venerdì 13 ottobre 2017

La vera prigione di Aldo Moro era a Forte Braschi?


<La polizia romana ha scoperto una "prigione" sotterranea delle "Brigate rosse", in cui i terroristi presumibilmente detenevano Aldo Moro. Alla periferia della capitale italiana, in un luogo chiamato Primavalle è stato scoperto nel giardino di una casa residenziale un appartamento ad una profondità di 15 metri, di 12 metri quadrati di superficie, un nascondiglio con una porta mascherata da sacchetti di immondizia. Nelle casse nascoste nel giardino furono trovati anche 12.000 proiettili. Il proprietario della casa e sua moglie sono stati arrestati. L'occultamento è a circa 3 chilometri dal luogo in cui i terroristi a marzo hanno rapito Aldo Moro. I rapitori avevano quindi abbastanza tempo per arrivare al nascondiglio prima che venissero attuati i blocchi stradali.>
Questo articolo è del 19 maggio del 1978, e fu pubblicato sul quotidiano ungherese “Új Szó”. L’ho tradotto con Bing Translator e l’ho aggiustato un pochino in italiano, ma ci si può fidare. In quei giorni, 18-19 maggio, la stessa notizia era presente anche in altre testate magiare, con poche varianti. Il titolo di “Új Szó” non lasciava dubbi: “Trovata la prigione di Moro”. Eppure questa notizia non è mai uscita in Italia. E’ un fatto che per noi non esiste. Ne sono praticamente sicuro, perché ho controllato tutti gli archivi dei quotidiani disponibili. Erano passati solo 10 giorni dal ritrovamento del corpo dell’ex presidente del consiglio e presidente della DC.
Dunque nel giro di una settimana e mezza il caso Moro poteva dirsi concluso, stando a queste fonti ungheresi. Il quartiere di Primavalle, che era stato nel 1973 il teatro di una tragedia in cui morirono due giovani, figli di un dirigente del Movimento Sociale, ospita tuttora la sede dei servizi segreti italiani. Si chiama: Forte Braschi. In pratica, Moro sarebbe stato prelevato e portato dove nessuno lo avrebbe cercato, in quel momento: a casa dei nostri 007, che erano impegnati con la polizia nelle ricerche dei colpevoli della barbara strage di via Fani.
La data di quel ritrovamento della prigione di Moro non è casuale. Era il periodo in cui la polizia stava scoprendo nel quartiere limitrofo di Monteverde la tipografia delle Brigate Rosse, dove alcuni personaggi, poi passati in secondo piano sui mass media, stampavano i volantini con le rivendicazioni dei sequestri o degli omicidi delle Bierre. Questo lo si evince dai giornali italiani e anche da Rude Pravo, il quotidiano comunista cecoslovacco, il quale riferiva di armi, munizioni e passaporti dei brigatisti "maoisti" rinvenuti in un “appartamento abbandonato”. Erano i giorni in cui veniva trovata, in quel covo di via Pio Foà, la macchina da scrivere che presumibilmente apparteneva ai nostri servizi segreti. Insomma, il 20 maggio del 1978 le indagini erano arrivate a una svolta: avevano scoperto che l’avventura delle Brigate Rosse imboccava la strada di Forte Braschi, e lì si esauriva.
Un personaggio che avrebbe potuto raccontare in quel momento la vera storia delle Brigate Rosse era proprio il piemontese Silvano Girotto, il famoso Frate Mitra. E’ quanto affermava un altro articolo ungherese di quei giorni. Dopo aver esposto i dettagli del ritrovamento della prigione di Primavalle, il giornalista ungherese si occupava del processo al primo nucleo delle Bierre, che era stato istruito a Torino. Girotto avrebbe detto nella sua testimonianza che durante il periodo in cui i carabinieri del generale Dalla Chiesa lo inserirono nelle Brigate Rosse aveva accesso ai documenti del Ministero italiano degli Affari Esteri, e riceveva copia di eventuali correttivi che venivano apportati agli stessi.
Il resto della storia lo conosciamo. Il giornale ungherese, che si chiamava “Dolgoz Lapja”, lo raccontava così: Girotto “ha riferito che nel 1974, dopo essere stato costretto ad impegnarsi in incursioni di rapina, ha informato la polizia dei piani dell'organizzazione e ha fornito assistenza all'arresto di due dei loro leader, Curcio e Franceschini.”
Ma è evidente anche al lettore più ignorante che già in quel momento Girotto non poteva più dire di far parte delle Brigate Rosse, bensì di un nucleo clandestino dei nostri servizi segreti. Gli ungheresi, in linea con le spie comuniste di Praga, scrissero che le Bierre non avevano nulla a che vedere con i gruppi di sinistra. Volevano solo seminare il panico in Italia. E le vere Brigate Rosse, quelle che venivano dai movimenti del 1968, dove erano rimaste? Frate Mitra suggeriva anche questa risposta nell’articolo di “Dolgoz Lapja”. Non spiegò dove era il suo nascondiglio, disse ai giudici soltanto che “era venuto a Torino da una distanza di 9.000 chilometri.”

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