domenica 19 agosto 2018

Il ponte Morandi negli affari di Sindona?


Clamoroso, il ponte Morandi di Genova fu costruito da una società che Michele Sindona rilevò nel 1969 e che l'IRI, comprandola a sua volta, usò per coprire i buchi di altre ditte di Sindona in fallimento, come la famosa Immobiliare. Si levarono all'epoca, era l'agosto del 1977, voci che fosse lo stesso Sindona a spingere l'IRI verso operazioni di salvataggio delle sue aziende in crisi. Voci che venivano smentite seccamente.
L’ho scoperto curiosando nel solito archivio del quotidiano La Stampa, colpito come tutti gli italiani dalla tragedia del 14 agosto 2018, con la morte di 43 persone nel crollo del viadotto “Polcevera” o “ponte Morandi” dell’autostrada A10.
Il viadotto maledetto era stato inaugurato cinquant’anni prima, nel settembre del 1967. E’ stato il TG5 a mostrare nei giorni scorsi il titolo del quotidiano torinese su quello storico giorno. Pioveva a dirotto mentre il presidente della repubblica, il socialdemocratico Saragat, percorreva per la prima volta quel tratto avveniristico di autostrada. Il ponte, progettato come tanti altri dalla mente dell’ingegner Riccardo Morandi, fu realizzato dalla società “Condotte d’acqua” per conto dell’IRI, ente pubblico titolare delle autostrade italiane. Saragat quel giorno corse ad abbracciare i tecnici della società, per ringraziarli di aver costruito un’opera la quale, a loro dire, sarebbe dovuta durare per millenni come i ponti romani, e che non avrebbe avuto bisogno di manutenzione.
Il presidente di “Condotte d’acqua”, ditta che costruì molte opere soprattutto in Piemonte, all’epoca era Loris Corbi e vi rimase anche sotto la gestione di Sindona, e poi con l'IRI. "Condotte d'acqua" dal 1969 era stata rilevata dal discusso finanziere siciliano. Nel 1985 Loris Corbi fu chiamato a testimoniare al processo per la morte di Giorgio Ambrosoli, il liquidatore del tribunale fatto uccidere da Sindona affinché non ponesse fine al suo lavoro di ricostruzione degli affari sporchi del banchiere italo-americano, membro oltretutto della mafia di New York.
Ma che riflessi può avere questa notizia sul crollo del ponte a Genova? La tragedia è avvenuta perché si risparmiò usando materiali scadenti? E’ il dubbio che mi sono posto e a cui come giornalista ho voluto cercare di rispondere. Di fatto proprio nel periodo in cui le ditte di Sindona entravano in crisi, dal 1977 in poi, e il tribunale con Ambrosoli tentava di salvaguardare i creditori, anche sul ponte Morandi iniziavano i primi problemi. Il TG5 ha pubblicato il documento con cui l’ingegner Morandi, nel 1979, ammetteva che la sua opera aveva bisogno di restauri, opere di cui si incaricava nel 1981 la stessa IRI, che nel frattempo aveva rilevato da Sindona la stessa società “Condotte d’acqua” e aveva cercato di privatizzarla, senza successo per l'opposizione dei sindacati, cercando in questo modo liquidità per salvare dal fallimento l'Immobiliare. 
Intanto lo Stato pagava: se nel 1967 la costruzione del ponte Morandi aveva portato via dalle casse statali cinque miliardi di vecchie lire, nel 1993 un nuovo intervento di manutenzione, che l’IRI affidò a Fintecna, costò 40 miliardi di vecchie lire, cifra che, sebbene fosse soggetta alla svalutazione della Lira, era già consistente, e che non è lontana dai 20 milioni di euro che la società Autostrade aveva stanziato a maggio 2018 per un futuro restauro che non ebbe il tempo di porre in atto.
Pioveva ancora, come nel 1967, il 14 agosto 2018, mentre 43 persone perdevano la vita nel crollo del ponte Morandi, ripreso da telecamere e finito sotto il vaglio della procura di Genova. Sulle prime qualcuno parlò di attentato: nel video della polizia si notavano dei bagliori che precedevano il crollo di una delle tre torri che reggono il ponte. Bagliori o lampi testimoniati anche da un post su Twitter di Valerio Staffelli di Striscia La Notizia. Erano fulmini dovuti al temporale? O scoppi di linee elettriche che passavano per la superficie stradale? Non lo sappiamo, serviranno i rilievi dei tecnici per dirlo.
Di certo però in questa storia si resta nell’orbita dell’IRI, e inevitabilmente anche di Michele Sindona, che la democristiana IRI tentava di salvare.
Il ponte è una voragine senza fondo che nei decenni ha divorato miliardi di denaro pubblico per manutenzioni a cui si poteva fare a meno, probabilmente, e che nonostante questo ha ucciso 43 persone. Gli sfollati del quartiere di Genova attraversato dai resti del ponte Morandi, ora pericolante, verranno aiutati con uno stanziamento di fondi e di alloggi forniti da Cassa Depositi e Prestiti. Guarda caso questa banca pubblica, di cui mi sono occupato nei miei libri, detiene il 100% anche di Fintecna, la ditta che nel 1993 si prese cura della manutenzione da 40 miliardi di lire del ponte Morandi.
Speriamo per le famiglie delle vittime che le inchieste giudiziarie arrivino a una ricostruzione migliore della nostra. Che facciano finire in prigione, e non solo ai domiciliari come spesso si vede in televisione, i colpevoli della malagestione del ponte, e che non terminino con la solita avvilente archiviazione.

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