sabato 1 settembre 2018

Gli investimenti segreti del Vaticano

Bernardino Nogara (1870-1958), banchiere e ingegnere del Vaticano, in una foto in pubblico dominio di Wikimedia Commons.

Perché i nostri quotidiani non scrivono che a Genova il 14 agosto 2018 è crollato il “ponte del Papa”? Questa è la cruda, amara realtà, se dovessimo tentare una ricostruzione storica. E’ incredibile che nel motore di ricerca di Google News, cercando “Condotte d’acqua”, cioè il nome della società che negli anni ‘60 costruì il ponte Morandi sulla A10 di Genova, e aggiungendo Sindona, si ottenga un solo risultato, risalente a pochi mesi prima del crollo del Polcevera. Si tratta di un articolo di Today del 28 giugno 2018, sulla crisi dell’attuale gestione dell’azienda. Non sembra una dimenticanza, sarebbe troppo grave. Ci pare piuttosto che si cerchi di evitare di scendere nell’argomento. 
Eppure con un’inchiesta giudiziaria in corso sui materiali di costruzione del ponte, sarebbe inevitabile tornare al 1967. L’articolo di Today, nel tratteggiare brevemente la storia di “Condotte”, come viene chiamata la ditta romana, specificava che negli anni ‘60 questa apparteneva all’Amministrazione Speciale della Santa Sede, e a Bastogi, per poi venire rilevata da Sindona. Pare che la quota di partecipazione del Vaticano in “Condotte” ammontasse a 7 miliardi di vecchie lire, e che il presidente fosse un'influente personalità del Vaticano, erede di una storica famiglia: Giovanni Battista Sacchetti. Sia quest’ultimo, sia Massimo Spada, comparivano in un articolo della Stampa del 1959 nel quale, su richiesta politica, venivano pubblicati dall’allora ministro delle finanze Preti i redditi degli anni ‘50 di alcuni uomini della Santa Sede. Vediamoli un attimo perché sono interessanti. L’avvocato Massimo Spada era passato da un reddito dichiarato di 2.600.000 lire nel 1951 ai 20.600.000 lire nel 1958, con un progressivo incremento. Molto curiose le dichiarazioni del marchese Giovanni Battista Sacchetti, presidente di Condotte d’acqua. Ogni anno l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate gli contestava i redditi, correggendo al rialzo le sue cifre. Nel 1951 ad esempio, se il Sacchetti aveva dichiarato 5.146.328 lire di reddito, l’ufficio gliene contestava 27. Nel 1952 dai 5.774.976 milioni dichiarati si passava ai 35.718.430 lire che risultavano dai controlli. Nel 1953 si andava dai 7.363.999 dichiarati ai 36.388.359 lire contestati. Nel 1954 da 9.207.680 a 31.778.994. Nel 1955 da 12.726.833 a 31.890.144 lire. E ogni anno il marchese Sacchetti preferiva andare in causa con lo Stato. Nell’elenco figuravano poi l’ingegnere Bernardino Nogara, l’ingegnere Eugenio Gualdi, il principe avvocato Marcantonio Pacelli, l’avvocato Vittorino Veronese, l’ingegnere Enrico Piero Galeazzi, e infine il principe Carlo Pacelli.
Ma abbiamo anche trovato la vera prova che Michele Sindona e Massimo Spada si conoscevano già prima dell’ottobre 1969. In quel periodo ci pare che non avvenne una vera vendita di “Condotte” a Sindona, quanto piuttosto un passaggio di consegne tra due gruppi di amministratori. Ebbene i due uomini subentranti, Spada e Sindona, vantavano già un’amicizia decennale nella politica economica della Santa Sede. Nel numero 25 dell’inverno 1986 dell’opuscolo “Covert Action, Information bulletin”, pubblicato a Washington e presente nell’archivio della CIA, a pagina 35, si legge che uno dei primi passi mossi da Sindona per avvicinarsi al denaro del Vaticano fu la conoscenza verso la fine degli anni ‘50 di Massimo Spada, definito un nobiluomo del Vaticano e un anziano membro della Banca Vaticana, lo IOR. Fu in quel periodo che Sindona strinse amicizia anche con il futuro papa Paolo VI, il cardinale di Milano, Giovanni Montini. Fu dai soldi percepiti dal Montini che Sindona iniziò la scalata alla banca che poi mandò in rovina, la Banca Privata Italiana, un istituto di credito che riceveva i fondi direttamente dallo IOR. Papa Montini fu accusato dallo stesso giornale di aver aiutato i criminali di guerra nazisti a rifugiarsi all’estero e a sfuggire alla cattura.
Di questi personaggi si occupava anche il nemico comunista in Ungheria, molto interessato a colpire gli esponenti filo-americani del Vaticano. Due gli articoli che sono disponibili in archivio: quello dell’11 aprile 1958 del giornale Új Szó, e nel numero di Dolgozók Lapja del 15 ottobre 1960. I giornalisti magiari polemizzavano sul potere temporale della chiesa, scrivendo: “Il Vaticano è uno dei poteri più capitalisti, e serve gli interessi del capitalismo. E gli interessi del capitalismo non hanno nulla a che fare con gli interessi della pace nel mondo.” Bernardino Nogara e Massimo Spada figuravano come due importanti personaggi della Santa Sede, al timone degli affari della Banca vaticana dello IOR, cui era collegata una delle più grandi banche svizzere, la Schweizerische Kreditanstalt. Di conseguenza la caratteristica, - specificava il giornale ungherese Dolgozók Lapja - di questi conti correnti era la segretezza e l’impossibilità per le autorità pubbliche italiane di accedervi. Massimo Spada era già all’epoca presidente di quattro società italiane e della Banca cattolica del Veneto, ma pare fosse vicedirettore in altre ventuno società. Nogara, inoltre, risultava essere stato attivo nella gestione di varie aziende, tra le quali la Montecatini, che diverrà presto la futura Montedison, fabbrica leader della chimica ma anche della produzione di armi.

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