sabato 12 novembre 2016

Tanti italiani spiati per il delitto Moro


La nostra polizia tra il 1978 e il 1979 effettuò decine e decine di accertamenti sugli italiani per scoprire i responsabili dell'uccisione del presidente democristiano Aldo Moro. Questo la costrinse a violare continuamente la vita privata di famiglie il più delle volte innocenti. E' quanto si può desumere sfogliando le mille pagine di documenti originali di cui si compone uno dei volumi digitali preparati dalla Commissione parlamentare sulla strage di via Fani. Come molti avranno letto nei libri o sui giornali, il Governo in quei drammatici giorni approvò una specie di stato d'assedio. Furono disposti numerosi posti di blocco intorno Roma, mentre la polizia bussava a tutti gli appartamenti in cerca dei terroristi. Il giornale spagnolo La Vanguardia durante il sequestro Moro titolò: "Non è Beirut, ma Roma". Questa invadenza della polizia la ritroviamo nei documenti della Commissione parlamentare. Ad esempio nei controlli che venivano disposti a seguito di messaggi telefonici, telegrafati, o di lettere che in continuazione giungevano ai giornali e alle forze dell'ordine. Spesso questi contatti si rivelavano dei depistaggi. Il Corriere della Sera scrisse che poteva trattarsi di una tattica dei brigatisti: prendersi gioco della polizia facendola brancolare nel buio.
Un posto di blocco a Roma, nella copertina del quotidiano di Barcellona, La Vanguardia, del 15 aprile 1978.

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