martedì 17 gennaio 2023

Lo scoop del Carlino sul generale Dalla Chiesa

 

Mi sembra doveroso, nel periodo in cui sulla Rai va in onda uno sceneggiato sul generale Dalla Chiesa, ricordare uno scoop. Uno di quelli che si fanno una volta nella vita e che la stessa vita te la cambiano, forse te la rovinano pure. Non so se Luciano Biliotti, scomparso 24 anni fa, cronista di nera molto scaltro ed esperto, si fosse reso conto di quello che stava facendo. La notizia curiosa, come il classico da manuale "uomo morde cane", che pubblicò il 10 agosto del 1979 sul Resto del Carlino, stava per cambiare la storia delle Brigate Rosse. Ma sì, probabilmente lo aveva messo in conto. Quello che non si aspettava era che qualche decennio dopo un suo collega della stessa redazione anconetana diffondesse un libro che capovolgeva la vicenda e trasformava il Resto del Carlino di Ancona in un gruppo di simpatizzanti delle Bierre. 

Ho lavorato per quella redazione, non mi hanno permesso di fare carriera, purtroppo, come avrei voluto, ma ho pensato subito dopo aver letto quel libro che i miei colleghi non potevano assolutamente essere così. Ho approfondito ulteriormente e ne sono sempre più convinto.

Luciano Biliotti quel 10 agosto del 1979 divulgò una notizia che poteva sembrare esilarante: la Digos, cioè la polizia di Stato, aveva arrestato ad Ancona un carabiniere. Non uno qualunque: era un esperto dell'antiterrorismo al lavoro per il generale Dalla Chiesa, il quale da poco era stato rimesso al comando della lotta all'eversione rossa. La Digos lo aveva pedinato, aveva scoperto che incontrava spesso giovani dell'estrema sinistra e aveva deciso una perquisizione nella sua abitazione di Montacuto. 

Cosa accadde a quel punto? Noi sappiamo ormai alcuni retroscena. Biliotti era in contatto con i Servizi segreti, magari gli stessi uomini del generale Dalla Chiesa. Ci deve essere stato panico. I Servizi che si erano infiltrati all'interno delle Bierre non immaginavano che la Digos fosse così avanti con le indagini. E' possibile che Biliotti fosse in possesso di una ricetrasmittente con cui teneva sotto controllo, per finalità lavorative, le conversazioni della polizia e da lì potrebbe aver ascoltato il disappunto della Digos. Il carabiniere, vistosi perduto, si sarebbe a quel punto qualificato e il Sismi avrebbe chiesto alla Digos di lasciar stare, che c’erano loro. Ritengo altamente improbabile che l'uomo del generale Dalla Chiesa potesse aver lasciato nella sua abitazione tracce dell’attività investigativa, che lo stava mettendo sulle tracce addirittura di Mario Moretti. Perché i tempi coincidono perfettamente con la partenza di Moretti da Numana con il Papago, in quel famoso viaggio alla ricerca di armi in Medio Oriente, che avvenne a fine agosto del 1979. Dunque, il carabiniere si stava spacciando per un giovane qualsiasi. Ce lo fa dedurre il documento della CIA che rimarcava la difficoltà degli uomini di Dalla Chiesa nell’inserirsi nelle Bierre. Non si trattava di un’operazione che si svolgeva da un giorno all’altro. Le Bierre erano compartimentate e diffidenti, ti costringevano a prove molto dure, anche rapinare o uccidere, proprio perché si aspettavano un inserimento dei Servizi. E perciò quel carabiniere non sarebbe mai dovuto uscire allo scoperto. E invece fu scoperto. Biliotti lo venne a sapere e divulgò tutto, inconsapevole dei grandi movimenti che si celavano dietro questa operazione. La magistratura lo mise sotto inchiesta e lui si appellò alla segretezza delle fonti, affermando soltanto che l’informatore era un “pubblico ufficiale”. 

Che cos’è uscito invece nel libro successivo? Qui è il capo delle Brigate Rosse, identificabile probabilmente in Alberto Franceschini, a raccontare al cronista del Carlino di Ancona dell’esistenza di un patto Digos-Antiterrorismo per non arrestare Moretti. Anzi è il momento clou del romanzo. Si lascia intravedere una pericolosa vicinanza tra Sismi e Brigate Rosse stesse, che a quel punto poterono continuare ad agire indisturbate, con Moretti che a fine agosto salpò tranquillamente da Numana. Come farebbe dunque Franceschini a conoscere questi dettagli? Ora lo capiamo. Li aveva letti sul Resto del Carlino di Ancona, e non viceversa! 

Immagino lo stupore di Moretti nello scoprire che un suo amico di lotta clandestina (anche un assassino?) in realtà era un carabiniere. Chissà cosa avrà pensato: che dovevano essercene molti altri nell’organizzazione? che tutte le Bierre erano eterodirette, magari dalla CIA? (ogni riferimento ai complottisti di oggi è puramente casuale) Dall’altro lato immagino la rabbia del Sismi, che doveva rinunciare ad arrestare il nuovo capo delle Brigate Rosse (perché non posso pensare a un Dalla Chiesa complice di Moretti). Quale sorte sarebbe capitata ad altri infiltrati? E’ per questo che non si seppe mai granché di loro e ci vollero i primi pentiti per arrivare agli arresti? Ma allora perché non arrestare comunque Moretti, in modo da salvare il salvabile e non abbandonare gli altri “collaboratori”? Non avevano elementi sufficienti?

La vera storia comunque non potrà prescindere dai punti fermi che abbiamo enumerato. Biliotti aveva fatto il suo dovere, cercando di sapere più di quel che gli era consentito. Lo aveva fatto per i lettori e io lo apprezzo. Purtroppo per arrestare Mario Moretti ci vollero altri due anni, durante i quali il capo delle nuove Bierre poté compiere altri gravi delitti. 

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