giovedì 5 agosto 2021

Docce decontaminanti nel monte Conero?

La nostra ipotesi sul tunnel di Montesi

Molti anconetani ci ringraziano per aver pubblicato una spiegazione scientifica dei tunnel del Monte Conero. C’è tuttavia un punto, nella relazione dell’ingegnere che ci ha contattato, su cui siamo scettici (lui stesso lo è): lo scopo delle docce. L’autore dell’ottima relazione dimentica, o sottovaluta, lo scolo dell'acqua che si vede nel video di Montesi, che ricorda le normali docce che ci sono nelle abitazioni civili. Del resto le scritte con lo spray all’interno delle gallerie sono molto chiare. Perché cercare spiegazioni complicate quando la parola e le immagini parlano da sole? Abbiamo quindi cercato documenti sulla decontaminazione dalle armi nucleari, trovando finalmente immagini che si avvicinano molto a quello che abbiamo in mente.

Le cose potrebbero essere andate più o meno così. Nel 1953 la guerra fredda entrò nel vivo. USA e URSS cominciarono la corsa al riarmo. La rivalità nello studio dell’energia nucleare spingeva le due superpotenze a finanziare, a volte anche rubandoli con lo spionaggio, progetti sempre più arditi per minacciare il nemico. Si arrivò nel 1962 alla crisi di Cuba, la minaccia missilistica stava per diventare realtà. Ma all’improvviso ecco la distensione. Le rampe con gli Jupiter pronti al decollo venivano ritirate e tra queste anche quelle del Conero (dando per buona la relazione della spia cecoslovacca Matricardi). Dunque, l'abbandono di quel progetto architettonico in cima al monte di Ancona, a nostro parere, va posticipato dal 1956 al 1962.

A supporto della nostra teoria ci sono dei video dell’epoca i quali mostrano proprio nel 1953 una procedura per la decontaminazione del personale statunitense nella guerra batteriologica. E’ molto probabile che tutta quella struttura di comando ben descritta dall’ingegnere, con la sala macchine, la centrale di controllo, eccetera, servissero soltanto a gestire la decontaminazione degli operai. 

Proviamo a immaginarceli. Salivano faticosamente per i viottoli del Conero, appesantiti dagli scafandri bianchi e dalle mascherine. Eccoli arrivare fino al belvedere nord, entrare di soppiatto dentro ai tunnel, deviare all’interno delle docce e posizionarsi a gruppi di due o tre nel mezzo della sala. Dai bocchettoni, posizionati ad altezza d’uomo, la centrale di controllo faceva partire un potente getto chimico orizzontale, che avvolgeva in pochi secondi i militari in una nuvola di fumo vaporoso, mentre i residui liquidi scorrevano nelle canalette di scolo. Probabilmente si entrava ed usciva dalla base della vetta seguendo questa scrupolosa procedura. O si sarebbe dovuto. Poi le cose presero una piega diversa. 

Un altro indizio in tal senso è la parola ricorrente spesso nelle insegne presenti all’interno dei tunnel di Montesi, scritte sempre prodotte con lo spray rosso. La parola è "gas". Sembra di cogliere in una scritta presente nella sala di controllo anche una frase in un linguaggio serbo-croato maccheronico: “Micio mogu gas”, che Google ci traduce con “Spostato può gas” o “Spostare può gas” (la dicitura corretta sarebbe "mičio mogu" che viene tradotto sia da Google sia da Bing con "Può essere spostato" a cui viene aggiunta impropriamente la parola "gas"). Era da lì che si apriva il getto decontaminante delle docce?

Sicuramente una nuova centrale di spionaggio nel Conero non sarebbe stata indispensabile. Come avevamo scritto nel libro Armi di Stato (che state apprezzando in parecchi) nel 1943 esisteva già nel Conero una centrale di intercettazioni di comunicazioni radio jugoslave, perché farne una nuova?

Proveremo ad approfondire con qualche esperto, pur consapevoli che ai militari in servizio o in congedo difficilmente potremo scucire qualche ammissione.



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