giovedì 26 maggio 2016

Sul «ponte delle spie» c'era anche un italiano


Il film «Il ponte delle spie» poteva essere girato tranquillamente in Italia, perché uno scambio tra prigionieri nella guerra fredda avvenne anche da noi e fu drammatico. Questi i fatti: un giovane italiano, D. V., venne fermato a Milano dai carabinieri e dal controspionaggio nel gennaio del 1967, mentre in cambio di denaro consegnava al segretario della delegazione commerciale ungherese, F. B., in piazza Duomo, degli schizzi topografici di basi militari della zona di Verona e Vicenza. Di questa persona non si seppe più nulla, dopo che si prese quattro anni di carcere in Assise. Più complessa fu invece la storia dell'ungherese B., il quale secondo un articolo siglato de La Stampa del 3 maggio 1967 venne scambiato con un certo G. M. G., 41 anni, genovese, professore italiano arrestato in Ungheria il 13 dicembre del 1966 e condannato a cinque anni e mezzo di reclusione. Motivo dell'arresto: probabilmente una rappresaglia per il caso V.-B.. Una storia assurda e dimenticata che meritava più attenzione e che, infatti, nei documenti di fonte statunitense è tenuta bene a mente. Penosa fu la situazione in cui si trovò il povero V.. L'articolo de La Stampa del 31 gennaio 1967 raccontava la disperazione del giovane che fu portato "quasi" a braccia in aula d'Assise mentre urlava alla mamma: «Sono un uomo finito». Processi terribili, a cui non siamo abituati. Tra i testimoni c'era infatti anche Eugenio Henke, capo del Sid, che qui era la chiave per risolvere il caso di spionaggio, mentre in seguito fu accusato da Lino Jannuzzi, nel suo reportage di Tempo del settembre 1976, di aver nascosto ai giudici la matrice fascista della strategia della tensione, e di aver assoldato svariati giornalisti corrotti.

Nessun commento:

Posta un commento