martedì 17 marzo 2020

La vera storia di Gladio in Sardegna


L’Italia e l’ex Germania Ovest si accordarono, nel 1960, per la cessione ai tedeschi di una parte della Sardegna. Scopo dell’operazione era addestrare i militari di Bonn per realizzare rapidamente un’invasione dell’ex Germania Est. 
A sottoscrivere questi accordi fu il ministro della difesa italiano, Giulio Andreotti. E’ la notizia che appare più significativa tra le numerose relazioni spionistiche in italiano di Doro, la spia dell’Stb cecoslovacco che altri non era che un fidato collaboratore dello stesso Andreotti, Giulio Caroli. 
Il piano di invasione dell’ex Germania Est si chiamava in codice “Deco II”. Si trattava di un’operazione lampo, simile a quella poi condotta a termine pochi anni dopo da Israele contro l’Egitto e la Siria. Deco II sarebbe dovuta durare tre giorni, una sorta di “piccola guerra” - viene definita -. Avrebbe dovuto mettere l’Europa e l’Onu di fronte a un fatto compiuto, onde evitare polemiche politiche e diplomatiche.
I sovietici grazie a Doro erano a questo punto a conoscenza del progetto. Solo un anno più tardi, nel 1961, a Berlino Est veniva eretto il famigerato muro, che tanti tedeschi cercarono di valicare venendo brutalmente uccisi. Si apriva con questo dossier 327, che nel nostro computer abbiamo denominato “Gladio”, una guerra segreta mai raccontata.
Intanto “la preminenza militare della Germania di Bonn nella organizzazione atlantica - sottolineava Doro nella sua relazione del 12 dicembre 1960 - diventava un fatto acquisito”. Germania Ovest e Gran Bretagna avevano appena unificato la propria aviazione. Il Ministro Andreotti, per non restare fuori da questi intrighi all’interno della Nato, incontrò il suo collega ministro della difesa della Germania Ovest, detta anche Rft, Strauss, e il capo dello Stato Maggiore, Kammhuber. Il vertice, su cui Andreotti non volle rilasciare dichiarazioni per la stampa, si tenne a Bonn e a Bad Godesberg. Il primo obiettivo dei colloqui fu l’integrazione “dei servizi logistici delle forze armate tedesche e italiane”. Doro afferma nel suo resoconto che era già operante un primo accordo sperimentale per l’addestramento di truppe della Rft in Sardegna, agli ordini del comando Nato. Per il futuro, Andreotti auspicava un’integrazione logistica ancora più completa. 
Su queste esercitazioni tedesche in Sardegna era già trapelato qualcosa nelle relazioni precedenti di Doro. Nel documento 27, molto sbiadito che abbiamo reso leggibile ritoccando al computer il contrasto, veniva specificato che un battaglione tedesco avrebbe iniziato un addestramento congiunto con reparti italiani sulle rampe missilistiche Ajax-Hercules della Sardegna meridionale. Questo sarebbe accaduto a partire dal novembre del 1960. Alla fine dell’esperimento, le rampe sarebbero state occupate stabilmente dai tedeschi per l’addestramento dei suoi granatieri di Ingolstadt. Al comando del reparto vi era il generale Roehmer, “che durante la guerra - si legge a malapena nel documento - col grado di colonnello comandò un reggimento della Wermacht in Sardegna”.
Dunque, l’Italia di Andreotti strinse accordi con i gerarchi del Terzo Reich? Nella Rft vi era una linea di continuità con la politica espansionistica di Hitler? E’ una domanda che si erano posti anche i nostri servizi segreti dell’epoca. La prima parte delle relazioni di Doro, di questa seconda cartella del fascicolo 327, è occupata infatti da un’indagine che fu condotta su due uomini dell’ex Germania Ovest, Bauer e Fleischmann, che erano stati inviati nell’est europeo per spiare l’operato degli stessi agenti della Nato. Si scoprì grazie al lavoro diplomatico del colonnello Mauri che gli agenti al comando dell’americano Donovan, diretti dal colonnello Bruckendorff, erano tutti tedeschi di Bonn, per una precisa volontà del generale Nordstad, convinto che l’unico servizio segreto efficiente fosse quello di Bonn. In realtà, le informazioni che pervenivano in Italia lasciavano intuire che l’ex Germania Ovest stesse già aggirando gli accordi post-bellici, costruendosi in segreto una “Budeswehr nera” pronta all’occorrenza all’azione, accanto all’esercito regolarmente dichiarato agli organi diplomatici. Tra questi reparti segreti operavano sia quello della Sardegna, sia un “centro di reclutamento” in Alto Adige, autonomo rispetto alle bande “irredentistiche filo-austriache”. Ma questa Germania “nera” proveniva dalle file della Wermacht di Adolf Hitler? In parte si può dire di sì, perché il direttore dei servizi di informazione in Italia era l’ex gerarca di Hitler, il colonnello Gehlen, un militare dal passato denso di ombre. Ma è altrettanto vero - stando alle informazioni ricavate da Doro - che Bauer e Fleischmann, ossia le spie delle spie di Donovan e Bruckendorff, provenivano dal reparto dell’ammiraglio Canaris, che fu un eroe positivo, un martire della liberazione dal nazi-fascismo. In questo caso Doro tace sulla triste sorte dell’ammiraglio Canaris, ma ci viene in soccorso Wikipedia, la quale spiega che l’ammiraglio Wilhem Canaris lavorò a lungo segretamente per rovesciare il regime di Hitler, fino al “fallito complotto” del 20 luglio 1944, al suo imprigionamento, alle torture e all’orribile morte per strangolamento che gli fu inflitta dal Reich pochi giorni prima della fine della guerra.
Torniamo ora agli accordi tra Andreotti e i tedeschi dell’ovest. Durante quella riunione fu stabilito un programma suddiviso per punti. Il primo era il pieno appoggio al piano Nordstad per una forza atomica della Nato. Il secondo era il “riconoscimento della prevalenza militare tedesca nella Nato ed appoggio a tutte le iniziative tedesche miranti al rafforzamento di questa prevalenza”. Terzo punto: integrazione “bilaterale o multilaterale” di alcune forze armate e dei servizi militari, tenendo presente sempre l’efficienza dei tedeschi nella Nato. Ulteriori istruzioni prevedevano la creazione di unità unificate di addestramento su missili sia in Italia che in Germania; la concessione di basi permanenti in Italia per l’esercito tedesco in cambio della “concessione all’Italia di alcune licenze di fabbricazione di strumenti ottici ed elettronici di uso militare”; infine un progetto per l’integrazione delle flotte navali “leggere e sottomarine” italiana e francese. 
In generale, ciò che emerge dai documenti è la posizione tutt’altro che subordinata dell’Italia nello scacchiere militare occidentale. La nostra non era affatto, come da più parti si vorrebbe far credere, una nazione sconfitta nella seconda guerra mondiale e occupata militarmente dalla Nato, bensì parte attiva e fondamentale di un ambizioso progetto militare americano e tedesco.

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