lunedì 9 novembre 2020

Se lo Stato ricompra le sue obbligazioni


Gli enti statali investono i loro soldi, e questo ci rende felici. La notizia la apprendiamo dalle relazioni della Corte dei Conti. In particolare ci ha colpito il bilancio di uno dei tanti enti di diritto pubblico che nel 2005 erano presenti sul territorio, l’Opera Nazionale per i Figli degli Aviatori (ONFA). Il problema è che questa ONFA, con un nome dal sapore antico e assai fascisteggiante, i suoi introiti li investiva nei Titoli di Stato. L’ammontare dell’investimento sfiorava quell’anno i 4 milioni di euro, corrispondenti quasi al totale delle sue disponibilità. Mi si corregga se sbaglio: ciò vuol dire che le obbligazioni emesse da un altro ente pubblico, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, finiscono in grosse quantità nelle casse di un altro ente statale. Questa operazione, nel campo azionario, ha un nome: acquisto incrociato di partecipazioni, ed è illegale. Se un imprenditore è proprietario di due aziende, che si chiamano A e B, l’azienda A non può comprare le azioni di B, né B può comprare le azioni di A, se non in modeste quantità. La normativa più aggiornata che ho trovato online parla di un limite del 3%, oltre il quale il cosiddetto acquisto di “partecipazioni incrociate” è vietato. Personalmente la reputo una norma piuttosto morbida. Ma cosa succederebbe se tutti gli enti pubblici acquistassero i BTP del MEF? Di sicuro li compra la Cassa Depositi e Prestiti. E probabilmente anche altri enti pubblici simili all’ONFA. Provo a disegnare uno scenario futuro. Immaginiamo che gli interessi dei BTP continuino a scendere, come gran parte della stampa italiana chiede, considerandolo, a torto, un indice di stabilità economica. E ipotizziamo che contemporaneamente il rating, cioè la credibilità dello Stato sui mercati, rimanga molto basso. Il cittadino privato accetterebbe ancora di investire i suoi risparmi sui titoli di stato? Molte banche lo sconsigliano già oggi. E gli enti pubblici? Continuerebbero a credere nello Stato, cioè su loro stessi? Probabilmente sì. Ma a quel punto si creerebbe un paradosso: lo Stato rimarrebbe indebitato per la maggior parte con se stesso. E chi ci garantirebbe che un domani il Governo e questi enti non si mettano d’accordo per rinunciare al loro credito/debito, creando una sorta di default assistito? E’ possibile che ciò avvenga? Potrebbe sopravvivere un sistema economico che non produce nulla e non accresce il proprio volume di affari? E, soprattutto, la Banca Centrale Europea sarebbe d’accordo?



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