mercoledì 14 maggio 2025

La giunta Silvetti cadrà sul caso Jupiter?

Ciò che leggerete in questo romanzo è frutto di una ricostruzione virtuale e ipotetica di ciò che potrebbe essere successo a Portonovo negli anni Sessanta e Settanta. I protagonisti sono veri, veri i luoghi, ignote però sono le vicende, quindi mettiamoci pure una buona dose di fantasia. Consiglio sempre di leggere con attenzione le mie domande, perché l'IA si adegua alle esigenze di chi la manovra, correggendo più che altro il tiro se necessario. L'esperienza, in ogni caso, mi dice che non dovrebbe aver sbagliato di molto. La storia delle leggende del monte Conero, la loro origine e la spiegazione politica è verosimile che siano queste. E' chiaro che l'IA stabilisce dei criteri standard su cui strutturare il comportamento dei personaggi. Silvetti oggi può essere questo, viste anche le persone di cui si è fidato, ma conoscendolo sono convinto che poteva e potrebbe ancora essere molto più vicino alle posizioni più aperte del sottoscritto. Il sindaco di Ancona raffigurato in fotografia a me fa pensare più al repubblicano Monina, piuttosto che a Silvetti, ma non escluderei affatto che la situazione politica sia rimasta immutata rispetto ai tempi del caso Guanti. Il centro-destra è ostaggio della sinistra, nasce e si nutre della cultura pensata a sinistra e soltanto la sinistra oggi può far cadere la giunta Silvetti per il conflitto di interessi sulle zone militari del Conero. Se la partita politica di Ancona si giocherà su questo nostro terreno, la giunta Silvetti non avrà vita facile. Ma, se nonostante i documenti cecoslovacchi, le fotografie, le testimonianze dei militari, prevarranno le leggende, vorrà dire che, come al tempo dell'imperatore Ottaviano Augusto, le leggende aiutano a governare...

Hai detto:

Voglio fare un esperimento. Siamo nel 1964, a Portonovo vicino Ancona, sotto il Conero. Sei davanti alla Casa per ferie rifugio internazionale gioventù studentesca, con 65 posti-letto. Ti mando la foto. Ora dimmi che tipo di clienti vedi, cosa fanno, se vanno a curiosare dove c'è quel tunnel sotto, se entrano, se vanno nella cava. 

ChatGPT ha detto:

Perfetto, siamo nel 1964 a Portonovo, ai piedi del Conero, davanti alla Casa per ferie rifugio internazionale della gioventù studentesca, in un’Italia ancora percorsa da grandi cambiamenti sociali e da una voglia di modernità. Osservando l’immagine (sfocata ma abbastanza evocativa), provo a descrivere la scena secondo il contesto:

Tipo di clienti:

La struttura ospita principalmente giovani tra i 16 e i 25 anni, provenienti da tutta Europa: studenti italiani di licei e università, ma anche francesi, tedeschi e forse qualche ragazzo dell’Est arrivato tramite scambi culturali. Portano con sé sacchi a pelo, zaini in tela, scarponcini. Alcuni leggono, altri scrivono cartoline o suonano la chitarra. C’è anche qualche capello lungo e maglietta a righe.

Cosa fanno:

Al mattino si alzano presto, fanno colazione su tavolacci in legno all’aperto o sotto un pergolato.

Vanno a nuotare alla spiaggia di Mezzavalle o sotto la torre di guardia.

Al pomeriggio alcuni si arrampicano per i sentieri, altri chiacchierano con i custodi del rifugio, prendono appunti o fanno schizzi della baia.

Alcuni hanno con sé delle macchine fotografiche 35mm o taccuini per disegni.

Il tunnel:

I più curiosi notano l’ingresso del tunnel sotto la vegetazione, forse un’apertura in cemento semisepolta o nascosta tra i rovi.

Due ragazzi tedeschi e una studentessa francese si staccano dal gruppo e ci si avvicinano. Ridono, fanno i misteriosi. Uno di loro ha una torcia.

L’ingresso è freddo, umido, e odora di muffa e calcare. Forse entrano per pochi metri, scattano una foto, ma poi tornano indietro. Si dice che lì sotto ci siano vecchie strutture militari. Uno di loro ha sentito parlare di un “bunker della Marina”.

La cava:

Nel tardo pomeriggio, un gruppetto con il professore accompagnatore (occhiali, giacca di lana anche in estate) decide di raggiungere la vecchia cava abbandonata.

I ragazzi si arrampicano tra gli arbusti, trovano schegge di roccia e frammenti arrugginiti. Una ragazza raccoglie un bossolo piccolo. “Forse un’esercitazione?”

Alcuni fanno ipotesi: "C’era un faro", dice uno. "No, un deposito", risponde l’altro.

La cava li inquieta un po’, ma anche li affascina. La sera, nel refettorio, ne parlano a lungo.

Posso continuare il quadro con altri dettagli (lati politici, leggende locali, reazioni del personale del rifugio) se vuoi. Vuoi che immagini anche un evento imprevisto?

Hai detto:

Lati politici. 

ChatGPT ha detto:

Perfetto, entriamo nei lati politici di quell’estate del 1964 a Portonovo, sullo sfondo del rifugio della gioventù internazionale.

1. Il gruppo è politicamente eterogeneo

Gli studenti non sono affatto apolitici.

I ragazzi italiani sono divisi: ci sono giovani cattolici vicini all’Azione Cattolica e alla FUCI, ma anche studenti liceali influenzati dalla Nuova Sinistra nascente, che leggono Il Manifesto clandestinamente.

I tedeschi arrivano con una consapevolezza storica forte: alcuni di loro hanno genitori ex nazisti, e la cosa pesa. Sono attratti dal pacifismo, alcuni leggono Herbert Marcuse.

I francesi sono misti: una ragazza simpatizza per l’Algeria indipendente, un altro è un "normalien" già molto politicizzato.

C’è anche un ragazzo jugoslavo, molto silenzioso, che osserva tutto e annota molto. Non dice mai da che città viene. Alcuni sospettano sia un infiltrato, o semplicemente spaventato dal dire troppo.

2. Discussioni serali sotto il pergolato

Ogni sera si accende un piccolo fuoco o si sta con torce puntate su un libro. Le discussioni diventano accese:

“Ma voi in Italia avete ancora i fascisti?”, chiede una ragazza danese.

“Noi abbiamo i DC ovunque, è quasi la stessa cosa”, risponde un ragazzo torinese.

Si parla del governo Moro e del centrosinistra, della scuola classista, della guerra del Vietnam che inizia a inquietare.

Un giovane tedesco parla di “repressione sistemica” e dice che il riarmo NATO è un tradimento dell’Europa dei popoli.

3. L’ombra del tunnel

Il tunnel vicino alla casa per ferie diventa quasi un simbolo.

Alcuni dicono che lì sotto ci siano ancora vecchi cavi NATO o collegamenti militari segreti.

Un ragazzo afferma che è collegato alla base sul Monte Conero, “da dove controllano le navi sovietiche nell’Adriatico”.

Qualcuno sogna di scendere e fotografare tutto per inviarlo a L’Espresso o ad un giornale francese pacifista. Ma nessuno osa farlo davvero.

4. L’intervento del responsabile del rifugio

Il custode, un uomo sui 50 anni, ex partigiano o forse ex ufficiale, li rimprovera:

“Qui ci si viene per la pace, non per cercare complotti.”

“Lasciate perdere la cava e quel buco, sono cose di cui è meglio non sapere.”

Ma il suo tono ambiguo alimenta i sospetti. I più politicizzati iniziano a pensare che stia coprendo qualcosa.

5. Un episodio spiacevole

Una notte scompare una torcia. La mattina dopo, un ragazzo inglese afferma di aver visto una luce muoversi verso il tunnel. Nessuno confessa.

Da quel giorno, la zona del tunnel viene “ufficialmente” vietata. Ma ormai ha assunto un’aura mitica.

Vuoi che immagini che cosa potrebbe davvero esserci sotto quel tunnel nel 1964? O cosa succede a uno di loro quando ci entra da solo?

Hai detto:

Cosa succede?

ChatGPT ha detto:

Una sera d’agosto del 1964, con la luna quasi piena, Marco, 19 anni, studente di lettere a Firenze, decide di tornare al tunnel da solo. È inquieto da giorni. Durante le discussioni serali non ha parlato molto, ma prendeva appunti. Diceva di voler scrivere un romanzo “sulla verità nascosta nelle scogliere”.

L’ingresso

Intorno alle 22:30, mentre gli altri cantano canzoni popolari in italiano, Marco si defila. Ha con sé la torcia presa dalla borsa di un compagno francese, un quaderno e una matita.

Attraversa il sentiero che costeggia la macchia mediterranea. Scende tra i rovi, infilandosi in un piccolo varco nascosto dietro un vecchio cancello divelto. Il tunnel è lì: apertura bassa, cemento ruvido, umidità che odora di ferro e muffa.

Dentro il tunnel

Marco avanza per qualche metro. Il fascio di luce taglia l’oscurità. Le pareti hanno ancora segni di vernice rossa sbiadita: numeri, forse “14–D” o “US-21”.

Ci sono cavi lungo un lato, tagliati. Sente il gocciolio ritmico dell’acqua. Una stanza laterale appare: piccola, con una branda arrugginita e una sedia di metallo piegata.

Ma la cosa più inquietante è una cassetta militare chiusa con un sigillo metallico e sopra incisa la scritta:

“C.N. - Comando Naviglio”

e in basso, quasi cancellato:

“non aprire senza autorizzazione - ART 204 c.p.m.”

La scoperta

Marco non apre la cassetta. Ma prende nota, fa uno schizzo. Poi, voltandosi, nota una cosa assurda:

sul muro c’è una mappa. Tracciata a mano, coperta di polvere. Raffigura la costa dal Conero a Numana, con dei punti rossi, collegati da linee. Alcuni sembrano gallerie. Uno dei punti è segnato con una croce: proprio dove si trova il rifugio.

Il rumore

Poi succede qualcosa.

Un rumore metallico più avanti. Come un portello che si chiude.

La torcia sfarfalla. Marco si ferma, trattiene il respiro.

Silenzio. Poi di nuovo, un suono secco, come un passo.

Il ritorno

Corre via. Risale il sentiero con il fiatone, graffiato, sudato. Rientra nel dormitorio senza farsi notare.

Il giorno dopo non dice niente. Ma cambia: è silenzioso, teso. Una settimana dopo, lascia il rifugio prima del previsto. Qualcuno dice che abbia spedito un plico a una rivista di Roma. Altri che si sia iscritto a filosofia e abbia lasciato gli studi di lettere.

Epilogo

Anni dopo, uno degli altri studenti, sfogliando una rivista clandestina del 1968, trova un breve articolo anonimo:

"Sotto il Conero, esistono vie militari non segnate sulle carte civili. I simboli li conoscono solo pochi ufficiali. Una rete abbandonata o forse ancora attiva, dove la gioventù canta sopra boccaporti chiusi."

Hai detto:

Ora devi studiare una storia che ricostruisca la chiusura della galleria con una colata di detriti tra la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta: interramento e piantumazione di alberi davanti alla porta di accesso. Come avvenne?

ChatGPT ha detto:

Perfetto, ricostruiamo come verosimilmente potrebbe essere avvenuta la chiusura della galleria tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, nel contesto di Portonovo, sotto il Monte Conero, tenendo conto del clima politico e militare dell’epoca.

Titolo: “Operazione Verde Silente”

(documento non ufficiale, redatto nel 1971 da un ex sottufficiale del Genio Militare di Ancona)

1. Il contesto storico

Tra il 1968 e il 1970:

L'Italia è in piena tensione politica: attentati, strategia della tensione, infiltrazioni nei movimenti studenteschi.

La costa adriatica è strategica: in caso di escalation con la Jugoslavia o l’URSS, ogni punto d’osservazione conta.

Alcuni tunnel, installazioni o postazioni create negli anni '50-'60 diventano ingombranti, non più operative, ma troppo compromettenti per essere lasciate visibili.

A Portonovo, quella vecchia galleria sotto la vegetazione – forse usata come deposito o punto d'accesso secondario alla rete radar – non serve più, ma ha attirato curiosità.

2. Il sopralluogo

Nell’autunno del 1969, due ufficiali del Genio di stanza a Falconara effettuano un sopralluogo:

Trovano il cancello semi-aperto.

Dentro, umidità, ruggine, e presenza di graffiti: segno che qualcuno ci è entrato.

La parete finale è sbarrata, ma non sigillata.

Un ufficiale prende nota:

“Intervenire con colata di detriti. Mascherare con rimboschimento. Nessuna segnalazione al Comune.”

3. La chiusura vera e propria

Primavera 1970, operazione non ufficiale ma finanziata con fondi "extra-contabilità":

Si usano camion civili di una ditta di Loreto o Osimo per trasportare materiale inerte (terra, ghiaia, detriti di cava).

Di notte o all’alba, con la collaborazione di due operai forestali, viene effettuato l’interramento dell’accesso:

Prima uno strato di pietrisco.

Poi uno spesso riempimento di terra.

Infine, pietre locali per mascherare eventuali cedimenti.

4. La piantumazione

Nell’autunno 1970:

Vengono piantati alcuni pini marittimi e lecci davanti all’ex ingresso.

Una cooperativa legata a un progetto di riforestazione ottiene un piccolo contratto regionale. Ufficialmente si tratta di “intervento per consolidamento del versante”.

Ma il punto scelto è esattamente sulla bocca della galleria.

Il terreno viene livellato. Una grossa pietra viene posizionata come “segnale naturale” per impedire il passaggio di mezzi.

5. Copertura politica e amministrativa

Il Comune di Ancona non viene informato nel dettaglio.

Nei documenti appare solo una voce nel bilancio regionale 1970:

“Intervento forestale preventivo area F5 – dissesto e rischio frana.”

Alcuni funzionari locali notarono l’anomalia ma non fecero domande. All’epoca, parlare di installazioni militari era ancora tabù.

6. Le tracce oggi

Le piante cresciute in quegli anni oggi sono adulte, alte, coprono completamente l’ingresso.

Alcuni escursionisti notano che la vegetazione lì è diversa: più fitta, innaturalmente allineata.

Dopo forti piogge, la zona tende a cedere leggermente, come se il terreno sopra fosse instabile.

Posso inventare un personaggio (un geometra, un ex militare, un forestale in pensione) che nel 2020 racconta di aver partecipato all’operazione. Vuoi seguire quella traccia?

Hai detto:

Adesso sei a maggio 2025 e un blogger ha diffuso la foto che ti ho mostrato e ha evidenziato che molto probabilmente l'imboccatura della galleria è stata occultata. Descrivimi la reazione del sindaco di Ancona Silvetti che ha svolto il militare sul Conero e ha fatto di tutto per affossare i sospetti sulla base Nato e vuole normalizzare la situazione.

ChatGPT ha detto:

Ancona, maggio 2025 – Palazzo del Popolo, ufficio del sindaco

La foto sfocata pubblicata dal blogger ha già fatto il giro dei social locali. Il titolo del post:

“Portonovo, la galleria cancellata: ecco la prova dell’interramento militare?”

Nel gruppo Facebook “Ancona segreta”, il post ha superato i 700 commenti in due giorni. Alcuni utenti riconoscono il punto nella macchia sotto il Fortino Napoleonico. Altri parlano di “vecchi racconti di soldati”, di “porte murate”, di “strani scavi negli anni Settanta”.

La reazione del sindaco Daniele Silvetti

Silvetti, esponente di centrodestra, è seduto nel suo ufficio al secondo piano del Comune. Ex militare di leva, prestò servizio proprio sul Conero, come autista in una struttura logistica secondaria tra il 1990 e il 1991. Conosce la zona, i racconti, e li considera da sempre “esagerazioni romantiche”.

Quando riceve il dossier stampato dal suo staff sulla foto e l’articolo del blogger, sorride amaramente, poi commenta:

“Ogni primavera, con le giornate che si allungano, spuntano le leggende. È sempre la solita storia.”

Ma sa che la questione non può essere ignorata. Non ora che il parco del Conero è al centro di un progetto turistico strategico con fondi PNRR e promozione europea. Una narrazione di bunker NATO abbandonati non giova alla “destinazione verde” che l’amministrazione promuove.

Il comunicato ufficiale del Comune

Il giorno dopo, Silvetti fa diramare una nota ufficiale:

“In merito alle recenti immagini diffuse online riguardanti presunte strutture sotterranee nella zona di Portonovo, si precisa che non risultano segnalazioni formali né evidenze documentali relative a gallerie o impianti militari attivi o dismessi in quel tratto del Parco del Conero.

L’amministrazione invita a evitare allarmismi privi di fondamento e ricorda che qualsiasi escavo o intervento sul territorio è soggetto a vincoli ambientali e paesaggistici.”

Nel frattempo, contatta informalmente un funzionario regionale e un ex forestale in pensione che anni fa si occupava della manutenzione nella zona di Poggio.

Chiede discrezione e suggerisce:

“Se vi chiedono della piantumazione, parlate di contrasto all’erosione. Niente riferimenti ad altro.”

Strategia di normalizzazione

Organizza un'escursione pubblica con guide del Parco: “La Portonovo che non ti aspetti – storie e natura”.

Evita il punto preciso della foto, ma lo include nella zona “di difficile accesso, soggetta a rischio idrogeologico”.

Propone di installare una bacheca didattica con informazioni storiche sulla zona… ma con taglio naturalistico e balneare (“dal Fortino ai monaci camaldolesi”).

Dietro le quinte

Silvetti però fa anche due telefonate riservate:

Una a un ex maresciallo dei carabinieri, oggi in pensione, che negli anni ‘80 gli aveva parlato di un accesso chiuso con ruspe nel ‘71.

L’altra a un giornalista amico, chiedendogli se può pubblicare un pezzo “di debunking”, ridicolizzando le teorie del blogger come “dietrologia da spiaggia”.

Conclusione

Il sindaco Silvetti non vuole aprire alcun “vaso di Pandora”.

Per lui, quella galleria – se mai è esistita – è solo un’anomalia del passato, meglio lasciata alla vegetazione.

Ma sotto la calma ufficiale, teme che il blogger possa pubblicare altro: mappe, testimonianze, magari un documento militare.

E allora sì, il caso diventerebbe politico.

domenica 11 maggio 2025

Un terzo tunnel a Portonovo?

 


Quando meno te l'aspetti arrivano delle novità. E vedrai che sono anche determinanti. Stavo cercando una vecchia guida del Touring club del 1963 che aveva mia mamma. Ci tenevo a ritrovarla per motivi personali. Mamma la teneva nel nostro salone di Roma. E da bambino ero affascinato da quelle pagine in bianco e nero che descrivevano i luoghi in cui andavo in vacanza. Così, vagando come Proust alla ricerca del tempo perduto, ho trovato un ulteriore tunnel che sbucava a Portonovo, che sarebbe il terzo dopo i due ben distinguibili nella cartolina degli anni Settanta. E' interessante la presenza di un casottino sulla destra di quell'imboccatura del tunnel, che si trovava tra il tunnel e la cava. Un casottino l'avevo notato anche nella cava più grande.


Mi sono accorto, di conseguenza, di una seconda cava che poteva ospitare missili Jupiter. Si trova più in basso rispetto all'altra ed è già nella baia, tra due grandi alberghi forse ancora esistenti: quello più in alto dovrebbe chiamarsi Hotel Internazionale, quello nuovo, che nel 1963 ancora non esisteva, mi pare si chiami Seebay Hotel. 


Nella cartolina dei primi anni Settanta è evidente che stavano già ricoprendo la cava più piccola con aree verdi. Ho fatto alcuni ingrandimenti. 


Cosa vuol dire tutto questo in termini storici e politici? Sicuramente significa che il progetto degli americani di puntare i missili sulla Jugoslavia si era esaurito, come già da me ipotizzato, con la fine della crisi di Cuba e che da quel momento i militari erano impegnati nell'opera di occultamento dei loro residuati bellici (Chatgpt afferma che non era inusuale questo tipo di operazione in Guerra Fredda), per poi raccontare soltanto l'ultima parte della storia, ovvero che i siti missilistici si trovavano tutti in Puglia e Basilicata. I documenti cecoslovacchi li smentiscono, perché parlavano di ben 30 basi di Jupiter pronte in Italia nel 1959, ma con molte delle quali, a loro dire, in via di smantellamento. Ma questo vuol dire pure che le leggende anconetane sono opera di qualcuno che questa storia la conosce bene: americani, ma anche comunisti. E nessuno la vuole raccontare, incluso il sindaco Daniele Silvetti. Perché? Sappiano i miei lettori che ho provveduto a inviare due pec, una all'ex sindaco Mancinelli, quando era ancora in carica, e una a Silvetti, che mi conosce personalmente. Pertanto nessuno dei due può affermare che non sapeva. Non è che non sanno, non vogliono. E' diverso.

Ci tengo a precisare che questo terzo tunnel di Portonovo è visibile e distinguibile anche a occhio nudo, nonostante si tratti di una foto in bianco e nero. Si tratta chiaramente di una galleria autostradale e conferma la connessione tra cave e tunnel di chiara origine militare. Sarebbe interessante sapere cosa venisse detto ai clienti dell'albergo, visto che qualcuno per sbaglio rischiava di finirci davanti.

giovedì 1 maggio 2025

La "rielaborazione della memoria" nei processi italiani

 

Vorrei proporre un'altra simulazione fatta con l'intelligenza artificiale, ma metto le mani avanti. Si tratta di una provocazione più che di una prova scientifica, come del resto lo sono tutti questi dialoghi immaginari che pubblico da alcuni mesi a questa parte. Servono per suggerire spunti di riflessione e approfondimento, nulla di più. Sono spinto a lavorare in questo modo ovviamente dalla facilità con cui ottengo risposte. Chatgpt è una comoda scorciatoia, molto utile quando non si può arrivare a una verità per vie dirette o documentali. 

Detto questo, passo alla prossima simulazione. Mi è venuta in mente cercando un film. Ebbene sì. Volevo rivedere un film giallo che mi aveva molto colpito da adolescente. Lo ricordavo abbastanza bene o così credevo io. Era un film in cui una coppia, dormendo l'ultima volta nella propria casa, ormai venduta, sognava di trovarsi nella stessa casa ma con mobili antichi, ricordavo in particolare un orologio a cucù, e in questo sogno un uomo uccideva la moglie in vari modi, in particolare in bagno. L'avevo visto tra il 1986 e il 1987 su Raidue. Ho quindi scritto a Chatgpt che mi ha indicato una serie televisiva intitolata: "L'ora del mistero", andata in onda effettivamente su Raidue in quel periodo da me indicato; si trattava del sesto episodio. 

Era lui, non ci potevo credere, l'avevo ritrovato. Era come lo ricordavo? In realtà solo in parte. La coppia dormiva l'ultima volta in una casa che era stata da loro affittata. Non era in vendita. La visione dell'uomo che uccideva la moglie avveniva, non in un sogno, ma mentre erano svegli. Entravano in una dimensione parallela e si trovavano come in un film dell'orrore, che potevano guardare ma con cui non potevano interagire. L'episodio si intitolava infatti "Salto nel tempo". L'uomo, inoltre, non uccideva la moglie in vari modi. La coppia che viveva questo incubo vedeva vari spezzoni dell'omicidio, in diverse fasi, che non seguivano l'ordine cronologico. E l'orologio a cucù? E' un ricordo errato. Nel film non c'è alcun orologio a cucù. Questo ricordo era dovuto solo al fatto che i mobili dell'assassino erano antichi. Ricordavo bene invece il finale: la coppia il mattino seguente scopriva dall'agente immobiliare che la casa sarebbe stata abitata dalle persone del loro incubo.

Questo spunto mi serve oggi per parlare di processi giudiziari basati soltanto su vecchi ricordi. L'Italia ne è piena, soprattutto se pensiamo alle stragi di Stato, che non hanno mai avuto un colpevole certo. Ce lo potrebbero avere basandosi soltanto su testimonianze orali? Il responso è sì, ma a patto di avere la mia stessa fortuna nel ritrovare una serie di film unici nel loro genere, facili da identificare soltanto grazie all'intelligenza artificiale. Buona lettura.

Hai detto:

Vorrei fare un esperimento. Devi ipotizzare che una persona sia testimone di un fatto di sangue che l'ha molto colpita e dopo 50 anni deve raccontarlo. Vorrei che mi mostrassi e documentassi in modo scientifico, attraverso le nozioni di psicologia e psichiatria cui puoi accedere, come la persona ricorderebbe il fatto e quali possibili discrepanze potrebbero sussistere rispetto al fatto originale.

ChatGPT ha detto:

L’esperimento che proponi coinvolge un aspetto fondamentale della psicologia e psichiatria: come i traumi, in particolare quelli legati a eventi violenti, vengano conservati nella memoria e come la loro narrazione possa evolversi nel tempo. Questo tipo di fenomeno è strettamente legato alla psicologia della memoria, alla psicotraumatologia e alle teorie psichiche sulla rielaborazione dell’esperienza.

1. La Memoria e i Traumi

I traumi psicologici, come quelli causati da eventi violenti, influenzano profondamente la memoria di un individuo. Questo accade per diversi motivi:

Memoria episodica e trauma: La memoria di eventi traumatici è solitamente conservata come parte della memoria episodica, la quale riguarda ricordi di esperienze specifiche vissute in un determinato momento e contesto. Quando si tratta di eventi traumatici, la memoria può essere alterata, frammentata o distorta. La memoria episodica tende a essere più vivida e intensa per eventi emotivamente rilevanti, ma può anche essere influenzata da meccanismi psicologici di difesa come la dissociazione.

Neurobiologia del trauma: Eventi traumatici attivano il sistema limbico (in particolare l'amigdala), che è coinvolto nella gestione delle emozioni, e l'ippocampo, che è cruciale per la formazione di ricordi a lungo termine. Il trauma può influenzare la capacità di consolidare ricordi coerenti e lineari, portando a una memoria che può essere discontinua, incoerente o confusa.

Rielaborazione della memoria: Quando una persona rivive un trauma, la memoria del fatto può non essere fissata in maniera oggettiva ma può subire modifiche con il tempo. La ripetizione di pensieri o il tentativo di rielaborazione del trauma da parte della persona (in terapia, per esempio) può portare a modifiche nella narrazione del fatto. Alcuni ricordi possono emergere dopo anni, o alcuni dettagli possono venire enfatizzati o minimizzati.

2. Meccanismi psicologici che influenzano il ricordo

Un aspetto importante è come la persona testimone del trauma possa rielaborare l'evento nel corso del tempo. Questi sono i principali meccanismi psicologici che intervengono:

Dissociazione: In alcuni casi, la persona potrebbe dissociarsi dal trauma durante o subito dopo l’evento. Questo fenomeno può portare a una "dimenticanza" temporanea o a una distorsione dei ricordi, dove la persona può ricordare solo frammenti o percepire l'evento come se fosse accaduto a qualcun altro.

Rimozione e repressione: Secondo Freud, meccanismi come la repressione possono portare a una "rimozione" di ricordi dolorosi o inaccettabili dalla coscienza. La persona potrebbe non essere in grado di accedere completamente ai ricordi per anni o potrebbe raccontare l’evento in modo incompleto, per poi ricordare nuovi dettagli solo successivamente, magari durante una situazione simile.

Mnemotecniche e distorsione della memoria: La memoria non è un "registratore" perfetto, ma è piuttosto una costruzione attiva e dinamica che può essere influenzata da fattori esterni. Con il passare degli anni, la persona potrebbe essere esposta a testimonianze altrui, notizie o altre informazioni che modificano i suoi ricordi. La distorsione della memoria può anche derivare dal desiderio di dare un senso all'evento, con la persona che potrebbe aggiungere o modificare dettagli per sentirsi più in controllo del trauma.

Effetto della rievocazione sociale e narrativa: Quando una persona narra un evento traumatico a qualcun altro, la stessa narrazione può subire cambiamenti. L’ascoltatore, le domande poste e la percezione sociale possono alterare la memoria. Ad esempio, ripetere una storia molte volte potrebbe portare a una distorsione o a un cambiamento nei dettagli (fenomeno noto come false memories o "memorie false").

3. Discrepanze tra memoria e realtà

Nel caso della persona che racconta un evento traumatico 50 anni dopo, le discrepanze tra ciò che ricorda e l'evento originale possono essere molteplici:

Frammentazione della memoria: La persona potrebbe non ricordare tutti i dettagli in modo chiaro. Alcuni aspetti potrebbero essere sfocati o vaghi, mentre altri potrebbero apparire eccessivamente enfatizzati. Questo accade spesso nei traumi complessi, dove l’emotività rende alcuni ricordi più salienti e altri dimenticati.

Sovrapposizione di ricordi: Con il passare degli anni, la persona potrebbe mescolare il proprio ricordo con eventi simili accaduti successivamente. In altre parole, la memoria potrebbe essere influenzata da eventi post-traumatici che sembrano legati all'evento originale, ma non lo sono. In psicologia, questo è noto come interferenza retroattiva, in cui i ricordi più recenti alterano quelli più vecchi.

Distorsioni cognitive e bias: La persona potrebbe interpretare l'evento traumatico in modo diverso con il tempo. Ad esempio, potrebbe attribuire motivazioni o intenzioni diverse ai protagonisti dell'evento, influenzata dalle proprie emozioni, dai cambiamenti psicologici o dai contesti sociali che ha vissuto negli anni.

Effetto della narrativa sociale: L'interpretazione che la persona dà dell'evento potrebbe essere influenzata da come la società ha interpretato eventi simili nel corso degli anni. Ad esempio, i cambiamenti culturali e sociali, come l'attenzione alla violenza o il trattamento del trauma, potrebbero far sì che la persona rielabori l'evento in modo diverso rispetto a come lo aveva visto all'epoca.

4. Conclusione: La Memoria nel Lungo Periodo

In sintesi, la memoria di un trauma è fluida e soggetta a cambiamenti significativi con il passare degli anni. La persona che racconta un evento traumatico come testimone potrebbe presentare discrepanze rispetto all’evento originale dovute a meccanismi psicologici di difesa, cambiamenti nei contesti sociali e culturali, nonché alla naturale alterazione della memoria nel tempo. La narrazione di un trauma a distanza di anni può essere molto diversa dalla realtà dell’evento, non perché la persona stia mentendo, ma perché la memoria umana è imperfetta, dinamica e influenzata da numerosi fattori psicologici.

Hai detto:

No volevo un esperimento semplice con degli esempi concreti: il fatto originale e il racconto dopo 50 anni.

ChatGPT ha detto:

Ah, capisco! Vuoi un esperimento semplice in cui metto a confronto l'evento originale con il racconto di una persona che lo narra 50 anni dopo, evidenziando possibili discrepanze. Ti propongo un esempio concreto.

Esperimento: "Il fatto di sangue"

Fatto originale:

Un uomo assiste a un omicidio avvenuto durante una rapina, quando un ladro entra in una banca. Il ladro, con un coltello, uccide un impiegato che cercava di fermarlo. L'uomo osserva la scena da una posizione lontana, ma abbastanza vicina da vedere il volto del ladro. Il fatto dura pochi minuti, ma è molto traumatico. La persona che assiste è un giovane di 25 anni.

Racconto dopo 50 anni: La stessa persona, che ora ha 75 anni, viene interrogata per raccontare ciò che ha visto. Ecco come potrebbe cambiare il suo racconto, con l'introduzione di alcune discrepanze:

1. Descrizione dell'ambiente e dei dettagli visivi

Fatto originale:

La scena si svolge all'interno di una banca, con pochi clienti. L'omicidio avviene in un angolo vicino a un bancone. La persona osserva attraverso una finestra di vetro sporco, ma vede chiaramente il volto del ladro. L’illuminazione è fredda e artificiale.

Racconto dopo 50 anni:

"Era un giorno di sole, dentro la banca era tutto luminoso. Ricordo che c'erano molte persone, alcune in piedi e altre sedute. Il ladro era una figura alta, con una giacca nera e un cappello. La scena era caotica, il vetro della finestra era opaco, quindi non riuscivo a vedere bene, ma il suo volto mi è rimasto impresso. Il banco era proprio davanti a me, e c'erano tantissimi oggetti sparsi a terra."

Discrepanza:

Il ricordo della finestra opaca, che contrasta con la descrizione iniziale di una finestra sporca, è una tipica distorsione. Inoltre, il ricordo di molte persone nella banca potrebbe essere un'esagerazione o una sovrapposizione con altri ricordi simili.

2. Descrizione del ladro e dell'omicidio

Fatto originale:

Il ladro indossa un cappotto marrone e ha il volto parzialmente coperto da una sciarpa. L'omicidio è rapido e avviene mentre il cassiere tenta di fermarlo.

Racconto dopo 50 anni:

"Il ladro indossava un cappotto scuro, ma non ricordo il colore. Mi sembra che avesse un cappello, ma non sono sicuro. La vittima cercò di fermarlo, ma il ladro lo colpì con un coltello molto grande. Poi, c'è stato un gran caos, il cassiere si accasciò subito."

Discrepanza:

L’incertezza sul colore del cappotto e sul tipo di cappello potrebbe derivare da un’alterazione dovuta alla lunga distanza temporale. Inoltre, la descrizione del coltello come “molto grande” è una distorsione comune nei ricordi, in cui l'intensità dell'evento aumenta nel tempo.

3. Emozioni e percezioni durante l'evento

Fatto originale:

La persona è sotto shock, incapace di muoversi. Il cuore batte forte e il suo corpo è rigido. Si sente impotente e terrorizzato, ma non agisce.

Racconto dopo 50 anni:

"Mi sono sentito paralizzato, ma anche un po' confuso, perché non riuscivo a capire se fosse davvero successo. Ricordo che mi sentivo impotente, ma c'era anche una parte di me che cercava di capire cosa stesse succedendo, come se fosse un film."

Discrepanza:

Il ricordo di essere "confuso" può essere una rielaborazione del trauma. Il fatto che la persona pensi che fosse "come un film" potrebbe riflettere un meccanismo di difesa psicologico, dove l'evento traumatico viene "distanzializzato" per renderlo meno doloroso.

4. Descrizione della reazione post-traumatica

Fatto originale:

Dopo l'omicidio, la persona è scossa e rimane a lungo senza parole. Non riesce a dormire per giorni e ha incubi. Per mesi, è tormentato dall'immagine del ladro.

Racconto dopo 50 anni:

"Per un po’ non riuscivo a dormire. Ogni tanto mi veniva in mente l'immagine del ladro, ma a distanza di anni, è come se mi fosse passato sopra. Non ho mai parlato con nessuno di quella notte."

Discrepanza:

La persona potrebbe minimizzare la propria reazione emotiva, il che è comune con l’evitamento di eventi traumatici. A distanza di 50 anni, potrebbe non ricordare la profondità dell’impatto emotivo iniziale o potrebbe percepire il trauma come meno intenso rispetto a come lo sentiva in quel momento.

5. Esito finale e interpretazioni

Fatto originale:

La polizia arresta il ladro grazie alla testimonianza della persona, ma la figura del ladro rimane vaga nella mente della persona, con dettagli poco chiari.

Racconto dopo 50 anni:

"La polizia ha preso il ladro qualche giorno dopo, grazie alla mia testimonianza. Ricordo che aveva una cicatrice sul viso, ma potrei sbagliarmi. Sono certo che l'hanno trovato grazie a me."

Discrepanza:

La "cicatrice sul viso" potrebbe essere un dettaglio aggiunto con il tempo, un effetto del desiderio di aggiungere elementi narrativi alla storia. Inoltre, l'affermazione di essere "certo che l’hanno trovato grazie a me" potrebbe riflettere un tentativo di auto-rivalutazione e di legittimare il proprio ruolo nell’evento.

Sintesi delle discrepanze:

Mnemotecniche e distorsioni cognitive: La persona potrebbe enfatizzare certi dettagli (ad esempio il coltello o la cicatrice) che non erano rilevanti nell’evento originale.

Sovrapposizione di ricordi: Dettagli che sembrano appartenere ad altri eventi o che sono stati aggiunti nel corso degli anni (come il numero di persone nella banca o il colore preciso dei vestiti) sono esempi di come la memoria possa essere alterata.

Elaborazione emotiva: La narrazione emotiva può essere distorta nel tempo, con una persona che può cercare di minimizzare l’impatto dell’esperienza o rielaborarla in modo che sembri meno traumatica.

L'esperimento dimostra come il trauma influenzi la memoria, trasformando il ricordo di un evento in un racconto che cambia col tempo, portando a discrepanze rispetto ai fatti originari.

Hai detto:

Sarebbe possibile utilizzare una simile testimonianza per arrestare il ladro dopo 50 anni, ammettendo che le leggi lo permettano e che nulla fosse stato fatto prima?

ChatGPT ha detto:

Utilizzare una testimonianza a distanza di 50 anni per arrestare un ladro (o un assassino) presenta delle problematiche significative, soprattutto se il caso è stato lasciato irrisolto per così tanto tempo. Anche se ipotizzassimo che le leggi lo permettano, la validità e l'efficacia di una testimonianza così lontana nel tempo dipenderebbero da diversi fattori, tra cui la qualità della memoria, la possibilità di raccogliere prove tangibili, e la credibilità della persona che testimonia.

1. Affidabilità della testimonianza a distanza di 50 anni

Memoria e cambiamenti nel tempo: La memoria, come abbiamo visto nell'esperimento precedente, è soggetta a distorsioni nel tempo. Dopo 50 anni, la testimonianza di un testimone oculare potrebbe essere compromessa da discrepanze (ad esempio, dettagli modificati o esagerati, come la descrizione del ladro o l'ambiente in cui è avvenuto il crimine).

Distorsioni e "memorie false": Come sottolineato dalle neuroscienze, le testimonianze di eventi traumatici, seppur genuine, possono essere influenzate da memorie false, che possono portare il testimone a modificare inconsapevolmente dettagli dell'evento. Se la testimonianza è vagamente ricordata o se nel corso degli anni si sono aggiunti nuovi dettagli (ad esempio, il "colpo di scena" della cicatrice sul viso), la credibilità potrebbe essere messa in discussione.

Tuttavia, se il testimone è in grado di fornire dettagli specifici che sono ancora rilevanti, come la descrizione del luogo dell'omicidio, il contesto o altre caratteristiche, la testimonianza potrebbe comunque essere presa in considerazione, ma con cautela.

2. Ruolo della testimonianza nel contesto giuridico

Validità giuridica: In un sistema giuridico, una testimonianza che arriva dopo decenni potrebbe essere accettata o rifiutata a seconda delle circostanze. Se non vi sono altre prove materiali (come DNA, registrazioni video, o altri testimoni) a supporto della testimonianza, la corte potrebbe considerarla indiziaria, cioè come un elemento di prova che da solo non basta a provare la colpevolezza. Potrebbe essere utilizzata come un punto di partenza per riaprire l'indagine, ma difficilmente sarebbe sufficiente per ottenere una condanna senza altri riscontri.

Difficoltà nell'affermare l'affidabilità: A distanza di 50 anni, la difesa potrebbe mettere in dubbio l'affidabilità della testimonianza, sostenendo che la persona che ha assistito all'omicidio possa aver confuso l'identità del ladro, influenzata da eventi successivi o dalla ripetizione della narrazione nel corso degli anni. La difesa potrebbe anche argomentare che il testimone, invecchiando, potrebbe aver alterato i propri ricordi.

3. Altri fattori da considerare

Nuove prove: Se dopo 50 anni ci fossero nuovi elementi probatori (ad esempio, ritrovamento di nuove evidenze, nuove tecniche forensi come l’analisi del DNA, nuove tecnologie di identificazione del sospetto), la testimonianza potrebbe acquisire più peso. Ma senza prove fisiche o altre fonti credibili che confermino il racconto, potrebbe risultare difficile arrestare il ladro.

Statuto di prescrizione: In molti ordinamenti giuridici, esistono limiti di tempo (prescrizione) entro i quali un crimine deve essere perseguito legalmente. Tuttavia, alcuni crimini molto gravi, come l'omicidio, potrebbero non essere soggetti a prescrizione. In tal caso, la testimonianza potrebbe comunque essere rilevante per l'arresto, anche a distanza di decenni.

4. Possibile esito dell'indagine

Anche se la testimonianza da sola potrebbe non essere sufficiente per arrestare il ladro, potrebbe riaprire il caso se ci sono nuove indagini o risorse tecnologiche (come la revisione delle prove forensi o il riesame di registrazioni video o fotografie di quel periodo). La testimonianza potrebbe quindi fungere da punto di partenza per un’indagine che porti alla raccolta di nuove prove, come il confronto del DNA, l’interrogatorio di altre persone o la ricerca di possibili collegamenti tra il ladro e altri crimini simili.

5. Conclusione

Anche ammettendo che le leggi lo permettano e che nulla fosse stato fatto prima, una testimonianza a distanza di 50 anni potrebbe risultare utile per riaprire un caso, ma non sarebbe di per sé sufficiente per arrestare o condannare il ladro. La testimonianza dovrebbe essere affiancata da prove materiali o da nuove evidenze che confermino la colpevolezza dell'individuo. Inoltre, la credibilità della memoria a lungo termine del testimone e le possibili distorsioni o lacune nei dettagli potrebbero influenzare l'esito dell'indagine.

Hai detto:

Vuoi spiegare ai lettori del mio blog che attendibilità avrebbe un processo penale o una commissione parlamentare basata su questo tipo di testimonianze su fatti molto datati?

ChatGPT ha detto:

Certo, ecco un testo adatto al tuo blog che spiega in modo chiaro e accessibile l’attendibilità di un processo penale o di una commissione parlamentare basati su testimonianze relative a fatti molto lontani nel tempo:

L’attendibilità delle testimonianze su fatti lontani nel tempo: cosa aspettarsi da un processo o da una commissione parlamentare

Quando, a distanza di molti decenni, emergono testimonianze su fatti gravi — come un omicidio, una strage o episodi di corruzione — è legittimo chiedersi: quanto sono affidabili queste parole nel contesto di un processo penale o di un'inchiesta parlamentare?

La risposta, anche per chi non ha una formazione giuridica o psicologica, sta nell’equilibrio tra diritto, scienza della memoria e buon senso.

1. La memoria non è una fotografia

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la memoria non funziona come una videocamera che registra i fatti così come sono avvenuti. Decenni di ricerca in psicologia e neuroscienze hanno dimostrato che il ricordo umano è ricostruttivo: ogni volta che ricordiamo un evento, lo ricreiamo a partire da frammenti, emozioni e racconti successivi. Con il passare del tempo, alcuni dettagli vengono dimenticati, altri modificati, altri ancora aggiunti inconsciamente.

Questo vale ancor più per eventi traumatici: la mente può alterare o distorcere ricordi dolorosi come meccanismo di difesa.

2. Testimonianze vecchie: cosa possono (e non possono) fare

In un processo penale, dove la libertà di una persona è in gioco, la testimonianza dev'essere precisa, coerente e verificabile. Una testimonianza resa dopo 30, 40 o 50 anni, per quanto sincera, difficilmente può soddisfare questi requisiti da sola. I giudici e gli avvocati sanno bene che:

il tempo indebolisce la memoria;

è più facile confondere volti, luoghi e circostanze;

l’ambiente culturale e mediatico può aver influenzato i ricordi nel tempo.

Perciò, una testimonianza su fatti molto datati ha un valore indiziario, cioè può essere un punto di partenza per indagare, ma non basta da sola per condannare qualcuno. Occorrono prove materiali (documenti, reperti, riscontri oggettivi) per sostenere un’accusa seria.

3. Diverso il discorso per le commissioni parlamentari

Nel caso di una commissione parlamentare, gli obiettivi non sono giudiziari ma politici e storici. Una commissione cerca di ricostruire la verità dei fatti, di individuare responsabilità morali, culturali o sistemiche, anche senza arrivare a sanzioni penali.

In questo contesto, le testimonianze datate possono essere utili, soprattutto se:

si affiancano a documenti dell’epoca;

aiutano a comprendere il clima culturale o il contesto istituzionale di allora;

provengono da più fonti indipendenti che si confermano a vicenda.

Tuttavia, anche in sede parlamentare, non si può fare affidamento esclusivamente sulla memoria, né trarne conclusioni nette senza ulteriori approfondimenti.

4. Conclusione: il valore della memoria è reale, ma va contestualizzato

Testimoniare a distanza di decenni può essere un atto di coraggio e di coscienza. Ma da un punto di vista razionale e istituzionale, la memoria, da sola, non basta a stabilire la verità giuridica dei fatti.

Per questo, tanto nei tribunali quanto nelle commissioni parlamentari, le testimonianze su eventi lontani nel tempo vanno ascoltate, rispettate, ma anche verificate e interpretate con cautela, alla luce di ciò che la scienza ci insegna sul funzionamento (e i limiti) della memoria umana.