mercoledì 11 novembre 2015

Uno "spione" alla corte di Monti-Riffeser?


Lando Dell'Amico viene descritto nel reportage di Tempo "giornalista-ricattatore-spione", politicamente ex repubblichino, ma convertito alla socialdemocrazia. Per questo pare che fu autore di un tentativo di corruzione di un congresso repubblicano di Ravenna, su richiesta del presidente dell'ENI Enrico Mattei e con l'aiuto del Sifar. Entrò poi nella sfera di influenza del petroliere Attilio Monti, futuro editore del Resto del Carlino. Per Monti fondò nel 1959 l'agenzia giornalistica "Montecitorio". Nel 1957-58 avrebbe tentato di coinvolgere, con documenti falsi, Giulio Andreotti nello scandalo Giuffré, facendosi aiutare dal Sifar e da "alcuni ufficiali della Guardia di Finanza". Fu un dossieraggio falso, secondo Jannuzzi, perché così stabilì la commissione parlamentare d'inchiesta. Ma c'è una possibile bufera sugli attuali editori del Resto del Carlino. Jannuzzi affermò che nel settembre del 1969, poco prima della strage di Piazza Fontana, Monti avrebbe trasmesso, tramite il giornalista fidato di Allavena, appunto Lando Dell'Amico, dei soldi a Pino Rauti. Il giornalista avrebbe poi lasciato traccia di ciò in una lettera inviata al genero di Monti, Bruno Riffeser. A quel punto, sempre Dell'Amico si sarebbe pentito, avrebbe consegnato tutto al giudice Gerardo D'Ambrosio, ma alla fine avrebbe ritrattato ogni accusa, costruendosi una villa. Di queste terribili ipotesi vorrei dire che intanto mi vergogno, perché ho firmato dei pezzi sul Resto del Carlino per alcuni anni. Monti voleva partecipare alla 'strategia della tensione'? Io penso di no, ma non nego che l'ambiente di lavoro sia subdolo e ostile. Posso confermare solo un contatto nei primi anni '80 tra la redazione del Carlino di Ancona e i Servizi Segreti. Non sottovaluterei neanche il fatto che nessuno di questi personaggi querelò il giornalista Jannuzzi.

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