mercoledì 11 marzo 2020

Gli abusi di potere del Conte


Draconiana, drastica, senza precedenti. All’estero l’hanno definita così la decisione presa lunedì 9 marzo 2020 dal presidente Conte: mettere un’intera nazione, l’Italia, con oltre 60 milioni di abitanti, agli ‘arresti domiciliari’. L’accusa? Essere vulnerabile all’influenza cinese, il temuto Coronavirus. 
Ha fatto bene il leader della coalizione di centro-sinistra a interrompere le libertà costituzionali? O si è tornati agli Stati Assoluti di inizio Ottocento, quando i sovrani potevano decidere vita e morte dei propri sudditi? Secondo alcuni giuristi che ci hanno scritto, non sono le misure draconiane il vero dramma nazionale, quanto il mezzo che il presidente ha adoperato per raggiungere uno scopo condivisibile: la tutela della salute pubblica. 
Il presidente Giuseppe Conte, nonostante sia un professore di diritto, si è mosso da Azzeccagarbugli in un groviglio di leggi e leggine, che ha rivoltato sempre e soltanto in suo favore. Perché questa libertà di manovra? Come mai, si chiedono questi giuristi, tutti tacciono quando potrebbero tranquillamente fare resistenza in Parlamento contro le libertà neanche troppo nascoste del presidente?
L’articolo 77 della Costituzione è molto chiaro, anche se spesso da oltre dieci anni viene disatteso. Stabilisce che: “Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.”
Perché, dunque, due Camere regolarmente al lavoro non si sono riunite per stabilire cosa fosse più giusto fare nell’interesse dei propri elettori, lasciando il palcoscenico televisivo al solito ‘principe’ di casa Italia, Giuseppe Conte? E’ veramente incomprensibile e bene fanno, a nostro giudizio, gli esperti di diritto a lamentarsene. 
Ecco cosa dice il nostro lettore: “Io contesto il mezzo. Il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri non è il Presidente statunitense e lo strumento d'urgenza ad hoc si chiama "decreto legge" e non "decreto del presidente del consiglio dei ministri". Con questo strumento infatti usualmente si dettano mere norme amministrative ed organizzative della Pubblica Amministrazione e della Presidenza del Consiglio, al contrario qui si tratta di bloccare il Paese ed i suoi movimenti con tanto di sanzioni penali!”
Equilibrismi legislativi, insomma, quelli di Conte, favoriti dall’improvvisa cecità e sordità dei nostri politici, chissà perché così affascinati dalla dittatura cinese, al punto da volerne imitare a tutti i costi le misure brutali e repressive. Con conseguenze devastanti: le denunce, provocate dal mancato rispetto di questi ‘decreti’, stravolgono il senso originario delle leggi penali. Come ad esempio è il caso dell’articolo 438 del codice penale, che si sono visti contestare alcuni cittadini usciti dalle zone rosse. Dice: “Chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l'ergastolo. Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena [di morte].” Si tratta probabilmente di un retaggio del vecchio e mussoliniano Codice Rocco, mai del tutto aggiornato. Grazie al decreto del presidente, in questi giorni basta uscire da una zona rossa per motivi di svago per trovarsi magari accusati di terrorismo! E badate bene, cari lettori, che oggi è capitato per un virus, uno dei tanti che sono sfuggiti alla dittatura cinese negli ultimi 40 anni, domani potrebbe ripetersi per altre emergenze, che in Italia, come sapete, sono all’ordine del giorno dell’agenda di governo.

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