domenica 16 giugno 2019

Quel patto scellerato con il maresciallo Tito


Si fa strada nella nostra inchiesta l’ipotesi che la base militare del Monte Conero fosse il frutto di un accordo tra l'Italia del centro-sinistra, DC-PSI, e il maresciallo Tito, leader comunista dell’ex Jugoslavia. Un’ipotesi pazzesca, ma neanche tanto, se facciamo bene i conti.
Gli articoli di giornale degli anni ‘60 e ‘70 si soffermarono a lungo sull’importanza di un accordo diplomatico con Belgrado. Lo sbocco principale fu il discusso Trattato di Osimo del 1975, con il quale l’Italia rinunciava ufficialmente alla sovranità sui territori dalmati e istriani. Veniva addirittura progettata, in quella sede, la costruzione di una zona industriale libera italo-jugoslava. Avrebbe dovuto nascere sul Carso, ma secondo quanto precisa Wikipedia non vide mai la luce. 
Svariati elementi in comune sussistono dunque anche tra la base del Conero e i bunker di Tito. Perché qualcuno non lo saprà, ma esistevano delle basi segrete pure nell’ex Jugoslavia comunista, e il bello è che non avevano nulla a che vedere con il Patto di Varsavia, ossia con il sodalizio militare capeggiato da Mosca. Il maresciallo Tito si era allontanato dai sovietici fin dal 1948.
La prima cosa che risalta è che l'architettura dei tunnel, nella parte bassa del monte Conero, ricorda alcune precise strutture militari di Tito: quelle costruite nell’arcipelago di isole di fronte a Zara. Alcune caratteristiche sono inconfondibili: pozzi di discesa profondissimi, volta a botte delle gallerie in chiave antiatomica, dimensioni molto ridotte. Inoltre, il tetto spiovente del tunnel che si vede a un certo punto nel video di Montesi e degli Italian Ghost fu una caratteristica del bunker personale di Tito, costruito con fondi anche americani in Bosnia. Ben diverso il discorso per la zona alta, dove l’ingresso della struttura sotterranea conduce a una rotaia costellata di lapidi bianche: esiste in questo caso il solo esempio simile di Montevergine, che fu una base di Gladio con tanti militari americani.
C’è poi quella specie di abside con la scaletta che si vede nel video censurato intorno al minuto 27, quando i tre videoamatori arrivano nel bunker sotterraneo, che probabilmente fu scavato al livello del mare. Ebbene, è comune ai bunker per sommergibili delle isole croate. Il nome stesso di “bunker”, che nel monte Conero venne scritto in rosso, forse con uno spray, era tipico delle costruzioni segrete di Tito, che amava mimetizzarle in splendidi e insospettabili paradisi naturali. Guarda un po’, la Riviera del Conero è sempre stata anche questo.
Un altro elemento che mi ha colpito è il fatto che gli operai che lavoravano per Tito nei bunker venivano tenuti all'oscuro del progetto. Nella sua testimonianza sulla costruzione del monte Conero, Americo Zoia a Italia 1 disse più o meno la stessa cosa. In realtà, da decenni chi lavora sui segreti militari della NATO deve chiedere un’autorizzazione ai carabinieri che si chiama NOS.
Altra caratteristica interessante è la paranoia antiatomica, la fobia di una guerra nucleare contro il proprio paese. Era una mania di Tito, ragione principale per la quale furono costruiti i suoi numerosi bunker. A quanto pare questa paranoia ha riguardato anche alcune basi italiane, tra cui il Conero. Infine, non bisogna trascurare il fatto che dalla cima del Conero è visibile a occhio nudo il gulag di Dugi Otok (Isola Lunga), dove morirono tanti dissidenti anche italiani. Era un buon motivo per la NATO per costruire una base e monitorare i movimenti del maresciallo Tito? Certo, ma bisognava anche conoscere perfettamente questi segreti, che al contrario stanno venendo svelati solo di recente dai giornalisti croati.
Dunque cosa concludere? Che l’identikit di questa base del Monte Conero non assomiglia a niente di convenzionale: abbiamo tra le mani un ibrido NATO-Jugoslavo la cui storia è ancora tutta da scrivere. 

Il bunker per sottomarini dell'isola croata di Vis
 

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