Il Governo democristiano cadde dalle nuvole all’indomani della frana di Ancona del 13 dicembre 1982. Il 16 dicembre la macchina statale si mise in moto. Il quotidiano torinese La Stampa pubblicò il giorno dopo un articolo nel quale il ministro per la ricerca scientifica, Romita, annunciava di voler studiare la frana, dimenticando però, in questo modo, gli studi che proprio a Roma erano stati pubblicati nel 1969 da Silvio Zavatti. La cronista Liliana Madeo della Stampa fu comunque molto netta: “In concreto - scrisse quel giorno - gli specialisti convocati dal Ministro non hanno saputo dare un’unica e convincente spiegazione della terribile frana che ad Ancona ha sconvolto una superficie di 3 milioni di metri quadri, su una collina del peso di 140 milioni di tonnellate.”. La minoranza di governo dei liberali innescò delle polemiche. Accusò gli amministratori locali di Ancona di aver approvato piani regolatori e licenze edilizie, pubbliche e private, in un’area che si sapeva essere instabile. Ma a mio parere, più che evitare di costruire, bisognava progettare a livello nazionale un rinnovamento dei centri urbani, cercando di far abbandonare progressivamente le strutture più a rischio. Non va dimenticato che nella prima repubblica il decentramento amministrativo non esisteva. Se infatti andiamo a cercare notizie dal passato, scopriamo che negli anni ‘60 era avvenuto proprio il contrario, cioè era stato il comune dorico a denunciare il ministro di Roma per l’inadeguatezza dei lavori nell’area in frana. Il 24 novembre del 1963 l’Unità pubblicò un articolo con il quale Walter Montanari raccontava di una denuncia sporta dal Consiglio Comunale di Ancona contro il Ministro Sullo, a causa dei danni provocati dalla frana Barducci. “Nella motivazione della delibera - scrisse Montanari - si parla di lavori incauti e di <negligenza ed imperizia> che per l’occasione l’Anas avrebbe mostrato”.
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