venerdì 12 agosto 2022

Il sogno infranto del professor Dessens

Che futuro avrà la scoperta che i ricercatori mediorientali hanno presentato su nature.com? Ce la faranno i meteotroni del 2022 a “fabbricare” l’acqua tanto agognata in questi anni di crisi climatica? Abbiamo lasciato i lettori col dubbio e non ci pareva giusto congedarci da loro senza un piccolo approfondimento. Dunque, quella che vi abbiamo esposto è una scoperta sensazionale oppure no? La risposta è no, ma anche sì. Vediamo prima perché non lo è, e poi perché il fallimento potrebbe essere una bugia. 

Abbiamo fatto una ricerca sul web per recuperare altre informazioni sui meteotroni. In effetti, le testimonianze dopo l’ultimo nostro articolo sono aumentate. Il sito ina.fr, ad esempio, ha recentemente divulgato le interviste che rilasciò nei primi anni ‘60 il professor Jean Dessens. Chi era costui? Molti blog se ne sono già occupati. Fu un professore dell’università di Clermont Ferrand al quale venne un’idea. Aveva notato che dopo grandi incendi, o addirittura in seguito a pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, il calore che saliva verso il cielo andava ad interagire con l’aria più fredda presente alle alte quote dell’atmosfera. Risultato, si formavano nubi e in qualche caso addirittura temporali. Nacque il meteotrone, con lo scopo di generare pioggia per le popolazioni del Congo. La Francia, dopo il test nel deserto del Sahara con la bomba atomica, continuava a mostrare i muscoli all’interno della NATO. 

8 novembre 1961. La televisione visita il centro sperimentale di Lannemezan, sui Pirenei francesi. Una serie di ben cento bruciatori, collocati su un terreno arido, provoca, davanti alle telecamere, un fumo nerissimo che sale verso il cielo e genera cumuli nuvolosi, poi nuvoloni neri (come si vede anche nel disegno del quotidiano La Stampa). 

Dunque test riuscito? Si respira grande ottimismo. In realtà, un articolo del 18 marzo 1987, pubblicato sulla Stampa a firma di Gino Papuli, ci dice che la risposta è no. Dopo 25 anni di esperimenti i risultati erano terribilmente scarsi. Il progetto era stato ribattezzato ottimisticamente “cocagne”, cuccagna, ma di acqua se n’era vista pochissima. Furono sperimentate tre generazioni di meteotroni, l’ultimo dei quali in grado di sviluppare una potenza di mille megawatt - spiegava Papuli - ovvero l’equivalente di una centrale termoelettrica, consumando 150 tonnellate di carburante in un’ora e mezza di autonomia. Furono condotti 110 test dal 1961 al 1987: nel 52% dei casi si ebbero nuvole, ma solo nel 5% la combustione diede frutto portando delle “pioggerelle”. Quindi su cento tentativi, 2-3 soltanto produssero qualche risultato. Tutto questo consumando tonnellate e tonnellate di carburante. Era un vero fallimento. Eppure, l’articolo ci annunciava che la Francia non demordeva. Gli esperimenti proseguivano. E qui ci sorge il dubbio. Perché continuare ad investire soldi pubblici per 25 anni in un progetto privo di speranze concrete? La risposta probabilmente è negli altri articoli che ci erano comparsi nel motore di ricerca del quotidiano La Stampa, cercando appunto il nome di Dessens. 

Dobbiamo tornare indietro di 22 anni. 21 maggio 1965: il Piemonte è alle prese con una terribile siccità e il governo ha annunciato alla popolazione in tv di voler provocare la pioggia con lo joduro d’argento. Ce lo spiega un articolo di piede del quotidiano torinese che accompagna la cronaca locale: “furiosi temporali” hanno appena colpito la regione. Cos’è lo joduro d’argento? Anche di questo il nostro blog si era occupato già varie volte. Secondo l’articolo della Stampa firmato da Giberto Severi, si trattava di una sostanza nata con lo scopo di impedire la caduta della grandine e poi via via impiegata per favorire la pioggia. E’ come “un calcio nel sedere dato a un mulo lento ad avviarsi”, dove il mulo sarebbero le nuvole. Così si esprimeva un esperto del centro meteo di Fiumicino nell’articolo di Severi. E chi era l’ideatore di questo rimedio? Ma naturalmente lui, il professor Dessens, con l’aiuto di un altro scienziato, lo svizzero Sanger, e di un chimico americano, Irving Langmuir. Dessens si era accorto che con pochi grammi di joduro poteva produrre tanti millimetri di pioggia su svariati chilometri quadrati di territorio. Come sappiamo, su questi risultati non c’è mai stato accordo tra gli scienziati. Si disse: non sapremo mai se quelle nuvole potevano produrre pioggia anche senza joduro. Ma se le nuvole fossero state autoprodotte da un altro esperimento? Il discorso sarebbe stato diverso. 

E allora forse qualcosa la Francia ci nasconde. C’è solo un articolo, molto datato in verità, del 27 marzo 1964, in cui il giornalista, che si firmava con lo pseudonimo di Didimo, presentava la nascita del meteotrone, in Francia, proprio con lo scopo di unire la formazione delle nuvole all’inseminazione delle stesse con lo joduro d’argento, che non stava fornendo i risultati che erano stati sognati. 

Dunque, attenzione: anche la scoperta di due mesi fa degli scienziati mediorientali non va sottovalutata, perché rappresenta un tentativo di costruire meteotroni di nuova generazione, che consumino meno carburante e offrano la massima resa. Sempre che tutto vada come nei sogni di Dessens...

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