domenica 2 febbraio 2020

Conero, erano pronte 50 rampe di Jupiter


Nel 1960 erano pronte, sul Monte Conero, 50 rampe di missili Jupiter, mentre altre 60 erano in costruzione e sarebbero state ultimate entro fine d’anno.
Non ci potranno più smentire, niente più leggende metropolitane o programmi sugli alieni. Il Conero era, e in parte per quel che sappiamo è tuttora, una zona attrezzata per la guerra nucleare. Missili e testate atomiche trovarono caverne “ben attrezzate” proprio dentro quel monte che nella propaganda politica marchigiana sarebbe un paradiso faunistico, protetto dalle leggi sui parchi naturali. Forse fuori lo è, ma dentro? Aveva ragione il collega Alfredo Mattei del Resto del Carlino a definirlo un formaggio “groviera”.
Dettagli tecnici sui missili presenti nel Conero li abbiamo trovati nel dossier numero 328 dell’STB cecoslovacco, che è accessibile a tutti all’archivio dei servizi segreti di Praga. Furono scritti in italiano all’interno di una relazione sulle Basi NATO nazionali redatta il 20 agosto del 1960 da Vittorio Matricardi, probabilmente un comandante della Marina Militare residente a Reggio Emilia, che aveva scelto di cedere ai paesi socialisti dell’est i nostri segreti militari. E che segreti! Ancora oggi le basi che lui citò nel documento sono sconosciute. La storia ufficiale è infatti un'altra. Parla di missili Jupiter piazzati dagli americani tra Puglia e Basilicata nel 1960, come minaccia verso le nazioni del Patto di Varsavia. La crisi si sarebbe risolta due anni più tardi, allorché l’URSS rinunciò a installare basi missilistiche a Cuba, in appoggio al regime di Fidel Castro.
Ma la questione dei missili Jupiter si risolse davvero in quel modo? A noi sembra di no, perché questo nuovo documento dimostra che gli americani raccontarono una mezza verità. Non erano quelle dichiarate nei documenti americani, commentati dall’esperto militare Nicola Pedde, le basi nucleari della NATO. Si trovavano, al contrario, proprio nei luoghi descritti nel nostro libro “Armi di Stato”. Il Conero, l'alpe Archia, vicino al Lago Maggiore, la Valle d'Aosta, poi l'entroterra salernitano, il Gargano, quindi la Sardegna e il nord-est italiano. Le località dovevano probabilmente essere insospettabili, all'interno di paradisi naturali, come Corvara-Pedraces, San Candido, Prato allo Stelvio, Santa Caterina Valfurva.
Perché dunque raccontare questa grande bugia? Per continuare a utilizzare quei siti segreti? Oppure per non turbare l’ordine pubblico italiano, temendo che la stampa potesse sollevare un caso politico? Forse entrambe le cose, ma dovrà essere la politica a spiegarcelo.
Andiamo invece a leggere cosa scrisse “il comandante Matricardi”, ai cecoslovacchi, a proposito del Monte Conero. Le Marche compaiono all’inizio del documento. Fu concesso alla base anconetana molto più spazio rispetto alle altre postazioni americane. 
“Monte Conero (vicino Ancona - tra Badia di S. Pietro e S. Maria di Portonova) [parola incomprensibile] sarà terminata entro ottobre) essa è formata di tre batterie ed [ogni] batteria di 5 rampe di Jupiter. Questi sono missili a tre stadi però della massima sicurezza nell’impiego; è necessaria circa un’ora e mezza per caricare i serbatoi, ed ecco perché nei periodi di preallarme essi sono tenuti già caricati, mentre la testata atomica non viene messa nell’ogiva ma tenuta in appositi depositi, costruiti dentro caverne bene attrezzate. Questo missile è pericoloso per il personale delle basi anche a causa della miscela che costituisce il carburante liquido dei tre stadi. Complessivamente sono in funzione rampe per 50 missili Jupiter; mentre sono in costruzione e saranno ultimate verso la fine dell’anno altre rampe che avranno 60 Jupiter.”
Davvero curioso il fatto che, subito dopo queste parole sul Conero, il comandante Matricardi passasse a menzionare, grazie ai dati prelevati allo Stato Maggiore della Difesa, le rampe di Jupiter presenti “vicino al Lago Maggiore alle falde del Monte Zeda (tra Trarego-Premeno e Cannero)”. Esattamente come abbiamo fatto noi nel libro “Armi di Stato”, di cui questa relazione spionistica diventa a questo punto un’ottima sintesi. Singolare pure il fatto che chi scrive queste righe sia stato chiamato a lavorare, come giornalista o come impiegato (lo vedremo tra un attimo per quanto riguarda le aziende di armi collegate alle basi), seguendo lo stesso tragitto compiuto dai missili Jupiter nel 1960 (e se vogliamo anche dalla macchina di Camerano del 1944 di cui parliamo nel libro “Venti metri sottoterra”).
Nella parte centrale della relazione, il comandante Matricardi si occupava ampiamente delle rampe della Sardegna, e del confine orientale. Ci torna alla mente un altro passaggio oscuro della nostra storia contemporanea: il Piano Solo del generale De Lorenzo. Era il 1964. Quei cenni ad Ancona e Falconara censurati dal presidente Aldo Moro nel momento in cui il golpe fu scoperto. Il tentativo di colpo di Stato potrebbe essere scaturito dalla necessità di proteggere le manovre segrete della NATO, che, stando ai documenti di questo dossier 328, non prevedevano soltanto basi per armi nucleari nascoste nei monti, bensì anche l’addestramento in Sardegna per militari della Germania Ovest. Scopo: un’invasione dell’ex Germania est durante una futura rivolta popolare.
Ma torniamo ai missili. Matricardi spiegò ai cecoslovacchi che diverse aziende italiane lavoravano per queste basi
"fornendo attrezzature". Tra le prime spicca la Telettra di Milano, via Poma 47. L’abbiamo cercata sul web. Fu fondata nel 1946 dall'ingegner Virgilio Floriani. Ma quello che più conta ai fini della nostra inchiesta è che fu proprio la Telettra, mediante una fusione, a far nascere la STMicroelettronics, azienda di microchip militari la cui maggioranza, come scrivemmo nel nostro “Armi di Stato”, era stata acquistata dal Comitato di gestione del Consorzio interbancario SIR. 
Ma allora siamo proprio fortunati, le abbiamo indovinate tutte! Dal Monte Conero si apre un’autostrada verso le aziende dello Stato padrone e soprattutto verso il sottobosco di aziende militari dal quale scaturì nel 1976 lo scandalo Lockheed. Aziende in qualche caso finite nelle inchieste di Mani Pulite insieme al loro contenitore principale, l’EFIM, una scatola vuota con debiti stratosferici. Ci riferiamo alla Oto Melara di Brescia, citata nell’ultima pagina del rapporto-Matricardi. Ma anche alla Marconi, che aveva acquisito dalla Montedison il gruppo Montedel, quello con le ditte legate alle tangenti Lockheed. 
Nel gruppo di aziende militari dell’EFIM finite in liquidazione coatta amministrativa figura la Almaviva spa, per la quale chi scrive ha lavorato come interinale precario nel 2008. E’ il triste destino che viene riservato a coloro che in questa Italia corrotta non contano proprio niente.

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