domenica 14 aprile 2019

“Il numero due dei Casalesi se la faceva con Bin Laden?”


“Oggetto: Osama bin Laden killed by US forces.”
2 maggio 2011, ore 08:41. David Vincenzetti: “Ucciso a Abbottabad, a 50km dalla capitale del Pakistan Islamabad. Ma non ci sono altri dettagli sull'operazione congiunta condotta da US e Pakistan forces.”
2 maggio 2011, ore 09:56. Luca Filippi: “Visto lo stato del cadavere poteva essere chiunque... :-) già.. ma visto che tu stai scrivendo non puoi essere tu :D”
2 maggio 2011, ore 10:02. Antonio Mazzeo (?): “Quelli di hollywood sono dei maghi con gli effetti speciali... e poi ieri c'era pure lo spirito di wojtyla che aleggiava... per cui tutto sarebbe possibile :-)”
2 maggio 2011, ore 10:53. Mostapha Maanna: “Fai caso che Obama l’ha promesso durante la sua campagna elettorale e l'ha tirato fuori ora!”
2 maggio 2011, David Vincenzetti: “Naturalmente:-) David”
2 maggio 2011, ore 15:02. David Vincenzetti: “C'era un corriere che gli americani tenevano sott'occhio. Che entrava e usciva da una villa così sicura che doveva essere la casa di qualcuno ben più importante. Dopo un attacco in elicottero hanno fatto irruzione e Osama è stato colpito alla testa, anche uno dei suoi figli e' stato ucciso... FYI, David”
2 maggio 2011, ore 15:45. Alberto Pelliccione: “- Camorra, preso il n.2 dei Casalesi, si nascondeva a pochi metri dalla polizia - Stupore per l'esistenza di un nascondiglio del capo di Al Qaida a pochi metri da una delle maggiori caserme pakistane. "Il posto migliore per nascondere qualcosa, è sotto gli occhi di tutti." Vedo una relazione :p”
2 maggio 2011, ore 15:46. Luca Filippi: “il n.2 dei casalesi se la faceva con bin laden?? azz... che scoop! :P”
2 maggio 2011, ore 15:55. Massimo Chiodini: “Non "se la faceva" ma "si faceva"..... :D”
Questa conversazione è una specie di intercettazione non autorizzata. Si tratta di uno scambio di e-mail che avvenne il 2 maggio del 2011, quando si stava diffondendo la notizia dell’uccisione in Pakistan di Osama Bin Laden, il leader della formazione terroristica di Al Qaeda. A parlare sono i membri dell’Hacking Team di Milano, una ditta che vende a molti servizi segreti del mondo i suoi software per intercettare le e-mail dei potenziali terroristi o dei trafficanti di droga. I protagonisti del dialogo li avete letti. David Vincenzetti è il fondatore dell’azienda milanese. L’Hacking Team è nato nel 2003. Stando a Wikipedia è una vera centrale di polizia privata italiana al servizio degli Stati Uniti, avendo contatti, non solo con CIA ed FBI, ma pure con il presidente degli Stati Uniti. Alcuni legami tra Hacking Team e “governi scarsamente rispettosi dei diritti umani” hanno fatto discutere non poco. Quindi le parole che si scambiano in privato questi signori hanno rilevanza pubblica, se siamo così fortunati da poterle conoscere.
Gli orari della conversazione sono il frutto di una mia interpretazione delle intercettazioni di Wikileaks. Mi sembra di capire che Assange abbia usato un sistema che registrava le conversazioni con due ore di anticipo rispetto all’Italia, quindi l’orario di riferimento per l’invio delle varie e-mail dell’Hacking Team dovrebbe trovarsi sempre all’interno dei messaggi.
Alla fine ha prevalso la pena del contrappasso: chi di spionaggio ferisce di spionaggio perisce. L’Hacking Team è tra le più illustri vittime di Julian Assange, e dunque queste conversazioni degli “intercettatori” delle vite degli altri sono oggi leggibili sul sito di Wikileaks. Bisogna soltanto cercare e poi ancora cercare.
Ma la questione, entrando nel merito dei contenuti delle conversazioni rubate da Assange, diventa complessa. Gli elementi per giudicare sono ancora troppo pochi, ma se gli esperti dell’antiterrorismo scrivevano queste frasi, con questo tono tra l’ironico e il diffidente, significa che della lotta al terrorismo sappiamo solo notizie superficiali.
In un’altra e-mail dell’8 maggio 2011, alle ore 12:51, David Vincenzetti scriveva: “Articolo interessante. Si sospetta un coinvolgimento totale tra Bin Laden e il Generale Pasha e il Generale Kayani, chiefs of Pakistan's intelligence and military (nella seconda foto sotto).” Noi italiani siamo abituati a un Bin Laden protetto dai talebani, non certo dai pakistani, che sono molto vicini agli americani. Ma questo lo avevamo già scritto commentando le relazioni della CIA degli anni precedenti all’attacco al World Trade Center.
Il 4 maggio 2011, alle ore 11:23, Vincenzetti aveva anche fornito la sua spiegazione politica e il programma d’affari per l’immediato futuro: “Il Pakistan è un paese diviso, fortemente religioso, rivale dell'India ma alletato degli US per la guerra in Afganistan. Dagli US riceve ogni anno >$4bn per aiuti civili e armamenti. Potrebbe essere un cliente eccezionale. Mostapha, mi fai un aggiornamento sul nostro partner tedesco, please? David”. Ricevette questa risposta, il 5 maggio 2011 alle ore 09:09. “Ciao David, Abbiamo parlato con il nostro partner tedesco, ci penserà lui di andare in Pakistan per le demo e gli incontri con i clienti. Anche da parte di Miran (Javed, il pakistano) è tutto ok. Si tratta solo di capire come fare l’agreement con tutti e i due. Comunque domani devo sentire Javed. GrazieCiaoMus -- Mostapha Maanna Key Account Manager”
In questo giro d’affari e di e-mail dell’Hacking Team di Milano intercettati da Assange c’è anche Almaviva Spa, la ditta divenuta famosa per i call center in perenne crisi occupazionale, ma, parallelamente, anche per il commercio di radar militari degli israeliani. In una e-mail inviata da Fabio Nebiolo, della TSF - Tele Sistemi Ferroviari, “Società soggetta all'attività di Direzione e Coordinamento di AlmavivA S.p.A”, a Gianluca Vadruccio dell’Hacking Team si parlava di progetti informatici.
Martedì 10 febbraio 2009 18.40. “Ciao Gianluca, in merito alla ri-esecuzione di alcuni test ti invio l'aggiornamento del documento che dettaglia la configurazione e l'hardening della "nuova" postazione operativa PIC. Ti prego di analizzarne il contenuto e di farmi avere quanto prima l'esito relativo al/ai test che dovremmo ri-eseguire. Nella telefonata odierna abbiamo sorvolato sul tema dell'Executive Summary ma aspetto fiducioso che sia ultimato a brevissimo nel doc dei Risultati. Grazie, Fabio Nebiolo.”
Sono comunicazioni tecniche di scarso rilievo, se non mettessero in relazione queste due aziende, una delle quali, l’Hacking Team, coinvolta ultimamente anche nella torbida storia della morte del giornalista Khashoggi.

sabato 13 aprile 2019

La pioggia di Stato della Montedison


Se piove d’ora in poi ringraziate il governo, potrebbe essere una sua idea. Molti utenti degli Emirati Arabi stanno scrivendo queste frasi nei loro cinguettii su Twitter, perché la monarchia ha annunciato sui giornali un imponente programma di piogge artificiali. Secondo quanto scrive Wikipedia il progetto partì nel luglio 2010 con un finanziamento di 11 milioni di dollari, e nel corso di questi anni avrebbe centrato il suo obiettivo di far piovere nel deserto, dove di norma questo fenomeno è molto raro.
Ma il cosiddetto cloud seeding, che vuol dire “semina delle nuvole”, non l’hanno inventato gli arabi, tutt’altro. Se ne parlava fin dal 1979 sui giornali italiani. Per almeno vent’anni anche il nostro paese ha condotto una lunga sperimentazione sul clima. Inizialmente sembrava portare dei buoni risultati, poi nel 2005 venne improvvisamente interrotta, almeno ufficialmente. Furono scritti molti articoli sull’argomento, specialmente in fase di lancio del progetto, basterebbe cercare su Google “Progetto pioggia”, per farsene un’idea. Di fatto negli anni ‘80 nasceva in Italia la pioggia di Stato, un’idea che il Ministero dell’Agricoltura aveva deciso di cofinanziare. A metterla in pratica, infatti, indovinate un po’ chi c’era? Una vecchia conoscenza della nostra cronaca giudiziaria, la Montedison. Nel 1979 venne costituita la Tecnagro, un’associazione no profit controllata dalla Montedison insieme ad altre aziende, tra cui la Fiat. Scopo dell’operazione era migliorare la tecnica e la professionalità nell’agricoltura italiana. E quale modo più innovativo per modernizzare l’agricoltura se non quello di far piovere dove l’acqua per irrigare i campi scarseggia? La Stampa titolò così: “Piano con Israele per irrigare il sud”.
Il know how venne messo a disposizione dagli israeliani e dagli americani, che in piena guerra fredda contendevano all’URSS niente di meno che il controllo del clima. Una relazione della CIA di qualche anno prima, nel 1976, riferiva già di stazioni per la modifica del clima installate in una regione montuosa della Cina, il Liu-Pan-Shan, da cui venivano lanciate sostanze chimiche sui banchi di nuvole. A volte per far piovere di più, altre volte per impedire le piogge. Come alle Olimpiadi di Pechino del 2008, allorché il governo comunista cinese si vantò di aver predisposto un sistema che avrebbe evitato che cadesse pioggia durante l’inaugurazione dei giochi.
E’ chiaro che questi Stati che programmano le condizioni atmosferiche non si stanno preoccupando troppo per i cosiddetti “cambiamenti climatici”, quelli provocati come ben sappiamo dalla CO2, che, prodotta dalla combustione dei carburanti, starebbe surriscaldando il clima del pianeta. A volte sembra, leggendo gli articoli esteri, che il cloud seeding sia proprio considerato dai politici un rimedio al riscaldamento del clima. Ma a questo punto dobbiamo ritornare alla Montedison, perché su quella sperimentazione della sua no profit, la Tecnagro, esiste un interessante documento parlamentare del primo ottobre 1991, lo stesso periodo in cui si realizzava la maxitangente Enimont scoperta dal pm Antonio Di Pietro. In un’indagine conoscitiva della nona commissione permanente sulle risorse idriche in agricoltura, il professor Bartolelli commentava l’esito della sperimentazione della Tecnagro fornendo questi numeri: “Il primo anno, nella regione Puglia, siamo riusciti ad ottenere degli incrementi di precipitazione nell’area bersaglio che andavano da un massimo nella zona centrale di oltre il 102 per cento in più rispetto alla media cinquantennale delle piogge nell’area, a valori che rispetto alla parte centrale gradualmente diminuivano”.
Il cloud seeding descritto in questo documento non è affatto diverso dalla costosa procedura messa in atto in questi giorni negli Emirati Arabi. Da terra vengono monitorate le nuvole attraverso dei radar. Si analizza il cielo soprattutto o soltanto sotto il profilo chimico. Non ho mai sentito parlare di alta o bassa pressione, che sono concetti alla base della meteorologia, la scienza che studia, appunto, il tempo atmosferico. Quando le nuvole in arrivo sono adatte alla semina artificiale, stando alle parole del professor Bartolelli, viene fatto partire un aereo bimotore, il quale getta sulle nuvole una sostanza chimica: lo ioduro d’argento. Poi si aspetta, e si spera. “Perché il fatto stesso di aver effettuato un intervento al quale segue la pioggia non significa affatto che l’intervento in sé ha avuto effetto”, specificava il professore alla commissione parlamentare. Il meccanismo non è automatico. Non si sa se sarebbe piovuto lo stesso. In più, basta una folata di vento e la pioggia va a cadere da tutt’altra parte. Questo il professor Bartolelli non lo diceva ma emerge dagli articoli successivi, da libri, nei quali si narrava che in Sardegna negli anni ‘70, durante una sperimentazione condotta dal complesso petrolchimico della SIR, si sospettò che la semina, anziché produrre pioggia nei punti “bersaglio”, aveva provocato un nubifragio su una cittadina vicina.
Eppure i dati del 1991 sembravano incoraggianti. Erano stati condotti studi che erano durati qualche anno, per confrontare la quantità di pioggia caduta su aree sottoposte alla sperimentazione con quella di altre aree dove non si era intervenuti. Era l’unico modo per capire se la “semina” aveva di fatto cambiato il clima, che nel sud Italia in quegli anni faceva registrare una siccità preoccupante. Era stata quindi registrata “una media del 30 per cento in più di precipitazioni nell'area bersaglio rispetto alle medie degli anni precedenti.” Gli stessi dati di cui vanno fiere in questo periodo le autorità degli Emirati Arabi.
Sarà vero? Oppure il progetto pioggia fu solo un’altra furbata per racimolare qualche finanziamento pubblico, a cui i dirigenti della Montedison e della Sir erano ormai abbonati? Purtroppo l’unica cosa certa, leggendo anche i commenti su Twitter, è che quando piove ad aumentare sono soprattutto i dubbi. Sarà pioggia artificiale o naturale? Saranno i cambiamenti climatici, oppure le sperimentazioni? E poi i sospetti: che l’ultimo allagamento, magari con qualche incidente, si poteva evitare.