mercoledì 18 dicembre 2019

Il mistero delle notizie scomparse con Atlantide


L’altro giorno abbiamo deciso di rivedere online tutta la puntata di Atlantide, su La7, dedicata alla strage di Milano del 1969. Parliamo ovviamente della bomba che fu piazzata da mani tuttora ufficialmente ignote nella Banca dell’Agricoltura, in Piazza Fontana. Un triste evento su cui sono state spese molte parole di cordoglio dalle autorità nell’anniversario dei 50 anni. Parole tante, passi avanti però, diciamolo: zero. E non sarà certo l’ultimo lugubre anniversario della nostra democrazia.
Come ho scritto direttamente all’autore Andrea Purgatori, su Twitter, ho delle serie perplessità sulla sua ricostruzione. Innanzitutto in un’indagine storica, che vorrebbe essere un ampio riassunto della strategia della tensione da tramandare alle giovani generazioni, manca la parte internazionale del terrorismo. Ciò vuol dire che è stato dimenticato, o peggio ancora omesso, un pezzo di storia già ampiamente documentato, fondamentale per arrivare ad una visione completa di quegli eventi. Si poteva parlare ad esempio dell’attentato di Fiumicino del 1973, che coinvolse direttamente i Servizi segreti italiani. Ma è solo uno dei fatti che sono stati ignorati, a partire dall’operazione “Principe nero” con cui nel 1970 il capo del controspionaggio Ambrogio Viviani mise sotto la protezione italiana il colonnello libico Gheddafi. Pensate un po’.
Un secondo problema è che Gladio mandante del terrorismo è una tesi affascinante, ma sostenuta con questa perentorietà suona superficiale, e oltre a ricalcare le accuse dei sovietici finisce in un vicolo cieco: la commissione Gualtieri stabilì nel 1992 che anche l’antiterrorismo era Gladio, e quindi, di conseguenza, alcuni settori dei carabinieri. Galvaligi, che morì per opera delle Brigate Rosse, tanto per dirne un’altra, era il loro ideatore? Oppure lo poteva essere il generale Dalla Chiesa, che, sia pure con tanti strani ed eterni infiltrati, le individuò e fece arrestare? Per carità, le assurdità non mancano in quelle operazioni da film poliziesco, penso all’episodio che vide come doppiogiochista Frate Mitra, ma bisognerebbe approfondire. Non si può certo lasciar cadere l’accusa e passare ad un altro argomento. Chi vi scrive ha già letto, per curiosità e senso del dovere,
dossier su dossier (è bene specificarlo perché il mondo del giornalismo pullula di gente che ti chieda: ma perché non fai un altro mestiere visto che non ti pagano?). Una risposta definitiva non l'abbiamo ancora trovata, mentre il simpatico autore di Atlantide lascia intendere di averla già in tasca. Vuol dire probabilmente che passa più tempo di noi a leggere i libri della guerra fredda (ma ci crediamo poco).
Capitolo mandanti: se tutti i Servizi italiani, senza distinzioni, idearono il terrorismo negli anni ‘70, come si spiega l’attuale guerra al terrorismo islamico condotta da Forte Braschi, la sede storica e per giunta inviolabile dei Servizi segreti, che tutti i governi finanziano? Una chiave di lettura a questo punto bisognerebbe offrirla, altrimenti il telespettatore potrebbe pensare che, giacché avevano già inventato la strategia della tensione, i nostri Servizi segreti potrebbero aver escogitato anche l’attentato al World Trade Center del 2001. Perché no? Così abbiamo anche aiutato gli americani a recuperare il petrolio mediorientale.
Nel finale del documentario viene poi riproposta l’intervista a Bortolameolli, certamente non una grande rivelazione per chi segue questi argomenti. Faceva parte di uno speciale della pay-tv andato in onda oltre 10 anni fa. Mi risulta che quel gladiatore morì poco dopo l’intervista. Tutto questo andava verificato e specificato, perché altrimenti si dà al telespettatore più informato e attento (noi lo siamo senza falsa modestia) l’idea di voler proporre una minestra riscaldata, che non è né storia, né giornalismo.
Insomma, diciamolo francamente, siamo pessimisti sui lavori degli altri, ossia dei colleghi che portano a spasso per le redazioni (e non la ripongono nel cassetto come noi) la costosissima tessera stampa. E diciamo degli “altri” anche perché non condividiamo nulla di ciò che dicono e fanno i giornalisti italiani contemporanei. Il mondo del giornalismo va avanti senza di noi, ma noi riteniamo che non potrà correre molto lontano, specialmente fingendo di non vedere il nostro lavoro, magari perché non ci siamo piegati alle non regole della categoria (ma esiste ancora?), o, per esser più espliciti, ai finti contratti di assunzione.
Intanto queste inchieste sugli anni di piombo. Come definirle? Più leggiamo articoli e documenti dell’ex mondo sovietico di casa nostra, più ci sembrano la brutta copia delle teorie sul terrorismo che nacquero oltrecortina. Per offrire un esempio concreto di quanto sosteniamo vi proponiamo la traduzione integrale di un lungo articolo, interamente dedicato alla morte di Aldo Moro, che uscì sul giornale ungherese Uj Szò, il 9 dicembre del 1983. Il succo del pezzo del giornalista Vlagymir Malisev, che abbiamo tradotto in maniera certosina con Bing e Google, anche se non mancano purtroppo i punti un po’ oscuri, è che le Brigate Rosse sarebbero state ideate nelle università della California da un certo Marcus Raskin, esponente di spicco della sinistra americana, con i soldi del ricco Rockfeller.
Colpo di scena. Noi ci abbiamo messo 50 anni per arrivare al documentario di Atlantide e loro avevano già il colpevole nel 1983? Ma sarà vero? Non sarà vero? Bell’interrogativo. Amletico, diremmo. Una nostra verifica ha portato a dedurre che in Italia se ne parlò soltanto nel 1977, che Raskin fu informato subito delle invettive comuniste e che, sostanzialmente, replicò con una scrollata di spalle. Non ne so nulla, avrebbe affermato ai giornalisti americani che lo intervistarono. Come a dire che dai nemici sovietici ci si poteva aspettare questo e altro. Eppure se leggete bene il pezzo la teoria non fa una piega, e riprende tutti i concetti esposti in questi mesi dall’onorevole Gero Grassi, in parte dallo scrittore Giovanni Fasanella (lui accusa un po’ tutti di essere i mandanti del caso Moro: russi, cecoslovacchi, americani, francesi, tedeschi e persino la regina d’Inghilterra; non me ne voglia ma ho letto più o meno così nella recensione), e dal giornalista Andrea Purgatori in televisione. Anzi, lo sconosciuto Malisev (ma per caso è il regista russo che si trova cercandolo su Google?) aggiunge altri spunti di riflessione, si veda ad esempio lo scetticismo sul pentimento di Patrizio Peci. E tira in causa un personaggio realmente esistito nella storia delle Brigate Rosse: Ronald Stark, di cui abbiamo ampiamente parlato. 
Ma resta un grosso punto interrogativo, quello che proprio nel 1977 l’ex Ministro degli Interni, Francesco Cossiga, non riusciva a sciogliere nel bel documentario di Corrado Stajano e Marco Fini (“La forza della democrazia”, certamente superiore ad Atlantide): questi infiltrati erano traditori del Servizio segreto, e quindi complici dei terroristi, oppure agenti al servizio della giustizia che andavano salvati?

CORPO NEL BAGAGLIAIO DELLA RENAULT ROSSA
Il giorno in cui Moro è stato ucciso, ero distaccato al ramo romano del TAS.
Intorno alle due, il telex batte la notizia: "Oggi, nel centro di Roma, il corpo di un uomo sconosciuto è stato trovato in via Gaetani". Dopo alcuni minuti strazianti, il telex parlò di nuovo. Il nastro blu recitava le seguenti parole: "Il corpo di Aldo Moro è stato trovato a Roma".
Appena ho ceduto l'emergenza a Mosca, mi sono imbattuto in strada, mi sono sbattuto contro l'auto TAS e sono andato verso il centro di Roma. Ho acceso la radio in macchina. Nuovi dettagli sono diventati noti. Nel bar Gaetani, nel centro storico di Roma, è stato trovato poco stretto sul corpo di Moro. La strada non poteva essere avvicinata, l'uomo sulla schiena dell'uomo. L'intera area è stata isolata dalla polizia. Sto arrivando. Ho avuto difficoltà a combattere attraverso il denso cordone della polizia, e mi sono fermato di fronte a un camion a marchio Renault parcheggiato alla recinzione di ferro. Nel bagagliaio, c'era un corpo avvolto in una coperta. La sua testa era inclinata a sinistra senza vita, gli occhi semiaperti, il viso coperto di stoppie autunnali.
Durante l'autopsia, il coroner determinò che Moro era stato ucciso con 11 colpi sparati da dietro una mitragliatrice.
Il procuratore ha fatto luce su qualche dettaglio. Moro era tenuto in un bagno. I suoi capelli erano tagliati da un parrucchiere. Era nello stesso vestito e biancheria intima in cui è stata catturata, ma sembrava essere stata pulita e stirata.
Così Moro non era nascosto in una foresta o seminterrato, ma in un appartamento in città con comfort. Infatti, a giudicare dal breve periodo che intercedeva dall'omicidio alla scoperta del corpo, si potrebbe concludere che il leader del KDP ... lo nascosero nel centro di Roma. L'ipotesi che il corpo sarebbe stato trasportato dai sobborghi all'alba alla città circondati dalla polizia doveva essere liquidato come completamente inaccettabile, poiché il traffico era molto scarso al mattino presto, e ogni singola auto è stata perquisita dalla polizia.
Chi ha ostacolato il leader del KDP?
Moro difficilmente può essere definito una figura politica progressista, come era a capo di un partito conservatore borghese, ed è responsabile di tutti i problemi che ora colpiscono l'Italia: la crisi economica, il lavoro, la miserabile situazione del Sud, l'inesorabile aumento del terrorismo, l'inesorabile aumento della criminalità. Allora perché Moro è stato ucciso? Ho passato tutto quello che è stato scritto in questi giorni su giornali e riviste... È risaputo che quando Aldo Moro è stato rapito, non ricopriva alcuna posizione nel governo o nell'apparato statale, ma era semplicemente un funzionario di partito, il presidente del KDP, Moro, il sindacale del partito, poteva ostacolare il KDP come presidente. Qualcuno ha beneficiato della scomparsa di Moro dalla scena politica. Chi? E per cosa?
Moro nacque in un piccolo villaggio del sud Italia in una famiglia di modesti redditi. Suo padre era un insegnante di scuola e sua madre era un'insegnante di scuola elementare. Aldo è stato benedetto con un talento insolito. All'età di 24 anni, ha insegnato legge presso l'Università di Bari. Nel 1945 si unì al Partito Cristiano Democratico e due anni dopo fu eletto membro del parlamento. Ma nel governo cristiano-democratico di Gasperi, Moro fu nominato vice segretario di stato. La brillante carriera del giovane membro del governo fu inaspettatamente spezzata. La ragione: Moro si oppone alla partecipazione dell'Italia al patto nord atlantico che si è evoluto all'epoca. Il 4 aprile 1949 non comparve nella sessione parlamentare sull'adesione dell'Italia alla NATO. Ma De Gasperi non perdonò Moro per questa testardaggine e lo escluse dal governo.
Neanche gli americani hanno preso bene la mossa di Moro. E’ ben noto come Henry Kissinger, ex Segretario di Stato fosse ostile  al Presidente del KDP. Dobbiamo presumere che non sia stata solo una antipatia personale. L'ex Segretario di Stato americano ha descritto la posizione di politica estera di Moro come "estremamente negativa".
La carriera politica di Aldo Moro, che sembrava essersi interrotta nel 1953, dopo la sconfitta elettorale di De Gasperi ricominciò a risorgere. Nel 1955 fu nominato Ministro della Giustizia, poi una posizione chiave nel KDP, eletto segretario politico, e nel 1963 fu primo ministro del primo governo di centrosinistra.
Negli ultimi anni, Moro ha spianato la strada ai democratici cristiani per cooperare con il Partito comunista. E se pensiamo al fatto che Gardner, l'ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, era nel cuore d'Italia pochi giorni prima del suo rapimento,
la sua personalità più politica, il quadro è quasi chiaro...
In alcuni ambienti, Moro divenne un simbolo: simboleggiava il turno dell'Italia di sinistra, il coinvolgimento dei comunisti nel governo, la svolta da cui queste persone dipendevano più di ogni altra cosa. Ecco perché Moro dovette essere rimosso dal livello politico, ma questo fu fatto da altri, le "Brigate Rosse". Ciò è supportato, tra l'altro, dal fatto che dopo la morte di Moro, la linea politica del KDP prese una brusca svolta a destra. Al congresso del KDP del febbraio 1980 fu presa la decisione: in nessun caso si poteva entrare per formare un governo in cui i comunisti sarebbero stati seduti.
IL PENTIMENTO-CONFESSIONE DI UN TERRORISTA
Due anni dopo l'omicidio di Moro, l'indagine ha preso una piega inaspettata e sensazionale. Uno dei terroristi delle Brigate Rosse ha cominciato a parlare. Si chiama Patrizio Peci, un attivista di 28 anni del gruppo romano.
Il 4 maggio 1980, il quotidiano romano Messagerro pubblicò un rapporto sugli interrogatori di Peci. Tra gli altri, leggiamo in esso: "Chiedo il mio interrogatorio immediato. Dopo una profonda crisi morale e una lunga riflessione, sono giunto alla conclusione che come uomo e come comunista (ascolta, Peci si definisce comunista! - V.M.) sono obbligato a dire alla corte tutto ciò che io, in quanto membro delle "Brigate Rosse", ho fatto a quello che so a riguardo e al loro lavoro in miniera ".
In futuro, Peci spiega che le "Brigate Rosse" si stavano preparando accuratamente a rapire Moro, e per mesi hanno seguito la vittima prevista. Sulla spiaggia, lontano dalla gente, hanno fatto esercizi a cavallo con mitragliatrici e pistole.
Quando l'ondata di sensazioni si placò un po ', sorsero varie domande. Patrizio Peci ha detto la verità? Ti ha davvero detto tutto quello che sapeva, o ti ha appena detto quello che volevano sentire da lui? In primo luogo, è sospetto che Peci si sia dichiarato comunista all'inizio dell'interrogatorio. Anche se le "Brigate Rosse" erano felici di ricorrere alla terminologia "di sinistra" e persino di chiamarsi a vicenda, il nome comunista è evitato il più possibile. Per i giornali borghesi, la testimonianza di Peci era una bomba. Dopo tutto, uno stesso "comunista" confessa che lui e i suoi "colleghi" hanno rapito e ucciso Moro! Inoltre, Peci ha confessato di essere coinvolto nel rapimento e nell'omicidio di Moro quando è stato catturato.
Un altro dettaglio caratteristico. Peci disse della prigionia di Moro: "Moro si comportava con dignità". Questa affermazione, tuttavia, contraddice le lettere inviate dal capo del KDP dal nascondiglio alla sua famiglia, al governo, alla leadership del kdp.
L'OMBRA DELLA CIA SUGLI APPENNINI
Nel settembre 1981, la stampa italiana pubblicò la notizia che la CIA era dietro il caso Moro. La testimonianza fu trapelata dal fatto che "un informatore sconosciuto" disse alla polizia nel maggio 1979 che un individuo di nome David, un membro del famigerato Green Beretspecial Corps, era un ex capitano dei Marines, che in seguito divenne il U.S. Central. Divenne consigliere militare della sua agenzia di intelligence nella Germania Ovest per orchestrare il rapimento di Aldo Moro e l'omicidio della sua guardia del corpo. Visse a Rama e Milano per un po'.
David era amico intimo di un americano di nome Ronald Stark. Quest'ultimo aveva stretti legami con le Brigate Rosse. Start fu arrestato per la prima volta e condannato per traffico di droga nel 1975. Secondo la stampa, Stark ammise già nell'aprile 1976 che le "Brigate Rosse" avevano rapito una grande figura politica romana.
Li ha anche traditi come terroristi.
Anche F. Coco, il procuratore generale di Genova, dovrebbe essere assassinato. Due mesi dopo, l'assassinio fu compiuto.
La testimonianza di Stark, tuttavia, non era di maggiore importanza per ragioni incomprensibili. Tutto ciò che è successo è che è stato trasferito in un'altra prigione. Come affermato dall'Unita, Stark ha avuto visitatori regolari nella prigione: Wandey Hans, noi vice console a Firenze, e altre figure ufficiali americane. Fu anche avvicinato da personale dei servizi segreti italiani.
"La CIA", ha detto Philip Agee, un ex agente dell'organizzazione di spionaggio americana, in un'intervista con il settimanale europeo, "ha ampia esperienza e tradizione nel campo dell'interferenza nella vita politica interna italiana. La CIA cominciò ad essere più interessata agli affari interni dell'Italia negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale." Agee ritiene inoltre che la CIA abbia il proprio personale sotto copertura nelle organizzazioni di estrema sinistra.
CHI CONTROLLA I TERRORISTI IN ITALIA?
Che la scomparsa di Moro faceva parte della scena politica di alcune forze straniere, è apertamente parlato dalle figure politiche dell'Italia. Flaminio Poccoli, successore di Moro al Presidente del Consiglio Nazionale del KDP, ha descritto il suo predecessore Moro come una figura politica che ha cercato di rimuovere le barriere americane alla libertà dell'Italia e ha pagato un prezzo molto alto per questo. L'omicidio di Moro ha coinvolto una cospirazione internazionale, ha detto l'ex ministro degli Esteri G. Zamberletti:
"Moro non è stato ucciso da un gruppo estremista pazzo", ha detto il senatore Armando Cossuta, membro della leadership del Partito Comunista Italiano. - Non è così infondato che ci siano forze significative all'interno e dietro le "Brigate Rosse" che hanno fatto ricorso a ricatti politici. Svolgono un ruolo non sottovalutato nella nostra vita sociale ed economica, e anche ricoprono posizioni responsabili nell'apparato statale..."
Carlo Francanzani, segretario della Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti italiana, ha affermato che sotto il nome di "Brigata Rossa" di Moroa "si nascondono varie organizzazioni terroristiche politiche, molto probabilmente legate ai servizi segreti delle potenze occidentali".
Dopo che lo stato non poteva essere scosso, anche se alcune delle sue istituzioni sono state scosse, la CIA si rivolse a gruppi di sinistra al di fuori del parlamento. Nelle università americane, gli studenti sono stati accumulati in un "viaggio di studio" in Italia (precedentemente avevano lavorato correttamente). Il loro obiettivo era quello di integrare questi giovani in gruppi che attaccavano non solo il KDP e i Nuovi fascisti, ma anche i partiti di sinistra. 
Ha reclutato agenti presso l'Università della California.
Si fidarono di loro per creare una nuova organizzazione provocatoria sotto lo pseudonimo di "Autonomia dei lavoratori". I suoi leader non negarono di essere stati finanziati dalla CIA e che elementi neofascisti si nascondessero nei loro ranghi. Secondo la stampa italiana, la famiglia Rockefeller finanzia Marcus Ruskin, CEO dell'Institute for Policy Studies. Uno dei suoi compiti principali è quello di organizzare varie provocazioni. Non fanno ufficialmente parte della CIA, ma ricevono vari mandati dal think tank di Langley per destabilizzare i governi dell'Europa occidentale, che non amano i miliardari di Washington. Marcus Ruskin è stato colui che ha creato le "Brigate Rosse", le "Cellule Proletarie Armate", e, per così dire, tutti i gruppi sovversivi che sono stati in Italia dal 1969 in poi. Quindi abbiamo a che fare con una catena completa, costruita logicamente. Secondo questo, le "Brigate Rosse" di "autonomia laburista", la CIA, la reazione italiana, la mafia, erano tutte interessate a rimuovere Moro dalla scena politica, cercando così di impedire ai comunisti di entrare nel governo.
Se il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro è stato compiuto dalle "Brigate Rosse" degli agenti della CIA, come hanno fatto gli "americani silenziosi" a controllare le attività della polizia e dei servizi segreti italiani? Non è difficile farlo. La CIA ha il suo personale, sia presso la polizia che presso il Ministero dell'Interno, dopo tutto, finanzia da molto tempo il servizio di intelligence e il controspionaggio italiano.
Altre cose sono venute alla luce. All'interno dei servizi segreti italiani, c'era un altro apparato top-secret. In occasione dell'udienza di Catanzaro, dove vi fu il processo ai cospiratori di Milano, noti per il loro bombardamento, lo stesso generale Miceli ha confessato che esiste un'organizzazione del genere - un legame tra i servizi segreti italiani e le affiliate della NATO. È stata fondata nel 1949 quando l'Italia si è unita all'Alleanza atlantica. Gli americani hanno quindi avuto tutte le possibilità di controllare l'indagine sul caso Moro.
Venne anche alla luce dell'udienza delle Brigate Rosse, dicendo che la repressione di Washington su una figura politica poco attraente aveva un background politico. L'ultimo giorno del processo, uno dei leader delle Brigate Rosse Prospero Gallinari ha ammesso: "Aldo Moro è stato rapito e ucciso perché ha cercato di stabilire una maggioranza al potere in Italia in cui i comunisti avrebbero partecipato." La reciprocità del caso Moro ha quindi ripetutamente dimostrato che Washington è dietro le quinte del terrorismo internazionale, i cavalieri americani del "mantello e pugnale" che sono preparati per tutte le cose spregevoli - omicidio, assassinio, atto terroristico, è nell'interesse dei monopoli americani ad alta potenza.
VLADIMIR MALISEV

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