Se al lettore della nostra inchiesta non bastassero le prove che abbiamo fin qui prodotto di un coinvolgimento del Patto di Varsavia nella strage di Piazza Fontana nel 1969, abbiamo qualcosa di ancor più convincente.
Si tratta del bellissimo articolo uscito sul giornale adevarul.ro, intitolato “La rete Caraman, un proiettile in canna tra NATO e KGB”, all’interno del quale la notizia che estrapoliamo è soprattutto una: la possibile collaborazione di Charles De Gaulle, il premier francese degli anni Sessanta, con la rete Caraman. Per noi italiani e per la nostra storia è molto importante questa notizia, che ha tutta l’aria di essere anche qualcosa di più di una semplice indiscrezione.
Perché è importante? Per due motivi essenzialmente.
Uno, ci permette di inquadrare meglio le parole di Giovanni Ventura quando nel 1972 raccontò dei suoi rapporti con la Securitate rumena. In Italia nessuno si meravigliò di questa “deviazione” verso est. E’ sufficiente l’Ostpolitik dei democristiani a fornirci una giustificazione? Eppure la cellula spionistica era stata scoperta e la Nato ne era già al corrente dalla metà del 1969.
Quindi, due, ci lascia supporre che alcuni agenti segreti del Sid, soprattutto il filoarabo Vito Miceli, potessero essere caduti nell’inganno; o ancor peggio: fossero favorevoli ad aprire una breccia nella cortina di ferro, creando un fronte politico a metà tra est e ovest: Libia-Romania-Francia gollista-Cina. Caraman era un uomo colto che conosceva persino la storia egizia e cinese. Ecco perché nel racconto di Ventura potevano coesistere la Securitate rumena con i Servizi segreti gollisti, al punto che la prima vicenda, sebbene non fosse stata negata, venne dimenticata. O forse sarebbe meglio dire: insabbiata. Un vero peccato perché l’editore trevigiano non mentiva.
Adesso il contesto internazionale. Chi conosce la storia saprà che la Francia non soltanto oggi, nel 2025, ma anche negli anni Sessanta provò a mettersi in prima fila nella guida della politica occidentale. Chi è meno giovane probabilmente ricorderà gli esperimenti nucleari francesi nel Sahara nel 1960. La politica di De Gaulle non serviva certo a rinforzare la Nato, bensì al contrario per fare la voce grossa in Europa. Era una gara tra Germania e Francia, proprio come adesso. La Francia avviò inoltre una politica monetaria nazionalista basata sulla svalutazione programmata del franco e si oppose al sistema monetario dello SME, attirandosi perplessità e critiche.
E’ in questo contesto che secondo l’articolo di adevarul.ro il leader francese potrebbe aver avuto l’idea di sfruttare i contatti con Bucarest. Scopo: giungere a un accordo Parigi-Mosca scavalcando l’Europa. Nel 1968, De Gaulle si recò in visita ufficiale a Bucarest e il capo delle guardie era proprio Mihai Caraman. Solo un caso? Per gli storici rumeni sicuramente no. Anche perché, come sappiamo, fu in seguito scoperto che anche il ministro Hernu era coinvolto nella faccenda. Il giornale rumeno non ha dubbi: “la rete Caraman operò in Francia – con doppio comando, da Bucarest e Mosca – esattamente tra il 1958 e il 1969, quando il generale de Gaulle era a capo dell'"Esagono".”
La vicenda si sarebbe quindi conclusa esattamente con la fine della presidenza De Gaulle. Scrivono di lui i rumeni: “L'uomo che, da un lato, era interessato a trascinare gli interessi della NATO da solo e, dall'altro, a giungere a un accordo, un accordo segreto, ovviamente, con i russi, al fine di indebolire l'influenza americana in Europa. L'illusione del generale crollò nell'agosto del 1968, con l'invasione delle truppe del Trattato di Varsavia, coordinate da Mosca, in Cecoslovacchia.
Il generale de Gaulle probabilmente ha puntato molto sul doppio corridoio Parigi-Mosca, via Bucarest, creato dalle antenne del Cremlino della rete Caraman.
Una rete che si è sempre detto fosse articolata non in doppio, ma in triplo gioco. Sempre per coincidenza o no, un mese dopo la caduta del regime di de Gaulle (27 aprile 1969), cadde anche la rete di Caraman. Il 20 maggio 1969, Mihai Caraman si ritirò a Bucarest. In tempo per non essere arrestato a Parigi, dopo che il suo luogotenente, Ion Iacob, alias Dan Iacobescu, disertò a favore dei "nemici" americani, via Scozia (Gran Bretagna).
Dunque, alla metà del 1969 la Nato era pronta alla controffensiva? Le vicende italiane non ce lo chiariscono affatto. Quello che ci pare certo è che Giovanni Ventura faceva parte della rete Caraman ed era rimasto isolato, privo del suo contatto. Fu lui a prendere l’iniziativa e a trascinare la CIA in un attentato? Se fosse così avrebbe dovuto pronunciare un discorso simile a quello di Iacobescu, che leggiamo su adevarul.ro:
“"Mi chiamo Dan Iacobescu (...). Ufficialmente, sono segretario tre della missione rumena presso l'UNESCO (...). È solo una copertura. In realtà, sono un ufficiale dei servizi segreti con il grado di capitano della Securitate. Sono in missione in Francia da diversi anni (...). Non posso più stare qui. La mia vita è in pericolo (...). Mi metto a vostra disposizione (...). Da dieci anni svolgiamo un'attività illegale sul vostro territorio.
Una rete attiva e strutturata (...) eravamo molto numerosi (...). Lavoriamo tutti per l'URSS (...). Io, il braccio destro del capo della rete, vi do tutto: gli ufficiali attivi e le loro fonti, gli obiettivi, i traguardi già raggiunti, le implicazioni politiche e i legami con il KGB".
Oppure andò come abbiamo già sostenuto, ovvero venne scoperto e fu costretto da Henke a collaborare e poi qualcosa andò storto?
Siamo convinti che la verità su Piazza Fontana stia in quello che stiamo scrivendo e che ci stiamo girando intorno senza certezze soltanto perché le prove, purtroppo, non le abbiamo.
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