio Casardi, un'indagine su Mario Foligni, un esponente DC che stava fondando un nuovo partito e per il quale si scoprì che aveva chiesto aiuti finanziari proprio ai libici di Gheddafi. Le microspie di Casardi registrarono i colloqui di una struttura parallela che stava vendendo al colonnello Gheddafi i nostri segreti militari e i carri armati Leopard della Oto Melara in cambio di petrolio a prezzi scontati e fuori dagli accordi dell'Opec.