venerdì 16 dicembre 2016

Intimidazioni mafiose nel novarese


Sono costretto a scrivere purtroppo un articolo sulle intimidazioni che ricevo personalmente nella zona in cui abito per lavorare. Da quando nel 2009 accettai di trasferirmi in questa zona per effettuare servizi televisivi, non ho fatto altro che subire maltrattamenti ingiustificati, minacce telefoniche, minacce nel condominio, processi senza avvocato, richieste di soldi dall'ente che gestisce le pensioni dei giornalisti, pur senza percepire stipendio nei giornali da parecchi anni. E questo dopo essere stato attirato con l'inganno. Sembra quasi un gioco sadico. Non ho potuto denunciare niente perché i carabinieri, la polizia e la finanza mi cestinavano in continuazione le richieste di aiuto. 
Ora vengo addirittura cancellato da tutte le scuole (di Novara? del Piemonte? d'Italia? dell'Europa? Sarò dannato anche oltre la morte?) per aver rifiutato di subire pressioni da genitori e da dirigenti interessati evidentemente alla promozione degli alunni al di fuori dello scrutinio, ma anche all'umiliazione di un insegnante che si era permesso di assegnare voti sgraditi. Non bastava farmi fuori con la prepotenza in quella media inferiore, allora. Si vuole ottenere molto di più. Devo pensare che i dirigenti siano tutti maleducati e arroganti nella stessa maniera? Vogliono copiarsi tutti nella corruzione? Ci sono persone, molto in alto evidentemente nella politica, nello Stato e non solo, che cercano un capro espiatorio per la mafia che è nel loro territorio. Forse sono loro stessi mafiosi, e non se ne rendono conto. Anzi ne sono certo. Vi copio la definizione di mafia presa dal vocabolario Palazzi: "Unione segreta di persone di ogni grado e di ogni specie che si danno aiuto nei reciproci interessi senza rispetto a legge né a morale; non sempre la mafia ha per fine il male, ma i mezzi che essa usa sono sempre illeciti; era diffusa un tempo in Sicilia". 
Mi sembra che ci siamo. Fino ad oggi ho già collezionato oltre 20 (venti) contratti a tempo determinato del Miur. Lo avevo rimarcato lo scorso anno scolastico a un altro dirigente prepotente della zona, il che dimostra in quale maniera scriteriata e irriguardosa venga usato dalle scuole pubbliche (ma in questo non sarò l'unico spero, viste le regole assurde che ci sono). Un ulteriore contratto, se arrivasse, non migliorerebbe la situazione. Ma ciò che oggi mi lascia senza fiato è l'arroganza di un dirigente che arriva a firmare un decreto, come se fosse un ministro, o un giudice. E mi espelle. Non saprei nemmeno cosa rappresenti e cosa valga una sentenza, perché viene citato il codice civile, di un impiegato statale con incarichi dirigenziali. Però siamo arrivati a questo: a un "atto di supremazia" come quelli dei re anglicani del '500. Oppure si tratta di un proclama napoleonico di fine '700. Di certo sono quei processi contro cui si batteva Cesare Beccaria nel "Dei delitti e delle pene". 




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