domenica 23 giugno 2013

Ingroia, De Magistris e Di Pietro: "Ci declassano in politica"


La notizia non sono le dimissioni di Ingroia ma la conferma che c’è un’autostrada che collega ormai la Magistratura alla politica. E’ stato così per Di Pietro, amato e odiato per Tangentopoli, lo è stato per De Magistris, acclamato come eroe senza aver condotto a termine la sua inchiesta “Why not?” e senza aver arrestato nessuno, e lo è da ultimo per Ingroia, del quale personalmente, non avendo mai vissuto in Sicilia, sento parlare solo ora per le sue lamentele. Ma silenziosamente erano entrati in politica anche Vito D’Ambrosio, nemico di De Magistris, e Piero Grasso, altro magistrato antimafia. Molto prima di loro era sceso in campo Luciano Violante, ex presidente della Camera, e chissà quanti me ne sto dimenticando. Quello che non si capisce è se si tratti davvero di un declassamento, frutto di una lotta interna, oppure la Cupola mafiosa, che non permette loro di indagare (Ingroia soprattutto visto che lo ha denunciato pubblicamente), stia offrendo a questi presunti nemici la possibilità di occupare altri posti strategici dello Stato, non meno remunerati. Perché se la mafia è davvero ancora molto attiva in Italia il suo centro di potere sembra si sia spostato molto in alto. Lo stesso film La Piovra profetizzava negli anni ‘80 e ‘90 uno scenario di questo genere: la mafia per pulire il denaro ha bisogno dello Stato. Dunque la scia di sangue si è esaurita solo perché la lotta per andare al potere è stata vinta dal malaffare?




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