martedì 26 giugno 2018

Calciatori curati con metodi sovietici


La Novocaina usata dai massaggiatori per permettere a un calciatore infortunato di proseguire la partita era una scoperta della medicina sovietica. Lo si apprende grazie a un documento del 22 novembre 1950 con il quale la CIA, il servizio segreto americano, traduceva in inglese un testo pubblicato nel precedente mese di giugno nell’URSS. La scoperta dei russi consisteva nel fatto che la Novocaina aveva la capacità di irritare i nervi riportandoli a una condizione di normalità. Gli studiosi si chiamavano Vvedenskiy e Ukhtomskiy e secondo il documento rispondevano alle critiche affermando che la cura a base di Novocaina era indicata solo in alcuni casi particolari, come ad esempio le infiammazioni o nei disturbi del tono muscolare, ma si rivelava efficace come nei trattamenti a base di droghe.
Gli americani della CIA erano molto attenti anche alla Procaina, un altro anestetico che avevamo letto a proposito di persone morte dopo un’iniezione di Penicillina, negli anni Sessanta, esattamente come capitò allo sfortunato calciatore della Roma, Giuliano Taccola. Secondo i magistrati italiani le morti per le iniezioni di Penicillina avvenivano sempre quando essa era associata alla Procaina. Ebbene, un documento della CIA del 22 novembre 1955 si preoccupava di monitorare la produzione nei paesi del Patto di Varsavia di questo particolare tipo di anestetico, la Penicillin-Procaina, che nasceva, in questo caso almeno, nei laboratori cecoslovacchi di Roztoky.
Non sappiamo se i massaggiatori fossero a conoscenza delle implicazioni politiche delle loro cure ai bordi dei campi di calcio, ma certo è che il rimanere in campo, come scrissero i giornali, curati con la Novocaina diventava un atto eroico che il pubblico apprezzava. Del resto le leggi sul doping, in Italia, non erano così severe nell’immediato dopo-guerra. La prima fu la numero 1099 del 1971. Basterebbe leggere il numero 20 del settimanale Guerin Sportivo 1979 per rendersi conto che molte sostanze erano considerate legali, nonostante i medici fossero consapevoli dei loro rischi per la salute. La ragione, certamente discutibile, per cui non erano vietate consisteva nel fatto che l'azione di questo doping non era immediata e dunque non avrebbe falsato l'esito di una gara.
Tra i farmaci permessi, l’articolo di Stefano Tura intitolato “Prima e... doping” citava, non solo i cardiotonici come il Micoren, gli analettici-bulbari, le vitamine o gli zuccheri, che spesso furono citati in epoca recente nei racconti dei calciatori al magistrato inquirente Raffaele Guariniello, o ancora i farmaci “xantinici” come la caffeina, ma parlava anche dei pericolosi anabolizzanti proteici come il Nandrolone, divenuto illegale solo con una nuova legge nel 2000. E sappiamo bene quanti sportivi furono scovati negli anni duemila con questo farmaco dopante che gonfia la massa muscolare! Si pensi soltanto che la miccia che fece scoppiare le polemiche sui giornali furono le dichiarazioni pubbliche dell’allenatore Zeman, il quale ironizzò sui muscoli sospetti dei giocatori della Juventus. Ma eravamo ancora nel 1998.
Le sostanze vietate già negli anni Settanta erano invece la Fentermina, il Metilfenidato, le Amfetamine, l’Efedrina, la Stricnina, l’Ibogaina, che è un curioso farmaco prodotto in Africa Equatoriale e permette una maggiore resistenza alla fatica, e infine un antidepressivo come la Pargilina.

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