mercoledì 14 ottobre 2020

La donna che visse due volte

 

Ingeborg Barz









Karl-Heinrich Adzersen






     Asad Muhammad Asad


Taus Raymun Issa






Una delle domande che mi sono posto, quando ho sfogliato l’album del terrorismo internazionale, è stata: perché così tante belle ragazze tedesche scelsero il terrorismo, la violenza? In fondo, sono due cose, la bellezza e l’uso delle armi, che secondo me fanno a pugni.

Ingeborg Barz era bella, bionda. La sua scheda, la numero 13, dice che non era tanto alta: solo un metro e 61. Portava la frangetta, aveva i capelli lisci, un viso gradevole ed era nata nel 1948. Oggi nel 2020 avrebbe 72 anni.

Storia incredibile, la sua. Si unì alla rivoluzione della Banda Baader Meinhof nel 1971, ma l’anno dopo si sarebbe pentita, e per questo sarebbe stata uccisa proprio da uno dei leader del gruppo terroristico, Andreas Baader, che le avrebbe sparato e l’avrebbe uccisa centrandola nel collo. Eppure il suo corpo non fu mai trovato. Sul sito baader-meinhof.com si legge questa breve sua biografia. 

“Ingeborg Barz, una giovane segretaria, si unì alla banda Baader-Meinhof nel dicembre del 1971 insieme al suo fidanzato politicamente attivo Wolfgang Grundmann. Dopo alcuni mesi di fuga Barz chiamò sua madre il 21 febbraio, dicendo che voleva tornare a casa. Non venne mai più vista. Si è sempre pensato che fosse stata uccisa alla fine di febbraio 1972 perché voleva lasciare il gruppo. Ma il luogo in cui si trovava il suo corpo non è mai stato adeguatamente determinato. Un cadavere venne scoperto in una foresta fuori Monaco nel luglio del 1973, ma non si poté stabilire in modo definitivo che fosse di Barz. Il "traditore" Gerhard Müller del gruppo Baader-Meinhof in seguito ha testimoniato che Andreas Baader le aveva sparato, ma la sua testimonianza era piena di incongruenze e quindi rimanevano domande.”

La polizia tedesca trovò il corpo di una donna che aveva il teschio compatibile con quello della Barz, ma non era stata uccisa, tanto meno per un colpo di pistola nel collo. E’ per questo che nel 1976, e anche in seguito, continuò a cercarla. La sua scheda è presente, sia nello schedario della polizia di Bonn, sia nell’album del KGB. Nel corso di un’intervista che l’ex terrorista Hans Joachim Klein concesse al giornale Der Spiegel, alla domanda sul perché la polizia continuasse a cercare la Barz, Klein rispose: conservano tanti dati. Le schede devono essere sempre terrificanti. La polizia ha un motto: “spara senza pietà”. Hanno bisogno di scene teatrali per giustificare il costoso apparato di polizia.

I dubbi restano. Si dice che Ingeborg Barz fuggì in Irak con una nuova identità. Però pochi l’hanno più vista. Tranne in una circostanza. La sua foto-segnaletica è perfettamente compatibile con l’identikit della donna sospettata della strage di Bologna del 1980. Teoricamente poteva essere lì. Ma se la Barz partecipò davvero alla strage, chi erano gli altri tre terroristi degli identikit che furono diffusi all’epoca dai giornali italiani?

Potrebbe esserci dentro un altro tedesco: Karl-Heinrich Adzersen, detto “il dottore di Heidelberg”. Anche lui ha avuto due vite, se così possiamo dire, tuttavia in questo caso la colpa è anche della giustizia tedesca. Sfogliando gli articoli di Der Spiegel c’è qualcosa che non torna. Adzersen sarebbe stato arrestato due volte nel giro di due anni.

Ma andiamo con ordine. Dati personali: Adzersen Karl-Heinrich, tedesco. La scheda numero 2 lo descrive alto un metro e 90, con foltissimi capelli. E’ nato nel 1944. Nella sua vita criminale, stando a quanto lascia intuire il KGB, usava altri cognomi: Sonke, Nissen e Husum. Vasta eco fu data al suo primo arresto, nel maggio del 1979. In un cablogramma partito da Bonn e diretto al Dipartimento di Stato americano si può leggere, grazie a Wikileaks, il seguente testo: “Le autorità hanno annunciato l’arresto il 9 maggio a Heidelberg di un dottor Adzersen, un medico accusato di aver aiutato la RAF. E’ stato posto in confinamento preventivo a Karlsruhe ma è previsto - potrebbe già esserlo - che sia spostato nel carcere di massima sicurezza.” Secondo l’articolo che uscì su L’Unità l’11 maggio del 1979, Adzersen avrebbe fornito medicinali, narcotici e altro materiale ai membri della RAF. Il suo appartamento fu perquisito. Era un periodo denso di arresti, il 1979, in Germania. Arresti e sparatorie. In una di queste morì Elisabeth Van Dyck, che si sospettava fosse implicata anche nella strage di via Fani. Non mancarono le polemiche, perché pare che la donna fosse di spalle nel momento in cui gli agenti spararono.

Un articolo di Der Spiegel del 1981 spiegò in seguito che, se la Van Dyck non fosse morta, gli agenti sarebbero finiti sulle tracce di Adzersen, come di altri terroristi, il cui mandato di cattura venne sospeso. Adzersen era sospettato di aver partecipato al rapimento Schleyer. Ma intanto erano passati già due anni e l’uomo era tornato libero.

Nel marzo del 1981 la polizia dell’ex Germania Occidentale sorprese alcuni terroristi della RAF, i quali, appena usciti dal carcere, avevano pensato bene di andare a trovare alcuni amici del gruppo. Tra questi c’era il dottor Adzersen, i cui consigli medici erano molto preziosi per i banditi. La polizia sorvegliava tutto di nascosto, senza intenzione di intervenire. Ma ci si mise di mezzo una pattuglia della stradale, che fermò la BMW 2000 grigia di Adzersen per un controllo. Dentro l’auto c’era anche un ricercato e così l’avventura del medico di Heidelberg ebbe nuovamente termine, con la solita coda di polemiche. Sembra di capire che anche in questo caso le accuse contro Adzersen non vennero confermate.

Eppure c’è la scheda del KGB, con tanti cognomi falsi. E c’è la somiglianza con l’identikit di Bologna, quello dell’uomo con tanti capelli. Era Karl-Heinrich Adzersen? E’ possibile che il 2 agosto del 1980 si trovasse a Bologna? Teoricamente sì, è possibile.

Non bisogna dimenticare che, nello stesso periodo, la STASI, la polizia di sicurezza dell’ex Germania Est, in una sua relazione accusava della strage alla stazione di Bologna il gruppo Hoffmann e la RAF. Ne ripropongo il testo già pubblicato su L’indagine impossibile.

“Secondo la comunicazione della BRD-Zeitung "vestfalian Rundschau" del 30.9.1980, uno dei capi dell'organizzazione palestinese "al Fatah", Abu Ayad ha detto ad un corrispondente italiano a Beirut che nell'accampamento di addestramento di Agura in Libano orientale gli italiani così come i tedeschi si stanno addestrando. In termini concreti, l’ 'uz' scrive: "la leadership dell'OLP aveva reso consapevole che in campi di addestramento fascisti in Libano l'attacco a Bologna era pianificato con la partecipazione dei terroristi tedeschi, tra cui un certo Hoffmann. Inoltre, nei mass media occidentali, ci sono state indicazioni di volta in volta che i fascisti italiani si sarebbero formati anche in campi paramilitari in Libia e nello Yemen. I risultati operativi relativi alle attività di viaggio dei membri della "RAF" o "movimento 2 giugno" confermano il loro ripetuto soggiorno in Italia.”

E non è finita. Nell’album del KGB ho trovato anche altri due terroristi compatibili con i rimanenti identikit. Si tratta di due arabi (il testo russo del Kgb dice proprio “volto di discendenza araba”): Abd-Al-Rahman Asad Muhammad Asad (figurina 183), nato nel 1944, e Taus Raymun Issa (figurina 214), classe 1955.

Tutto questo ovviamente non basta per cambiare la storia processuale, ma sono certo che qualche dubbio i giudici d’ora in poi lo avranno.

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