Ciò che leggerete in questo romanzo è frutto di una ricostruzione virtuale e ipotetica di ciò che potrebbe essere successo a Portonovo negli anni Sessanta e Settanta. I protagonisti sono veri, veri i luoghi, ignote però sono le vicende, quindi mettiamoci pure una buona dose di fantasia. Consiglio sempre di leggere con attenzione le mie domande, perché l'IA si adegua alle esigenze di chi la manovra, correggendo più che altro il tiro se necessario. L'esperienza, in ogni caso, mi dice che non dovrebbe aver sbagliato di molto. La storia delle leggende del monte Conero, la loro origine e la spiegazione politica è verosimile che siano queste. E' chiaro che l'IA stabilisce dei criteri standard su cui strutturare il comportamento dei personaggi. Silvetti oggi può essere questo, viste anche le persone di cui si è fidato, ma conoscendolo sono convinto che poteva e potrebbe ancora essere molto più vicino alle posizioni più aperte del sottoscritto. Il sindaco di Ancona raffigurato in fotografia a me fa pensare più al repubblicano Monina, piuttosto che a Silvetti, ma non escluderei affatto che la situazione politica sia rimasta immutata rispetto ai tempi del caso Guanti. Il centro-destra è ostaggio della sinistra, nasce e si nutre della cultura pensata a sinistra e soltanto la sinistra oggi può far cadere la giunta Silvetti per il conflitto di interessi sulle zone militari del Conero. Se la partita politica di Ancona si giocherà su questo nostro terreno, la giunta Silvetti non avrà vita facile. Ma, se nonostante i documenti cecoslovacchi, le fotografie, le testimonianze dei militari, prevarranno le leggende, vorrà dire che, come al tempo dell'imperatore Ottaviano Augusto, le leggende aiutano a governare...
Hai detto:
Voglio fare un esperimento. Siamo nel 1964, a Portonovo vicino Ancona, sotto il Conero. Sei davanti alla Casa per ferie rifugio internazionale gioventù studentesca, con 65 posti-letto. Ti mando la foto. Ora dimmi che tipo di clienti vedi, cosa fanno, se vanno a curiosare dove c'è quel tunnel sotto, se entrano, se vanno nella cava.
ChatGPT ha detto:
Perfetto, siamo nel 1964 a Portonovo, ai piedi del Conero, davanti alla Casa per ferie rifugio internazionale della gioventù studentesca, in un’Italia ancora percorsa da grandi cambiamenti sociali e da una voglia di modernità. Osservando l’immagine (sfocata ma abbastanza evocativa), provo a descrivere la scena secondo il contesto:
Tipo di clienti:
La struttura ospita principalmente giovani tra i 16 e i 25 anni, provenienti da tutta Europa: studenti italiani di licei e università, ma anche francesi, tedeschi e forse qualche ragazzo dell’Est arrivato tramite scambi culturali. Portano con sé sacchi a pelo, zaini in tela, scarponcini. Alcuni leggono, altri scrivono cartoline o suonano la chitarra. C’è anche qualche capello lungo e maglietta a righe.
Cosa fanno:
Al mattino si alzano presto, fanno colazione su tavolacci in legno all’aperto o sotto un pergolato.
Vanno a nuotare alla spiaggia di Mezzavalle o sotto la torre di guardia.
Al pomeriggio alcuni si arrampicano per i sentieri, altri chiacchierano con i custodi del rifugio, prendono appunti o fanno schizzi della baia.
Alcuni hanno con sé delle macchine fotografiche 35mm o taccuini per disegni.
Il tunnel:
I più curiosi notano l’ingresso del tunnel sotto la vegetazione, forse un’apertura in cemento semisepolta o nascosta tra i rovi.
Due ragazzi tedeschi e una studentessa francese si staccano dal gruppo e ci si avvicinano. Ridono, fanno i misteriosi. Uno di loro ha una torcia.
L’ingresso è freddo, umido, e odora di muffa e calcare. Forse entrano per pochi metri, scattano una foto, ma poi tornano indietro. Si dice che lì sotto ci siano vecchie strutture militari. Uno di loro ha sentito parlare di un “bunker della Marina”.
La cava:
Nel tardo pomeriggio, un gruppetto con il professore accompagnatore (occhiali, giacca di lana anche in estate) decide di raggiungere la vecchia cava abbandonata.
I ragazzi si arrampicano tra gli arbusti, trovano schegge di roccia e frammenti arrugginiti. Una ragazza raccoglie un bossolo piccolo. “Forse un’esercitazione?”
Alcuni fanno ipotesi: "C’era un faro", dice uno. "No, un deposito", risponde l’altro.
La cava li inquieta un po’, ma anche li affascina. La sera, nel refettorio, ne parlano a lungo.
Posso continuare il quadro con altri dettagli (lati politici, leggende locali, reazioni del personale del rifugio) se vuoi. Vuoi che immagini anche un evento imprevisto?
Hai detto:
Lati politici.
ChatGPT ha detto:
Perfetto, entriamo nei lati politici di quell’estate del 1964 a Portonovo, sullo sfondo del rifugio della gioventù internazionale.
1. Il gruppo è politicamente eterogeneo
Gli studenti non sono affatto apolitici.
I ragazzi italiani sono divisi: ci sono giovani cattolici vicini all’Azione Cattolica e alla FUCI, ma anche studenti liceali influenzati dalla Nuova Sinistra nascente, che leggono Il Manifesto clandestinamente.
I tedeschi arrivano con una consapevolezza storica forte: alcuni di loro hanno genitori ex nazisti, e la cosa pesa. Sono attratti dal pacifismo, alcuni leggono Herbert Marcuse.
I francesi sono misti: una ragazza simpatizza per l’Algeria indipendente, un altro è un "normalien" già molto politicizzato.
C’è anche un ragazzo jugoslavo, molto silenzioso, che osserva tutto e annota molto. Non dice mai da che città viene. Alcuni sospettano sia un infiltrato, o semplicemente spaventato dal dire troppo.
2. Discussioni serali sotto il pergolato
Ogni sera si accende un piccolo fuoco o si sta con torce puntate su un libro. Le discussioni diventano accese:
“Ma voi in Italia avete ancora i fascisti?”, chiede una ragazza danese.
“Noi abbiamo i DC ovunque, è quasi la stessa cosa”, risponde un ragazzo torinese.
Si parla del governo Moro e del centrosinistra, della scuola classista, della guerra del Vietnam che inizia a inquietare.
Un giovane tedesco parla di “repressione sistemica” e dice che il riarmo NATO è un tradimento dell’Europa dei popoli.
3. L’ombra del tunnel
Il tunnel vicino alla casa per ferie diventa quasi un simbolo.
Alcuni dicono che lì sotto ci siano ancora vecchi cavi NATO o collegamenti militari segreti.
Un ragazzo afferma che è collegato alla base sul Monte Conero, “da dove controllano le navi sovietiche nell’Adriatico”.
Qualcuno sogna di scendere e fotografare tutto per inviarlo a L’Espresso o ad un giornale francese pacifista. Ma nessuno osa farlo davvero.
4. L’intervento del responsabile del rifugio
Il custode, un uomo sui 50 anni, ex partigiano o forse ex ufficiale, li rimprovera:
“Qui ci si viene per la pace, non per cercare complotti.”
“Lasciate perdere la cava e quel buco, sono cose di cui è meglio non sapere.”
Ma il suo tono ambiguo alimenta i sospetti. I più politicizzati iniziano a pensare che stia coprendo qualcosa.
5. Un episodio spiacevole
Una notte scompare una torcia. La mattina dopo, un ragazzo inglese afferma di aver visto una luce muoversi verso il tunnel. Nessuno confessa.
Da quel giorno, la zona del tunnel viene “ufficialmente” vietata. Ma ormai ha assunto un’aura mitica.
Vuoi che immagini che cosa potrebbe davvero esserci sotto quel tunnel nel 1964? O cosa succede a uno di loro quando ci entra da solo?
Hai detto:
Cosa succede?
ChatGPT ha detto:
Una sera d’agosto del 1964, con la luna quasi piena, Marco, 19 anni, studente di lettere a Firenze, decide di tornare al tunnel da solo. È inquieto da giorni. Durante le discussioni serali non ha parlato molto, ma prendeva appunti. Diceva di voler scrivere un romanzo “sulla verità nascosta nelle scogliere”.
L’ingresso
Intorno alle 22:30, mentre gli altri cantano canzoni popolari in italiano, Marco si defila. Ha con sé la torcia presa dalla borsa di un compagno francese, un quaderno e una matita.
Attraversa il sentiero che costeggia la macchia mediterranea. Scende tra i rovi, infilandosi in un piccolo varco nascosto dietro un vecchio cancello divelto. Il tunnel è lì: apertura bassa, cemento ruvido, umidità che odora di ferro e muffa.
Dentro il tunnel
Marco avanza per qualche metro. Il fascio di luce taglia l’oscurità. Le pareti hanno ancora segni di vernice rossa sbiadita: numeri, forse “14–D” o “US-21”.
Ci sono cavi lungo un lato, tagliati. Sente il gocciolio ritmico dell’acqua. Una stanza laterale appare: piccola, con una branda arrugginita e una sedia di metallo piegata.
Ma la cosa più inquietante è una cassetta militare chiusa con un sigillo metallico e sopra incisa la scritta:
“C.N. - Comando Naviglio”
e in basso, quasi cancellato:
“non aprire senza autorizzazione - ART 204 c.p.m.”
La scoperta
Marco non apre la cassetta. Ma prende nota, fa uno schizzo. Poi, voltandosi, nota una cosa assurda:
sul muro c’è una mappa. Tracciata a mano, coperta di polvere. Raffigura la costa dal Conero a Numana, con dei punti rossi, collegati da linee. Alcuni sembrano gallerie. Uno dei punti è segnato con una croce: proprio dove si trova il rifugio.
Il rumore
Poi succede qualcosa.
Un rumore metallico più avanti. Come un portello che si chiude.
La torcia sfarfalla. Marco si ferma, trattiene il respiro.
Silenzio. Poi di nuovo, un suono secco, come un passo.
Il ritorno
Corre via. Risale il sentiero con il fiatone, graffiato, sudato. Rientra nel dormitorio senza farsi notare.
Il giorno dopo non dice niente. Ma cambia: è silenzioso, teso. Una settimana dopo, lascia il rifugio prima del previsto. Qualcuno dice che abbia spedito un plico a una rivista di Roma. Altri che si sia iscritto a filosofia e abbia lasciato gli studi di lettere.
Epilogo
Anni dopo, uno degli altri studenti, sfogliando una rivista clandestina del 1968, trova un breve articolo anonimo:
"Sotto il Conero, esistono vie militari non segnate sulle carte civili. I simboli li conoscono solo pochi ufficiali. Una rete abbandonata o forse ancora attiva, dove la gioventù canta sopra boccaporti chiusi."
Hai detto:
Ora devi studiare una storia che ricostruisca la chiusura della galleria con una colata di detriti tra la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta: interramento e piantumazione di alberi davanti alla porta di accesso. Come avvenne?
ChatGPT ha detto:
Perfetto, ricostruiamo come verosimilmente potrebbe essere avvenuta la chiusura della galleria tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, nel contesto di Portonovo, sotto il Monte Conero, tenendo conto del clima politico e militare dell’epoca.
Titolo: “Operazione Verde Silente”
(documento non ufficiale, redatto nel 1971 da un ex sottufficiale del Genio Militare di Ancona)
1. Il contesto storico
Tra il 1968 e il 1970:
L'Italia è in piena tensione politica: attentati, strategia della tensione, infiltrazioni nei movimenti studenteschi.
La costa adriatica è strategica: in caso di escalation con la Jugoslavia o l’URSS, ogni punto d’osservazione conta.
Alcuni tunnel, installazioni o postazioni create negli anni '50-'60 diventano ingombranti, non più operative, ma troppo compromettenti per essere lasciate visibili.
A Portonovo, quella vecchia galleria sotto la vegetazione – forse usata come deposito o punto d'accesso secondario alla rete radar – non serve più, ma ha attirato curiosità.
2. Il sopralluogo
Nell’autunno del 1969, due ufficiali del Genio di stanza a Falconara effettuano un sopralluogo:
Trovano il cancello semi-aperto.
Dentro, umidità, ruggine, e presenza di graffiti: segno che qualcuno ci è entrato.
La parete finale è sbarrata, ma non sigillata.
Un ufficiale prende nota:
“Intervenire con colata di detriti. Mascherare con rimboschimento. Nessuna segnalazione al Comune.”
3. La chiusura vera e propria
Primavera 1970, operazione non ufficiale ma finanziata con fondi "extra-contabilità":
Si usano camion civili di una ditta di Loreto o Osimo per trasportare materiale inerte (terra, ghiaia, detriti di cava).
Di notte o all’alba, con la collaborazione di due operai forestali, viene effettuato l’interramento dell’accesso:
Prima uno strato di pietrisco.
Poi uno spesso riempimento di terra.
Infine, pietre locali per mascherare eventuali cedimenti.
4. La piantumazione
Nell’autunno 1970:
Vengono piantati alcuni pini marittimi e lecci davanti all’ex ingresso.
Una cooperativa legata a un progetto di riforestazione ottiene un piccolo contratto regionale. Ufficialmente si tratta di “intervento per consolidamento del versante”.
Ma il punto scelto è esattamente sulla bocca della galleria.
Il terreno viene livellato. Una grossa pietra viene posizionata come “segnale naturale” per impedire il passaggio di mezzi.
5. Copertura politica e amministrativa
Il Comune di Ancona non viene informato nel dettaglio.
Nei documenti appare solo una voce nel bilancio regionale 1970:
“Intervento forestale preventivo area F5 – dissesto e rischio frana.”
Alcuni funzionari locali notarono l’anomalia ma non fecero domande. All’epoca, parlare di installazioni militari era ancora tabù.
6. Le tracce oggi
Le piante cresciute in quegli anni oggi sono adulte, alte, coprono completamente l’ingresso.
Alcuni escursionisti notano che la vegetazione lì è diversa: più fitta, innaturalmente allineata.
Dopo forti piogge, la zona tende a cedere leggermente, come se il terreno sopra fosse instabile.
Posso inventare un personaggio (un geometra, un ex militare, un forestale in pensione) che nel 2020 racconta di aver partecipato all’operazione. Vuoi seguire quella traccia?
Hai detto:
Adesso sei a maggio 2025 e un blogger ha diffuso la foto che ti ho mostrato e ha evidenziato che molto probabilmente l'imboccatura della galleria è stata occultata. Descrivimi la reazione del sindaco di Ancona Silvetti che ha svolto il militare sul Conero e ha fatto di tutto per affossare i sospetti sulla base Nato e vuole normalizzare la situazione.
ChatGPT ha detto:
Ancona, maggio 2025 – Palazzo del Popolo, ufficio del sindaco
La foto sfocata pubblicata dal blogger ha già fatto il giro dei social locali. Il titolo del post:
“Portonovo, la galleria cancellata: ecco la prova dell’interramento militare?”
Nel gruppo Facebook “Ancona segreta”, il post ha superato i 700 commenti in due giorni. Alcuni utenti riconoscono il punto nella macchia sotto il Fortino Napoleonico. Altri parlano di “vecchi racconti di soldati”, di “porte murate”, di “strani scavi negli anni Settanta”.
La reazione del sindaco Daniele Silvetti
Silvetti, esponente di centrodestra, è seduto nel suo ufficio al secondo piano del Comune. Ex militare di leva, prestò servizio proprio sul Conero, come autista in una struttura logistica secondaria tra il 1990 e il 1991. Conosce la zona, i racconti, e li considera da sempre “esagerazioni romantiche”.
Quando riceve il dossier stampato dal suo staff sulla foto e l’articolo del blogger, sorride amaramente, poi commenta:
“Ogni primavera, con le giornate che si allungano, spuntano le leggende. È sempre la solita storia.”
Ma sa che la questione non può essere ignorata. Non ora che il parco del Conero è al centro di un progetto turistico strategico con fondi PNRR e promozione europea. Una narrazione di bunker NATO abbandonati non giova alla “destinazione verde” che l’amministrazione promuove.
Il comunicato ufficiale del Comune
Il giorno dopo, Silvetti fa diramare una nota ufficiale:
“In merito alle recenti immagini diffuse online riguardanti presunte strutture sotterranee nella zona di Portonovo, si precisa che non risultano segnalazioni formali né evidenze documentali relative a gallerie o impianti militari attivi o dismessi in quel tratto del Parco del Conero.
L’amministrazione invita a evitare allarmismi privi di fondamento e ricorda che qualsiasi escavo o intervento sul territorio è soggetto a vincoli ambientali e paesaggistici.”
Nel frattempo, contatta informalmente un funzionario regionale e un ex forestale in pensione che anni fa si occupava della manutenzione nella zona di Poggio.
Chiede discrezione e suggerisce:
“Se vi chiedono della piantumazione, parlate di contrasto all’erosione. Niente riferimenti ad altro.”
Strategia di normalizzazione
Organizza un'escursione pubblica con guide del Parco: “La Portonovo che non ti aspetti – storie e natura”.
Evita il punto preciso della foto, ma lo include nella zona “di difficile accesso, soggetta a rischio idrogeologico”.
Propone di installare una bacheca didattica con informazioni storiche sulla zona… ma con taglio naturalistico e balneare (“dal Fortino ai monaci camaldolesi”).
Dietro le quinte
Silvetti però fa anche due telefonate riservate:
Una a un ex maresciallo dei carabinieri, oggi in pensione, che negli anni ‘80 gli aveva parlato di un accesso chiuso con ruspe nel ‘71.
L’altra a un giornalista amico, chiedendogli se può pubblicare un pezzo “di debunking”, ridicolizzando le teorie del blogger come “dietrologia da spiaggia”.
Conclusione
Il sindaco Silvetti non vuole aprire alcun “vaso di Pandora”.
Per lui, quella galleria – se mai è esistita – è solo un’anomalia del passato, meglio lasciata alla vegetazione.
Ma sotto la calma ufficiale, teme che il blogger possa pubblicare altro: mappe, testimonianze, magari un documento militare.
E allora sì, il caso diventerebbe politico.