lunedì 25 giugno 2018

Ustica: fu atto di guerra contro ‘l’amico’ Gheddafi?


Forse fu un atto di guerra, un’esercitazione militare sicuramente no. Lo scenario internazionale che fece da sfondo al disastro dell’aereo DC-9 a Ustica il 27 giugno del 1980 ormai è molto chiaro. Lo si desume dagli archivi dei quotidiani, facilmente consultabili online, e dai documenti non più coperti dal segreto, specialmente all’estero.
Nei primi giorni successivi alla sciagura, in cui morirono 81 persone, i militari raccontarono di un’esercitazione che era in corso la sera del 27 giugno 1980. Ciò avrebbe impedito al radar di Marsala di visualizzare i velivoli che sorvolavano il cielo della Sicilia. Di esercitazione si è parlato recentemente sui giornali anche in relazione al racconto del militare americano Brian Sandlin, il quale, intervistato da Andrea Purgatori su La7, ha descritto una battaglia tra aerei statunitensi e libici nella quale sarebbe rimasto coinvolto anche il DC-9.
Eppure l’esercitazione della Nato si era conclusa il 30 maggio del 1980. Lo si può leggere sul quotidiano La Stampa del 15 maggio 1980. Il titolo dell’articolo di Piero Cerati era molto eloquente: “Navi di sette Paesi alleati a Napoli si ‘allenano’ per i casi d’emergenza”. “Forza di Dissuasione 1/80” era il nome in codice dell’esercitazione, ed era nota anche alle forze del Patto di Varsavia, tanto che anni dopo la citava anche un giornale ungherese. Il 15 maggio 1984 sul quotidiano Új Szó si poteva leggere: “Il Mar Mediterraneo da Alessandria a Gibilterra è attualmente un'area estremamente pericolosa, ha scritto nella recensione di ieri della Pravda Yuriy Vladimir.” E poi, sulla strage di Ustica, Új Szó aggiungeva: “è emersa una nuova prova del fatto che il missile lanciato da una simile pratica militare nel giugno 1980 ha causato la catastrofe dell’aereo con 81 persone.”
E’ proprio leggendo queste righe che mi sono messo a cercare sui giornali tracce di questa esercitazione, che veniva organizzata fin dal 1975, e per due volte all’anno, con una durata massima di un mese per ciascuna. Ed è apparso chiaro che c’era un problema di date. Piero Cerati descriveva in questo modo lo scenario di guerra di quei giorni: “Le navi formano una piccola squadra, che comprende il ‘Carabiniere’ (italiano) e l’Adatepe (turco), due caccia con armamento convenzionale; il Vreeland (americano) e il Brighton (inglese), due fregate con missili radar asserviti.” In un primo momento la ‘task force’ sarebbe rimasta nel golfo di Napoli, almeno dal 16 al 26 maggio. A quel punto si sarebbe avviata in alto mare per incrociare e appoggiare eventuali altre unità anche aeree. Lo scopo era quello di simulare una crisi internazionale improvvisa. Quest’ultima fase sarebbe stata, secondo Cerati, “un’esercitazione complessa che durerà dal 26 al 30 maggio”.
Cosa avvenne dunque la sera del 27 giugno 1980, se la ‘task force’ non era più operativa da 28 giorni? Per rispondere a questa domanda possiamo utilizzare un’altra informazione proveniente dai quotidiani. Il 27 giugno 1980, cioè lo stesso giorno del disastro di Ustica, sulle pagine del quotidiano La Stampa vi era un’altra notizia fondamentale. Il titolo dell’articolo era: “Gheddafi compera dalla Rai duecento ore di programmi”. Si scopre così che in quel periodo c’erano a Roma dei delegati del governo libico, e sarebbero probabilmente ripartiti quello stesso giorno. I giornalisti della Rai che per anni si sono occupati del caso Ustica avrebbero dovuto saperlo, perché gli uomini di Gheddafi erano esattamente nei loro uffici, quel drammatico giorno di 38 anni fa, per contrattare l’acquisto di programmi da trasmettere in Libia. Ecco il testo molto eloquente del giornale: “In questi giorni infatti una delegazione della tv libica ha visionato nella sede della Sacis alcuni dei migliori programmi culturali, di spettacolo, di intrattenimento, film, telefilm realizzati dalla Rai.”
Quali conclusioni trarre a questo punto? Potremmo iniziare a unire le tante certezze e disegnare un possibile scenario. Se è vero che i direttori degli aeroporti facevano parte dell’organigramma dell’Aeronautica militare, come scritto nel libro di medicina legale di mio nonno, non è assurdo pensare che, come sostenne nel 2000 l’onorevole Carlo Ciccioli, il direttore dell’aeroporto di Bologna fosse in grado di costringere il DC-9 a ritardare il decollo per scopi militari, cioè, in questo caso, per permettere a un aereo statunitense di inserirsi nella sua scia. Ma perché l’aviazione statunitense avrebbe dovuto compiere un simile azzardo? Evidentemente perché Gheddafi, che in Italia era trattato da amico, in ambito internazionale risultava il capo del terrorismo. Dunque poteva essere necessario monitorare gli aerei di Gheddafi, sia quelli di ritorno dalla trasferta nelle sedi della Rai, da Roma verso Tripoli (a meno che gli emissari libici non viaggiassero su un volo di linea), sia altri eventualmente decollati dal territorio libico. Una reazione improvvisa dei libici potrebbe aver innescato la guerra aerea che è stata ipotizzata da molti, e potrebbe aver causato la morte di 81 cittadini italiani innocenti.

Ma quella appena formulata è solo un'ipotesi. Che non può non tener conto di quanto esce sulla stampa. Ce ne potrebbero essere anche altre di teorie. Se ad esempio il Phantom di cui parlò l'onorevole Ciccioli non fosse stato americano ma italiano si potrebbe attribuire la caccia ai libici ai nostri servizi segreti, quelli perlomeno in disaccordo con la fazione più vicina a Gheddafi. 
A proposito del ritardo del DC-9, Andrea Purgatori sull'Huffington post ha scritto che l'aereo di linea rimase due ore sulla pista di Bologna per il maltempo. Sono andato a cercare le mappe meteorologiche. Esiste una carta sinottica delle ore 18 del 27 giugno 1980 del sito tedesco Wetterzentrale, la quale mostra che vi erano in quel momento sull'Italia delle correnti tese di tramontana. E questo per la mia piccola esperienza di osservatore esclude che su Bologna vi fosse un temporale, essendo sottovento. Mentre è possibile che il temporale si stesse scatenando su Ustica. Nell'archivio del quotidiano La Stampa le previsioni del tempo di quel giorno in effetti parlavano di cielo poco nuvoloso al nord e di temporali al sud. 
Quindi come escludere che il DC-9 fosse fermo per il maltempo? Ma quanti altri aerei avrebbero potuto fermarsi per la pioggia e non lo fecero? Basti pensare alla morte di Enrico Mattei dell'Eni, o alla fine tragica dei giocatori del grande Torino. Semmai per quel ritardo del DC-9 si potrebbe parlare di eccesso di zelo inconsueto. O di un'ottima copertura per altre oscure operazioni.

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