sabato 25 maggio 2013

Maxitangente Enimont: la Montedison realizzò una plusvalenza di 645 miliardi


La Montedison con la sua vendita della quota nell’Enimont realizzò una plusvalenza di ben 645 miliardi. A dirlo è la Corte dei Conti in una relazione che venne inviata al Parlamento nell’aprile del 1991 e che oggi è rintracciabile nel motore di ricerca online di Google. Si tratta di un documento riservato di estrema importanza, che permette di conoscere il punto di vista di un garante dei conti pubblici nell’ambito della vicenda che ha fatto discutere per tutti gli anni ’90 per i suoi affari e specialmente quelli illeciti, l’affare Enimont. Per quella fusione, ma che sarebbe più giusto chiamare tentativo di fusione tra Eni e Montedison, poiché si ridusse a un acquisto di impianti e sotto-aziende da parte di Eni, nacque il filone principale di Tangentopoli noto come processo per la Maxitangente Enimont. Sembra da questi nuovi elementi che la Montedison abbia finanziato gli uomini politici, non solo con l’obiettivo di “oliare” un sistema di finanziamento ai partiti che esisteva fin dagli anni ’60, con la Edison di Giorgio Valerio e per obiettivi tutt'altro che chiari, ma proprio per realizzare quella plusvalenza di 645 miliardi. Gardini si era adeguato a una prassi consolidata con la complicità di Sama, Garofano e l'intermediazione di Cusani. Questo avvenne sia al momento di realizzare quella fusione, allorché era necessario ottenere per decreto legge l'esenzione fiscale, sia quando la fusione non fu possibile portarla avanti come lui voleva, privatizzando l’Enimont senza seguire i dettami del contratto, e fu necessario uscire in modo decoroso e oneroso dalla faccenda. La relazione della Corte dei Conti, firmata da tale Ristuccia, conferma le modalità con le quali si arrivò alla definizione del prezzo di vendita della quota di Montedison in Enimont (40%). Tutto andò come emerse nel processo di Mani Pulite. Quei 2.805 miliardi di vecchie lire, inoltre, e qui sta la novità, permisero alla Montedison di crearsi una plusvalenza grazie alla scelta da parte del Ministro alle Partecipazioni Statali, e degli esperti nominati dall'Eni, di far comprare all'ente di Stato le azioni al prezzo più alto rispetto al ventaglio di possibilità. Non solo, il documento dimostra che, nonostante questa cifra di vendita andasse stabilita prima della decisione di vendere o comprare Enimont, che era riservata a Montedison, il Ministro mirava chiaramente a spingere l'Eni verso un acquisto delle azioni Enimont, come se tutto fosse già stabilito. Alla fine, l'operazione secondo Ristuccia si dimostrò troppo onerosa per lo Stato e mise in luce la crescente difficoltà di far convivere in una grande azienda, con regole chiare e condivise, la parte pubblica con quella privata.

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