venerdì 14 aprile 2017

Droga, una legge prevedeva sequestri in fotocopia?


Da diversi anni certi articoli dei giornali locali, specialmente di Ancona, si ripetono in fotocopia. Lo avrete notato pure voi. Ci riferiamo agli innumerevoli sequestri di droga portati a termine dalle cosiddette forze dell'ordine. Stamattina leggendo un pezzo di Daniele Carotti del Corriere Adriatico, impeccabile come un ex cronista dell'Ansa deve essere, mi ha colpito un dettaglio: la droga sequestrata viene inviata dalla stessa polizia a Teramo per essere bruciata. Mi sono allora chiesto: come andava in passato? Ho cercato nel bellissimo archivio della Stampa, che va ringraziata mille volte per questo servizio, e ho scoperto che negli anni '80 non era così semplice liberarsi del corpo di un reato, com'è ovvio. Intanto c'era un unico inceneritore ministeriale, non uno in ogni regione italiana, o quasi, come pare avvenga adesso. Inoltre, quella droga sequestrata doveva rimanere in tribunale a disposizione dei giudici fino alla fine del processo, e i tempi allora non erano velocissimi. Ma comunque non potevano certo essere le questure a occuparsi dello smaltimento, bensì serviva una delibera di una speciale commissione. Era un iter lungo durante il quale potevano verificarsi dei furti. Come si è arrivati allora ai freddi arresti di questi tempi? Nel 1990 uscì una norma specifica sulla procedura da seguire. La mia personale impressione è che un simile decreto legge prevedesse, come accennato prima, arresti e sequestri scaglionati simili a quelli a cui abbiamo assistito in questi decenni. La scarsa credibilità di questo sistema la si coglie anche scoprendo su Wikipedia che la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga, che fu istituita con legge del 1991 al posto del Servizio Centrale Antidroga, dipende direttamente dal Ministero dell'Interno e non dalla magistratura, con evidente violanzione dell'autonomia del potere giudiziario.

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