lunedì 24 ottobre 2022

Quei concorsi che sembrano gratta e vinci

 

Sono indignato e offeso per il modo nel quale sono stato trattato, oggi, dalla commissione del cosiddetto concorso straordinario bis per entrare in ruolo nella scuola pubblica. La mia immagine, cui tengo moltissimo, è stata gravemente danneggiata.

Cominciamo col dire che le regole del “gioco”, perché tale io ritengo sia questo concorso: un giochino, e l’ho detto ben prima di sostenere l’esamino, non sono mai state chiare, né c’era la possibilità di prepararsi un minimo sugli argomenti. Ho quindi scoperto solo da alcuni colleghi che erano già stati esaminati due giorni fa che al candidato veniva chiesto di pescare una domanda a caso su tutto lo scibile possibile e immaginabile di Storia, Letteratura Italiana e Geografia ed esporlo in un colloquio di mezzora. Il tutto era strutturato in modo che, se anche il candidato fosse stato in grado di conoscere da dieci la materia, sarebbe comunque stato interrotto e condotto dalla commissione giudicante sull’aspetto metodologico. Ossia la consegna dell’esercizio verteva anche sul metodo di insegnamento della materia all’interno di una classe con studenti eterogenei, con disabilità o altre problematiche. Verba volant. A mio parere, le differenze, se minime, non sarebbero facilmente contestabili. Sui contenuti delle materie, poi, essere da dieci significa o aver appena svolto quell’argomento in classe oppure averci scritto dei libri.  

Nel mio caso mi sono beccato un uno e mezzo che è il giudizio che assegnerei a uno studente che lascia il foglio bianco. Senza voler fare l’apologia di me stesso, né intentare cause giudiziarie cui credo peraltro pochissimo, diciamo soltanto che non mi sarei proprio dato quel votaccio. La mia esibizione non è stata tra le più brillanti, onestamente, ma certo non una figuraccia. Ma va bene, era un concorso, mi si dirà. Potevo certamente pescare meglio.

Eppure non si era lì per vincere un miliardo alla Lotteria Italia, bensì per svolgere il mestiere su cui già il candidato si cimenta da almeno tre anni, perché questo era il requisito di accesso, sulle stesse discipline del concorso. E su che discipline, poi! E con quale mole di programma! Quello di Lettere non è minimamente paragonabile a un programma di altre materie, servono un continuo aggiornamento e un costante ripasso. Inoltre, la mia università di Macerata, con cui a questo punto vorrei condividere i demeriti che mi vengono attribuiti, chiedeva al laureando delle biennalizzazioni, o triennalizzazioni sugli argomenti della tesi: pretendeva un indirizzo chiaro, che nel mio caso è ben visibile su tutti i siti online su cui compare la mia biografia. Dovunque io sia stato dal lontano 1999 a oggi, giornalismo, telefonia, scuola, resto quel laureando (poi laureato) con quella forma mentis, con conoscenze, interessi, passioni, via via consolidati e limitati a un certo periodo storico. Nessuno mi ha mai chiesto un sapere enciclopedico, che invece sembra il motivo della mia bocciatura quando si tratta di provare a entrare in ruolo. 

E allora chiedo a chi mi legge: perché questa gogna? Perché espormi a un possibile “non so rispondere” o a un “non ricordo”, quando potrei tranquillamente essere valutato su ciò che già ho scritto nei miei libri di Storia, di attualità, e anche nel mio lavoro scolastico, magari meno eccellente ma comunque apprezzato nella scuola? Magari domani scoprirò che c’è stato un errore e il mio uno e mezzo era un quattro o un cinque (si tenga presente che con questi ultimi voti, visti i numerosi posti disponibili, si potrebbe entrare in ruolo). Ma io potevo e volevo essere da dieci! pretendo con fermezza di essere messo nelle condizioni di essere da dieci, altrimenti a scuola cosa ci vado a fare? A prendere uno stipendio che non merito? Oppure a salvare i dirigenti alle prese con la carenza di personale? Beh, basta coi giochini! I miei libri sono tra i primissimi negli apprezzamenti dei lettori, sebbene bistrattati dagli editori. E invece sono stato messo nelle condizioni di essere da cinque e di ritrovarmi addirittura con un uno e mezzo. Finiamola con questa commedia, finiamola di fingere di non vedere la realtà. E cerchiamo anche di tutelare chi lavora con impegno e con onestà. Chi vi scrive non è mai andato a lavorare per scaldare una sedia.